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Market Report ECONOMIA &MERCATO Attualità: TUTTO CUORE PREVENZIONE, STILI DI VITA: Non è troppo tardi per averne cura RICERCA, LE NUOVE REGOLE: Tutti i successi recenti della ricerca: Il miracolo italiano chiamato GISSI (Gruppo italiano per lo studio della sopravvivenza all’infarto) che ha rivoluzionato la terapia dell’infarto What’s On CARDIOCHIRURGIA, le ultimissime tecniche: un cuore high tech con le ultimissime tecniche, anche la più devastante delle chirurgie diventa soft ATTUALITÀ - PERSONAGGI - TRENDS CUORE/Prevenzione, stili di vita Non è troppo tardi per averne cura Migliorare lo stile di vita è fondamentale a qualsiasi età, come muoversi un po’ di più, mangiare correttamente, smettere di fumare, in sostanza, sono tutti comportamenti mirati a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. Sono tanti gli studi scientifici che lo dimostrano ampiamente e recentemente è stato scritto un libro dai più noti cardiologi mondiali, nel quale sono indicate le linee guida da seguire I primi esseri umani apparsi sulla Terra, 2 milioni e mezzo di anni fà, praticavano una vita nomade e l’attività fisica occupava gran parte del loro tempo. «Negli ultimi 100 anni, che equivalgono allo 0,004% della nostra storia, l’umanità ha raggiunto livelli di sedentarietà e comodità senza precedenti nell’evoluzione. Il corpo umano, però, conserva nella memoria quel 99,996% di storia dell’umanità in cui era costretto a correre per sopravvivere» scrive Valentin Fuster, cardiologo catalano di fama internazionale, e Presidente dell’American Heart Association. Nel sistema cardiovascolare l’esercizio fisico alza il livello di colesterolo buono (Hdl), riduce i valori dei trigliceridi, aiuta a ridurre la pressione, contrasta l’obesità, favorisce l’attività dell’insulina e riduce il rischio di diabete. «Il 50enne che fa attività fisica in modo assiduo ha una aspettativa di vita decisamente superiore a quella di un sedentario» dice Fuster. Il corpo umano è progettato, infatti, per muoversi: siamo nati per correre. E i benefici nel prevenire infarti ed eventi cerebrovascolari sono solo una parte dei vantaggi che ne derivano. L’esercizio fisico fa bene al sistema nervoso perché stimola la produzione nel cervello di endorfine con azione euforizzante e antidoto contro stress e depressione, e può ridurre il rischio di cancro. «In Europa occidentale il 47% di morti fra le donne e il 39% tra gli uomini sono dovuti a malattie di cuore o arterie: più di quelle causate da tutti i tipi di cancro messi insieme» ricorda Fuster. «Forse oggi la cosa più coerente che un cardiologo possa fare è dedicarsi alla prevenzione, spiegare quali misure sono efficaci e quali no, come perdere peso e non riprenderlo, come smettere di fumare e non ricominciare, quanta verità c’è nell’idea comune che il vino faccia bene al cuore: fare luce sui dubbi di fronte ai quali le persone si sentono confuse a causa del continuo mescolarsi di messaggi talora poco scientifici». E cita un’indagine sullo stato delle arterie di 760 persone tra 15 e 34 anni (rappresentative della popolazione complessiva) morte per cause accidentali, che mostra come nei paesi occidentali siamo tutti «malati» senza saperlo. Pur essendo così giovani, uno su tre aveva un eccesso di colesterolo cattivo (Ldl), uno su sei era iperteso, uno su sette obeso, uno su 25 aveva una qualche forma di diabete. Giocavano a baseball o a basket, conducevano una vita normale, ma erano inconsapevoli delle condizioni delle loro arterie. «L’ignoranza sembra minacciare il mondo occidentale» avverte il cardiologo. Mentre crescono le conoscenze sulla genetica dell’infarto, su come le variazioni di certi geni modificano la risposta ai farmaci e altre siano associate all’aumento nel sangue della lipoproteina A legata all’infarto, studi della Società europea di cardiologia evidenziano come lo stato della prevenzione cardiovascolare sia lungi dall’essere ottimale. Una ricerca pubblicata in questi giorni dall’Oms dice che nel 2010 circa 400 mila americani si prevede moriranno di malattie cardiovascolari. «Almeno la metà dei decessi si potrebbe evitare se le persone mangiassero in modo corretto, non fumassero e avessero uno stile di vita più sano» afferma l’inglese Simon Capewell dell’Università di Liverpool, coautore dello studio sui fattori di rischio cardiaco. «Allo stile di vita si può ascrivere la