LE RIVE DEL PO

Transcript

LE RIVE DEL PO
46
REPORTAGE
TRA TURISMO FLUVIALE E TRASPORTO MERCI
LE RIVE DEL PO
Viaggio sul grande fiume, tra Lombardia
ed Emilia-Romagna. Le sfide future
per una provincia unica --- DONATO UNGARO
“DUNQUE IL PO COMINCIA A PIACENZA, e fa benissimo perché è
l’unico fiume rispettabile che
esista in Italia: e i fiumi che
si rispettano si sviluppano
in pianura, perché l’acqua è
roba fatta per rimanere orizzontale, e soltanto quando
è perfettamente orizzontale
l’acqua conserva tutta la sua
naturale dignità”. Così scriveva Giovannino Guareschi nella
prefazione di “Don Camillo”.
E per partire, per conoscere il
Grande fiume, prendiamo per
buona l’idea dello scrittoregiornalista parmense, che dal
Po ha preso tanta ispirazione.
Il cuore di questo gigante
d’acqua è quell’angolo di Pianura Padana dove si incrociano sul pelo dell’acqua quattro province: Reggio Emilia,
Mantova, Parma e Cremona.
Girovagando curiosi in queste lande ci si rende presto
conto che il fiume è un confine solo sulle cartine, ma non
per gli abitanti che vivono
sulle sue rive. Le problematiche della vita di chi vive
a stretto contatto col fiume
-come la nebbia che spesso
avvolge la Bassa, ovattandola
WWW.ALTRECONOMIA.IT
e creando artistici panoramicreano di fatto una provincia
italiana a sé stante, che segue
il corso del Po, fino al Delta,
accomunando paesi e abitanti, anche se appartengono a
regioni diverse e parlano dialetti diversi.
Culture, tradizioni, costumi,
economia: tutto lega in un
ipotetico e irripetibile “luogo in-comune”, un territorio
ricco di peculiarità introvabili
in altre parti d’Italia. Il corso
del fiume crea ambienti unici dal punto di vista naturalistico, mentre la ricchezza
delle campagne bagnate dalle acque del Po determina il
fiorire di conoscenze agroalimentari che costituiscono
un patrimonio gastronomico
unico. E poi il fiume stesso,
con il fluire della corrente,
che aveva ispirato il regime
del Ventennio in merito alla
navigazione fluviale, con Be-
nito Mussolini che voleva re-
alizzare un canale navigabile
da Cremona a Rogoredo, alle
porte di Milano, dove ancora oggi una zona chiamata
“Porto di Mare” ricorda l’intenzione di trasportare merci
e passeggeri dal capoluogo
meneghina all’Adriatico.
Lentamente, perché anche il
turismo lungo il Grande fiume non può correre, ma deve
adeguarsi al placido scorrere
dell’acqua. Come dicono da
queste parti, “tolà su dolsa”
(prenderla su dolce), pedalando su argini maestri e antiche
alzaie ombreggiate dai pioppi cipressini, che con le loro
interminabili file di colonne
verdi indicavano ai naviganti
il canale navigabile del fiume;
ora non ci sono più uomini
e cavalli, o buoi, a trascinare
i navigli che dovevano risalire controcorrente il fiume
e le strutture dove una volta
questi viaggiavano sono state
trasformate in piste ciclabili
che corrono in riva al Grande
fiume. Un progetto del Politecnico di Milano prevede di
costruire VenTo, una dorsale
ciclistica lunga 679 chilometri da Venezia a Torino, con un
costo di circa 80 milioni di
euro, che equivale alla realizzazione di 2 chilometri d’autostrada, per poter andare in
bicicletta da piazza San Marco alla Mole Antonelliana,
interconnettendo parchi, aree
naturalistiche e città d’arte
straordinarie: Ravenna, Ferrara, Mantova, Parma, Cremona e le tante piccole meraviglie incastonate sulle rive del
Po, come San Benedetto Po,
Guastalla o Sabbioneta, per
citarne alcune. Gemme non
solo storiche e architettoniche: il Po ha ispirato artisti
di varie discipline, come il
già citato Giovannino Gua-
987
CHILOMETRI: È LA LUNGHEZZA COMPLESSIVA DEL SISTEMA IDROVIARIO DEL FIUME PO.
POTREBBE MUOVERE FINO A 16 MILIONI DI TONNELLATE DI MERCI ALL’ANNO. OGGI SONO APPENA 400MILA
GENNAIO 2016
reschi, oppure il luzzarese
Cesare Zavattini (sceneggiatore di “Ladri di biciclette”) o il parmigiano Attilio
Bertolucci, poeta e padre dei
registi Bernardo e Giuseppe.
In ambito pittorico, parlare
di golena e di Po significa
evocare i quadri del gualtierese (d’adozione) Antonio
Ligabue, a cui recentemente
una mostra dal titolo “Arte
& Follia” ha associato un
altro pittore del Po, il borettese Pietro Ghizzardi.
