Chi Era Albert Halper?
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Chi Era Albert Halper?
CHI ERA ALBERT HALPER? By Jim Burns Translated by Vittoria Scicchitano In una lettera del 1941 a Sebastian Sampas, Jack Kerouac accennò alle sue recenti letture: “Wolfe, Saroyan, Halper, Dos Passos”. Fatta eccezione di “Halper”, questi nomi sono ancora significativi e alcuni loro libri si possono tuttora trovare nei negozi. Ma chi era “Halper”? E perché Kerouac pensava fosse importante leggere questo autore? Albert Halper fu considerato un importante romanziere degli anni Trenta e il suo nome veniva citato accanto ai principali scrittori del giorno. Sinclair Lewis, un celebre romanziere, sosteneva che Halper era classificabile con Faulkner, Hemingway e O'Hara, che per di più possedeva “la capacità di Dickens di trasformare lo squallore in bellezza”. Eppure, nonostante simili apprezzamenti (e Lewis non fu l’unico entusiasta dell’opera di Halper), a metà degli anni Quaranta Albert Halper scomparve dalle file degli scrittori americani di prim’ordine. Quasi del tutto dimenticato negli anni Sessanta, di recente il suo nome è stato citato in ambito accademico in articoli sugli scrittori radicali del periodo della Grande Depressione. Nato a Chicago nel 1904, Halper era figlio di immigrati lituani ebrei. Cresciuto nel West Side di Chicago, frequentò le scuole locali, lavorò nel negozio di alimentari del padre e come fattorino per un’azienda di pellicce e abbigliamento maschile. Abbandonò le superiori nel 1921 e ottenne un lavoro all’interno di una società di ordini postali per poi trasferirsi a una fonderia di caratteri tipografici, dove rimase per quattro anni. Le esperienze lavorative di Halper vanno ricordate perché avranno un importante ruolo nella sua scrittura. Mentre lavorava alla fonderia, frequentava i corsi serali alla Northwestern University, seguendo, in particolare, corsi di scrittura, giornalismo, e psicologia. Leggeva Mark Twain, James Joyce, Knut Hamsun, Sherwood Anderson, Theodore Dreiser, F. Scott Fitzgerald ed Ernest Hemingway; visitava gallerie d’arte e teatri. A Chicago ascoltava jazz da musicisti come King Oliver, Bix Beiderbecke e Charlie Straight. Lasciata la fonderia, Halper lavorò da rappresentante e impiegato, in seguito come operatore di macchina in fabbrica. Trascorse anche circa un anno alle poste. Tuttavia si sentiva sempre più incline alla scrittura. In seguito dichiarò: “Ho sempre desiderato diventare uno scrittore, ma non non riuscivo a staccarmi dal solco delle strade grigie e monotone del West Side e del mio tetro lavoro quotidiano”. Comunque, nell’autunno del 1928, la prestigiosa rivista Dial accettò un paio dei suoi pezzi, così Harper rassegnò le dimissioni all’ufficio postale e si trasferì a New York. I risparmi durarono poco e così fu costretto a tornare a Chicago per essere assunto in un ufficio legale. Appena raggiunta una maggiore disponibilità di fondi, tornò a New York, giusto in tempo per cimentarsi da scrittore, mentre il crollo di Wall Street faceva precipitare l’America in una grave recessione economica. Halper non fu mai parte integrante dei gruppi di intellettuali e scrittori di Chicago e visse come un lavoratore mal stipendiato, facendo esperienze che sarebbero risultate utili per i suoi successive romanzi. Con l'aggravarsi della Grande Depressione, si verificò un crescente interesse verso la letteratura che narrava di gente comune, nella fattispecie lavoratori o disoccupati. L'attività politica inoltre si intensificò, con comunisti e altri, organizzati per promuovere l'agitazione sociale. A New York Halper aveva amici che lo spronavano a usare i suoi scritti per alimentare le cause della sinistra, ma Halper fece molta attenzione a non farsi coinvolgere più di tanto. Aveva una visione empatica delle condizioni dei senzatetto, dei disoccupati e dei lavoratori in sciopero, ma concepiva il proprio ruolo di scrittore come una specie di cronista della vita della gente