Alcuni incipit di romanzi

Transcript

Alcuni incipit di romanzi
Incipit di alcuni romanzi di Zola
L'Assommoir
Gervasia aveva aspettato Lantier fino alle due del mattino, poi, tutta, tremante per essere rimasta all'aria
pungente della finestra in camicia, s'era gettata di traverso sul letto e si era assopita, febbricitante, con le
guance umide di pianto. Da otto giorni, quando uscivano dal "Vitello a due teste", dove mangiavano, lui la
mandava a letto con i ragazzi e riappariva a notte alta, raccontando che era stato a cercare lavoro.
Proprio quella sera, mentre lei stava lì alla finestra ad aspettarlo, le era sembrato di vederlo entrare al
"Grand Balcon", una sala da ballo le cui dieci finestre sfolgoranti rischiaravano con una luce d'incendio i
boulevards esterni, simili a nere colate di metallo.
Dietro di lui aveva scorto l'Adelina, una brunitrice che mangiava allo loro stessa trattoria, camminare cinque
o sei passi indietro, con le braccia ciondolanti come se gli avesse lasciato allora il braccio per non passare
insieme sotto la luce cruda delle lampade all'ingresso. (Traduzione: Ettore Venzi)
Il paradiso delle signore
Denise era venuta a piedi dalla stazione di Saint-Lazare ove un treno da Cherbourg l'aveva depositata
insieme ai due fratelli, dopo una notte trascorsa sui duri sedili di un vagone di terza classe. Teneva per mano
Pépé, Jean la seguiva; completamente storditi dal viaggio, attoniti e sperduti in mezzo alla grande Parigi, il
naso per aria verso le case, domandavano ad ogni incrocio dove fosse rue de la Michodière, la via ove
abitava lo zio Baudu. Ma la ragazza, appena sbucata in place Gaillon, si fermò di botto per la sorpresa.
"Oh!" disse, "guarda che roba, Jean!" (Traduzione: Liliana Caruso)
La fortuna dei Rougon
Quando si esce da Plassans per la Porta di Roma, situata a sud della città, si trova, a destra della strada per
Nizza, oltrepassate appena le prime case del sobborgo, un terreno incolto che la gente del luogo chiama
"aia di Saint-Mittre".
L'aia di Saint-Mittre è uno spazio rettangolare di una certa estensione, che costeggia il marciapiede della
strada: ne è separato soltanto da una striscia d'erba avvizzita. Da un lato, a destra, un vicolo cieco
fiancheggia l'aia con una fila di catapecchie; a sinistra e in fondo, l'aia è chiusa da due lembi di muraglie
corrosi dal muschio, al di sopra dei quali si scorgono i rami più alti dei gelsi del Jas-Meiffren, una grande
proprietà che ha il suo ingresso più giù nel sobborgo. Così, chiusa da tre lati, l'aia è come una piazza che
non serve di transito verso alcun altro luogo e che è attraversata solo da chi ha voglia di passeggiare.
(Traduzione: Sebastiano Timpanaro)
Germinal
In mezzo all'aperta pianura, sotto un cielo senza stelle, nero d'un nero d'inchiostro, un uomo percorreva,
solo, la strada maestra tra Marchiennes e Montsou; dieci chilometri di massicciata che si lanciava in linea
retta attraverso campi di barbabietole. Quasi non vedeva dove metteva i piedi; e dell'immenso orizzonte
piatto che lo circondava aveva solo sentore per le raffiche del vento di marzo: vaste raffiche che spazzavano
la pianura come un mare; gelate da leghe e leghe di palude e di landa sulle quali erano passate. Non un
profilo d'alberi sul cielo; diritta come un molo, la strada si protendeva in un buio impenetrabile allo sguardo
(Traduzione: Camillo Sbarbaro)
Conclusione di Germinal
Ora, il sole d’aprile splendeva chiaro, in mezzo al cielo, riscaldando la terra che partoriva. Dal suo fianco
fecondo nasceva la vita, le gemme si schiudevano in foglie verdi, i campi trasalivano allo spuntare delle
erbe. In ogni angolo, dei granelli si gonfiavano, s’allungavano, screpolavano il suolo, presi da un bisogno di
calore e di luce. La linfa delle piante scorreva mormorando, il germoglio dei germi si diffondeva in un lungo
bacio. E i compagni battevano ancora, ancora, sempre più distintamente, come se si fossero avvicinati alla
superficie. Era di questo rumore che la campagna appariva gravida, sotto i raggi infiammati dell’astro, in
quella mattina di giovinezza.
Spuntavano gli uomini, un esercito nero, vendicatore, che germogliava lentamente tra le zolle, crescendo per
il raccolto del secolo futuro, e la cui germinazione avrebbe presto fatto scoppiare la terra.
Thérèse Raquin
In cima alla via Guénégaud, venendo dalla strada lungo la Senna, si trova il passaggio del Ponte Nuovo, una
specie di corridoio stretto e oscuro che va dalla via Mazarino alla via della Senna. Quel passaggio ha, al
massimo, trenta passi di lunghezza e due di larghezza; è selciato di pietre giallastre, consunte, sconnesse,
che trasudano sempre un'acre umidità; la vetrata che lo ricopre, tagliata ad angolo retto, è nera di sporcizia.
Nei bei giorni d'estate, quando un ardente sole incendia le vie, un chiarore biancastro cade dai vetri sporchi
e si trascina miseramente nel passaggio. Nei brutti giorni d'inverno, nelle mattinate di nebbia, i vetri gettano
soltanto oscurità sulle pietre viscide, oscurità sporca e ignobile. (Traduzione: Luigi Martin)
Il ventre di Parigi
Lungo il viale deserto, nel profondo silenzio della notte, i carri degli ortolani, diretti verso Parigi,
percuotevano con l'eco dei loro monotoni scossoni, a destra e a sinistra, le facciate della case immerse nel
sonno dietro i filari confusi degli olmi. Un carro di cavoli e un altro di piselli si erano riuniti sul ponte di Neully
ad otto carri di rape e di carote calati da Nanterre; ed i cavalli procedevano a testa bassa, con andatura pigra
e uguale rallentata dalla fatica della salita. Su in alto, sdraiati bocconi, sul carico dei legumi, sonnecchiavano
i carrettieri coi loro mantelli a righe nere e grigie, le redini arrotolate al polsi. (Traduzione: Maria Teresa
Nessi)