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"Premio Tanarizzi 2003"
La "leggenda di Raja"
Vincitore 1° Premio: Giuseppe Audino
Si tratta di un racconto stilisticamente perfetto, pieno di
riferimenti al sito archeologico della tomba di Vallelunga,
aderente alla traccia. L’autore ha dimostrato grande capacità
narrativa, ottima cultura, fantasia non comune. Inoltre tutti gli
elementi stilistico narrativi delle tecniche tradizionali sono
presenti e sviluppati correttamente.
Il protagonista rappresenta un elemento di rottura con la
tradizione, un progressista ante-litteram che cerca di
sconfiggere un certo conservatorismo imperante. La forza della
produzione artistica, l’estro e il gusto sbaragliano i luoghi
comuni e vanno oltre la semplice routine, la monotona
quotidianità.
La narrazione è efficace, suggestiva. Inoltre il finale, ciclico, dà
una sensazione vichiana di continuità nella storia dalle fori
implicanze intuitive.
Un uomo, non molto alto con un enorme bagaglio sulle spalle si
stava arrampicando stancamente sulla collina conosciuta oggi
come “Pirrera” dal lato del “cùazzu di Tanarizzi”. Quello che
scorse -una volta in cima al colle- fu ben diverso dalla vista di
cui godiamo oggi: al posto dell’immenso mare di grano dorato
che ci riempie gli occhi, delle distese di vigne e di un piccolo
paese dalla struttura regolare, vide un infinito bosco colmo di
daini e caprioli, un fiume appena sotto la collina e un villaggio di
poche casupole poco lontano dal fiume.
Quelle casupole significavano la sua salvezza: aveva camminato a
lungo, si sentiva a pezzi e sapeva che in quel villaggio non gli
avrebbero negato il cibo. Mentre scendeva con passo deciso dalla
cima della collina, si chiese cosa ci facesse un villaggio come
quello così lontano dalla costa e lo capì qualche giorno dopo.
Attraverso il villaggio passavano spesso delle carovane di
mercanti, probabilmente quel villaggio era nato per fornire
ristoro e merce agli stessi mercanti durante il lungo cammino che
seguiva la via del fiume.
A Raia, così si chiamava il nostro uomo, il villaggio piacque e
decise di fermarsi un po’ più delle previsioni iniziali; aveva
addirittura conosciuto una donna della sua età e per guadagnarsi
da vivere decise di iniziare una fabbricazione di vasi, dato che
non era molto propenso per coltivare la terra o l’allevamento del
bestiame… era faticoso e non lo stimolava.
Realizzare un vaso invece era un’altra cosa. Alcuni la credevano
un’attività banale e priva d’importanza, altri un passatempo nelle
ore in cui gli animali non avevano bisogno di particolari cure.
Raia, invece, fin da bambino aveva subito il fascino del potere di
modellare l’argilla a suo piacimento di creare da un blocco
irregolare un oggetto che aveva la sua forza nell’utilità e la
propria bellezza nei colori o nelle forme, sentiva un immenso
potere passargli tra le dita mentre il vaso prendeva la forma che
la sua mente gli dettava. Aveva imparato quell’arte da un cugino
di suo padre che però si limitava soltanto a dare alle tazze
d’argilla l’aspetto delle orecchie dell’asino, o magari dava
all’ansa la sagoma di un cavallo; aveva sì imparato questo, però
si rese presto conto che non era abbastanza.
Viaggiando per l’isola era giunto alle pendici di un enorme
vulcano e in quella zona modellavano l’argilla in maniera
completamente diversa, davano al vaso una specie di sostegno
ampio alla base e più stretto a contatto con il vaso, e, ancora più
stupefacente, li coloravano. Raia non ci mise molto a capire come
funzionava questa tecnica e ben presto, quando ebbe appreso
tutto quello che c’era da sapere, era ripartito allontanandosi dal
mare finché appunto arrivò a questo bel villaggio crocevia di
molti commercianti.
L’inizio fu difficile, trovò subito l’argilla nel centro della collina
che dominava il villaggio, però non riusciva a mantenersi solo
con il baratto dei suoi vasi, spesso doveva ripiegare su qualche
lavoretto che gli era offerto, in cambio di qualcosa da mangiare,
ma la cosa peggiore era che non poteva sposare la donna di cui
si era innamorato perché era troppo povero.
La svolta arrivò improvvisa come un tuono: un gruppo di
mercanti notò i suoi vasi e decise di barattarli con Raia per poi
rivenderli al mercato del sale. Certo l’inizio gli rese poco ma nel
giro di pochi anni poté sposare la donna che amava non meno
dei suoi vasi e ben presto diventò l’uomo più ricco di tutto il
villaggio, e poi il suo stile era molto imitato e le richieste del
mercato superavano sempre le sue scorte; prese degli assistenti
per la bottega e degli uomini che badassero al suo bestiame.
Tutto andava per il meglio, c’era perfino un figlioletto in arrivo,
ma il capo del villaggio era invidioso perché in pochi anni Raia
era diventato più ricco di lui, la gente cominciava ad andare da
Raia per chiedere consiglio o per avere un lavoretto mentre fino a
poco tempo fa si rivolgevano solamente a lui, il capo. Cercò
quindi di scacciare Raia con false accuse, ma non ci riuscì perché
il popolo amava Raia e si schierava sempre dalla sua parte e non
c’era modo di farlo andare via. L’unica soluzione era quella di
ucciderlo e così fece: di notte sorprese Raia e la moglie col bimbo
ancora in grembo, alcuni vicini sentirono i latrati dei cani e si
alzarono per andare a controllare cosa fosse successo e in breve
scoprirono le vittime e l’assassino. A Raia e alla moglie
costruirono la tomba più bella che non fosse mai stata realizzata
nei dintorni, dopo i vari riti funebri la riempirono dei vasi di Raia
sulla parte sinistra e sulla destra misero i corpi straziati delle due
vittime più il vaso dell’acqua che testimoniava la morte del loro
figlio neonato, sigillarono la tomba e rappresentarono sopra di
queste un toro in voga, simbolo della ricchezza di Raia. Il capo
del villaggio fu immediatamente allontanato e di lui non se ne
seppe più nulla.
La tomba fu dimenticata per circa 3600 anni finché un particolare
cacciatore alto, elegante, con il cappello coloniale e i baffi a
tortiglione, con l’immancabile “scopetta” sulla spalla, si
arrampicò per la collina in cerca di selvaggina. Seguendo i suoi
cani notò qualcosa d’insolito all’interno del bosco -una radura- e
subito dietro una costruzione di foggia, a prima vista,
antichissima: incuriosito, il cacciatore scavò finché ebbe liberato
completamente l’ingresso e scoprì così l’epilogo di una storia che
ho indegnamente tentato di ricostruire e su cui si può solamente
fantasticare.