loiano e al di medicina

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loiano e al di medicina
Sabato 13
e domenica 14
ottobre 2007 abbiamo organizzato per
i soci dell’A AC una gita alle strutture
dell’Osservatorio Astronomico di Loiano,
il secondo d’Italia, e al Radiotelescopio di
Medicina, vicino a Bologna, il più grande
radiotelescopio nazionale.
La scampagnata è iniziata il sabato di
buon’ora, con una carovana di macchine
che da Cortina e dal Cadore è scesa verso
le terre di Romagna. In tarda mattinata
siamo arrivati a Ferrara, un veloce giro
per la città, il pranzo e poi ci siamo diretti
verso Loiano, un paesino sull’Appennino a 30 km da Bologna. A Loiano sono
installati i due telescopi (60 e 152 cm)
dell’Osservatorio Astronomico di Bologna, una delle dodici strutture dell’Istituto Nazionale di Astrofisica - INAF.
Lì siamo stati accolti dal dott. De Blasi,
che ci ha guidati nella visita dei due osservatori, illustrandoci i vari strumenti e
le attività di ricerca.
La prima cosa che salta all’occhio
all’esterno della cupola del telescopio
Cassini sono alcune sfere di vetro, con
all’interno delle palline di varie dimensioni: è stato riprodotto il Sistema Solare
posizionando ciascun pianeta alla corretta distanza (in scala) dal Sole. I pianeti
più vicini sono a poche decine di metri
dalla cupola, che interpreta il Sole, mentre Plutone (qui ancora classificato come
pianeta) si trova a più di 500 m di distanza: ci siamo accorti della sua presenza
soltanto la sera, quando ci siamo chiesti
cos’era quella pallina vicino al cancello
della foresteria adiacente alla cupola del
telescopio da 60 cm. Era Plutone!
Il telescopio Cassini da 152 cm di diametro è stato inaugurato nel settembre del
LA VISITA AI
TELESCOPI DI
LOIANO E AL
RADIOTELESCOPIO
DI MEDICINA
di Giulia Iafrate
1976 ed è il secondo maggiore telescopio
sul territorio italiano, dopo quello di
Asiago (182 cm). In realtà il telescopio
italiano più grande non è quello di Asiago
bensì il Telescopio Nazionale Galileo TNG; quest’ultimo però si trova alle Canarie. La struttura del telescopio Cassini
è differente da quella di un telescopio
classico: l’ottica è supportata da una
struttura metallica e non contenuta in
un tubo. Il sistema ottico è composto da
uno specchio principale da 152 cm e uno
specchio secondario da 60 cm, in configurazione Ritchey-Chretien.
La strumentazione posta sul piano focale
del telescopio è contenuta in una scatola
collegata alla cella che supporta lo specchio primario. A seconda del programma
di ricerca possono essere collegati vari
strumenti (fotometri, spettrografi, CCD),
ma sono sempre presenti un oculare
che fornisce un campo di vista di 10’ e
un sistema di acquisizione video, per
controllare il puntamento e monitorare
l’inseguimento.
La visita prevedeva nel tardo pomeriggio,
ed eventualmente anche in serata, alcune osservazioni, ma purtroppo alcuni
problemi tecnici ci hanno impedito di accostare l’occhio all’oculare per scrutare il
cielo: un guasto all’apertura della cupola
lasciava scorgere solo una sottile striscia
di cielo, insufficiente per qualsiasi osservazione.
Così, dopo la visita diurna al telescopio
Cassini, ci siamo diretti verso la cupola
del telescopio da 60 cm. Appena è stato
azionato il comando di apertura della cupola abbiamo visto sgattaiolare via, correndo sulle pareti, un simpatico animaletto: un ghiro che abita tranquillamente
all’interno della struttura. Quando ci
è stato comunicato che anche qui non
avremmo potuto fare alcuna osservazione perché non arrivava corrente elettrica
il dubbio è sorto spontaneo a tutti: il
ghiro non avrà mica rosicchiato i cavi? Il
quesito è ancora irrisolto, comunque questa purtroppo è la situazione degli osservatori astronomici italiani... in confronto
noi con il nostro osservatorio completamente automatizzato e funzionante del
Col Drusciè siamo su un alto pianeta!
Il telescopio Cassegrain da 60 cm, voluto
da G. Horn d’A rturo e costruito dalla
Zeiss, è entrato ufficialmente in funzione nel 1936. Era il maggiore telescopio
italiano e da allora è sempre stato operativo, tranne un paio di anni durante la
seconda guerra mondiale. Inizialmente
era dedicato alla fotografia, come tutti gli
strumenti di quegli anni poi, attorno al
1960, è stato convertito in un telescopio
fotometrico. Ora è equipaggiato con un
Sotto, a sinistra: il
telescopio di 152 cm
dell’Osservatorio di
Loiano.
A destra: la cupola
dell’Osservatorio G.D.
Cassini a Loiano
Il Gruppo di soci a Medicina, sullo sfondo
l’antenna di 32 metri di diametro (foto AAC).
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la visita ai telescopi di loiano e al radiotelescopio di medicina
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fotometro a 5 colori ed una camera CCD.
Messa da parte la speranza di riuscire a
osservare qualcosa, la sera i più temerari
del gruppo hanno accettato di essere
ospitati nella foresteria dell’osservatorio,
solitamente riservata agli astronomi di
turno. Così abbiamo passato la notte in
un ambiente confortevole e quasi domestico, assieme al dott. De Blasi e a un
astronomo “disoccupato” che era lì per
effettuare delle osservazioni, ma ha dovuto scontrarsi con i problemi alle cupole.