comune quale essa era, e non certo di come invece gli attivisti politici volevano che fosse. Riteneva infatti che militare in un partito o confezionare la propria scrittura in base a un programma specifico non lo avrebbe aiutato a produrre il genere letterario che aveva in mente. Il suo scopo era “vedere la vita in tutta la sua chiarezza e, possibilmente, nella sua interezza, dopodiché raccontarne la verità”. Ovviamente, il fatto di avere personaggi appartenenti alla classe operaia gli fece acquisire credibilità presso i circoli di sinistra e alcuni suoi racconti vennero pubblicati in riviste come Pagany, The Menorah Journal e The Midland. Fece conoscenza di scrittori come Kenneth Fearing, Tess Slesinger e Charles Reznikoff, e venne presentato a un agente letterario, Maxim Lieber, che lavorava per conto di molti scrittori di sinistra. In seguito, Lieber si rivelò un agente di tutt'altra specie, tanto da indirizzare l’attenzione dell’FBI su Halper. Nella sua brillante biografia degli anni Trenta, Goodbye, Union Square, Halper propose un quadro affascinante della vita di un giovane scrittore che lotta per affermarsi. Scrisse due romanzi che il suo agente non riuscì a proporre agli editori e, nonostante riuscisse a inserire i suoi racconti in rinomate pubblicazioni come The American Mercury e Harper's, e in una delle antologie di American Caravan, trascorse del tempo prima che il suo nome si affermasse. Lottò strenuamente, svolse lavori saltuari, ridusse ai minimi termini le spese per vivere e, in generale, cercò di sopravvivere nella dura atmosfera di New York, dove le strade si erano affollate di disoccupati, mentre la polizia disperdeva le dimostrazioni e i tempi si facevano sempre più duri. Tuttavia, nel 1932, la fortuna cominciò a cambiare: il suo romanzo, Union Square, venne accettato per la pubblicazione. Uscito nel 1933, fu prescelto da The Literary Guild per la selezione di marzo e ricevette buone recensioni. Quelle negative vennero dalla stampa comunista, come per esempio quelle firmate da Mike Gold, il portavoce dell’ala letteraria del partito, che accusò Halper di fare nel romanzo satira sui giovani comunisti. Secondo Gold, troppi fra i personaggi, erano ritratti in uno stile stantio, in una posa “à la bohème”, che Halper fraintendeva, interpretandola come manifestazione di una “rivoluzione sociale”. Se il libro conteneva alcuni soggetti bohèmien, era in verità molto più vario e scritto in uno stile rapido e audace, riproponendo parte di quell’atmosfera che avvolgeva New York negli anni Trenta con l’insieme travolgente di aspettative alte e vita mediocre. Union Square segnò l’inizio del periodo di gloria per Halper e nel 1934 apparvero una collezione di racconti e un romanzo, The Foundry. In questo caso si rifece alle esperienze vissute a Chicago e, sebbene il libro potesse ritenersi in linea con un tipo di scrittura socialmente consapevole, il romanzo non si piegava a un modello di letteratura politicamente impegnata. Gli anni Trenta assistettero all’ascesa della “scrittura proletaria,” un termine applicabile alla letteratura sulla classe operaia e alla letteratura di scrittori appartenenti ad essa. Halper, per origini ed esperienze, poteva rivendicarvi più di altri autori di sinistra una vicinanza assai stretta, ma dichiarava di non sapere cosa fosse la “scrittura proletaria” e che egli cercava di scrivere sulla vita delle persone che aveva incontrato quando svolgeva lavori alienanti. The Foundry rappresentava una vasta schiera di personaggi e provava persino ad abbozzare il punto di vista dei capi. Lo scopo di Halper era farne un ritratto composito che mostrasse come il sistema industriale influenzasse il comportamento e il relazionarsi di uomini e macchine. Il libro fu elogiato da alcuni recensori, sebbene i comunisti criticassero di nuovo Halper per non essere riuscito a rendere eroici i suoi personaggi e a indicare nel Partito Comunista Americano il faro a cui far riferimento e guida. Halper