E nella Boretto di Ghizzardi, denominata “Lo smeraldo
del Po”, è attraccata la più
grande motonave da crociera
fluviale battente bandiera italiana, la Stradivari. Il suo armatore, Giuliano Landini -ex
campione mondiale di motonautica-, ha intrapreso la sfida del coniugare navigazione
fluviale, buona cucina e cultura del fiume. Sulla Stradivari
trasformata in ristorante navigante è possibile organizzare banchetti e cerimonie,
sono state girate puntate di
programmi dedicati alla cucina e vengono organizzati
convegni e spettacoli. LanGENNAIO 2016
47
Il porto fluviale lungo il Po di Boretto, nel territorio della provincia di Reggio Emilia ---
dini non dimentica, però, il
motivo per cui la Stradivari è
stata varata, nel 1976: la navigazione del Po, con il capitano che conduce abitualmente
la motonave nella laguna
di Venezia. “Nel 2015 sono
salite a bordo più di 5mila
persone, ma la potenzialità
di una struttura del genere
sarebbe aperta al triplo dei
turisti –-spiega Landini-: per
il 2016 ci stiamo già organizzando, per offrire la fruizione
di realtà artistiche e paesaggistiche che non sono delocalizzabili. Le istituzioni devono capire che sono queste le
realtà italiane da promuovere,
concentrate in un centinaio
di chilometri tra Cremona e
Mantova: il Po non puoi portarlo da un’altra parte, come
un’azienda qualsiasi che la
porti in Cina”. In passato alcune società europee avevano
intrapreso l’avventura delle
crociere fluviali, come succede negli altri grandi fiumi
europei. Si chiamavano Mi-
chelangelo, Venezia, Queen
River le grandi navi che scor-
razzavano sul fiume turisti
americani, russi e cinesi; da
Venezia a Cremona, facendo
sosta a tutti gli attracchi che
meritavano una visita. Spesso
erano soste gastronomiche,
per assaporare il Parmigiano
Reggiano o il Culatello di Zibello, che proprio grazie alle
nebbie del Po stagiona in un
modo inconfondibile.
La navigazione è la vera croce
e la delizia del Po. Agli inizi del Novecento si doveva
decidere come governare la
corrente del fiume, per permetterne la navigazione commerciale. Le possibilità erano
due: la bacinizzazione oppure
la creazione dei “pennelli”,
scogliere artificiali che facendo rimbalzare la corrente da
una riva all’altra la incanalano permettendole di ricavarsi
con la forza del suo scorrere
un canale nel letto sabbioso del fiume. Si optò per la
seconda possibilità, mentre
quasi tutti i grandi fiumi europei sceglievano invece di
costruire dighe e bacini con
le quali rendere navigabili i
corsi d’acqua. Il Po paga oggi
lo scotto di una scelta non
proprio esatta. “La navigazione fluviale del bacino del Po è
marginale -spiega l’ingegner
Ivano Galvani, responsabile
del settore navigazione interna dell’Agenzia interregionale del Po- con circa 400mila
tonnellate annue di materiale
trasportato, a fronte di un milione di tonnellate degli anni
Novanta e 3 milioni degli
anni Settanta e Ottanta. La
Regione Emilia-Romagna ha
fatto un bando per la gestione
delle strutture e per la concessione di benefici finalizzati a promuovere il trasporto
fluviale, ma è andato deserto.
Non c’è più un contatto tra il
fiume e gli apparati logistici
che effettuano la movimentazione delle merci, e il fiume è abbandonato. Rimane
qualche traffico sui canali ar-
Ermes Lasagna
Ermes Lasagna
---
--- La motonave Stradivari, la più grande tra quelle che navigano sul Po per fini turistici. È stata varata nel 1976. Nel
2015, ha accompagnato 5mila persone a conoscere il territorio lungo il corso del fiume --WWW.ALTRECONOMIA.IT
REPORTAGE
tificiali, tra Mantova e Rovigo,
ma è davvero cosa di poco
conto”. La navigazione si è
attestata a Cremona, dove nel
progetto del canale navigabile Cremona-Milano doveva
sorgere un’importante struttura portuale nel cuore della
produttiva Pianura Padana.
Nel 2000, però, il “Consorzio
del Canale Navigabile MilanoCremona-Po” è stato dichia-
rato un ente inutile, e quindi
sciolto. Oggi la navigazione
del Po è garantita -ma non
per 365 giorni all’anno a causa dei “bassi fondali”- solo da
Cremona al mare. Eppure, il
Sistema idroviario padanoveneto costituisce con il Po
e alcuni canali navigabili -tra
gli altri l’Idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco, o la Ferrara-Ravenna- una rete di possibile trasporto fluviale che
collega le sponde emiliane,
Cremona, Mantova, il basso
Veneto al mare Adriatico e
alla laguna di Venezia. Se si
aggiunge il tratto alto del Po,
con la sua navigazione locale,
si arriva a una struttura lunga
987 chilometri.
