PARROCCHIA SANTA MARIA DELLE GRAZIE DI SAN DONÀ DI

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PARROCCHIA SANTA MARIA DELLE GRAZIE DI SAN DONÀ DI
PARROCCHIA SANTA MARIA DELLE GRAZIE DI SAN DONÀ DI PIAVE
ORIGINI, FESTE E DEVOZIONI
A cura di Marco Franzoi, giugno 2009
Si delineano i tratti essenziali dell’origine della Parrocchia “Santa Maria delle Grazie” di San
Donà di Piave, per poi ricordare le dispute storiche e la soluzione liturgica circa l’identità di San
Donato, il cui culto è stato negli anni soppiantato da quello alla Vergine, e che ha comunque dato
il nome alla città. Si ricorda quindi l’origine della Festa della Madonna del Colera e, infine,
vengono citati gli edifici sacri costruiti nel tempo sino all’attuale Duomo.
Origini della Parrocchia
La lapide marmorea del XV sec.1, collocata alla sinistra della bussola di legno all’entrata
principale del Duomo, è un prezioso ricordo delle origini della Parrocchia “Santa Maria delle
Grazie” di San Donà di Piave, matrice2 delle altre parrocchie cittadine.
In essa è inciso nel marmo che i cognati Francesco Marcello ed Angelo Trevisan, si erano
aggiudicati all’asta nell’Anno Santo 1475 (“settanta cinque quatrocento e mille anni correndo…”) i
diritti demaniali della Gastaldia3 di “San Donato”.
L’anno successivo ottennero dal Papa Sisto IV (il pontefice che, tra l’altro, approvò
ufficialmente la festa di S. Giuseppe il 19 marzo) la concessione di erigervi una sede parrocchiale e
di indicare il sacerdote rettore:
“Lanno seguente dal sumo pastore Xisto Quarto Pontifice honorato Gli fo concesso di poter
ripore Un sacerdote per lor presentato.”
La bolla pontificia dell’8 febbraio 1476 permetteva appunto la costruzione di una nuova
chiesa nella Gastaldia di San Donà, poiché quasi tutte le chiese preesistenti nel vasto territorio erano
andate distrutte da guerre o inondazioni del Piave.4
Il 1476, anno di erezione della prima chiesa (cappella) dedicata a Santa Maria delle Grazie,
si può allora considerare la data ufficiale della nascita della Parrocchia omonima di San Donà.
La sede della pieve, invece, manteneva il suo titolo antico, cioè “S. Donati” e il territorio in
cui si trovava il nome di “S. Donati e S. Hermelii” (Ermelio o Remigio).
Negli antichi registri di curia la chiesa arcipretale di San Donà compare allora con il titolo
canonico-giuridico di “Plebs et Ecclesia Sanctae Mariae Gratiarum, de Gastaldia SS. Donati et
Hermelii de Plavi”.5
Solo nel 1483 i Marcello e Trevisan poterono divenire titolari del diritto di proprietà della
Gastaldia di San Donato, acquistandola dalla Serenissima per diecimila ducati.6 In seguito, Angelo
Trevisan aumentò il suo possesso, finché nel 1496 riscattò anche la metà della Gastaldia posseduta
1
C. Chimenton, “S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella”, 1928, pag. 42.
In generale, chiesa matrice è considerata quella alle cui dipendenze si trovano le cappelle e gli eremi sparsi nel
territorio (D.M. Teker, “Storia cristiana di un popolo”, 1994, pag. 14).
3
Il termine “gastaldia” deriva dal longobardo (gast-ald, gast-haltem) e stava ad indicare un territorio appartenente ad un
principe ed amministrato da un gastaldo, il quale aveva potere di giustizia ed autorità di conte. La Gastaldia di S.
Donato era estesa meno di un terzo del più vasto territorio definito “terra di S. Donato”, avente una superficie superiore
ai 10.000 ettari.
4
C. Chimenton, op. cit., pag. 76.
5
C. Chimenton, op. cit., pag. 71.
6
Il contratto precedente era infatti un’enfiteusi, secondo la quale si cedeva al contraente (enfiteuta o livellario) il diritto
di godimento del bene (la Gastaldia) contro il pagamento di un canone annuo (livello) e l’obbligo di apportare
miglioramenti (vedasi anche I. Michieli, “Trattato di estimo”, 1993, pag. 563).
2
1
dal cognato Marcello, divenendo così l’unico proprietario della quasi totalità dell’attuale territorio
comunale di San Donà.7
Ma quali vantaggi si potevano traere dall’essere titolari dei diritti sulla Gastaldia? Eccone
alcuni: esenzione da dazi e dalle tasse di approdo e fermata delle barche; facoltà di aprire (con il
privilegio dell’esclusività) osterie, forni, macellerie, officine di fabbro ecc.; facoltà di costruire
barche, di scavare pozzi e nuovi corsi d’acqua.8
Inoltre, la famiglia Trevisan, aveva facoltà di “poter eleggere un prete, che dica Messa in
suddetta Gastaldia, come è stato li passati tempi (…)”9 e di godere giuspatronato della chiesa che si
fosse costruita con il permesso del Papa, come appunto avvenne.