aveva lasciato l’America appena dopo la pubblicazione di The Foundry e trascorse del tempo a Londra, dove lavorò a un altro romanzo e incontrò vari scrittori britannici. Trascorse poi un paio di mesi in Russia e tornò a New York nell’estate del 1935. Il romanzo successivo, The Chute (Il piano inclinato), venne pubblicato nel 1937, mentre Halper aveva un incarico temporaneo in una compagnia per acquisti via posta, attività che gli fornì ulteriore materiale sulla vita lavorativa. Il piano inclinato, come la fonderia di caratteri a stampa, si pone al centro di tutte le attività delle persone coinvolte, dando forma ai loro pensieri, attitudini, relazioni, e via dicendo. È collocato al centro del pavimento e gli articoli sono raccolti dal deposito, imballati e inviati tramite lo scivolo per la consegna. In questo lavoro la velocità è fondamentale, gli impiegati si disperdono sul posto, agguantando gli articoli dagli scaffali, impacchettandoli e cercando disperatamente di stare al passo con il flusso dei nuovi ordini e le sollecitazioni dei supervisori ad accelerare. Alcuni, addirittura, indossano pattini a rotelle per andare su e giù per i corridoi a maggior velocità. Il piano inclinato rappresenta il modo in cui il capitalismo spinge ognuno a produrre in modo spropositato per soddisfare la domanda del consumismo e il romanzo è un forte atto d'accusa contro il sistema che distrugge gli individui. Ma, come al solito, Halper non trasse conclusioni sui lavoratori in rivolta né elaborò una teoria politica per offrire una soluzione. The Chute è un romanzo a tinte fosche dove, come sostenne qualcuno, “ognuno fallisce”. Difficilmente potremmo risalire a quali romanzi di Halper fossero stati letti da Jack Kerouac, sebbene Sons of the Fathers, pubblicato nel 1940, potrebbe aver riscosso il suo interesse. Era una sorta di cronaca familiare, che descriveva come l’ingresso dell’America nella Prima Guerra Mondiale avesse avuto un effetto sui suoi componenti spingendoli al punto di intraprendere attività che non avrebbero svolto altrimenti. Kerouac, come è risaputo, affrontò il tema della famiglia nel suo primo romanzo, The Town and The City, il cui tema era l'impatto della Seconda Guerra Mondiale sulle relazioni personali. Altri due romanzi, The Little People (1942), ambientato in un negozio d’abbigliamento maschile, e Only an Inch From Glory (1943), il quale descriveva la vita di un gruppo di giovani bohémien a Greenwich Village, mostravano un Halper ancora attivo, sebbene sebbene nessuna delle due opere colpisse in modo particolare la critica. Lo stesso Halper dichiarò che gli anni Trenta erano stati il suo periodo chiave, e mentre lo sforzo bellico assorbiva il tempo e le energie di ognuno, Halper si richiuse nel silenzio. Non ci furono sue notizie fino al 1952, quando pubblicò una serie di racconti su Chicago. A metà degli anni Cinquanta furono prodotte due rappresentazioni teatrali, nessuna delle quali giunse a New York. E nel 1956, il suo nuovo romanzo, Atlantic Avenue, era chiaramente destinato al mercato dei libri economici con racconti di facile lettura sul lato squallido della vita urbana. Un critico osservò che si trattava “difficilmente di un’opera commerciale di successo,” suggerendo che Halper non l’avesse scritta con vero trasporto e per questo non funzionava né come romanzo serio, né come pulp fiction. Seguì un altro lungo silenzio fino al 1966, quando apparve The Fourth Horseman of Miami Beach, con scarso riconoscimento. L’ultimo libro di Halper, Goodbye, Union Square, venne pubblicato nel 1970, e riportò a maggior attenzione la sua carriera, essendo un resoconto evocativo e ben scritto delle sue esperienze negli anni Trenta e, fino a un certo punto, nei Quaranta. Era leggermente influenzato dal bisogno di Halper di segnare un distacco da possibili coinvolgimenti in idee e movimenti radicali, e troppo preso dal voler dimostrarsi previdente e distaccato rispetto a quanto tramavano i comunisti. È comprensibile