il decalogo della lotta al fumo - Istituto di Ricerche Farmacologiche

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il decalogo della lotta al fumo - Istituto di Ricerche Farmacologiche
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Tabagismo
Divieti estesi
e prezzi alti:
un manifesto
scientifico
individua
l'endgame
all'italiana
DAGLI A N N I O T T A N T A IL PRESSING DI SILVIO GARATTINI
Prezzi più alti e divieti estesi:
il decalogo della lotta al fumo
DI SILVANO GALLUS *
E
ra il 1989, quando Silvio Garattini, fondatore e direttore
dell'Istituto Mario Negri, in una delle sue apparizioni
televisive promuoveva l'eliminazione totale del fumo in Italia.
Sebbene anche allora ci fossero sufficienti conoscenze sugli
effetti dannosi del fumo da suggerire una tale raccomandazione, la proposta di Garattini fu considerata una vera e propria
«follia» dalla stragrande maggioranza del pubblico. Persino i
più grandi oppositori del tabagismo giudicarono tale proposta
fortemente impraticabile. Allora i social network come Twitter e Facebook non erano disponibili, e Garattini riuscì così a
evitare il linciaggio mediatico, almeno in quella occasione.
Dopo più di vent'anni da quella trasmissione, Ruth Malone, esperta internazionale di salute pubblica, ha pubblicato un
articolo che proponeva una "nuova" strategia per la lotta
contro il tabagismo: il tabacco endgame, con l'obiettivo esplicito di creare una società senza fumo. La pubblicazione ha
ottenuto una grande attenzione nella comunità scientifica, che
sta sempre più familiarizzando con questa "nuova" strategia.
Negli ultimi anni, il dibattito sull'endgame del tabacco ha
portato alcuni Paesi ad alto reddito, tra cui la Nuova Zelanda,
lo stato australiano della Tasmania, Singapore, la Finlandia e
la Scozia, a sviluppare piani per ridurre il consumo di tabacco
quasi a zero in un lasso temporale di pochi decenni. Inoltre,
Margaret Chan, direttore generale dell'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), ha annunciato che l'Oms sta valutando la fattibilità di adottare questa strategia.
E in Italia? Nel nostro Paese, l'Associazione italiana di
epidemiologia ha recentemente lanciato il Manifesto per l'endgame del tabacco, un appello per una ripresa delle politiche di
contrasto al tabagismo e per una strategia di lungo periodo
rivolta all'eliminazione del tabacco in 20-25 anni. Il Manifesto è stato sottoscritto da decine tra le più importanti associazioni e organizzazioni che si occupano di salute pubblica, e da
molti esponenti del mondo medico-scientifico, ma anche da
semplici cittadini, che hanno aderito a titolo individuale (è
possibile aderire sia individualmente che come associazione/
organizzazione presso il sito internet: www.tobaccoendgame.
it). Il Manifesto è stato pubblicato il 9 dicembre 2014 ed è
stato inviato alle più importanti cariche istituzionali del nostro Paese.
Il Manifesto indica 11 punti che rappresentano la base delle strategie da adottare per
ottenere una società libera da fumo (riduzione
dei fumatori sotto il 5% degli adulti italiani).
Il primo punto suggerisce aumenti progressivi della tassazione del tabacco. L'aumento del prezzo delle sigarette, come dimostrato da numerose pubblicazioni scientifiche, è senza dubbio la strategia più efficace
per ridurre il numero di fumatori e i consumi
di sigarette. Anche in Italia si è osservato come un potenziale
aumento del 10% del prezzo delle sigarette porti a una riduzione dei consumi del 4,3%.
Pur tenendo conto della caduta dei consumi, l'aumento
della tassazione porterebbe comunque a maggiori entrate fiscali. Per esempio, è stato calcolato come un ipotetico aumento di
un euro per ciascun pacchetto di sigarette, permetterebbe allo
Stato di incassare circa 2 miliardi di euro in più. Si sa, di
questi tempi i cittadini italiani sono sottoposti a una pressione
fiscale tale che l'aggiunta di una nuova tassa sulle sigarette
sarebbe fortemente sgradita perfino tra i non fumatori. Ma
cosa direbbero i cittadini italiani, e in particolare i non fumatori, se a fronte di un aumento delle accise di un euro a
pacchetto di sigarette, fosse eliminato completamente il canone Rai (la tassa più odiata, che porta nelle casse meno di 2
miliardi di euro)? O se si dimezzasse la Tasi? Molto probabilmente la stragrande maggioranza dei non fumatori, ma anche
molti fumatori accetterebbero di buon grado, al grido: "Prima
di tassare i servizi, tassiamo i vizi!".
Inoltre, parte dei maggiori introiti potrebbe essere allocata
per finanziare ricerche indipendenti mirate al controllo del
tabagismo. Per esempio, di recente sono state immesse sul
mercato italiano le nuove sigarette elettroniche della Philip
Morris (le Iqos). Sulla base dei risultati di alcuni studi che
mostrerebbero una ridotta tossicità rispetto alle sigarette tradizionali, questi nuovi dispositivi elettrici che scaldano tabacco
avranno presto uno sconto sulla tassazione del 50% rispetto
agli altri prodotti di tabacco. Peccato che tutti gli studi realizzati finora sulla Iqos siano stati condotti e finanziati dalla Philip
Morris stessa. È lampante l'assenza di studi indipendenti
condotti per quantificare il reale livello di tossicità delle Iqos.