Ma cosa si potrebbe trasportare? Prodotti siderurgici,
piastrelle, inerti, granaglie,
fertilizzanti, container, prodotti chimici e GPL. La potenzialità dell’intero sistema
è di 16 milioni di tonnellate.
Trasportare merci sul fiume
permette un enorme risparmio di carburante: una chiatta
trasporta 1.350 tonnellate di
merce per volta, l’equivalente
di una cinquantina di TIR. E,
a parità di distanza percorsa,
consuma meno carburante.
Il trasporto fluviale però non
decolla: a Pieve Saliceto, sulla sponda reggiana, è stato
inaugurato nel 2006 un porto
commerciale che, secondo i
progetti, doveva permettere
WWW.ALTRECONOMIA.IT
Ermes Lasagna
48
--- Il fiume Po. S’intravedono i segnali per la navigazione fluviale, che è garantita -anche se non per 365 giorni all’annosolo dalla città di Cremona al mare --il transito di 700mila tonnellate di merce. Le aziende
della zona -che vede la produzione di componenti per
l’oleodinamica, oltre che delle
ceramiche nelle vicine Rubiera e Sassuolo- avrebbero potuto affidare i propri trasporti
alle acque del Po, ma da dieci
anni a questa parte nessuna
nave ha attraccato al porto
di Pieve Saliceto, nonostante l’anno scorso la Regione
abbia promesso incentivi per
800mila euro in tre anni a chi
decideva di dedicarsi al trasporto fluviale. Il costo per la
realizzazione del “Terminale
dell’Emilia Centrale” sul Po
si era attestato intorno ai 17
milioni di euro: soldi pubblici
semplicemente buttati, oltre
alla cementificazione (inutile?) di alcune centinaia di
metri di riva.
In compenso, per un certo
periodo molte navi hanno
navigato lungo il medio corso del Po: erano le draghe
che nottetempo effettuavano
escavazioni abusive nell’alveo
del fiume, danneggiandone
gravemente l’equilibro ambientale. Dagli anni Ottanta,
la città di Reggio Emilia ha
visto un’esplosione immobiliare senza precedenti. Un
decennio dopo, gli abitanti
del capoluogo passavano da
130mila a 170mila. Ma non
si sono costruiti solo appar-
tamenti. Anche strade, la
ferrovia TAV Milano-Bologna,
la stazione Mediopadana
dell’Alta velocità. E per costruire serve cemento ma anche sabbia, e dove la si prende
la sabbia se non in riva al Po.
Le cave sono aree concesse
dalle pubbliche amministrazioni a società che si occupano della loro coltivazione,
per estrarre un quantitativo
predefinito di sabbia. Ma la
sabbia estratta in cava deve
essere lavorata e resa idonea
all’utilizzo in edilizia, e la lavorazione ha un costo, a cui si
deve aggiungere il pagamento delle tasse di concessione.
Scavare direttamente nell’alveo del fiume, invece, ha pochissimi costi, e il prodotto è
già stato “lavorato” dalla corrente. Così si realizzano guadagni esorbitanti, drogando
il mercato; ma quando a costruire appartamenti, strade e
capannoni sono imprese che
la recente inchiesta “Aemilia” ha bollato come contigue
alla ‘ndrangheta, ecco che si
crea un problema di legalità.
E anche le imprese “Made
in Reggio Emilia” arrivano a
essere accusate di avere collegamenti con la criminalità
organizzata, ricevendo interdittive anti-mafia che bloccano la possibilità di partecipare alla ricostruzione del dopo
terremoto del 2012, e in ogni
caso impediscono a soggetti imprenditoriali ritenuti in
contatto con la criminalità
organizzata di partecipare a
gare d’appalto per l’assegnazione di lavori pubblici.
Per quanto riguarda le escavazioni illegali, si parla di
migliaia di tonnellate, con il
letto del fiume Po che è sprofondato di 4 metri mettendo
allo scoperto le fondamenta
di manufatti come ponti e
banchine. Un danno di cui
si sono rese complici amministrazioni che hanno reso
possibile la pratica delle escavazioni abusive, concedendo
cave che poi venivano utilizzate per giustificare il trasporto della sabbia sulle draghe, senza che nessuna forza
di polizia fosse in grado di
capire se si trattava di inertiabusivi o estratti regolarmente.
È un Grande fiume ammalato, quello osservato dalle rive
reggiane e mantovane, parmensi e cremonesi; un corso
d’acqua che sembrerebbe destinato al collasso. Ma Guareschi, dal campo di prigionia
in cui era stato internato durante la Seconda guerra mondiale, scriveva: “Non muoio
neanche se m’ammazzano”.
Anche per il Po è così. Nonostante le violenze che l’uomo
sta infliggendo al fiume. ---
GENNAIO 2016