Domenica mattina ci siamo diretti verso
Bologna, per una veloce visita alla città
in attesa dell’appuntamento alle 15 alla
Stazione Radioastronomica di Medicina.
Questo osservatorio, situato a circa 30
km da Bologna e gestito dall’Istituto di
Radioastronomia dell’INAF, ospita due
strumenti: la grande Croce del Nord e
una antenna parabolica da 32 m di diametro. Qui l’istituto di Radioastronomia
ha allestito un centro per accogliere i vi-
La Croce del Nord è stata utilizzata
inoltre per lo studio delle pulsar e per
l’indagine spettrometrica dell’emissione
proveniente dal gas interstellare, con la
rilevazione delle righe relative all’idrogeno e al carbonio ionizzati. Attualmente
lo strumento è in fase di conversione,
al fine di essere utilizzato nell’ambito
del programma internazionale SKA
(Sqaure Kilometre Array), ovvero per la
realizzazione di un radiotelescopio di
nuova generazione con una superficie di
raccolta di 1 km2. La parabola da 32 m è
impiegata sia per osservazioni interferometriche che ad antenna singola: in ambito interferometrico l’antenna lavora in
contemporanea con le altre antenne del
consorzio EVN (European VLBI - Very
Long Baseline Interferometry - Network), collocate in diversi paesi Europei,
allo scopo di produrre immagini ad altissima risoluzione estremamente utili per
analisi molto dettagliate delle sorgenti
restrial Intelligence). Il SETI si propone
di analizzare i segnali radio provenienti
dallo spazio alla ricerca di un segnale
artificiale, che costituirebbe una prova
inconfutabile dell’esistenza di un’altra civiltà tecnologicamente avanzata. Questa
ricerca, le cui probabilità di successo sono,
per ragioni statistiche, molto basse, viene
condotta senza interferire con le normali
osservazioni astronomiche. Lo strumento utilizzato per il SETI è collegato in parallelo alla parabola e analizza automaticamente il segnale raccolto dall’antenna
24 ore su 24, ovunque essa osservi. In
questo modo l’attività del SETI avviene
senza richiedere tempo osservativo o
personale dedicati.
L’istituto di Radioastronomia gestisce
anche una seconda parabola, identica a
quella di Medicina, situata a Noto (Sicilia). Una terza antenna, di 64 metri, è
invece in costruzione presso San Basilio
(Sardegna).
radio. Lo strumento può ricevere segnali
radio in bande comprese tra 1.4 GHz e 23
GHz, ed è sfruttato anche per progetti ad
antenna singola quali la spettrometria di
particolari sorgenti radioemittenti dette
“maser”, la variabilità del flusso di varie
sorgenti extragalattiche, lo studio di comete, l’indagine di sistemi planetari extrasolari, l’osservazione radar di asteroidi
potenzialmente pericolosi per la Terra
(in collaborazione con la NASA).Un’altra
applicazione delle osservazioni astronomiche interferometriche è nell’ambito
della geodinamica. Le tecniche VLBI consentono infatti di misurare le distanze
tra le varie antenne con una precisione
millimetrica. Si possono quindi monitorare i moti della crosta terrestre con un
livello di precisione non raggiungibile con
altre tecniche.
La stazione di Medicina partecipa anche
al progetto SETI (Search for Extra Ter-
I lavori per la costruzione della Croce del
Nord, uno dei più grandi radiotelescopi di
transito esistenti al mondo (è uno strumento regolabile solo in declinazione,
che osserva quindi solo gli oggetti che
transitano sul meridiano locale), iniziarono nell’estate del 1963 e lo strumento fu
inaugurato nell’ottobre del 1964. A circa
20 anni dall’entrata in funzione della
Croce del Nord, nello stesso sito venne
realizzata la parabola VLBI da 32 metri
di diametro. I radiotelescopi di Medicina
rappresentano da allora una solida realtà
nel panorama della ricerca italiana ed
internazionale.
Alla fine della visita ai radiotelescopi di
Medicina, che ha concluso questo weekend
astronomico, tutti di nuovo in macchina
per rientrare sulle nostre montagne... ma
già con la mente proiettata alla prossima
gita: il viaggio in Russia per assistere
all’eclisse di Sole del 1 agosto 2008.
A sinistra:
il telescopio
Cassegrain di 60
cm di diametro.
A destra: le antenne
della Croce del
Nord a Medicina.
sitatori: la struttura è dotata di una sala
espositiva con mostre, esperienze interattive e strumentazione storica e dispone
di una sala multimediale. La visita, della
durata di circa due ore, è iniziata con il
percorso tra gli strumenti esposti nella
mostra, seguito da una passeggiata alle
antenne. Per concludere abbiamo assistito ad una presentazione multimediale
sulla radioastronomia. La Croce del Nord
è oggi costituita da due rami perpendicolari lunghi 564 m (est-evest) e 640 metri
(nord-sud) che garanriscono un’area
complessiva di ricezione del segnale di
30000 m2, rendendo l’antenna sensibile a
sorgenti molto deboli. L’antenna osserva
attraverso una finestra larga circa 2.7
MHz centrata sulla frequenza di 408
MHz, ed è utilizzata principalmente per
effettuare mappature ad alta sensibilità
di vaste aree di cielo e quindi produrre
cataloghi di sorgenti.
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