Riunione Commissione ECON
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Riunione Commissione ECON
TITOLO LUOGO E DATA ORGANIZZATORE Riunione Commissione ECON Giovedì 03 settembre 2016 Parlamento europeo Rue Wiertz 60, 1040, Bruxelles Commissione per i problemi economici e monetari RELAZIONE In data 03/09/15 la commissione Econ si è riunita ed ha discusso il seguente punto all’ordine del giorno: Semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: attuazione delle priorità per il 2015 Dariusz Rosati (PPE) ha iniziato la seduta dichiarandosi soddisfatto per i risultati del semestre europeo. Grazie infatti alle raccomandazioni della Commissione Europea e del Consiglio Europeo ed alla flessibilità concessa, le previsioni per il prossimo anno lasciano presagire una crescita del 2% nell’ Unione Europea e del 2,1% nell’Eurozona. Ciò non accadeva dal 2009 – ha quindi puntualizzato. Il nuovo approccio della Commissione risulta quindi efficace, benché certi Paesi s’impegnino poco nell’attuazione delle riforme necessarie. Onde risolvere gli squilibri macroeconomici tra gli Stati le quattro priorità a cui attenersi risultano quindi: aumentare gli investimenti e facilitare l’accesso al credito per le PMI; migliorare l’ambiente in cui queste si trovano ad operare, dacché un quadro normativo sano è necessario per il successo dell’Eurozona e la buona riuscita degli investimenti; riforme strutturali per il flusso di prodotti e servizi, onde guadagnare maggiore concorrenzialità. Molto importante a tal riguardo è il mercato digitale interno; una politica occupazionale che permetta di migliorare la qualità del lavoro, aumentare i posti ad alto salario e, di riflesso, migliorare le condizioni sociali. Concludendo, Rosati ha lasciato alcune raccomandazioni per il futuro operato della Commissione: gli Stati membri con un forte disavanzo devono attuare le riforme necessarie per risanare i conti pubblici; le riforme devono incontrare più partecipazione da parte dei Parlamenti nazionali; la commissione deve razionalizzare il Semestre europeo, onde evitare rischi d’incongruenza; il debito (pubblico e privato) va ridotto, perché ostacola la crescita. Rosati ha lasciato quindi la parola ai relatori ombra ed agli altri membri. Ha preso quindi la parola Alfred Sant (S&D) che ha ritenuto necessarie alcune riconsiderazioni: è estremamente importante che gli obiettivi vengano raggiunti dall’Unione nel proprio insieme e che le singole performance a livello nazionale vengano valutate con obiettività. I rischi principali dovuti alla situazione poco organica in cui le raccomandazioni vengono attuate le rende mutevoli e portano ad errori. Se, per esempio, si è portati a ritenere che una riforma sul lavoro abbia un impatto immediato sulla crescita; in realtà, nel momento in cui tutti la attuino contemporaneamente, la domanda aggregata non si sposta. Possibili alternative – ha quindi proseguito Sant – potrebbero cercare di creare più posti di lavoro, focalizzandosi sull’impatto sociale di riforme rigide e che non tengono conto delle diverse realtà sociali. A lungo termine comunque, affinché le riforme abbiano pienamente effetto ed il trasferimento di risorse diventi realmente efficace, le divergenze regionali e nazionali vanno appianate. Il rischio è che situazioni simili a quella greca si espandano ad altre economie vacillanti dell’Eurozona. Dopo di lui ha preso la parola Stanisław Ożòg (ECR) che ha dato la sua approvazione al lavoro del gruppo presentando alcune osservazioni su alcuni punti: il punto 4 gode del suo pieno appoggio in quanto si devono incentivare gli Stati ad attuare le riforme; il punto 5, con riferimento all’Eurozona, deve essere meglio formulato in relazione ai diversi Stati ed ai relativi problemi; il punto 15, trattando di mercati flessibili come antidoto alla disoccupazione, va esaminato, perché è un sistema abusato e può portare a situazioni pregiudiziali alla libera concorrenza; il punto 7 – riguardante il Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici – va altresì considerato alla luce di sue possibili ripercussioni. Tuttavia, ha precisato egli stesso, queste non sono che osservazioni marginali e si è quindi complimentato per l’ottimo lavoro. Dopo il rappresentante dell’ECR, è stato il turno di Nils Torvalds (ALDE) che ha affermato di vedere cose già accadute: la Commissione ha presentato emendamenti perché alcune formulazioni non sembravano chiare, se ne deduce che sia un processo poco trasparente. Non è chiaro – ha affermato Torvalds – quale sia ad esempio il ruolo ed il modo di agire degli stabilizzatori economici, che paiono poter agire per conto proprio senza l’appoggio di una politica più attiva da parte degli Stati in materia di bilancio. Nell’attuazione precedente solo il 9% delle raccomandazioni era stato attuato. Perché ciò sia accaduto e come ci si debba comportare al riguardo sono le domande lasciate dal rappresentante dell’ALDE, prima di congedarsi confermando comunque la propria fiducia. Ha preso quindi la parola Marisa Matias (GUE/NGL), che si è detta d’accordo col precedente relatore, nonostante le divergenze politiche: le misure attuate sono sempre le stesse – già fallite – dell’austerità. L’unica novità è l’introduzione di un possibile aumento dei tassi d’interesse (rischioso, vista la crisi in atto). La relatrice ha quindi affermato che più del debito dei singoli Stati si dovrebbe monitorare il debito pubblico esterno. Il risanamento dei conti pubblici non tiene conto dell’austerità come causa