Questo era secondo l’usanza di allora, che vedeva appunto i latifondisti delle Gastaldie del
Dogado veneziano, per convinzioni religiose e per seguire le tradizioni repubblicane, preferire la
fine politica al despotismo, traendo profitto dall’influenza del clero nelle campagne. Si mostravano
perciò sempre propensi a costruire chiese dove mancavano e ad affidarle a sacerdoti per la cura
spirituale del popolo. Questo sistema di governare senza le armi e senza magistratura ha fruttato ai
nobili sonni tranquilli per molti secoli e alle popolazioni rurali, lontane dai padroni, una vita
abbastanza libera e relativamente agiata.10
Secondo la disposizione della bolla papale del 1476, il diritto dell’esercizio del
giuspatronato della chiesa (e quindi il diritto di presentare i candidati pievani) valeva solo per i
discendenti maschi di Angelo Trevisan, l’ultimo dei quali morì nel 1637. Tuttavia, l’“abuso di
presentazione dei candidati” si mantenne anche successivamente, cioè dopo l’estinzione del ramo
maschile, sino addirittura agli inizi del XX sec.11
La nuova cappella fu intitolata alla Madonna delle Grazie (“In el sacello di Grazia prcone
Ala diva Maria qui dedicato”), culto che in quell’epoca aveva assunto il massimo impulso grazie
alla propaganda dei Padri Gerolimini.12
La cappella dedicata a “S. Mariae Gratiarum”, pur con parroco titolare, rimase per lungo
tempo alle dipendenze della chiesa matrice di Noventa, mantenendo anche la sua derivazione dalla
cappella dedicata a San Donato, allora in territorio di Musile, che era appunto la sede originaria,
prima della diversione del Piave a metà XIII secolo, in seguito ad una violenta alluvione.
Sostanzialmente, San Donato di Musile era matrice di S. Maria delle Grazie di San Donà,
ma tutte due le chiese erano filiali, cioè dipendevano giuridicamente e canonicamente, della chiesa
matrice di Noventa.13
Solo con un decreto del 2 marzo 1720 la curazia di Santa Maria delle Grazie fu eretta a
pievania e cinque anni più tardi si ottenne il diritto di far uso delle insegne parrocchiali.
Nel 1728 venne concesso il titolo di arciprete al parroco don Sebastiano Siccardi ed ai
parroci successivi, sino al 1778, quando fu concesso in perpetuo alla sede il titolo di arcipretale.14
La devozione a San Donato
È assodato che la devozione a San Donato, nel territorio omonimo di cui si sta trattando, ha
origini molto antiche. In un passato non troppo lontano sorse però una discussione sull’identità di
Donato, perché di Santi con questo nome ce ne sono ben dodici, anche se le ricerche più precise
indirizzano verso i due Vescovi rispettivamente di Arezzo e dell’Epiro.
7
D. Cagnazzi, “San Donà di Piave, storia immagini costume”, 1979, pag. 68, 74.
C. Chimenton, op. cit., pag. 33.
9
Codice 1435, classe VII, Biblioteca Marciana, in C. Chimenton, op. cit., pag. 80.
10
T. Plateo, “Il territorio di S. Donà nell’agro di Eraclea”, 1907, in C. Chimenton, op. cit., pag. 76.
11
C. Chimenton, op. cit., pag. 92.
12
C. Chimenton, op. cit., pag. 77.
13
C. Chimenton, op. cit., pag. 74.
14
C. Chimenton, op. cit., pag. 98.
8
2
In particolare, i due studiosi Plateo e Agnoletti avanzavano la tesi che si trattasse di San
Donato Vescovo dell’Epiro, le cui reliquie – secondo il primo - agli inizi del XII secolo furono
trasportate e quindi conservate nella chiesa di S. Maria a Murano (Diocesi di Torcello), che fu poi
(1140) intitolata appunto a San Donato.
La fama e quindi la devozione del Vecovo dell’Epiro – sempre secondo Plateo (1907) – si
diffuse rapidamente in queste terre, tanto da “indurre i Vescovi di Torcello, Treviso, Eraclea e
Jesolo a costruire una cappella presso la Torre del Caligo dedicata a S. Donato (…) La cappella fu
consacrata dopo il 1186”.15
Secondo mons. Agnoletti (1897) il corpo del Vescovo dell’Epiro fu invece trasportato da
Cefalonia a Murano già nel 980, per opera dell’imperatore Ottone.
Quest’ultimo studioso scriveva: “non istarò poi a decidere sulla confusione di quel S.