salute di milioni di persone» sostiene Shanthi Mendis, coordinatore del Chronic diseases prevention and management all’Oms. «Nel mondo 1 miliardo di adulti è sovrappeso, e se non si corre ai ripari la cifra è destinata a superare il miliardo e mezzo nel 2015». Sebbene i nemici del cuore, dal colesterolo elevato ai chili di troppo, siano stati da tempo individuati, le patologie cardiache sono in crescita. Da studi internazionali come l’Interheart al rapporto Oms 2008 sui determinanti sociali delle malattie (coordinato da quello che può essere considerato il più importante epidemiologo cardiovascolare vivente, l’inglese Michael Marmot), alle linee guida delle società scientifiche europee e americane, l’accordo è completo: stili di vita e di alimentazione sono centrali nel controllo del rischio cardiovascolare. LAB aprile 2010 IL MONDO DEL LABORATORIO 11 What’s On ATTUALITÀ «Più sensibili ai messaggi che invitano a modificare lo stile di vita sono le classi più abbienti: sono più consapevoli del proprio stato di salute, si informano e hanno una visione prospettica della propria vita» afferma Marco Bobbio, cardiologo. «Occorre poi uno sforzo a livello collettivo e individuale per abbandonare abitudini insalubri, senza indurre una sensazione di pericolo incombente. In genere è più semplice e comodo prendere una pillola: mangio lo stesso, mi concedo qualcosa in più, tanto poi prendo la pastiglia anticolesterolo». I dati della Federfarma e l’ultimo rapporto dell’Aifa sull’uso dei farmaci in Italia sembrano dargli ragione. Per contrastare i problemi cardiovascolari si comprano medicinali per oltre 4 miliardi e mezzo di euro in un anno: per l’esattezza 3 miliardi 700 milioni da gennaio a ottobre 2009. Statine, antiipertensivi, anticoagulanti, antiaritmici sono fra le categorie più prescritte e rappresentano il 36,5 per cento della spesa convenzionata; era il 27,4 per cento nel 2007. Sul fatto che terapie come le statine siano sempre prescritte in 12 LAB aprile 2010 IL MONDO DEL LABORATORIO Prevenzione, Stili di vita modo appropriato gli esperti nutrono dubbi. «Studi epidemiologici della Società europea di cardiologia si propongono nei prossimi anni di monitorare l’andamento delle malattie cardiovascolari più frequenti, l’appropriatezza delle cure e l’opportunità di utilizzo di procedure come gli stent» spiega Aldo Maggioni, direttore del Centro studi dell’Anmco (Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri). Di solito chi ha già avuto un infarto ha maggiore consapevolezza dei rischi che può correre se non cambia stile di vita. «Se una persona sta bene, ma ha comportamenti a rischio, è meno motivata al cambiamento» dice Pantaleo Giannuzzi, responsabile del dipartimento di cardiologia riabilitativa alla Fondazione Maugeri di Pavia. «Inoltre un’informazione adeguata esige una continuità fra cardiologi e medicina di base e richiede più tempo di una prescrizione». Chi sta bene è anche meno attento a eventuali segnali. Tende a sottostimarli. È così per le aritmie considerate benigne che vengono dopo il pranzo o nell’iperteso e portano alla fibrillazione atriale. Non si dà peso al cuore che galoppa o perde un colpo, o ad altri sintomi, dal fiato corto alla stanchezza fisica dopo un piccolo sforzo. Un contributo complementare e importante ad approfondire perché le tante conoscenze non si traducono ancora pienamente in benefici nella vita reale viene da una iniziativa coordinata da Attilio Maseri, presidente della Fondazione ‘Per il tuo cuore’ onlus creata dall’Anmco. «Correggendo i classici fattori di rischio si riesce a dimezzare la percentuale di eventi, ma non a evitarli all’altra metà che magari ha risposto alle strategie preventive» afferma Maseri. «Grazie alla rete di oltre 700 cardiologie distribuite sul territorio nazionale, l’Anmco focalizzerà la ricerca clinica sul capire come ci si possa ammalare nonostante si attui l’attuale prevenzione ottimale, oppure come si possa restare sani pur avendo fattori di rischio». Nuovi filoni di ricerca che forse porteranno a interventi più mirati, ma che non diminuiscono la necessità di continuare a diffondere la cultura della prevenzione. Le ultime linee guida della Società europea di cardiologia evidenziano che cosa fare per prevenire eventi cardiaci. Ma vanno calate nella realtà. E tradotte in un linguaggio che possa essere interpretato e adottato dalla gente. «questo occorre costruire una più