IL LEGNO La lavorazione del legno ha costituito per

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IL LEGNO La lavorazione del legno ha costituito per
IL LEGNO
La lavorazione del legno ha costituito per secoli una delle principali attività
artigianali,caratterizzata dalla produzione di oggetti di tipo rurale o di prima necessità:
carri agricoli, botti, mobili, utensili da cucina , mestoli, stacci, pale.
Badia Prataglia e Moggiona sono stati per anni i centri più importanti della lavorazione
del legno ed ancora oggi continuano ad essere realtà depositarie di questa nobile
tradizione. Intere generazioni di boscaioli, tagliatori ed artisti hanno fatto del legno la
fonte primaria del proprio lavoro e della propria opera.
Fino a pochi decenni fa, la principale attività degli abitanti di Moggiona era quella del
bigonaio, ovvero dell'artigiano che costruiva vari tipi di contenitori in legno per il
trasporto delle uve e la conservazione del vino: bigonce (i bigoni), barili, mastelli, etc.
Molti sono stati nel corso degli anni i riconoscimenti alla maestria dei bigonai di
Moggiona. Nel 1954 gli artigiani del paese vincono una medaglia d'oro per gli attrezzi
agricoli, nel concorso per l'artigianato rurale che si tenne durante la XVIII Mostra
dell'Artigianato di Firenze. Nel 1968 la Camera di Commercio di Arezzo premia due
famiglie di bigonai, i Ballerini e i Roselli: i primi ricevono una medaglia d'oro per oltre
due secoli di ininterrotta (e documentata) attività artigianale, i secondi la medaglia
d'argento per un'attività di pochi anni più breve.
Negli anni 50 del secolo scorso l'avvento della plastica ha decretato la fine di questo
mestiere. Oggi nel paese si trovano artigiani che hanno saputo trasferire le loro
competenze ed applicarle nella realizzazione di mobili rustici di alta qualità.
Anche il mestiere del boscaiolo è stato molto importante in Casentino e sicuramente non
era un lavoro semplice poiché le nuove tecnologie erano ancora inesistenti.
Nei periodi bui della foresta, in cui questa venne oltremodo sfruttata, i tronchi abbattuti
raramente venivano lavorati sul posto. Il più delle volte venivano trasportati a valle
utilizzando un sistema "primitivo" ma efficace: il trascinamento a strascico. I tronchi
venivano cioè legati a lunghe carovane di buoi che poi li trascinavano giù per ripide
mulattiere appositamente predisposte, le cosiddette "Vie dei Legni", lungo le quali il
legno, inevitabilmente, subiva un certo deterioramento. I buoi utilizzati per uno
"strascico" dovevano essere molti, soprattutto quando venivano fatti scendere verso
Pratovecchio i tronchi destinati alle alberature delle navi pisane, tronchi che dovevano
avere una lunghezza di almeno 28 m e un diametro alla base di 6 m. Da Pratovecchio,
poi, i grandi tronchi prendevano la via del fiume e, sull’Arno, raggiungevano Pisa. La "Via
dei Legni" che da Poggio Segaticcio, sul crinale di confine Tosco-Romagnolo, scendeva a
Pratovecchio era nota con il nome di Via della Bordonaia. Questa si è conservata molto
bene e rappresenta un interessante percorso storico (ma anche naturalistico) per
risalire l’Appennino Casentinese.
Fra i tanti mestieri in estinzione o già scomparsi che gli uomini Casentinesi hanno
esercitato fino a qualche decennio fa, quello del carbonaio è certamente il più
importante.
Il carbonaio è il mestiere di trasformare la legna in carbone vegetale.
I carbonai erano uomini di montagna che erano costretti a lavorare nei boschi,“macchie”
nel gergo, di tutta Italia per guadagnare quel tanto che permettesse un’esistenza
“decente” alla famiglia che rimaneva a casa. La permanenza nei boschi aveva una
durata di oltre otto mesi all’anno, durante i quali i carbonai abitavano in una capanna,
da loro stessi costruita con legna e terra. Il mestiere vero e proprio di carbonaio ebbe
inizio alla fine del 1700. I pionieri dovettero superare molte difficoltà, sia ambientali
che tecniche.
Il vitto dei carbonai fu sempre a base di polenta di granturco con un po’ di cacio per
companatico; la carne veniva mangiata per Natale e per Pasqua e il vino era privilegio di
pochi.
Ogni “compagnia”, gruppo di carbonai, aveva un garzone, il “meo”, che era quasi
sempre un ragazzo, che svolgeva vari lavori anche troppo gravosi per la sua età:
cucinava la polenta, andava ad attingere acqua a sorgenti distanti a volte più di un
chilometro dalla capanna con un barile di legno che, pieno, pesava oltre trenta chili,
tagliava la legna a pezzetti per rimboccare le carbonaie, ispezionava le carbonaie anche
di notte.
Ancora oggi la lavorazione del legno ha la sua importanza in Casentino.
Sono numerosi gli artigiani che producono arredamenti per la casa e ultimamente si sta
riscoprendo anche un artigianato più popolare che crea piccoli attrezzi per la cucina
come i mestoli o semplicemente piccoli suppellettili come ferma capelli ecc.
In Casentino inoltre si svolge la manifestazione “le forme del legno” che nel 2009 si è
svolta a Pratovecchio, esposizione che non ha solo scopi artistici e commerciali ,ma
anche e sopratutto scopi culturali affinchè chiunque visiti la mostra possa capire che
cosa era e rappresentava il legno nella vita degli uomini del nostro recente passato.