di debito né dell’importanza degli investimenti pubblici. A tal riguardo il loro aumento, che ha portato alle previsioni di crescita già dichiarate per il 2016, è dovuto ad un rilassamento della politica della Troika. Simili attuazioni sono incompatibili ed attireranno critiche ed emendamenti dal gruppo parlamentare della relatrice che afferma che il principale campo in cui agire sia l’abbassamento della disoccupazione e la necessità di una maggiore democraticità nei rapporti tra gli Stati membri. Ernest Urtasun (V/ALE), prendendo la parola, ha stigmatizzato la mancanza di attenzione sui fattori esterni all’Unione: il mercato dei Paesi emergenti, in particolare della Cina, ed il loro peso. Proseguendo, ha quindi presentato alcuni punti: si proporranno emendamenti sul tema della disoccupazione ma non si specifica che tipo di lavori si possano creare e quali effetti possano avere a breve e lungo termine. L’eccessiva fluidità è insopportabile in molti Paesi; è inaccettabile che si dichiari troppo alto il livello del salario minimo, come affermato nel punto 15 delle raccomandazioni; la crescita europea è debole, e ciò si deve al mercato interno, il cui corretto funzionamento è troppo legato alla domanda esterna; con riferimento al programma Horizon 2020, il gruppo di G/AFE proporrà emendamenti perché si amplino gli standard di efficienza energetica; l’Unione Europea è poco democratica perché agenti sociali importanti – come i sindacati – sono esclusi dalle raccomandazioni; si dovranno appianare gli squilibri della bilancia commerciale tra diversi Paesi, visto che alcuni sono in enorme difficoltà; riguardo al debito, l’Unione deve prepararsi e disporsi ad affrontare situazioni di iperindebitamento – come quella greca – con una politica ben definita; la Commissione per i diritti delle donne e la parità di genere deve intervenire perché certe riforme caldeggiate dall’Unione Europea hanno avuto l’effetto di escludere le donne dal mercato del lavoro – specie in Spagna. Marco Valli (EFDD), ha negato ogni possibile accordo con la maggioranza, annunciando che vi saranno molteplici emendamenti presentati dal suo gruppo, tra cui: basare la crescita sugli investimenti privati e l’austerità è controproducente; per un miglioramento qualitativo, vanno risolti problemi sociali quali disoccupazione, esclusioni sociali. Il miglioramento quantitativo (basato su “target numerici di bilancio”) è irrealizzabile; gli squilibri macroeconomici, gli eccessivi surplus di certe realtà e l’inerzia della Commissione su questo tema hanno portato alla crisi – non il debito; i margini di flessibilità previsti non lasciano abbastanza spazio per realizzare politiche anticicliche; uno studio del FMI dimostra che aumentare la flessibilità non ha impatto sulla crescita: l’occupazione ne è favorita solo relativamente e la qualità del lavoro peggiora. Gerolf Annemans (ENF), rappresentante del nuovo gruppo parlamentare “Europa delle Nazioni e delle Libertà”, ha affermato che il sogno dell’economia unica europea è ancora solo un sogno: la crescita promessa per il 2016 è da ascriversi a fattori esterni (uno su tutti il calo del prezzo del petrolio). Non s’investe perché il debito aumenta e l’Europa non desta fiducia. Cercare di conciliare le discrepanze tra nord e sud non fa che peggiorare la situazione. Un’Europa federale è impossibile, l’unica unione possibile è tramite una confederazione ed il consolidamento economico dei singoli Paesi. Notis Marias (ECR), ha posto l’accento sul funzionamento stesso del semestre europeo: la politica economica è fatta di competenze condivise e non esclusive. Il dibattito quindi è di sostegno, purché si lasci lo spazio dovuto ai Parlamenti nazionali. Le raccomandazioni, benché attuate, hanno permesso poca crescita. Neanche le politiche del lavoro, che destrutturano ed abbassano il livello salariale portano grandi risultati: si deve investire nelle nuove tecnologie e non “cinesizzare” l’economia. La Commissione continua a praticare l’austerità tacendo sul problema del debito pubblico. Prendendo ad esempio la Grecia, nonostante un prestito di 240 miliardi, restano 1,5 milioni di disoccupati ed il 40% degli abitanti vive sotto la soglia di povertà. L’unica soluzione per il debito è un haircut, se non la sua cancellazione. Brian Hayes (PPE) ha invece dato il suo sostegno al progetto, partendo da una realtà come quella irlandese la cui crisi è stata risolta tramite le raccomandazioni europee. Il miglioramento degli indici di bilancio e così altre riforme sono da accompagnarsi a misure di controllo e sorveglianza, onde evitare bolle come quella che ha colpito il suo Paese. È quindi doveroso attuare le riforme per resistere al calo degli investimenti, ottenere più risultati e resistere a shock esterni come quello cinese. Rosati (PPE), ha quindi concluso il punto della seduta ringraziando i colleghi, ricordando che gli accenni alla disoccupazione non mancano (se ne parla in tre punti), ma è necessaria la sintesi per fare stare tutte le misure in 4.000 caratteri. Il relatore ha poi affermato che i tagli al bilancio inficiano certamente gli investimenti ma, vista la situazione e non avendo l’Unione Europea la possibilità d’investire, non si può fare altrimenti. Il caso greco – ha poi concluso – verrà discusso a parte ed in altre occasioni. LINK: http://goo.gl/XQ91PG Eseguito da: Francesco Sfriso UNIONCAMERE DEL VENETO Delegazione di Bruxelles Av. de Tervueren 67 - B-1040 Bruxelles Tel. +32 2 5510491 Fax +32 2 5510499 E-mail [email protected]