il motivo per cui Halper fosse tanto amareggiato nei confronti dei comunisti e specialmente del suo agente letterario di un tempo, Maxim Lieber. Nel 1948, l’FBI lo interrogò approfonditamente sui legami con Lieber e su un suo presunto coinvolgimento nelle cause radicali. Sapevano che aveva visitato la Russia e pubblicato diversi scritti su New Masses e su altre riviste di sinistra. Ma ciò che li interessava era la firma di Halper su documenti riguardanti un’organizzazione denominata The American Feature Writers Syndicate. Secondo l’FBI, quest’ultima era un fronte per le attività di spionaggio dei comunisti. Halper negò di conoscere l’organizzazione e perché la sua firma fosse su quel documento, sebbene nella sua biografia sosteneva di ricordare di essere stato il testimone di un contratto che Lieber stava stilando per un altro scrittore. Halper sospettava fosse proprio questo il documento a cui si riferiva l’FBI, e che Lieber l’avesse tratto in inganno per farglielo firmare. Goodbye, Union Square si collocò tra altre biografie di scrittori che avevano vissuto all'epoca degli sconvolgimenti sociali, politici e letterari degli anni Trenta, ansiosi di mettere per iscritto la propria versione dei fatti. Tuttavia, si seppe poco altro di Albert Halper dopo la sua ultima pubblicazione. Morì nel 1984 in totale oscurità. È interessante che nel 1941 Kerouac lo ritenesse importante tanto da leggere i suoi libri. Kerouac nutrì vaghe idee di sinistra in gioventù, come affermò in Vanity Of Duluoz: “In quei giorni eravamo tutti comunisti pro-Lenin, o pro-chicchessia” ed è possibile che romanzi di cronaca sociale come The Foundry e The Chute catturassero la sua immaginazione e che apprezzasse il modo in cui le opere trattavano la vita quotidiana delle persone comuni. Forse rimase colpito dall'autentica energia dei primi scritti di Halper. I suoi libri sono un ribollire di vita, persino quando risultano un po’ grezzi e frettolosi, ricchi di intensi passaggi descrittivi. E il dialogo è sempre brillante e convincente nel ricreare il tipo di linguaggio udito in una fabbrica o nel deposito di una compagnia di ordini via posta. A proposito di The Chute, un critico così osservò: “Il discorso è spesso colloquiale, rozzo, osceno, un tessuto di cliché e conversazione da bottega, di bizzarrie e manierismi linguistici.” Halper fu, inoltre, un vero e proprio scrittore autobiografico, con una notevole memoria di quanto aveva visto, sentito e vissuto molti anni prima, caratteristica per cui lo stesso Kerouac si distingueva (“Il Gran Ricordatore”, così lo chiamava Allen Ginsberg). Può essere che Kerouac leggesse Halper semplicemente perché il suo era un nome che circolava in quel periodo, ma sospetto che dietro vi fosse qualcosa di più. Albert Halper, nei romanzi pubblicati tra il 1933 e 1943, creò una mole di scritti che descrivevano e commentavano la sua America, e credo che Kerouac reagisse a questa versione e vi trovasse del valore. ALBERT HALPER UN ELENCO Un breve elenco delle sue opere principali, che non aspira a essere del tutto esauriente. Per quanto ne sappiamo, i libri di Albert Halper sono oggi fuori commercio. Union Square pubblicato nel 1933 da The Viking Press di New York. La versione a cui faccio riferimento qui è un'edizione economica Belmont, pubblicata nel 1961. Only An Inch From Glory pubblicato nel 1943, la copia in mio possesso è un’economica Belmont pubblicata nel 1963. Atlantic Avenue pubblicato nel 1956. La mia copia è un’economica del 1966 della casa editrice Award Books USA. The Little People venne pubblicato nel 1942 da Harpers & Brothers. Sons of The Fathers fu pubblicato nel 1940 da Viking. The Chute fu pubblicato da Viking nel 1937. The Foundry fu pubblicato da Viking nel 1934. Goodbye, Union Square fu pubblicato nel 1970 da Quadrangle. The Fourth Horseman of Miami Beach fu pubblicato nel 1966 da Norton. NOTA L’elenco è stato aggiunto al saggio dal redattore di Beat Scene. L’ho incluso per eventuale utilità.