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Pagina inziale » Spettacoli » Articolo n. 1322 del 16 settembre 2003
Hulk
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E' il film del momento, l'uscita più importante, con La maledizione della prima luna, di questo post-estate
cinematografico italiano.
Da ormai molti mesi è un successo annunciato, un film tratto dai fumetti Marvel ed uscito, sulla carta, dalla mente di
Stan Lee (come Spiderman, Daredevil o X-men) e dal pennino fantasioso del grande Jack Kirby, che per la prima
volta approfondirà di molto la componente psicologica del suo superomistico protagonista (?!).
E' l'ultimo film di Ang Lee, l'ottimo regista di Tempesta di ghiaccio, il meno apprezzato autore di La tigre e il
dragone, un regista freddo, compassato, noto per saper unire perfettamente tecnologia all'avanguardia e psicologia
raffinata dei sentimenti nei suoi lavori: un ottima sfida dinnanzi al più "complessato" dei supereroi!
Tutto questo insomma per far capire che quando entro in sala, al cinema Corallo di Pavia, le aspettative sono grandi per questo The Hulk...
E, almeno all'inizio, assolutamente rispettate.
I titoli di testa sono raffinati, nitidi e molto intelligenti. Veloci, concitati, "attraenti" nel vero senso della parola hanno il pregio enorme di trascinarti
come in un vortice all'interno del film, nella sua storia, quella che per le due ore seguenti diventerà la "tua" storia.
Provette, esperimenti, riprese dal basso, dall'alto, spiazzanti, energiche ed adrenaliniche, uso intelligente di effetti, solarizzazioni, stroboscopia...
retropensiero critico cattivo: "...ma ce la farà a tenere il ritmo per due ore?"
La risposta è nelle prime inquadrature dopo i titoli: la nascita di Bruce dentro un'iride da silent movie (la nascita del protagonista come la nascita
del cinema?) è al centro di un complicato "split screen" (lo schermo diviso al cinema è nato prima o dopo la divisione della pagina dei fumetti nelle
vignette dalla forma originale e creativa?) = sarà dura! Anche perché il fumetto "diviso" rimane immobile e puoi dedicargli tutta l'attenzione che
vuoi, per tutto il tempo che vuoi, al cinema invece la narrazione continua e la fastidiosa sensazione di non aver colto tutto ti segue fino in fondo...
Il ritorno degli effetti strobo nella scena della lotta del piccolo Bruce davanti al deserto (infelicità-solitudine
incombente?) coi dinosauri prima dell'orribile episodio della morte della madre è un rimpianto per l'immagine pura
(senza la necessità di dover raccontare una storia) dei titoli di testa.
Il primo dialogo rompe la magia.
Banale, freddo, ritrito.
Utilizzo seriale della profondità di campo negata: ogni volta che due protagonisti si parlano solo uno è a fuoco,
l'interlocutore sfoca in primissimo piano o sullo sfondo, che vorrà dire?
Sostanziale incomunicabilità dei sentimenti?
La psicanalisi mano a mano si fa strada. Amore per la madre, odio del padre, e citazione amorevole di Lee anche per la Storia del cinema: La
morte corre sul fiume di Charles Laughton, 1956, quando, di notte, il padre vero va a trovare Bruce ma rimane sulla strada fuori dalla casa (i
tempi però sono cambiati: questo cattivo è il padre naturale, là era il nuovo padre quello cattivo: Lee ancora più pessimista di Laughton?!)
Interessante la sperimentazione sullo split screen dinamico (uno schermo-diviso in costante movimento in ogni segmento): i campi e controcampi
non hanno più senso, ogni situazione è raccontata con una macchina da presa che rappresenta tutti i punti di vista possibili e per di più in
compresenza sullo schermo! geniale! Ma non si dovrà fare i conti con una diversa sensibilità anche nell'osservatore?!
Adesso Lee scopre che può ritornare all'"immagine pura", che non si preoccupa della trama a sostenerla, anche all'interno del film, non solo nei
titoli di testa: ed è nella rappresentazione dei sogni del protagonista: la superficie della roccia, delle rocce, i licheni del deserto, la pelle dei rettili...
Una luce radente, limpida, da delirio!
"Dovremo tenere d'occhio questo caratteraccio" dice il padre-Nolte al figlio Bruce all'ospedale: bella anticipazione (è proprio cogli occhi, i nostri
occhi, che ci godremo quanto il caratteraccio di Bruce saprà trasformarlo in Hulk, è il suo subcosciente, non lo può "limitare").
Nel film si evidenziano sempre più tre zone distinte: l'azione in computer graphic, l'azione normalmente recitata e le pause di riflessione/dialogo
tra i protagonisti. I valori di queste parti sono differenti.
Buona la computergrafica, ottima l'azione, stanca ed inefficace la riflessione. E a seconda di quale parte prevalga il film prende rotte diverse.
Una delle parti migliori: il trasferimento di Bruce Banner cogli elicotteri alla base del deserto (Hulk torna a casa?): no parole, no dialoghi, solo
azione e ottimo decor! Così ci piace!
Eccessivo ad un certo punto l'utilizzo delle tendine (elettroniche) per cambiare scena! Abbiamo capito che è una
citazione della tv che è stata! Passiamo oltre!
Mostro di Frankenstein, dottor Jekyll e Mr Hyde, semplice bambino choccato da un evento tragicissimo e rimosso
durante l'infanzia? Hulk è tutto questo e di più, ma come renderlo in un film? Ad un certo punto diventa addirittura
King Kong, assediato da eserciti e polizie ma che si arrende ad una donna!
Una donna che ama i "freddi" (=lo scienziato calcolatore) ma ciascuno di noi è anche "caldo" dentro (e verde
anche!!!).
Bello l'atto unico da teatro sperimentale-shakespeariano alla base militare tra padre e figlio mutati, v. la luce da
palcoscenico! Nolte è un no-global anziano, bello, pazzo e trascinatore.
Pessimo invece il duellone tra i due "da cartone animato" nella natura mutata e che finisce colla bomba atomica "necessaria"!
Da notare però il sottofinale di speranza e riscatto: Hulk protegge i più deboli... e... non lo fate arrabbiare...
Roberto Figazzolo
Pavia, 16/09/2003 (1322)
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