Chi paga per la conduzione di questo tipo di studi? Per ora
nessuno. Una tassa di scopo sul tabacco garantirebbe entrate
fiscali che permetterebbero il loro finanziamento. Inoltre tale
tassa potrebbe rendere realizzabili altri interventi raccomandati dal Manifesto, come gli interventi di prevenzione, le campagne per la cessazione del fumo e la rimborsabilità (totale o
parziale) dei supporti psicologici e farmacologici per smettere
di fumare. Una proposta, questa, peraltro condivisa dalla
maggior parte degli italiani come dimostrano alcune indagini
Doxa condotte tra il 2009 e il 2011 dalle quali risulta che più
di 3 italiani su 4 (e oltre la metà dei fumatori!) sarebbero
favorevoli a una tassazione, seppur minima (0,10 euro), qualora i proventi venissero impiegati a favore di supporti per
smettere di fumare.
Il secondo punto riguarda l'estensione progressiva delle
aree di divieto di fumo. Dieci anni fa entrava in vigore la
"legge Sirchia", che vietava il fumo in tutti i luoghi pubblici,
compresi i bar e i ristoranti, e i luoghi lavorativi pubblici e
privati. La legge ha avuto un successo insperato: il divieto è
stato da subito largamente sostenuto e fortemente osservato, i
consumi di sigarette sono diminuiti, i ristoratori non hanno
ridotto il loro giro di affari, il fumo passivo è drasticamente
calato e gli effetti benefici sulla salute non si sono fatti
attendere. Un'estensione di tale legge ad alcune zone all'aperto potrebbe avere un simile successo. Tali restrizioni potrebbero infatti aiutare a ridurre sia le occasioni per fumare che
l'accettabilità sociale del fumo di tabacco. Inoltre, eventuali
divieti nelle spiagge e nei parchi potrebbero ridurre sia l'inquinamento ambientale causato dai mozziconi di sigaretta abbandonati che i rischi di incendi fortuiti. Secondo alcune indagini
Doxa, circa i due terzi degli italiani (e un terzo dei fumatori)
sarebbe favorevole a queste ulteriori restrizioni in ambienti
outdoor. Il consenso aumenta a più del 90% degli italiani (ma
anche a più dell'80% degli stessi fumatori) quando si parla di
estendere il divieto in macchina in presenza di bambini. Negli
abitacoli delle autovetture, infatti, l'accensione di una sola
sigaretta provoca concentrazioni di polveri sottili 3 volte superiori a quella che viene considerata la soglia di pericolo.
Altri punti del Manifesto sono fortemente condivisibili,
come la riduzione del contenuto massimo di nicotina nel
tabacco e il passaggio al pacchetto generico di sigarette (cioè
con solo il nome della marca specifica, senza logo e senza
packaging grafico). Quest'ultima strategia, che è utilizzata in
Australia da più di due anni, rende infatti la confezione meno
accattivante e permette di accrescere l'attenzione sulle avvertenze sanitarie presenti sui pacchetti di sigarette.
Alcuni punti del Manifesto riguardano la
riqualificazione dei lavoratori nel settore della tabacchicoltura o dell'industria del tabacco. Il problema della perdita di lavoro in
questi settori è tutto sommato contenuto, almeno nel breve. Infatti, la strategia dell'endgame del tabacco non prevede un crollo istantaneo dei fumatori, ma l'abbandono del fumo avverrebbe gradualmente in un paio di
decenni. La diminuzione graduale della domanda di tabacco mitigherebbe le problematiche associate alla
perdita di lavoro in quei settori. D'altra parte in soli 10 anni
(dal 2002 al 2012) le vendite di sigarette sono diminuite in
Italia di quasi il 20%, senza che ciò abbia provocato grandi
battaglie sindacali. Piuttosto, sarebbe provocatoriamente più
importante riqualificare gli operatori sanitari che lavorano nei
campi della pneumologia, della cardiologia e dell'oncologia.
In questi settori la domanda di cure calerebbe drasticamente
con la riduzione del numero dei fumatori.
Un ultimo punto del Manifesto riguarda l'incentivazione
della sostituzione del tabacco con prodotti alternativi meno
dannosi. È raccomandabile la sostituzione del tabacco con
farmaci contenenti nicotina (preferibilmente cerotti) o, in
alternativa, la "sostituzione totale" del tabacco con un prodotto meno dannoso per la salute. Dubbi, invece, derivano dalla
"sostituzione parziale" del tabacco con un altro prodotto,
anche se meno dannoso. Questa tesi è sostenuta da alcuni dati
sull'uso della sigaretta elettronica in Italia che dimostrano
come il 90% di coloro che ne fa uso regolarmente continua a
fumare sigarette convenzionali. A ciò occorre aggiungere il
fatto che è possibile che la sigaretta elettronica rappresenti un
viatico verso la dipendenza dalla nicotina per coloro (soprattutto giovani) che non hanno mai fumato sigarette convenzionali.
Indipendentemente dai singoli punti enunciati nel Manifesto,
la sollecitazione a costruire una strategia a lungo termine per
l'eradicazione del tabacco rappresenta una lodevole iniziativa.
Ancora più importante, tale iniziativa ha fornito l'occasione di
incontro di tanti esperti di salute pubblica appartenenti a diversi
istituti, università e organizzazioni sparse in tutto il territorio
nazionale, che forse per la prima volta stanno unendo le forze
per creare azioni di advocacy al fine di contrastare l'epidemia
del tabacco in Italia. Chissà che ciò non porti, prima o poi, a
vivere, meglio e più a lungo, in un mondo senza tabacco.
* Dipartimento di Epidemiologia, Irccs - Istituto
di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano