Signore e Signori, è per me una grande gioia essere qui con voi

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Signore e Signori, è per me una grande gioia essere qui con voi
Signore e Signori,
è per me una grande gioia essere qui con voi oggi per ricevere questo premio dalla Stephanus
Foundation, organizzazione che sostiene il lavoro umanitario in favore di tutti gli esseri umani.
Mi sarebbe piaciuto venire con p. Frans, mio compagno gesuita, superiore e amico in questa crisi. I
900 metri che ci separano non hanno interrotto la comunicazione tra noi e non ci hanno impedito di
sostenerci l’uno con l’altro. Questo non è né il luogo né il momento in cui possiamo abbandonare il
nostro lavoro missionario. Dio che ci chiama per seguire il Suo cammino – guidandoci verso Suo
Padre – nostro Signore, è ciò che ispira la nostra missione spirituale e umanitaria.
Mi sento umile, oggi, di fronte all’esempio di p. Frans e della sua missione per gli altri, cristiani e
musulmani, nel centro storico della città di Homs che da 18 mesi si trova sotto assedio. Per loro p.
Frans è un fratello, un padre, un servitore e un sacerdote. Posso solo riferirmi a lui dicendo “è un
essere umano”.
In mezzo all’odio e all’assurdità, la sua voce, attraverso la solidarietà con e per gli altri, mostra come
“un'altra [semente] cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto” (Luca 8.8). La sua
voce di pace è più forte del rumore delle armi. Le azioni di coloro che sono con lui [p. Frans]
mostrano che la vita è più forte della morte, e che il cammino di pace è sempre più vero della via che
conduce alla violenza.
Vengo dal mio paese, la Siria, a mani vuote, ho solo alcuni proiettili sparati contro un uomo, una
donna, un’abitazione o in aria. Non so... ho con me solo il rumore che fanno nelle orecchie.
Qualcuno potrebbe dire che viviamo nel caos e nella distruzione. Nel nostro paese, la pace si vede
solo nei disegni dei bambini. Le carte geografiche che ho portato sono state fatte dai bambini che
sognano un futuro di pace e sicurezza. In Siria, sono solo loro a sognare: gli adulti non lo fanno più,
persi nei loro incubi.
Il mondo intero ha pregato con il Santo Padre per una Siria unita. Ci ha incoraggiato a portare la
croce l’un con l’altro senza dimenticare che ciascuno di noi ha l’obbligo di essere il guardiano del
fratello. E di non sottrarsi a questa responsabilità chiedendo “Sono forse il guardiano di mio
fratello?” (Genesi 4.9). Essere umani significa essere guardiani gli uni degli altri non soltanto per la
nostra salvezza ma per salvare la meravigliosa creazione di Dio, poiché Lui veda che la Sua creazione
è buona.
Non è per il giudizio di Dio o della storia che dovremmo fermare violenza e odio, bensì perché la mia
esistenza non ha significato senza quella di chi mi è accanto, qualunque siano la sua nazionalità,
credo religioso o etnia.
E oggi la nostra missione tocca tutti i siriani, di tutte le fedi religiose, in tutti i paesi.
Per prima cosa ricordo il nostro lavoro, come gesuiti, con i bambini in tre grandi città: Damasco,
Aleppo e Homs. Il nostro obiettivo è quello di costruire il paese a partire dai più piccoli e di
proteggerli dall’odio e dalla violenza così che possano crescere in pace e sicurezza.
Lo scopo della nostra missione umanitaria – assistere sfollati e rifugiati distribuendo cesti di generi
alimentari, articoli sanitari, farmaci e offrendo alloggio e altri tipi di assistenza, ha il solo scopo di
alleviare la sofferenza di tutti coloro che si trovano in difficoltà a causa di questa crisi.
Oggi, la presenza dei gesuiti tra le popolazioni siriane è essenziale. Vivere con e per loro – come
Cristo che non ha mai abbandonato il proprio [popolo] – è il segno che la Chiesa è sempre tra le
persone. La nostra missione con il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati dimostra che siamo uniti a tutte
le altre organizzazioni umanitarie, e come si risponda alle richieste della Chiesa, del Santo Padre e
del nostro Padre Generale che ci ha chiesto di andare alle frontiere per servire gli oppressi o le
persone abbandonate.
“La guerra segna sempre il fallimento della pace, è sempre una sconfitta dell'umanità” sono state le
parole di Papa Francesco il 7 settembre 2013. L’obiettivo della nostra missione è di aiutare la nostra
gente a portare riconciliazione per la pace facendosi esempi viventi di perdono attraverso il dialogo e
la parola che dà il frutto della vita.
Vorrei ringraziare ancora la Stephanus per questo premio, e organizzazioni come l’Oeuvre d’Orient,
Pontifical Mission, Aid to the Church in Need, Association française des Scouts d'Europe, che ci
consentono di compiere la nostra missione grazie a un regolare sostegno finanziario.
Condividiamo questo premio con coloro che ci aiutano a portare avanti questa bellissima missione: i
gesuiti in Siria, il JRS Siria a Damasco, Aleppo e Homs, le Sorelle del Sacro Cuore a Homs e
soprattutto tutta la nostra squadra del Saint-Sauveur con i quali lavoriamo nel nome del Signore.
Hilal Ziad SJ, direttore di progetto del Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati
Questo discorso è stato fatto da Hilal Ziad SJ dopo aver ricevuto un premio, conferito dalla Stephanus
Foundation, nel corso di una cerimonia tenuta presso la Sankt Georgen Theologische Hochschule il 21
settembre 2013. Il riconoscimento è stato ritiratod al p. Ziad in rappresentanza della comunità
gesuita di Homs per il lavoro svoltoin difesa dei diritti umani della popolazione locale devastata dalla
guerra civile e per l’impegno dei religiosi come cristiani a confronto con le avversità.
Discorso di p. Hilal Ziad SJ tenuto presso la Sankt Georgen Theologische Hochschule a Francoforte