Donato confessore col martire Donato Vescovo Aretino della persecuzione di Giuliano Apostata,
celebrandosi anche di quello la traslazione nel medesimo giorno 7 agosto”.16
Nel 1916 la disputa sull’identità di San Donato venerato in questo territorio fu risolta, se non
storicamente, almeno liturgicamente. Un documento di quell’anno, presente nell’archivio vescovile,
infatti riporta:
“Mons. Agnoletti e il dott. Plateo hanno cercato dimostrare che il Santo Donato Vescovo,
venerato sempre il 7 agosto in S. Donà di Piave, come patrono, è quello stesso che ha le reliquie
poste in venerazione in Murano (…)
Gli atti delle visite pastorali, che si possono addurre, del confessore Vescovo S. Donato
(quello dell’Epiro, ndr), niente dicono, e la tradizione sta per il martire S. Donato di Arezzo. Questo
Santo Martire, potè, in occasione del sinodo e delle visite, senza opposizione di decreti vescovili,
essere determinato come Vescovo di Arezzo e martire, con la sua officiatura liturgica, anche perché
il culto del santo confessore (cioè del Vescovo dell’Epiro, ndr) è più tardivo assai del culto prestato
al Vescovo martire (che a S. Donà si festeggiava già nel secolo VIII, al tempo di Paoluccio
Anafesto) e il protettore titolare della Plebs Sancti Donati, a. 740 rimase invariato, né si ritiene
debba subire mutazione”.17
Quindi già verso la metà dell’VIII secolo, Donato d’Arezzo era il Protettore Titolare della
“Plebs Sancti Donati”, come si legge in un documento presente nella sacrestia del Duomo.
Di lì a breve, dopo questi ragionamenti storici, il 16 maggio 1916 fu emanato il decreto di
mons. Longhin con il quale si sancì che il San Donato patrono dell’antica pieve e della Contea o
Gastaldia di S. Donà è appunto il Vescovo martire di Arezzo, smentendo così le tesi di Plateo ed
Agnoletti.
Quasi vent’anni dopo, nel 1935, il parroco mons. Saretta scrisse un articolo nel foglietto
parrocchiale, ricordando il decreto vescovile ed auspicando una degna celebrazione della festa
liturgica del Santo aretino, patrono della nostra città:
“È giusto pertanto che la festa di S. Donato si celebri nella nostra Parrocchia con la
massima solennità dal Clero, come stabilisce il decreto. Ma perché anche il popolo fedele non
ricorderà il suo Santo Patrono? Perché non si raccoglierà intorno alla venerata immagine di
Colui, che ha dato il nome a questa terra, e che fu invocato con fede, per tanti secoli, da tutti gli
antenati, nelle liete e nelle tristi vicende?
Crediamo di riparare a una grave omissione ripristinando, come votiva, la festa di S.
Donato. Quest'anno per la prima volta il 7 agosto, le S. Messe saranno celebrate con l'orario
festivo. La Messa solenne sarà cantata in Onore del Santo. Nel pomeriggio, ai Vesperi, sarà tenuto
il discorso panegirico e si chiuderà con la benedizione e col bacio della reliquia. Anche nelle
frazioni sarà osservato l'orario festivo.”18
Ecco la breve relazione del parroco, trascorse le celebrazioni:
15
T. Plateo, op. cit., in C. Chimenton, op. cit., pag. 67.
Agnoletti, “Treviso e le sue Pievi” (1897), in C.Chimenton, op. cit., pag. 69.
17
Busta S. Donà di Piave dell’Archivio Vescovile di Treviso, in C. Chimenton, op. cit., pag. 69.
18
L. Saretta, Foglietto Parrocchiale di domenica 4 agosto 1935.
16
3
“Per la prima volta abbiamo festeggiato quest’anno il nostro Santo, che ha dato il nome a
questa terra e che è stato invocato per tanti secoli dai nostri padri.
Abbastanza numeroso è stato il concorso alle SS. Messe e al Vespero. Devota è riuscita la
processione con la Reliquia del Santo intorno alla Chiesa.
Bello e appropriato il discorso del nostro D. Pietro, che per la prima volta tessè l’elogio e
narrò la vita del glorioso Vescovo e Martire.
L’anno venturo, ne siamo certi, la festa riuscirà anche più solenne e così sarà riparata per
sempre e degnamente una mancanza che era inesplicabile e dolorosa.”19
San Donato martire, patrono della città del Basso Piave e compatrono della parrocchia del
Duomo, visse nel IV sec. e fu il secondo Vescovo di Arezzo. Episodi della sua vita sono raffigurati
nel monumentale altare maggiore della Cattedrale aretina. Egli compì molti miracoli, tra i quali è
interessante ricordare quello legato alla pioggia:
“Da tanto tempo non cade la pioggia, le campagne sono riarse e i raccolti in pericolo. I
sacerdoti pagani dicono che la colpa è di Donato perché gli dei offesi dalla sua predicazione sono
adirati e hanno deciso di non mandare più la pioggia.
Donato chiamato in giudizio, per dimostrare quanto gli dei pagani siano falsi e bugiardi,
invoca la pioggia e questa improvvisamente cade abbondante su giudici e accusatori, lasciando
però completamente asciutto il santo”.20
Per questo suo potere sulle forze della natura è invocato come protettore dalle alluvioni, che
sono una minaccia sempre incombente anche nel territorio in cui si trova San Donà, di cui è
significativamente patrono.
Pur non comparendo più nel titolo della chiesa, San Donato viene ritratto in tre opere
dell’attuale Duomo: la tela di Galletti, nella lunetta sopra l’entrata principale; la pala dell’altare di
Cherubini, nella cappella del fonte battesimale; una delle tre vetrate artistiche della cappella
feriale.21
Il 1 maggio 2009 un centinaio di parrocchiani in pellegrinaggio verso Roma hanno fatto
tappa ad Arezzo, nel cui Duomo hanno incontrato il parroco don Alvaro Bardelli, che ha consegnato
in dono un calice di vetro, in ricordo di San Donato, Vescovo di Arezzo e compatrono della città del
Basso Piave cui dà il nome.
