Cronache dei terremoti tra XVI e XX secolo

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Cronache dei terremoti tra XVI e XX secolo
Cronache dei terremoti tra XVI e XX secolo
Come testimoniano molte cronache, la chiesa di Sant’Agostino è stata interessata nella sua lunga storia
da diversi terremoti. Ci aiuta in questa ricostruzione la prima stesura degli eventi sismici redatta dall’ingegnere Cesare Selvelli e pubblicata su “Studia Picena” del 1932; testo che raccoglie segnalazioni sin
dagli anni precedenti il Mille fino al 1930.1
Si parte qui da quello registrato dall’Amiani per l’anno 1570. Scrive l’Amiani: “Moltissime calamità
consorsero a rendere memorabile quest’anno nelle Storie […]. I Tremuoti furono così frequenti nel
Novembre, che nel tempo di sole quaranta ore si udirono più di centocinquanta orribili scosse, accompagnate da spaventevoli muggiti, che si udirono frequenti nella Romagna, e nella Lombardia; nella
Marca, e nell’Umbria caddero direttissime pioggie, restando anche esse danneggiate dalle continue
scosse di Tremuoti, i quali in Norcia, e ne i luoghi vicini apportarono gran nocumento. Più d’ogn’altra
Città risentissene quella di Ferrara, in cui colla mortalità di moltissimi abitanti caddero, e rovinarono i
più sontuosi Edifici con innumerabili Case atterrate. Più volte viddesi oscurata l’aria; si soffrirono impetuosi Turbini, che danneggiarono grandemente la Campagna, e per molti giorni comparve presso la
Luna una Stella con coda di molti raggi”.2
Un altro terremoto è registrato due anni dopo, nel 1572,3 ma gli effetti di questi eventi sulla chiesa e sul
convento di Sant’Agostino non sono noti.
All’inizio del XVII secolo (1627) una serie di eventi sismici si avvertirono in tutt’Italia,4 ma anche per
questo evento non abbiamo notizie sugli effetti che ebbero sull’edificio fanese.
Ben diverso fu quello del 1672. L’Amiani scrive che “terribili, e spaventose memorie lasciò nell’anno
1672 il Tremuoto, a cui simile non s’era forse mai provato alcun altro nella Marca, e nella Romagna.
[…] Accadde la maggior scossa nel Giovedì Santo, giorno 14 di Aprile appunto nel tempo della visita
de’ Santi Sepolcri. In città rovinarono più case; caddero le torri di San Francesco, di Sant’Agostino, e di
funestissime conseguenze fu la rovina della Torre del Duomo ridotta a Campanile […]”.5 In quell’occasione dunque la torre [campanaria] di Sant’Agostino addirittura crollò.
Scrive il Borgogelli a tal proposito: “Il 14 Aprile 1672 per un forte terremoto cadde l’antico campanile:
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tale caduta fu il principio della distruzione della bella chiesa trecentesca dalle lunghe e caratteristiche
finestre che si intravedono sulla fiancata a levante (la sola libera), che conserva la bella cornice di gronda
tutta in laterizi.
Infatti la chiesa fu trasformata completamente: dove era l’abside si fece la porta d’ingresso, dove era la
porta sorse il presbiterio con l’altare maggiore; mentre a fianco di esso si fabbricò la cappella dell’Angelo
Custode, di patronato della Nob. Fam. Nolfi patrizia di Fano, come dagli stemmi che vi sono e dalle
lapidi sepolcrali […] e vi si fabbricò anche la cappella di San Tomaso di Villanova che era di jus patronato dei Conti Corbelli patrizi di Fano, come dalle lapidi sepolcrali e dagli stemmi ivi incisi, che è in
una lapide dei Corbelli, e nell’altra inquartato: dei Marcolini, dei Corbelli e dei Boccacci”.6
Altre notizie su questo evento si ricavano dalle ricerche del Deli: “A Fano, dove la scossa fu sussultoria, morirono 25 persone travolte dal crollo della torre del Duomo che si abbattè sull’altare del SS.
