Per Daniza nei guai il veterinario - Servizio di consultazione archivio

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Per Daniza nei guai il veterinario - Servizio di consultazione archivio
Trento
l'Adige
Ancona: «Non è stato un attacco del plantigrado,
ma un’aggressione a scopo di difesa dei cuccioli
La versione di Maturi diversa, ma improbabile»
IL CASO
mercoledì 11 febbraio 2015
15
Il gip ordina l’iscrizione nel registro degli indagati ma solo
per il reato contravvenzionale. Contestate le inadempienze
durante la cattura finita con la morte di mamma orsa
Per Daniza nei guai il veterinario
Il giudice: archiviazione, ma solo a metà
Si procede per uccisione colposa di animali
La saga di Daniza si arricchisce
di un nuovo capitolo, in questo
caso giudiziario. Il giudice Carlo Ancona ha infatti accolto solo a metà la richiesta di archiviazione del procedimento
aperto dopo che mamma orsa
era morta nel corso di un tentativo di cattura. In quel’occasione il narcotico era stato fatale innescando le prevedibili
proteste - anche sotto forma di
esposti e denunce alla magistratura - da parte del variegato arcipelago animalista.
Caduta l’accusa più grave, cioè
l’ipotizzata violazione dell’articolo 544 bis del codice penale
(uccisione dolosa di animali),
secondo il giudice Ancona si deve procedere con l’ipotesi contravvenzionale, l’articolo 727
bis (uccisione, distruzione, cattura, prelievo di esemplari di
specie protette). Il giudice ha
dunque ordinato alla procura,
il cui fascicolo era sempre rimasto a carico di ignoti, di iscrivere nel registro degli indagati il
veterinario che seguì le fasi della cattura conclusa con la morte del plantigrado. Il reato contestato dovrebbe essere solo il
727 bis, che potrebbe anche essere estinto dall’imputato con
un’oblazione da poche migliaia di euro. Ma questa, ovviamente, è una scelta che eventualmente spetterà alla difesa.
Secondo il procuratore Giuseppe Amato l’ordine di catturare
Daniza, che con i suoi due cuccioli era diventata troppo invadente, non era censurabile poiché ponderava gli interessi in
campo salvaguardando quello
prevalente, cioè la sicurezza per
TRIBUNALE
l’uomo. Corrette erano state anche le procedure di cattura e il
narcotico era adeguato al peso
dell’orsa. Purtroppo però la miscela di farmaci aveva provocato gravi complicanze. La povera Daniza era andata in “ipossiemia”, ma la crisi, pur ben nota tra i possibili effetti negativi
dei narcotici usati, non è stata
contrastata con somministrazione di ossigeno e di un antidoto. L’orsa dunque sarebbe
morta per l’impropria gestione
di questa fase critica da parte
del veterinario, ma ad avviso
della procura il suo comportamento non era penalmente rilevante poiché la cattura era autorizzata.
Il giudice Ancona, chiamato ad
esprimersi sulla richiesta di archiviazione, mostra di condividere solo in parte questa impostazione. «Potrebbe obiettarsi
- scrive Ancona - che il provvedimento urgente del 16 agosto
2014 è errato nella descrizione
del suo presupposto di fatto,
laddove fa riferimento ad un attacco da parte dell’animale ad
una persona, mentre dalla sintetica relazione Ispra risulta invece che l’aggressione era avvenuta per scopo di difesa dei
cuccioli». In proposito il giudice rileva anche che «parzialmente diversa, ma improbabile, è la versione resa da Daniele Maturi». Tutto ciò «poco cambierebbe riguardo alla legittimità dell’atto» anche perché - co-
GARDOLO
Sparite dodici bestiole
Ladri di polli, e conigli, in azione
Che si tratti di fame o della necessità, per racimolare qualche soldo, di rivendere il bottino, il ritorno dei ladri di polli non è un segnale incoraggiante.
Non lo è per la società e, prima di tutto, nemmeno per i
poveri allevatori che di certo non rimpiangevano i tempi
andati in cui era necessariamente la prassi, per loro stessi o per i loro genitori e nonni, dormire con il Flobert caricato a balìni pronto a rendersi utile al minimo rumore
sospetto. Tempi andati, in cui galline e conigli erano spesso oggetto di ruberie.