La Festa della “Madonna del Colera”
Le devozione alla Vergine Maria è sempre stata viva tra le popolazioni di questo territorio e
in particolare di San Donà, dove fu sugellata alla nascita ufficiale della Parrocchia, avutasi con la
costruzione della prima chiesa (1476) titolata appunto alla Beata Vergine delle Grazie.
Nel 1601, nella chiesa parrocchiale esisteva l’altare del Rosario22; alla fine del secolo
successivo viene citata l’esistenza di una confraternita del Rosario23 e, tra le varie opere presenti
nella chiesa di San Donà, vi era anche una tela del XV sec. raffigurante la Madonna del Rosario,
che il popolo classificava come quadro della Madonna delle Grazie. Il quadro, oggetto di culto, era
ancora presente nella chiesa ricostruita nel XIX, decorato con numerosi ex voto, per venire poi
distrutto nell’anno di guerra 1917-18.24
19
L. Saretta, Foglietto Parrocchiale di domenica 18 agosto 1935.
A. Bardelli, “S. Donato di Arezzo”, 2003, pag. 11.
21
D. e M. Franzoi, “Le vetrate del Duomo di San Donà di Piave”, 2008.
22
D.M. Teker, op. cit., pag. 17.
23
C.Chimenton, op. cit., pag. 100.
24
C.Chimenton, op. cit., pag. 102.
20
4
La festa solenne della Titolare Beata Vergine delle Grazie, originariamente il 2 luglio, fu in
seguito trasportata al 15 agosto, “in ossequio alli imperiosi decreti, relativi alla soppressione delle
feste dei titolari, dei patroni e delle feste di devotione, emessi dal Senato veneto”.25
Il decreto vescovile del 16 maggio 1916 richiamò tale giorno: “Si continui la festa titolare
della sede parrocchiale della Beata Vergine delle Grazie il 15 agosto, come in giorno fisso e
liturgico, introdotta nel 1778, circa, allorchè il Senato Veneto volle fossero ridotte le feste di
precetto”.26
Con il titolo “delle Grazie” si intende il mistero della visitazione di Maria ad Elisabetta e, un
tempo, era riferito all’Assunzione in cielo della Madonna. Perciò, per un lungo periodo la festa della
parrocchia si celebrò il 15 agosto, festa dell’Assunzione27:
“La nostra Parrocchia, che celebra con una particolare devozione tutte le Feste della
Madonna, oggi specialmente è in festa. Dal secolo XVIII fino alla istituzione della festa del Colera,
l’Assunta è stata per i nostri avi la più grande solennità dell’anno.”28
La Festa dell’Assunzione di Maria fu in seguito sancita con il dogma del 1950.
Il tradizionale titolo “Beata Vergine delle Grazie” trova origine nell’opera di intercessione
che la Vergine opera tra l’uomo e Dio, oltre che per il fatto che Ella porta la Grazia per eccellenza,
ossia Gesù. La festività della Madonna delle Grazie si celebra ora il 31 maggio, con la
commemorazione della Visitazione di Maria a sua cugina Elisabetta.29
Nella Parrocchia del Duomo, però, a partire dal XIX secolo viene celebrata la festa della
“Madonna del Colera”. Questa l’origine di tale devozione.
Nel 1853 mons. Giuseppe Biscaro (1808-1892) divenne il nuovo parroco di San Donà. Due
anni più tardi scoppiò un’ennesima e violenta epidemia di colera. Questo morbo, la cui causa
(batterio) fu scoperta solo nel 1883, in quel 1855 colpì nel solo Veneto ben 80.000 persone (il 34
per mille della popolazione), metà delle quali con esito mortale. Il colera attaccava soprattutto le
popolazione rurali, che vivevano in condizioni igieniche molto precarie e con salute già minata da
altre malattie quali la pellagra.30
In particolare, a San Donà nel periodo tra giugno e settembre 1855 furono colpiti 145
abitanti, compresi cinque appartenenti ad altre parrocchie dello stesso comune.
Quando non si sperava più in un termine del contagio con il “purificatore” inverno, la fine
improvvisa dell’epidemia, il 24 settembre 1855, fu accolta da tutti come un miracolo della
Madonna, che da allora viene festeggiata nella festa votiva della “Madonna del Colera”, istituita da
mons. Biscaro.
Una lettera, inviata il 9 ottobre 1855 al parroco da parte della Deputazione amministrativa di
San Donà, descrive gli eventi:
“N. 1867 – Il numero complessivo degli attaccati dal Cholera dal giorno 4 giugno, in cui
cominciò lo sviluppo della malattia, a tutto il giorno 23 settembre p.p., ultimo denunciato caso,
ascende a n. 145 individui, dai quali, detratti n. 5 di frazioni comunali appartenenti ad altra
parrocchia, residuano n. 140 quelli di spettanza di questa parrocchia… f. L. Janna”.31
Da allora la festa votiva in onore di Maria SS.ma, invocata appunto col nome di Madonna
del Colera, si celebra il 24 settembre con la massima solennità e con l’intervento delle pubbliche
autorità”.32
Maria viene quindi venerata pur sempre come donatrice di Grazie e, in particolare, per
quella della liberazione dal colera.
25
Relazione della visita pastorale di mons. P. F. Giustiniani del 30 aprile 1778, in C. Chimenton, op. cit., pag. 102.
C. Chimenton, op. cit., pag. 70.
27
D.M. Teker, op. cit., pag. 15.
28
L. Saretta, Foglietto Parrocchiale di domenica 15 agosto 1937.
29
In antichità e in molte località ancora oggi la festa si svolgeva il lunedì in Albis e poi il 2 luglio. La Sacra
Congregazione dei Riti ha quindi fissato la festa nella data del 31 maggio, in coincidenza con il ricordo della
Visitazione, completando così il mese di maggio consacrato alla Vergine Maria.
30
I. R. Pellegrini, “L’altro secolo. Cent’anni di storia sociale e politica a Portogruaro (1870-1970)”, pag. 37.
31
C. Chimenton, op. cit., pag. 131.
32
Ibidem.
26
5
***
Mons. Luigi Saretta, che fu parroco dal 1915 al 1961, voleva che la principale festa della
Vergine a San Donà, la “Madonna del Colera” appunto, fosse celebrata con solennità.
In occasione dell’arrivo dei primi tre Salesiani così scrisse:
“La festa del 24 settembre è la grande festa tradizionale del popolo cristiano di S. Donà di
Piave (…) Non è sandonatese, non appartiene all’anima di questo popolo laborioso e cattolico chi
non sente e non rispetta la festa della Madonna del Colera.”33
Il 24 settembre di ogni anno, continuando il voto degli avi, il popolo sandonatese offre a
Maria una grandiosa manifestazione di gratitudine34:
“La Parrocchia ha sempre celebrato questa ricorrenza con vivo slancio di fede e di
riconoscenza verso la Celeste Patrona, che ha salvato i nostri Avi dal flagello del Colera.”35
Ebbene, quasi un secolo dopo la liberazione miracolosa dal colera, la Comunità di San Donà
assieme al suo Pastore, mons. Saretta, ebbe modo di invocare nella stessa data ancora la protezione
della Madonna delle Grazie per un “morbo” di ben altra entità.
Venerdì 24 settembre 1943 i fedeli di San Donà erano radunati nel cortile dell’Oratorio
Salesiano per la tradizionale Festa della Madonna del Colera. In quell’occasione si supplicò la
Vergine di liberare la città e la popolazione dalla guerra, le cui distruzioni sino ad allora non
avevano ancora riguardato San Donà di Piave e il territorio italiano in generale, ma i suoi echi si
facevano ormai vicini36:
“San Donà di Piave ha fatto il suo voto alla Madonna; per la bocca del Vescovo, nella
solennità del 24 Settembre; tutto un popolo immenso, rinnovato nello spirito della fede e
dell’amore, ha presentato con umiltà e confidenza la sua promessa alla Celeste Regina. Lei, che è
Madre e che tutto può sul Cuore del Figlio, siamo sicuri che non ci lascerà senza protezione e
senza conforto.
In tutte le case sarà recitato ogni sera il S. Rosario (…)
Verrà il giorno della gioia; allora scioglieremo il nostro voto, con tutta la generosità di cui
saremo capaci (…)
Siamo certi ormai che il cuore di S. Donà di Piave, in questa occasione sarà pari alla sua
fede. Coraggio! La Madonna non ci abbandonerà. E negli anni venturi la festa del 24 settembre
sarà per nuove grazie e per nuovi favori la festa della riconoscenza e della gratitutdine.”37
La richiesta alla Vergine Maria era la seguente:
“Dio ci scampi dalle bombe e da tutte le insidie della guerra. È questa la nostra quotidiana
preghiera per ciascuno dei nostri figliuoli. È questo il voto cha abbiamo presentato insieme alla
Madonna.”38
Nell’estate del 1944 era pronto un progetto per l’ampliamento del Duomo, secondo il voto
fatto alla Madonna39 e l’arciprete Saretta ricordava ai fedeli l’impegno preso:
“Dopo la promessa degli uomini e dei giovani, tutta la Parrocchia è impegnata
solennemente davanti alla Celeste Regina per ottenere dalla sua materna intercessione la grazia
della salvezza e della misericordia
Quando martedì scorso, 15 Agosto, abbiamo visto davanti a noi, nel Tempio santo, quella
folla di uomini pieni di fede e di confidenza nella Madonna, il nostro cuore è stato preso da un
fremito di gioia, da un grido di speranza: Maria ci salverà! (…)
33
L. Saretta, Foglietto Parrocchiale di lunedì 24 settembre 1928.
F. Santon, “Mons. Luigi Saretta”, 1970, pag. 41.
35
L. Saretta, Foglietto Parrocchiale di domenica 15 settembre 1935.
36
Dopo la firma dell’Armistizio da parte di Badoglio, il 3 settembre, una settimana più tardi le truppe tedesche
occuparono l’Italia Centro-settentrionale. Proprio il giorno precedente alla Festa di San Donà, il 23 settembre 1943,
Mussolini fondava la Repubblica Sociale Italiana (di Salò).
