mare aperto

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mare aperto
MARE APERTO
Mensile di strategia finanziaria per non addetti ai lavori
30 Gennaio 2017
AVANTI CON GIUDIZIO
Donald Trump e Theresa May
L’economia americana ha iniziato bene il 2017, gratificata
dall’aumento dei consumi e da quello degli investimenti delle
aziende. Non solo le aziende investono di più - era da cinque
trimestri che non si vedeva un aumento delle spese in conto
capitale - ma sta crescendo anche la propensione a investire nei
prossimi sei mesi. Il dato di +1,9% del PIL per il periodo OttobreDicembre, positivo ma inferiore alle attese, non deve fuorviare. Ad
un attento esame delle varie componenti del PIL si può notare,
infatti, che i consumi sono aumentati del 2,5%, in linea con le
aspettative, e tra l'altro la consueta ricerca dell’Università del
Michigan sul “sentiment” delle famiglie ha registrato il dato più alto
degli ultimi tredici anni.
Questa volta hanno fatto da zavorra le esportazioni, diminuite tanto
da assestare un colpo di -1,7% al PIL, dopo avere invece
contribuito moltissimo al +3,5% di aumento del terzo trimestre.
Dunque è la componente più volatile e imprevedibile ad aver
prodotto un risultato modesto, mentre i determinanti strutturali del
risultato nel tempo, i consumi e gli investimenti, hanno evidenziato
un buon incremento.
Con la presidenza Trump sembra che stiamo assistendo al ritorno
di un capitalismo-non-di-mercato nel paese che più di ogni altro
rappresenta questo sistema economico, con la riedizione di uno
stretto partenariato tra i vertici delle grandi industrie e quelli dello
stato, in nome di un esibito interesse nazionale. Il neo-presidente
Trump sta forse diventando il nemmeno tanto paradossale
campione della rinazionalizzazione antiglobalista? L'uscita dal
TPP (Trans Pacific Partnership) che coinvolgeva dodici paesi
dell’area Pacifico, e la minaccia di ritorsioni in termini di dazi alle
importazioni dal Messico lo farebbero pensare, generando non
pochi dubbi per i rapporti internazionali, per gli scambi commerciali
e per la prosperità a livello globale. Gli Stati Uniti, che usufruiscono
del dollaro come moneta degli scambi internazionali e di una
sensibile superiorità tecnologica ed economica, hanno negoziato
in passato accordi commerciali asimmetrici con molte nazioni,
comprando in questo modo l'estensione e il consolidamento della
propria sfera d'influenza, ma rimane ora da capire se Trump si
limiterà semplicemente a ribilanciare le posizioni o finirà per
portare avanti una guerra ideologica populista tale da innescare
una catena di reazioni e chiusure dall'esito incontrollabile. Prevarrà
il buon senso e la negoziazione di compromesso ovvero
l’atteggiamento muscolare e poco incline alla trattativa ? Vedremo,
a cominciare già dai prossimi mesi. Per ora possiamo sperare che,
dai suoi trascorsi di pur chiacchierato uomo d’affari, Trump
estragga il realismo di proporre patti se non equi almeno tollerabili
con le nazioni controparte, senza deludere la sua base elettorale.
Dal canto loro, i mercati finanziari americani, dall’elezione di Trump
in poi, hanno ragionato come se tutte le promesse elettorali
potessero essere mantenute, prefigurando il cosiddetto
“Goldilocks scenario”, lo scenario “riccioli d’oro” dove tutto va per
il verso giusto. I prezzi attuali, quindi, valutano come fattibili: la
diminuzione delle imposte, la regolamentazione più favorevole di
settori importanti del sistema economico, la costruzione o il
ripristino delle infrastrutture e il rientro dei capitali all’estero delle
grandi multinazionali, il tutto senza significativi contraccolpi
negativi. Se segmenti importanti della politica trumpiana invece si
impantanassero, potremmo assistere a ritracciamenti significativi
dei prezzi, ma per il momento prevalgono pulsioni e convinzioni
rialziste.