Sacramento dove, essendo il pomeriggio del giovedì santo, c’erano parecchie decine di persone per
la tradizionale visita al ‘sepolcro’. Angelo Alberto Palazzi, che fu testimone, ricorda in una Memoria
‘come nel dì suddetto a hore ventidue incirca [in effetti eran circa le 21 dell’orario del tempo, cioè
poco dopo le nostre ore 16] venne un terremoto sì grande che scossettò quasi tutte le Chiese, e rase
con buttar a terra quantità di camini’. […] Il Consiglio, muovendosi su una linea di interventi penitenziali, decide che il SS. Sacramento venga esposto per tre giorni in San Paterniano, e che vengano
celebrate messe – ben specificando l’altare – oltre che a San Paterniano, a Santa Maria Nuova, a
Sant’Agostino, al Gonfalone […]”.7
Una forte scossa, senza danni, colpì Fano anche il 9 maggio 1794. Questa la cronaca dell’accaduto
nei giorni dal 9 al 14 maggio, come la riporta il Massarini nella sua Cronaca Fanestre: “Verso le ore 7
di venerdì, venendo il sabbato, sentissi una teribile scossa di terremoto, ma senza danno notabile, che
per più giorni, e Mesi, o forte, o piano, replicatamene fessi sentire. Niun Fanese, che aveva senno,
restò in Casa ma se n’andette a riccorrere a Maria Santissima in Piazza e dai Santi Protettori al Duomo. Il Nostro Pastore non omise fatiga e non tralasciò di Predicare notte e giorno, si per incoragire il
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Popolo, che per far ravedere i traviati, in modo tale da far stupire ogni mente perché tutto quello che
ha fatto era superiore alle sue forze; che Dio ce lo conservi lungo tempo […].
Fu eretto nella Piazza del Duomo un Palco sopra il quale eravi erretto un Altare, e vi fu portata la Beata
Vergine di San Silvestro, ed anche il semibusto di San Paterniano ch’era, come dissi, in Cattedrale. Qui
Celebratasi il Divin Sacrificio, Ufficiatasi, e Predicatasi Notte e giorno del continuo, come fosse stata
chiesa pubblica. […] Venne in quest’oggi Monsignor Testaferata nuovo Governatore, ma restò fuori per
tema del Terremoto, e li fu fatto un casotto fuori Porta Maggiora, ma vi stette solo sino al dì 12.
Niun Fanese dormiva in Città in questi primi giorni ma tutti all’aperto, in Carrozze, Cassotti e baracche posticcie, ed il Nostro Vescovo non mancò di sorvegliare infaticabile anche in questo per evitare i
scandali e si affaticò tanto fra il Predicare, e patire male notti, che non poteva più parlare, ma Dio ce
lo liberò da ogni male […]. Fu estratto il Sacro corpo di San Fortunato novamente con le surriferite
cautele pubblicamente dalla Cassa provvisionale e posto in un Urna appostatamene fatta, per essere
esposto nella Piazza del Duomo, dove anche eravi la Beata Vergine di San Silvestro ed il semibusto di
San Paterniano, come dissi in occasione del Teribile flagello del Terremoto che la Città di Fano in quei
giorni affligeva e vi stette molti giorni, di poi fu riportato nella solita Capella finchè giungeva il tempo
di metterlo sotto il nuovo altare Maggiore […].
In questo giorno [14] fu levata dalla pubblica Fontana in Piazza la Celebre statua di Bronzo della Fortuna Antico Idolo Fanese ed ivi posta per disprezzo e fu levata per essere troppo scandalosa e portata
al palazzo pubblico, tanto più che in detta piazza doveva predicarsi in occasione della Porcissione di
Penitenza che in quel giorno doveva farsi col semibusto di San Paterniano per implorare dall’Altissimo
la grazia di liberarci dal Flagello del Terremoto che ogni giorno affligeva […]”.8
Un’altra scossa fu rilevata il 28 luglio1799. Scrive sempre il Massarini: “Prima delle ore tre di notte, sentissi una scossa di Terremuoto sensibile che acrescè la paura, alle tre sonate, con schiamazzi, entrorono
i Moscoviti e Turchi che incominciorono subbito a rubbachiare”.9
Un’altra ancora il 19 giugno del 1813. È sempre il Massarini a documentarla: “Verso le ore 12 Italiane
sentissi una forte scossa di terremoto, ma senza danno […].10
Per quanto riguarda il Novecento alcune scosse sono registrate nel maggio del 1916 e altre più forti
nell’agosto successivo.11 Sono quelle che procurarono più danni al campanile di Sant’Agostino, comportandone la successiva totale demolizione.
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Altre scosse si sentirono anche il 2 gennaio del 1924,12 ma fu il terremoto della fine di ottobre del 1930
che lasciò segni rilevanti su tutti gli edifici della città. Il “Corriere Adriatico” del 2 novembre così descrive la situazione: “[…] Il lavoro ferve; sono state visitate 70 case di cui 40 vennero dichiarate inabitabili
fra le quali: parte della Residenza comunale; il Collegio Nolfi; il piano superiore dell’ospedale di Santa
Croce; il palazzo Malandra; le scuole elementari escluso l’edificio scolastico ‘L. Rossi’; gli edifici delle R.