37
L. Saretta, Foglietto Parrocchiale di domenica 26 settembre 1943.
38
L. Saretta, Foglietto Parrocchiale di domenica 3 settembre 1944.
39
L. Saretta, Foglietto Parrocchiale di domenica 16 luglio 1944.
34
6
Sì, la Madonna ci salverà. Ma ad un patto. Bisogna che tutti siamo fedeli alle promesse,
bisogna continuare nella preghiera, specialmente nella recita del S. Rosario ogni sera in
famiglia.”40
Venne quindi rinnovato il voto:
“L’anno scorso, in questo giorno, la Parrocchia di S. Donà di Piave davanti al Vescovo
della Diocesi, nel cortile dell’Oratorio, in una atmosfera di commozione profonda e di fede
vivissima, ha fatto il voto solenne alla Madonna (…)
Ma i nostri cuori sono ancora pieni di angoscia e di terrore. Perciò, sorretti dalla nostra
fiducia incrollabile, in questa festa che ci ricorda gli antichi favori, ancora una volta ci
raccogliamo ai piedi della Madonna e rinnoviamo con tutta l’anima il voto e le promesse che Le
abbiamo fatto l’anno scorso (…)
Ripeteremo la preghiera del voto, insieme col Pastore della Diocesi. Diremo alla Madonna
che vogliamo essere il suo popolo fedele (…)
La Madonna salverà il nostro paese, le nostre case, i nostri figli, la nostra Patria diletta.
E verrà presto il giorno nel quale, riuniti tutti in una grande festa di giubilo, porteremo in
trionfo la sua Immagine Venerata e la proclameremo per sempre la nostra Salvatrice e la nostra
Regina.”41
Con la fine della guerra, il 13 maggio 1945 si liberò il grido di giubilo:
“Finalmente liberi e riuniti con la nostra Patria!
In quest’ora solenne desiderata e conquistata con tanti sacrifici e con tanto sangue, il
nostro primo pensiero deve essere di riconoscenza a Dio e alla Celeste Protettrice. La Madonna ci
ha salvato! A Lei ci siamo rivolti fino dal 24 Settembre del 1943 e per venti mesi in ogni casa e in
tutte le manifestazioni religiose, con gli occhi gonfi di lagrime e le anime sazie di angoscia e di
terrore, ogni giorno l’abbiamo invocata: Maria, Madre, salvaci! Salva la Parrocchia, salva i nostri
figli, salva la nostra Patria; salva, solleva, conforta i nostri cuori affranti. E Maria ci ha salvato!
(…)
Non so quante incursioni siano state compiute contro la nostra Cittadina, dal mese di luglio
dell’anno scorso fino all’ultima sera spaventosa, prima della liberazione. Furono sganciate
migliaia di bombe e spezzoni. S. Donà avrebbe dovuto esser distrutta. Invece… le sue rovine sono
molte, ma la struttura della Cittadina del Piave è intatta e in poco tempo potranno essere
cancellate le sue dolorose ferite. Maria ci ha salvato! (…)”42
Nel giorno della festa si elevò il grazie a Maria:
“Questa festa del 24 Settembre sarà celebrata per sempre dal popolo di S. Donà di Piave,
come la festa della pace e della salvezza della Patria. Con questo nome, più che con quello del
Colera, noi la tramanderemo ai nostri nepoti (…)”43
Nel 1947, abbandonato il progetto di ampliare il Duomo, fu avviata la costruzione della
chiesa votiva dell’Oratorio salesiano.44
La festa della Madonna del Colera si celebra con molta solennità nella penultima domenica
di settembre di ogni anno. Infatti, “la nuova situazione creatasi nella società ha reso necessario
trasferire la celebrazione alla domenica, giorno sempre riconosciuto festivo anche dalla legge
civile”.45
Tra le occasioni in cui si è celebrata la festività patronale del 24 settembre si ricorda ancora
quella del 1925, anno del Congresso Eucaristico a San Donà e della consacrazione del Duomo, e
quella del 1978, in occasione del 50° dell’Oratorio Don Bosco.
40
L. Saretta, Foglietto Parrocchiale di domenica 20 agosto 1944.
L. Saretta, Foglietto Parrocchiale di domenica 24 settembre 1944.
42
L. Saretta, Foglietto Parrocchiale di domenica 13 maggio 1945.
43
L. Saretta, Foglietto Parrocchiale di domenica 23 settembre 1945.
44
W. Perissinotto, “Ancora un giro di giostra”, 2006, pag. 118 e 147.
45
B. Gumiero, Giornalino Parrocchiale n. 2, settembre 2008.
41
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Oltre al Titolare della Diocesi di Treviso, negli anni hanno presenziato l’Eucarestia e la
successiva processione lungo le strade cittadine vari altri Vescovi, tra i quali si ricorda il Patriarca
di Venezia, card. Albino Luciani nel 1976.
Le chiese parrocchiali nei secoli
Fin dall’VIII secolo esisteva in questo territorio un’antica pieve dedicata a S. Donato
Vescovo martire. Si sa che a metà XIII secolo la cappella dedicata a S. Donato, a causa di una
diversione del fiume Piave si trovò sulla sua sponda destra, cioè nel territorio attuale di Musile.
Nel territorio (potremo definirlo all’incirca l’attuale Basso Piave) esistevano molte altre
chiese, poi con il tempo andate distrutte: così la cattedrale ad Eraclea, Jesolo, Torre di Caligo ecc.