diffusa conoscenza e ampliare la consapevolezza perché la prevenzione da capitolo della medicina possa diventare un comportamento normale nella vita delle persone» conclude Gianni Tognoni che dirige il Consorzio Negri-Sud ed è autore di studi epidemiologici che hanno cambiato la storia dell’infarto. «La prevenzione non è una ricetta che si può prescrivere, confidando che si realizzi. È una vera e propria ricerca di linguaggio di comunicazione tra medici non farmacodipendenti e persone da accompagnare, in modo non autoritario, per molto tempo». E il libro di Fuster è un esperimento concreto di questa ricerca di linguaggio. Comportamenti corretti, suggerimenti da seguire E’ sempre consigliabile bere con moderazione 1 o 2 bicchieri di vino rosso al giorno, ai pasti, perché riduce del 25% il rischio cardiovascolare e nelle persone già ammalate diminuisce nella stessa percentuale il tasso di mortalità. Il vino ha effetto anticoagulante ed è un antinfiammatorio, in grado di aumentare i livelli di colesterolo buoino (Hdl) ed è un vasodilatatore che aiuta a controllare la pressione. Importantissimo è smettere totalmente di fumare poiché il fumo aumenta il rischio di coaguli nel sangue quindi il pericolo di embolia e infarto. Ecco perché quando si smette di fumare il rischio di eventi cardiovascolari si riduce nel giro di poche settimane. Se i danni del tabacco sono immediati, i benefici del rinunciare alle sigarette sono altrettanto rapidi. What’s On ATTUALITÀ RICERCA/Le nuove regole I successi della ricerca Il ‘miracolo italiano’ GISSI, una rete ‘collaborativa’ di medici che ha rivoluzionato la terapia dell'infarto, da 25 anni all’opera, oggi è il fiore all’occhiello della ricerca cardiologia italiana. Ma le scoperte vanno avanti come, per esempio, la cellula superstaminale in grado di ‘autoriparaci’ il cuore e il colesterolo ‘buono’ riprodotto in laboratorio Il Gissi ha rappresentato una sorta di rivoluzione copernicana per il metodo da usare negli studi clinici: oggi si chiama ‘ricerca collaborativa’ ed è quasi la regola, ma anni fa, coinvolgere migliaia di pazienti in una sperimentazione pareva impossibile. I ‘pionieri’ di allora si accorsero che la soluzione per riuscirci, a volerla cercare, era a portata di mano: bastava sfruttare le potenzialità del Servizio Sanitario Nazionale e mettersi a lavorare insieme, creando una rete fra le unità coronariche dell'Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (Anmco) sparse per l' Italia. «Decidemmo di disegnare uno studio rigoroso e chiaro per rispondere a una domanda semplice in tema di infarto: è possibile ridurre la mortalità provando a riaprire le coronarie in fase precoce con un farmaco che scioglie il trombo?», racconta Gianni Tognoni. «In appena un anno e mezzo riuscimmo a coinvolgere 12.000 pazienti da 200 unità coronariche, trovando la risposta che cercavamo e avvalorandola con la forza dei grandi numeri. Il risultato scientifico fu straordinario e ancora oggi, dove non si può intervenire con l' angioplastica primaria, la trombolisi è la prima cura dell' infarto. Ma forse conta ancor di più aver aperto la strada a un nuovo modo di fare ricerca: indipendente, su larga scala, per rispondere ai bisogni reali di pazienti reali». Oggi, il Gissi, che secondo molti ha segnato un ‘prima e dopo’ in cardiologia, ha fatto scuola e viene imitato anche all' estero. Perché studiare i pazienti ‘veri’, che arrivano negli ospedali, offre vantaggi impagabili. Per esempio, fa sì che le ricadute pratiche siano immediate: «Di solito occorrono almeno 12-18 mesi perché le scoperte della ricerca arrivino in clinica», specifica Tognoni. «Nel nostro caso è bastato meno di un anno». «I medici ospedalieri sono diventati protagonisti della ricerca e si sono formati nel farla, tutti allo 14 LAB aprile 2010 IL MONDO DEL LABORATORIO stesso modo», aggiunge il presidente Anmco, Salvatore Pirelli. «Nella pratica significa che gli italiani trovano oggi lo stesso trattamento da Bolzano a Caltanissetta». Il tutto a costo (quasi) zero grazie all' italica arte di arrangiarsi e all' entusiasmo dei medici, che di fatto hanno lavorato a titolo volontario con pochissimi finanziamenti. Dopo il primo studio, il Gissi ha realizzato altri 5 progetti diventati pietre miliari della cardiologia e il futuro riserverà senza dubbio, tante altre ‘conquiste’ scientifiche. Altrettanto importante è stato l’avvento della cellula ‘superstaminale’, primo passo verso l’obiettivo di ottenere un’autorigenerazione dell’organo vitale, nel cuore esistono infatti, negli atri e all’apice, cellule staminali capaci di rigenerare quelle usurate. Autore della scoperta è stato Piero Anversa, ‘cervello’ emigrato negli Usa da molti anni, ora all’università di Harvard, a Boston. Su questo fronte arriva oggi una ‘superscoperta’: è stata identificata in cellule embrionali in laboratorio la staminale primordiale, da cui si riproducono i tre tipi principali di cellule cardiache: le muscolari striate (funzione di pompa), le endoteliali (rivestimento interno dei vasi) e le muscolari lisce (ruolo di sostegno e continuità). Questa cellula originaria, presente in una certa fase della vita nel grembo materno è stato scoperta, prima in cellule di topo, poi in embrionali umane dall’équipe di Kenneth Chien del Massachusetts General Hospital di Boston grazie ad un proteina che soltanto lei possiede, detta islet 1 (la rivista Nature le ha dedicato la copertina). Un bellissimo risultato di ricerca di base, ma in pratica che cosa cambia? Per permettere l’identificazione nell’insieme delle altre cellule embrionali, queste cellule sono state manipolate con traccianti capaci di legarsi al loro Dna per renderle fluorescenti. Si tratta di cellule ‘ingegnerizzate’, alterate nel loro patrimonio genetico, in qualche modo artificiali. «In sostanza, inutilizzabili per eventuali ricerche sui malati commenta, lapidario, Philippe Menasché, il cardiochirurgo dell`ospedale Georges Pompidou di Parigi divenuto famoso nel 2000 per essere stato il primo a tentare su un uomo l’iniezione nel cuore di cellule staminali originate da un frammento di muscolo della coscia, strategia che si è dimostrata, però, infruttuosa - . E una bella scoperta di cui, non sappiamo che cosa fare. Almeno per ora». E’ scettico anche Eduardo Marbàn; direttore del Ce- dars-Sinai Heart institute di Los Angeles, autore di esperimenti in cui, dopo aver asportato un frammento di tessuto cardiaco, le cellule estratte vengono coltivate e reiniettate nel cuore del paziente. «Nel processo di sviluppo del tessuto cardiaco in laboratorio che noi stiamo sviluppando con attenzione, la proteina islet 1 non sembra giocare un ruolo importante» dice, scettico. Tutta invidia per una scoperta che può cambiare la geografia delle cure per l’infarto? Secondo Giulio Pompilio, responsabile della ricerca di terapia rigenerativa dell’istituto cardiologico Monzino di Milano, invece, si tratta di una scoperta è eccezionale. Ricerca/Le nuove regole Colesterolo ‘artificiale’ per ripulire le arterie: il futuro è già cominciato nei laboratori americani. I ricercatori della University of California a Los Angeles (Ucla) e della Northwestern University a Chicago hanno creato nanoparticelle, formate da un nucleo di oro e ricoperte da grassi e proteine, che funzionano proprio come il colesterolo Hdl, quello cosiddetto «buono»: sono capaci di captare i grassi presenti nelle placche aterosclerotiche delle arterie e di trasportarli nel fegato, dove vengono metabolizzati ed eliminati. Contrastare l'accumulo di grassi nella placca significa impedire che quest' ultima si ingrossi e finisca per ridurre a poco a poco il calibro delle arterie, impedendo il flusso di sangue. O, peggio ancora, dia origine a trombi che chiudono completamente il vaso provocando infarti e ictus. «Il cuore d' oro delle nanoparticelle - ha commentato Andre Nel della Ucla - non solo serve come scheletro cui agganciare le stesse molecole che sono presenti sulle Hdl naturali, ma può anche essere visualizzato con tecniche di imaging per seguirne il percorso nell' organismo». Per ora gli effetti si sono visti in provetta e negli animali da esperimento, ma secondo Gregory Lanza della Washington University a St. Louis, questo «turbo-colesterolo» potrebbe diventare parte integrante della terapia anti-aterosclerosi, insieme alla dieta e ai farmaci e rivoluzionare la cardiologia, qualora se ne sarà dimostrata la sicurezza. Sarà infatti indispensabile escludere eventuali effetti collaterali conseguenti ad accumulo di queste nanoparticelle (la loro dimensione si aggira fra 1 e 100 milionesimi di millimetro) nell' organismo. Torniamo adesso al presente e al significato del colesterolo come fattore di rischio cardiovascolare alla luce delle nuove ricerche presentate qui a Orlando al meeting annuale dell' American Heart