In due mercati i prezzi di borsa sono per il momento meno cari, il
Giappone e l’Europa. Il Giappone attualmente usufruisce di
stimolo monetario e stimolo fiscale insieme e la banca centrale ha
dichiarato che lascerà salire l’inflazione al di sopra del 2% prima di
ritirare tali stimoli; sono state inoltre approvate leggi che rendono
più conveniente per gli investitori, istituzionali e non, l’investimento
azionario. Aggiungiamo a ciò che il mercato del lavoro è saturo e
che quindi, a differenza che in Europa, non ci sono più disoccupati
che possano accontentarsi di un qualunque salario: l'aspettativa è
perciò che la dinamica degli stipendi possa migliorare a vantaggio
dei consumi, innescando una dinamica positiva.
Più complessa è la situazione europea. La nostra versione degli
stimoli monetari è più blanda (la BCE non compra azioni in borsa
come fa la Bank of Japan) e soprattutto il membro più influente
dell’Unione, la Germania, continua a premere per la diminuzione
degli acquisti di titoli obbligazionari della BCE paventando
l’inflazione prossima ventura. Tuttavia, dopo la Brexit e l’emergere
di spinte anticomunitarie in tutti i maggiori stati, la Commissione
sta finalmente promuovendo un quantum di stimolo fiscale anche
nel Vecchio continente. I prezzi di borsa sono saliti, restando però
distanti dai multipli di New York.
I mercati emergenti, infine, restano per ora in un limbo - né
attraente né repellente -, in attesa e in dipendenza degli andamenti
(e delle politiche commerciali) dei paesi industrializzati, e di essere
spinti da questi nella direzione -sviluppo o contrazione -, legata
spesso ai corsi dei prezzi delle materie prime e in particolare del
petrolio. Le divise di alcuni di questi Paesi sono peraltro scese al
di là dei loro demeriti, e potrebbero quindi rappresentare, dopo
attenta ponderazione, una buona occasione di acquisto.
CONCLUSIONI
Mantenere una certa quota di azioni, pronti ad approfittare di
eventuali storni per ampliarla, avendo conservato una parte del
portafoglio liquida. Cogliere le occasioni sulle divise emergenti
sottovalutate. Tenere l'attenzione puntata anche sulla sterlina
inglese.
Stelvio
Bo
www.bonoplus.it
30 Gennaio 2017
AVANTI CON GIUDIZIO
Donald Trump e Theresa May
L’economia americana ha iniziato bene il 2017, gratificata
dall’aumento dei consumi e da quello degli investimenti delle
aziende. Non solo le aziende investono di più - era da cinque
trimestri che non si vedeva un aumento delle spese in conto
capitale - ma sta crescendo anche la propensione a investire nei
prossimi sei mesi. Il dato di +1,9% del PIL per il periodo OttobreDicembre, positivo ma inferiore alle attese, non deve fuorviare. Ad
un attento esame delle varie componenti del PIL si può notare,
infatti, che i consumi sono aumentati del 2,5%, in linea con le
aspettative, e tra l'altro la consueta ricerca dell’Università del
Michigan sul “sentiment” delle famiglie ha registrato il dato più alto
degli ultimi tredici anni.
Questa volta hanno fatto da zavorra le esportazioni, diminuite tanto
da assestare un colpo di -1,7% al PIL, dopo avere invece
contribuito moltissimo al +3,5% di aumento del terzo trimestre.
Dunque è la componente più volatile e imprevedibile ad aver
prodotto un risultato modesto, mentre i determinanti strutturali del
risultato nel tempo, i consumi e gli investimenti, hanno evidenziato
un buon incremento.