In particolare, nella Gastaldia di San Donato esistevano due chiese dedicate a San Biagio e
San Remigio (citate in documenti del XIV sec.) che esistettero, almeno come rovine, sino al XVI
sec. e per poi scomparire del tutto tra le alluvioni del Piave, senza che rimanesse più memoria della
loro precisa ubicazione.46
Bisogna arrivare al 1476 per la costruzione della prima pieve. Ma come era questa prima
pieve fatta costruire dai fratelli Trevisan. Gli acquirenti di diritti demaniali della Gastaldia di San
Donà, avevano appunto ottenuto dal Papa Sisto IV la concessione della costruzione di una chiesa
sede parrocchiale, indicata con il nome di “S. Mariae Gratiarum”.
Questa doveva essere una povera cappella cui la famiglia Trevisan “non s’interessò troppo
di dare quella forma religiosa, quella intonazione mistica e spirituale che è richiesta per un luogo
dedicato al culto”.47
La cappella dedicata a S. Maria delle Grazie fu consacrata quattro anni più tardi, nel luglio
1480, dal Vescovo di Treviso Giovanni di Saona (detto anche da Udine), frate minore di San
Francesco.
Come testimoniato dalla relazione della visita pastorale del Vescovo di Treviso mons. Paolo
Francesco Giustiniani del 30 aprile 1778, nonché da un documento presente nell’archivio di Curia,
sopra il pulpito della chiesa era presente una lapide marmorea, fatta affiggere nel 1720 dal pievano
don Sebastiano Siccardi, che ricordava la festa della consacrazione della chiesa:
D.O.M.
Ex apostolico Indulto
Festum consecrationis huius Ecclesiae
ad quartam Dominicam Iulii
Celebrandum quotannis
Fortunato Mauroceno Episcopo Tarvisino annuente
Transalum est
(…)
(A Dio Altissimo Onnipotente / Secondo concessione apostolica / la festività della
consacrazione di questa chiesa / da celebrare ogni anno / con Fortunato Morosini Vescovo di
Treviso consenziente / è fissta nella quarta domenica di luglio).
Il 22 agosto 1480 il doge di Venezia Nicolò Da Ponte concesse l’investitura delle
temporalità al primo curato don Pietro da Drivasto.48
Come risulta da documenti datati dieci anni dopo questa data, tale cappella era spoglia, priva
di qualsiasi decorazione interna e di ogni corredo liturgico, senza campanile: “il patrono (fam.
46
C. Chimenton, op. cit., pag. 72 e 86.
C. Chimenton, op. cit., pag. 80.
48
C. Chimenton, op. cit., pag. 78.
47
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Trevisan, ndr) si accontentò di innalzare le mura perimetrali e poi… lasciò al popolo provvedere a
tutte le opere di finimento!”49
Trascorsi vent’anni dalla sua consacrazione, nella relazione della visita pastorale del 1500 da
parte di mons. Bernardo Rossi, viene evidenziata ancora la trascuratezza di questo edificio sacro,
con il suo primo campanile, costituito da due campanelle sistemate su armatura di legname, e con
un primo corredo, acquistato dai fedeli generosamente e con sacrifici.
Di lì a poco, nel 1505, grazie allo zelante curato veneziano don Daniele De Marchi (e non
quindi alla famiglia Trevisan!), finalmente venne effettuato l’abbellimento della chiesa e fu in
seguito costruito un pur modesto campanile.
La costruzione di una vera e propria torre campanaria fu effettuata sul finire del XVI sec.,
quando era stata tolta l’amministrazione diretta della chiesa ai Trevisan ed affidata ai massari ed al
curato (1580). Ciò fu possibile con la somma anticipata dai Trevisan (circa il 14% del totale) e
soprattutto con le offerte generose dei fedeli.
La famiglia Trevisan, nonostante i pochi sacrifici compiuti, pretese comunque che il proprio
nome venisse tramandato e volle che sulla base del campanile fosse collocato il proprio stemma
marmoreo, che è probabilmente l’angelo alato che oggi è appeso all’entrata del Municipio di San
Donà.
La relazione del 1584, in seguito alla visita apostolica del Vescovo di Parenzo effettuata su
incarico della Santa Sede, testimonia la presenza, nella chiesa “Sanctae Mariae Gratiarum de
Gastaldia sancti Donati de Plavi”, di un prezioso corredo liturgico.50
Nel 1641 (sempre a spese del popolo) si imposero restauri alla chiesa parrocchiale che
minacciava rovina, mentre il campanile si trovava in ottimo stato.51
Nella relazione della visita pastorale del 1778, oltre all’elenco dei vari corredi ed opere
presenti nella chiesa, vengono citate le due lapidi, una delle quali fu fatta affiggere da Angelo
Trevisan - e tuttora presente nel Duomo (XV sec.) - che scampò dalla distruzione della prima guerra
mondiale.
Nella visita pastorale di circa sessant’anni dopo (1837), il Vescovo di Treviso constatò la
“ristrettezza, l’indecenza e l’insalubrità della vecchia chiesa”, che aveva subito negli anni
ampliamenti e sovrapposizioni, ma non era più in grado di accogliere la popolazione.