Scuole Medie; la R. Scuola Artistico industriale ‘Apolloni’; l’istituto ‘Cante di Montevecchio’; l’ufficio
del Registro e bollo; il convento delle monache di Santa Teresa; il palazzo Tomani; il palazzo Claudi; il
piano superiore dell’antico palazzo Galantara; il primo e secondo piano del palazzo Bambini; l’ultimo
piano di palazzo Corbelli.
Non è possibile per ora officiare nelle chiese di San Paterniano, di San Domenico e del Ponte Metauro;
al porto si sono dovute abbattere 10 case pericolanti […]”.
Una conferma dei danni si avrà nei giorni successivi. Ecco cosa riporta il “Corriere Adriatico” dell’8 novembre: “[…] I danni agli edifici pubblici di proprietà comunale e di demanio privato comunale come
ai fabbricati della Congregazione di carità sono per somme ingentissime”.
Qualche giorno dopo il vescovo Vincenzo Del Signore eseguirà una visita ai principali edifici religiosi.
Ne dà notizia il “Corriere Adriatico” dell’11 novembre, confermando che le chiese sono “tutte gravemente lesionate e che non possono per ora servire al culto”.
Il Selvelli, nel suo saggio più volte citato, così descrive la situazione di Sant’Agostino dopo un sopralluogo effettuato in città il mese successivo l’evento sismico: “Fortunatamente aveva avuti buoni restauri
qualche mese prima. Crollo di parte del soffitto davanti l’orchestra. Caduta di molti stucchi. Spostamento in avanti della facciata. Lesioni multiple nella volta interna e nei pilastri di sostegno. Aggravate
tutte le fenditure del terremoto del 1916”.13
Altre scosse furono avvertite anche tra il 17 e il 30 novembre del 1937, la più forte delle quali fu quella
del giorno 26.14 Per quanto riguarda i provvedimenti tecnici connessi con gli eventi accaduti durante il
XX secolo si rimanda alle pagine che seguono.
(GV)
1. C. Selvelli, Memorie sismiche fanesi, in “Studia Picena”, Volume VIII, Fano 1932, pp. 142-145.
2. P. M. Amiani, op. cit., vol. II, p. 209, all’anno 1570. Il Selvelli, collegando questo evento del 1570 con quello di Ferrara – dove pure
si ebbero gravi danni – conferma che il sisma “si ripercosse a Fano con l’insistenza, dicono le memorie scritte, di circa 150 scosse in due
giorni”. C. Selvelli, op. cit., p. 142.
3. Scrive l’Amiani: “Continuarono similmente ancrora in quest’anno i Tremuoti con grave danno degli Edifizi, notandosi memorabile
negli atti pubblici del nostro Consiglio quello che udissi il dì 13 di Luglio all’ore ventidue, per cui terminò di rovinare la Rocca di Cartocceto con la morte di alcuni abitanti di quella Terra”. P. M. Amiani, op. cit., vol. II, p. 212.
4. Sempre l’Amiani scrive: “Fu di gran terrore in quest’anno il tremuoto per l’Italia sentitosi in vari mesi. Più d’ogni altro però lacrimevole
quello delli 30 di Luglio contasi nelle Storie, per cui nella Puglia diroccò la Città di S. Severo con altre molte Terre, essendovi rimaste
sepolte diecisette mila persone”. P. M. Amiani, op. cit., vol. II, p. 271. Cfr. C. Selvelli, op. cit., p. 142
5. P. A. Amiani, op. cit., vol. II, p. 296. Cfr. A. Deli, I merli di Fano, Fano 2008, p. 169. Riscontri di questo terremoto si hanno anche in
T. Massarini, op. cit., pp. 203-204.
6. P. Borgogelli, Il convento, la chiesa di Sant’Agostino e gli affreschi trecenteschi, in “Studia Picena”, Fano 1934, p. 206.
7. A. Deli, Fano nel Seicento, Urbino 1989, pp. 299-301.
8. T. Massarini, Cronaca fanestre o siano memorie delle cose più notabili occorse in questi tempi nella città di Fano, Quaderno n. 6 di “Nuovi
Studi Fanesi, Fano 2001, pp. 18-19.
9. Ibidem, p. 54.
10. Ibidem, p. 135.
11. Citato anche nell’articolo comparso sul “Corriere Adriatico” del 16 novembre 1930.
12. Ibidem
13. C. Selvelli, op. cit., p. 144.
14. L. Zengarini, C’era una volta il terremoto, in “Il Metauro nuovo”, anno II, n° 9, ottobre 1976, p. 9.
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