Con la presidenza Trump sembra che stiamo assistendo al ritorno
di un capitalismo-non-di-mercato nel paese che più di ogni altro
rappresenta questo sistema economico, con la riedizione di uno
stretto partenariato tra i vertici delle grandi industrie e quelli dello
stato, in nome di un esibito interesse nazionale. Il neo-presidente
Trump sta forse diventando il nemmeno tanto paradossale
campione della rinazionalizzazione antiglobalista? L'uscita dal
TPP (Trans Pacific Partnership) che coinvolgeva dodici paesi
dell’area Pacifico, e la minaccia di ritorsioni in termini di dazi alle
importazioni dal Messico lo farebbero pensare, generando non
pochi dubbi per i rapporti internazionali, per gli scambi commerciali
e per la prosperità a livello globale. Gli Stati Uniti, che usufruiscono
del dollaro come moneta degli scambi internazionali e di una
sensibile superiorità tecnologica ed economica, hanno negoziato
in passato accordi commerciali asimmetrici con molte nazioni,
comprando in questo modo l'estensione e il consolidamento della
propria sfera d'influenza, ma rimane ora da capire se Trump si
limiterà semplicemente a ribilanciare le posizioni o finirà per
portare avanti una guerra ideologica populista tale da innescare
una catena di reazioni e chiusure dall'esito incontrollabile. Prevarrà
il buon senso e la negoziazione di compromesso ovvero
l’atteggiamento muscolare e poco incline alla trattativa ? Vedremo,
a cominciare già dai prossimi mesi. Per ora possiamo sperare che,
dai suoi trascorsi di pur chiacchierato uomo d’affari, Trump
estragga il realismo di proporre patti se non equi almeno tollerabili
con le nazioni controparte, senza deludere la sua base elettorale.
Dal canto loro, i mercati finanziari americani, dall’elezione di Trump
in poi, hanno ragionato come se tutte le promesse elettorali
potessero essere mantenute, prefigurando il cosiddetto
“Goldilocks scenario”, lo scenario “riccioli d’oro” dove tutto va per
il verso giusto. I prezzi attuali, quindi, valutano come fattibili: la
diminuzione delle imposte, la regolamentazione più favorevole di
settori importanti del sistema economico, la costruzione o il
ripristino delle infrastrutture e il rientro dei capitali all’estero delle
grandi multinazionali, il tutto senza significativi contraccolpi
negativi. Se segmenti importanti della politica trumpiana invece si
impantanassero, potremmo assistere a ritracciamenti significativi
dei prezzi, ma per il momento prevalgono pulsioni e convinzioni
rialziste.
In due mercati i prezzi di borsa sono per il momento meno cari, il
Giappone e l’Europa. Il Giappone attualmente usufruisce di
stimolo monetario e stimolo fiscale insieme e la banca centrale ha
dichiarato che lascerà salire l’inflazione al di sopra del 2% prima di
ritirare tali stimoli; sono state inoltre approvate leggi che rendono
più conveniente per gli investitori, istituzionali e non, l’investimento
azionario. Aggiungiamo a ciò che il mercato del lavoro è saturo e
che quindi, a differenza che in Europa, non ci sono più disoccupati
che possano accontentarsi di un qualunque salario: l'aspettativa è
perciò che la dinamica degli stipendi possa migliorare a vantaggio
dei consumi, innescando una dinamica positiva.
Più complessa è la situazione europea. La nostra versione degli
stimoli monetari è più blanda (la BCE non compra azioni in borsa
come fa la Bank of Japan) e soprattutto il membro più influente
dell’Unione, la Germania, continua a premere per la diminuzione
degli acquisti di titoli obbligazionari della BCE paventando
l’inflazione prossima ventura. Tuttavia, dopo la Brexit e l’emergere
di spinte anticomunitarie in tutti i maggiori stati, la Commissione
sta finalmente promuovendo un quantum di stimolo fiscale anche
nel Vecchio continente. I prezzi di borsa sono saliti, restando però
distanti dai multipli di New York.
I mercati emergenti, infine, restano per ora in un limbo - né
attraente né repellente -, in attesa e in dipendenza degli andamenti
(e delle politiche commerciali) dei paesi industrializzati, e di essere
spinti da questi nella direzione -sviluppo o contrazione -, legata
spesso ai corsi dei prezzi delle materie prime e in particolare del
petrolio. Le divise di alcuni di questi Paesi sono peraltro scese al
di là dei loro demeriti, e potrebbero quindi rappresentare, dopo
attenta ponderazione, una buona occasione di acquisto.
CONCLUSIONI
Mantenere una certa quota di azioni, pronti ad approfittare di
eventuali storni per ampliarla, avendo conservato una parte del
portafoglio liquida. Cogliere le occasioni sulle divise emergenti
sottovalutate. Tenere l'attenzione puntata anche sulla sterlina
inglese.
Stelvio
www.bonoplus.it
Bo