Classic voice 182-183
Transcript
Classic voice 182-183
cover story di Gabriele Formenti CANTIERE Beethoven L’integrale per violino e pianoforte per Deutsche Grammophon è il progetto discografico con cui Francesca Dego si propone come nuova stella dello strumento ad arco. Lo abbiamo visto nascere nello studio di registrazione ph D. Cerati D ieci anni. Da tanto dura il viaggio all’interno delle sonate per violino e pianoforte di Beethoven intrapreso da Francesca Dego assieme a Francesca Leonardi. Un viaggio che ha segnato una prima importante tappa di arrivo con il primo disco firmato Deutsche Grammophon uscito lo scorso marzo. Ora nuovamente alle prese in sede di registrazione con il secondo volume (in uscita il prossimo novembre) di un progetto triennale, che si concluderà nel 2015: “Abbiamo voluto pensare ad una integrale divisa in tre dischi distinti. In ognuno di questi abbiamo cercato di creare un percorso che potesse rendere chiara l’evoluzione della scrittura beethoveniana per violino e pianoforte”, racconta la giovane Francesca Dego, 25enne originaria di Lecco. “Nel primo volume abbiamo voluto incidere subito la celebre sonata n. 9 ‘a Kreutzer’, ora, nel secondo disco, affrontiamo un altro capolavoro, ‘La primavera’, dove per la prima volta in assoluto nella storia di questo genere, il tema viene esposto direttamente dal violino e non dal pianoforte”, spiega la Dego mostrando sullo spartito l’incipit di questa sonata. In ognuno dei tre dischi, insomma, possiamo ascoltare sonate più settecentesche affiancate ad altre dal carattere più avveniristico. L’universo sonatistico per violino e pianoforte si inserisce in una lunga tradizione, dove il pianoforte è il protagonista e il violino un accompagnatore, anche se di indubbia importanza. “Le cose però cambiano proprio con Beethoven, dove l’equilibrio fra i due strumenti è evidente fin dalla scrittura”, racconta la pianista Francesca Leonardi (fedele partner artistica della Dego e oggi docente presso la Trinity School di Londra), che pone l’accento su un dualismo, quasi una “lotta fra la tastiera e l’archetto, che raggiunge vertici impensabili prima di allora”. Nella bella cornice dell’Auditorium di Largo Mahler a Milano (abituale sede dell’Orchestra Sinfonica Verdi), si pianifica la registrazione in tre giornate. In programma le Sonate n.1, 2, 5 “La primavera” e n.8. Incidere un disco non è come fare un concerto, lo sa ben e il team composto da Alberto Spano, produttore discografico che segue Francesca in questa avventura, e Corrado Ruzza che cura l’aspetto tecnico della registrazione. A lui spetterà montare i suoni di www.classicvoice.tv Guarda le sessioni di registrazione del primo disco di Beethoven sulla webtv di “Classic Voice” questi due strumenti. I suoi suggerimenti durante le varie prese di suono vengono ascoltati con attenzione. La sua voce, che giunge alle musiciste sul palco dell’Auditorio tramite un interfono, è sempre tranquilla, rassicurante. Nei momenti difficili, dove un passo non viene come si vorrebbe, è lui che deve tenere sotto controllo la situazione, per evitare inutili dispendi di energie. Ognuno poi dà il suo contributo, con piccole idee che a volte risolvono situazioni difficili. Così, ad esempio, è Francesca Dego a pensare di utilizzare una piccola pedana di legno, in modo da poter suonare leggermente sopraelevata rispetto al livello del palcoscenico. Sono piccoli dettagli, che fanno però la differenza. Queste sonate sono difficili anche per un altro aspetto, che è quello prettamente fonico: “I due strumenti, più diversi non potrebbero essere. Per tali ragioni, la primissima fase di registrazione prevede un’accurata preparazione dei suoni per i due strumenti”, mi racconta Alberto Spano. Le due Francesche sono consapevoli di tali difficoltà e dedicano tutta la prima giornata proprio alla sonata n. 8, che considerano la più difficile da suonare delle quattro in programma. Si tratta di un autentico gioiello, “dove è richiesta una manualità