Tempi andati, che tornano: come nella notte tra lunedì e
ieri a Gardolo, dove un allevatore per passione, che negli
orti del sobborgo ha da anni una piccola struttura in cui
ospita ventidue galline e tredici conigli - accanto ad una
piccola serra e ad un capanno per gli attrezzi - ha subito
un furto, sia di galline che di conigli.
Giunto ieri a dare la solita occhiata mattutina, ha ritrovato le sue pollastre a spasso per il giardino, con la porta
del pollaio aperto. Le ha contate e all’appello ne mancavano la metà: erano sparite dieci galline ed un gallo, che
lui stesso - che nella vita fa tutt’altro ma ha portato avanti l’eredità, la passione e la tradizione dei familiari - aveva
tirato su, da pulcino, ed era orgoglioso. I conigli erano un
maschio, due femmine ed una cucciolata di dieci elementi. A sparire è stata una delle due femmine, peraltro gravida.
«Dispiace, perché vuol dire che siamo veramente arrivati a livelli inimmaginabili», spiega l’allevatore amareggiato. Ora temo che i ladri tornino a portarmi via anche quello che mi è rimasto. E lancio un appello. Ho bisogno di
un’altra femmina di coniglio per crescere la cucciolata, in
fretta. Gli allevatori possono contattarmi al 366.2078421».
me ha rilevato lo stesso pm anche se ci fosse un vizio per
eccesso di potere questo non
sarebbe censurabile in sede penale.
Secondo il giudice è corretta «la
descrizione come semplicemente colposa della condotta
del responsabile, per le ragioni
accuratamente descritte dal pm
nella ricostruzione del fatto».
Dove invece la valutazione di
Ancona si discosta da quella
della procura è il riferimento al-
la «negata ricorrenza della contravvenzione sub art. 727», infatti la condotta colposa «integra senz’altro la fattispecie contravvenzionale». «E non è lecito - sottolinea il giudice - il ricorso alla esimente dei “casi
consentiti” perché il compito
affidato al servizio forestale ed
al veterinario era pacificamente quello di catturare l’orsa, non
di abbatterla». Invece la cattura si tramutò in “orsicidio”, sepS. D.
pur colposo.
Assolto il manovratore della cabinovia. Resta il processo per lesioni
Ciampac, cade l’accusa di disastro
È caduta per la seconda volta
l’accusa di disastro colposo
contestata ad Armando
Dagai, il manovratore e
macchinista che si trovava ai
comandi quando una cabina
della funivia del Ciampac
andò a sbattere contro la
stazione ferendo alcuni
operai. Ieri il giudice
Francesco Forlenza ha
assolto l’imputato, difeso
dall’avvocato Nicola Stolfi. La
sentenza, con la formula «il
fatto non sussiste», giunge
dopo un precedente
proscioglimento deciso
nell’aprile 2013 dal giudice
Carlo Ancona. Quella
sentenza venne impugnata in
Cassazione dalla procura. La
Suprema corte annullò il
proscioglimento ritenendo
che il gup si fosse espresso su
questioni e tematiche affidate
LA SENTENZA
al giudice del dibattimento. Il
procedimento è dunque
tornato in Tribunale dove, su
richiesta della difesa, è stato
discusso con rito abbreviato.
Dove di fatto l’esito è stato lo
stesso.
L’incidente era successo tra
le 8 e le 8.10 circa dell’11
ottobre 2012: come tutti i
giorni, una squadra di operai
dipendenti della società
Funivia Ciampac e Contrin
spa stava salendo dai 1.500
metri della stazione a valle,
tra Alba e Penìa, ai 2.160 della
stazione a monte. Ma una
volta che la cabina stava per
raggiungere la stazione a
monte, anziché rallentare fino
a fermarsi, aveva proseguito
la sua corsa, andando a
sbattere contro la parete in
cemento della stazione.
La posizione più delicata,
nella prospettiva dell’accusa,
era quella del manovratore. A
lui veniva contestata
l’imputazione più pesante
perché, secondo il pm,
l’incidente «integrava gli
estremi del “disastro”,
vertendosi oggettivamente in
ipotesi di avvenimento grave
e complesso idoneo a
determinare un concreto
pericolo per la vita e
l’incolumità delle persone
considerate».
Tesi contestata dall’avvocato
Stolfi secondo cui non ci fu
mai pericolo di caduta al
suolo della cabina. Inoltre la
difesa sottolineava come
l’impianto quel giorno non
fosse aperto al pubblico, ma
venisse utilizzato solo per il
trasporto di personale della
società, in totale sette
persone. Secondo il legale del
manovratore non ci fu alcun
pericolo per la pubblica
incolumità e dunque non si
poteva integrare il reato di
disastro. Considerazioni
evidentemente condivise dal
giudice.