Su istanza del Parroco mons. Angelo Rizzi, a partire dall’anno successivo e sino al 1841 fu
quindi costruita la nuova chiesa parrocchiale, su disegno di Antonio Diego e progetto dell’architetto
Giovambattista Meduna.
Il 22 maggio 1842 lo stesso Vescovo Sebastiano Soldati consacrò la nuova chiesa che,
grazie all’estesa parrocchia cui faceva capo, aveva ottenuto già nel 1778 il titolo arcipretale da
tramandarsi in perpetuo: era dedicata alla Beata Vergine delle Grazie e a San Donato Vescovo e
Martire.52
Si tratta della chiesa che nell’anno di guerra combattuto in questo territorio (1917-18) fu
distrutta dalle granate dell’esercito italiano, schierato sulla sponda destra del Piave.
Ad appena un anno dal termine dei combattimenti si iniziò la costruzione del nuovo ed
attuale Duomo, terminato nel 1923 e dedicato “solo” alla Beata Vergine Maria delle Grazie, la cui
statua lignea (presente nell’omonima cappella) è portata in processione nella festa patronale del 24
settembre. La Vergine delle Grazie è raffigurata anche dalla statua marmorea alla destra dell’altare
maggiore.
La lapide marmorea collocata alla destra della bussola in legno del portone principale
ricorda in latino la consacrazione del nuovo Duomo. Ecco il significato dello scritto:
“Questo Tempio è dedicato a Maria Santissima, sotto il titolo di Vergine delle Grazie. Il
magnifico Tempio, che la guerra distrusse, era stato costruito per esclusivo volere dell’Arciprete
Angelo Rizzi e a spese del popolo ed artisticamente studiato dal Nob. Cav. Antonio Diego dell’I. R.
49
C. Chimenton, op. cit., pag. 81.
C. Chimenton, op. cit., pag. 90.
51
C. Chimenton, op. cit., pag. 91.
52
C. Chimenton, op. cit., pag. 111.
50
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Accademia Veneta di Belle Arti, ed eseguito dall’Arch. Giovanni Meduna. Era stato consacrato nel
1841 da sua Ecc. Mons. Sebastiano Soldati, Vescovo di Treviso.
Durante l’ultima guerra italo-austriaca fu martoriato dall’infuriare delle artiglierie e raso al
suolo; ma raggiunta felicemente la vittoria del nostro esercito, a spese del R. Commissariato, col
concorso e per interessamento dell’Arciprete Mons. Luigi Saretta nuovamente ricostruito in forma
più elegante e resta a testimonianza delle lacrime versate, dei benefici raggiunti e di un più fulgido
avvenire.
Ed oggi, 19 settembre 1925 anno del Santo Giubileo, fra l’entusiasmo di tutti alla presenza
del Numeroso Clero e della civica autorità, S. Ecc. Mons. Andrea Giacinto Longhin, Vescovo di
Treviso, invocando elette benedizioni del cielo, consacrò il nuovo Tempio titolato a Maria SS. delle
Grazie, con rito solenne e con solenni cerimonie.
L’anniversario della Consacrazione viene fissato il giorno 22 di ottobre.”53
***
Le festività per la Parrocchia “Santa Maria delle Grazie” (Duomo) di San Donà di Piave sono in
ordine cronologico:
- 31 maggio, festa della beata Vergine Maria delle Grazie (Visitazione di Maria);
- 7 agosto, festa di San Donato martire Vescovo d’Arezzo;
- 24 settembre, festa della Madonna del Colera (festività ufficiale della Parrocchia, celebrata
solennemente nella penultima domenica di settembre);
- 7 ottobre, festa della Madonna del Rosario (festa cittadina in occasione dell’omonima Fiera, che
si tiene nella prima domenica di ottobre e nel lunedì successivo).
- 22 ottobre, festa della consacrazione del Duomo.
Alcune date storiche rilevanti:
- 1476 costruzione della prima pieve dedicata a Santa Maria delle Grazie;
- 1480 consacrazione della chiesa;
- 1720 la curazia di Santa Maria delle Grazie viene elevata a pievania;
- 1728 è concesso “ad personam” il titolo di Arciprete al parroco;
- 1778 la chiesa riceve il titolo arcipretale (concessione in perpetuo “ad sedem”);
- 1841 è terminata la nuova chiesa parrocchiale, che verrà distrutta dalle granate dell’esercito
italiano negli avvenimenti bellici del 1917-18;
- 1855 la Madonna libera la popolazione da un’epidemia di colera;
- 1856 è costituita la forania di San Donà (mons. Biscaro viene nominato primo vicario foraneo);
- 1916 viene emanato il Decreto vescovile che stabilisce che il San Donato patrono dell’antica pieve
e del territorio è il Vescovo martire di Arezzo;
- 1923 termine della costruzione dell’attuale Duomo dedicato alla Beata Vergine Maria delle
Grazie;
- 1925 consacrazione dell’attuale Duomo;
- 1963 inizia la divisione dell’unica grande parrocchia del Duomo nelle altre attuali parrocchie
cittadine di Mussetta, San Pio X (1966), San Giuseppe Lavoratore (1970).
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Vedasi anche C. Chimenton, Foglietto Parrocchiale di domenica 27 settembre 1925.
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