tipica della terza sonata; in essa vi troviamo positività e gioia per la vita”, dice la Dego in un momento di pausa. Sono tutti aspetti da tenere presente in fase di studio, esecuzione, interpretazione e anche incisione. Ci sono tante note, la scrittura è densa, non mancano i momenti dove l’assieme fra i due strumenti è a rischio, fin dall’inizio, dall’Allegro assai che apre la sonata. Francesca Dego apre lo spartito e mostra alcuni particolari (viene utilizzata la più recente edizione Henle). “Beethoven scrive davvero tutto. La sua è una scrittura piena di segni. Il buon musicista deve saperli leggere ma anche interpretare. Le nuove generazioni da questo punto di vista sono certamente più fortunate. Possono fare affidamento su tanto materiale, su edizioni critiche che una volta non esistevano”, afferma la Dego. Le fa eco la Leonardi che ricorda anche come “sia evidente, proprio dal semplice sguardo della musica, che Francesche in viaggio Se la raccolta completa delle sonate per violino e pianoforte di Beethoven approda all’Auditorium di Milano nella stagione da camera dell’Orchestra Verdi tra dicembre 2014 e febbraio 2015, il “rodaggio” ha luogo quest’estate in Cina: le due Francesche affronteranno una tournée che da Shangai (il 22 e 23 agosto) le porterà a Taicang, Yangzhou, Nanjing, Chongging, Xia’men e infine Beijing. In programma “Kreutzer” , “Primavera”, Paganini, Fauré, Respighi e Sarasate. il pianoforte di Beethoven non è lo stesso pianoforte che suoniamo oggi. Lo strumento di Beethoven aveva un altro peso sonoro, la meccanica e i martelletti erano diversi. Non dico che fosse più facile allora suonare questa musica, ma certamente il risultato era differente”. L’interpretazione deve dunque costruirsi attraverso un percorso fatto di studio e di crescita interiore. Saper leggere i “suggerimenti” beethoveniani è solo il primo passo. Alcune cose vanno anche interpretate. “Come dobbiamo considerare, ad esempio, alcuni tempi?”, si chiede Francesca Dego, che prosegue: “Nel secondo movimento dell’ottava sonata, troviamo l’indicazione ‘tempo di minuetto, ma molto moderato e grazioso’. È chiaro che qui il tempo deve scorrere, non deve essere troppo lento, ma neanche si può tirare via: deve rimanere cantabile. Bisogna trovare il giusto equilibrio”. L’incontro tra Dego e Leonardi avvenne proprio con la sonata n. 8. “È stata la prima che abbiamo studiato e suonato assieme. E oggi la incidiamo. Il nostro modo di suonare questa musica è cambiato negli anni. Posso dire che se alcune sonate sono oggi più lente nelle nostre esecuzioni rispetto a dieci anni fa, altre, come questa per l’appunto, sono diventate più veloci”, prosegue la Dego. Ecco che allora l’intero pomeriggio della prima giornata è dedicato ai tre movimenti della sonata. Si incomincia con il primo movimento. Poi si lavora molto al terzo, Allegro vivace. Alla battuta 57 troviamo un secondo tema quasi zingaresco, dove le due musiciste cercano una dilatazione del tempo per sottolineare questo repentino, improvviso e geniale cambiamento di atmosfera. E poi ancora inusitate modulazioni nella tonalità di si maggiore cui si affiancano ritmi ricercati, dove il pianoforte assume un ruolo quasi “percussivo”. La sessione di registrazione pomeridiana termina con il secondo movimento, Tempo di Minuetto. Qui il suono diventa pura magia e il violino Francesco Ruggeri del 1697 utilizzato per questo disco, nelle mani di Francesca sprigiona un suono che si fa scuro, accompagnando il tema esposto ancora una volta dal pianoforte che sembra non volere cedere il primato al violino. Poche battute dopo sarà quest’ultimo a riproporlo, dando vita a un discorso melodico che si concluderà solamente molte battute dopo. Chiudiamo gli occhi mentre ascoltiamo queste note. Per un istante non ci sembra di essere ad una sessione discografica. Il computer registra tutto, freddamente, come solo una macchina sa fare. Tranne le emozioni che proviamo p all’ascolto e che ricorderemo a lungo. 41