La vicenda da un punto di
vista giudiziario non è
comunque chiusa. A parte un
eventuale ricorso in appello
della procura, resta aperto il
processo per lesioni plurime
aggravate, in calendario ad
aprile, in cui sono imputati lo
stesso Dagai, e Paolo
Cappadozzi
(vicepresidente e legale
rappresentante della Funivia
Ciampac), Mauro Naletto
(responsabile tecnico
dell’impianto) e Giovanni
Quaglio (responsabile della
sicurezza), oltre alla stessa
società.
Fece ricadere la colpa sul fidanzato. Pena di 2 anni e 4 mesi e risarcimento
Bruciò per gelosia l’auto della rivale, condannata
Costa cara ad una 27enne di Cavedine
un attacco di “bruciante” gelosia nei
confronti del suo ex fidanzato che aveva
avuto un’avventura con un’avvenente
barista straniera. La donna ieri è stata
condannata per calunnia e
danneggiamento con incendio a 2 anni e
4 mesi di reclusione. L’imputata dovrà
anche risarcire i danni provocati
incendiando l’auto della rivale
(quantificati in 12 mila euro più 2.500
euro di spese legali); e i danni morali
patiti dall’ex fidanzato ingiustamente
accusato di aver appiccato le fiamme
(2.000 euro più spese legali). Le parti
civili erano difese dagli avvocati Marco
Vernillo e Nicola Benvenuto.
La vicenda prende le mosse dal più
classico dei tradimenti. Lui, un
quarantenne, avrebbe tradito la sua
giovane fidanzata con una barista
straniera. Fin qui biasimevole, ma non
illegale. Non sorprende neppure che la
sua fidanzata scopra il tradimento e
vada su tutte le furie. Come da copione
lui ammette, chiede perdono, promette
che non lo rifarà. Ma a lei le scuse pare
non siano bastate. In via Bresciani ad
Arco nel luglio 2009 brucia, facendo uno
scoppio impressionante, la Opel della
barista. L’auto va distrutta, ma per
fortuna nessuno si fa del male. Alcuni
mesi dopo ai carabinieri di Lasino l’ex
fidanzata tradita dichiara che ad
appiccare il fuoco era stato il suo ex
compagno: sostiene che fu lui a
confidarlo giustificando il gesto come
una vendetta per essere stato a sua
volta tradito dalla barista. Ma l’uomo
viene poi assolto e i carabinieri
scoprono, grazie ad un’indagine sulle
celle telefoniche, che ad appiccare le
fiamme potrebbe essere stata la ragazza
che dunque avrebbe calunniato l’ex
fidanzato.
CASA DI RIPOSO “GIOVANELLI”
R5021104
AVVISO DI GARA – CIG 61079507C9 - CUP I66J11000420008
AMMINISTRAZIONE AGGIUDICATRICE: Casa di Riposo “Giovanelli”, via
Giovanelli 12 – Tesero (TN); tel. 0462/813027, fax 0462/812414, e-mail
[email protected].
OGGETTO DELL’APPALTO: Fornitura e posa di arredi per le camere presso la nuova
sede della Casa di Riposo “Giovanelli”, sita in Tesero (TN) via Mulini; codice CPV
39150000; lotto unico; importo a base di gara euro 437.189,40, compresi euro
336,17 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso; termine di esecuzione di 90
gg. dall’aggiudicazione dell’appalto.
INFORMAZIONI DI CARATTERE GIURIDICO, ECONOMICO, FINANZIARIO E TECNICO: cauzioni / garanzie richieste e condizioni di partecipazione sono indicate nel
disciplinare di gara e relativi allegati; la documentazione è disponibile sul sito
www.casadiriposogiovanelli.org.
PROCEDURA: aperta con aggiudicazione al prezzo più basso; termine per il ricevimento delle offerte: 31/03/2015 ore 12:00; l’offerente è vincolato alla propria offerta
per 180 giorni dal termine del 31/03/2015.
ALTRE INFORMAZIONI: prima seduta gara: 08/04/2015 ore 9:00 presso uffici amministrativi della sede della Casa di Riposo “Giovanelli”; responsabile del procedimento: Luca Nicolelli; bando inviato alla CE il 27/01/2015.
IL DIRETTORE - Luca Nicolelli