Association, una delle più importanti associazioni di cardiologi americani. «L' Hdl - Il colesterolo ‘buono’ si costruisce in laboratorio spiega Alberto Margonato, cardiologo all' Ospedale San Raffaele di Milano - rimane, nella triade colesterolo totale-colesterolo Ldl (quello cattivo)-colesterolo Hdl, il più importante: aumentare di un milligrammo l' Hdl significa ridurre il rischio cardiovascolare del 3 per cento, ridurre l' Ldl di un milligrammo significa abbassarlo dell' uno per cento». Naturalmente il colesterolo non è l'unico fattore che predispone alle malattie cardiovascolari e va incastonato nel profilo di rischio globale che, di fattori, ne prende in considerazione nove: oltre al colesterolo, il fumo, l'ipertensione, il diabete, il sovrappeso, l'alcool, lo scarso consumo di frutta e verdura, l'assenza di attività fisica, fattori psico-sociali. Ma ritorniamo al colesterolo: quando ci si deve preoccupare di fronte a un esame del sangue? «Il colesterolo totale - continua Margonato - dovrebbe rimanere al di sotto di 185 (mg per millilitro) e le Ldl sotto i 160, se non ci sono altri fattori di rischio, altrimenti questi valori vanno ridotti ancora di più. Le Hdl, quanto più sono alte, tanto meglio è: comunque sempre sopra i 35 per gli uomini e i 40 per le donne». ! "#$# !%&''''#()*"*+",,---'.' / What’s On ATTUALITÀ Le nuove tecniche cardiochirurgiche Un cuore high tech Sonde che penetrano fino al muscolo per sostituire le valvole difettose. By pass effettuati con microincisioni sulla coscia. Interventi mini invasivi per rimettere in funzione il ciclo vascolare. Nella foto: Anche la più devastante delle chirurgie, oggi diventa soft Intervento di cardiochirurgia a cuore aperto Un intervento a cuore aperto. È il simbolo della medicina invasiva. Della chirurgia dura dalle conseguenze lunghe. Come lunghi sono l'anestesia prevista e il decorso postoperatorio. Tutti inevitabili controeffetti di interventi salvavita, quelli che hanno ridotto in maniera più che significativa la mortalità da malattie cardiovascolari: la sostituzione della valvola aortica e di quella mitrale, il by-pass. Tutti quegli interventi che permettono ai cardiochirurghi di riparare un cuore malconcio, spesso fino a farlo funzionare di nuovo, al meglio, per anni e anni. Interventi a cuore aperto, insomma. Che potrebbero presto essere solo un residuo della medicina hard del XX secolo, e lasciare spazio all'hi-tech pulito e rapido promesso dai chirurghi che progettano le sale del terzo millennio. Prendiamo, ad esempio, la classica sostituzione della valvola aortica del cuore: significa un intervento difficile, una degenza lunga, il rischio di pesanti complicazioni, anche mortali. Necessita di un fisico forte, ancorché provato dalla malattia cardiaca, e per questo per alcuni anziani non è indicato. A cambiare le carte in tavola è stato, nel 2002, il cardiologo francese Alain Cribier che ha aperto una nuova strada: portare la nuova valvola nel cuore grazie ad una lunga sonda che giunge fino al muscolo cardiaco salendo dall'arteria femorale; oppure, in alternativa, fare un piccolo taglietto sul torace, una piccola apertura sulla punta del cuore e da lì, all'interno del ventricolo sinistro, agire direttamente sulla valvola malata. L'intervento mini invasivo prevede di arrivare così fino al ventricolo sinistro, dilatare la valvola naturale e al suo interno immettere una protesi, costituita da una rete metallica rivestita all'interno da lembi di pericardio (il tessuto che avvolge il cuore) bovino. Si tratta di una vera e propria sostituzione perché all'interno della vavola malata si inserisce la nuova valvola funzionante. Tutta la procedura 16 LAB aprile 2010 IL MONDO DEL LABORATORIO viene controllata con l'ecografia transesofagea e i tradizionali raggi X. La tecnica limita i danni dell'intervento tradizionale, accorcia i tempi di recupero del paziente e gli assicura una buona qualità di vita. C'è solo un punto da non sottovalutare: non si conosce ancora la durata nel tempo di questo trattamento. Oggi, oltre 2 mila persone in Europa si sono sottoposte a questo intervento. E anche in Italia la pratica si è ormai diffusa in diversi centri. "Questa tecnica sta rivoluzionando la cardiochirurgia, perché evita il ricorso alla circolazione extracorporea (il sangue viene deviato in una macchina che fa le funzioni del cuore e del polmone)", spiega Paolo Biglioli, direttore scientifico dell'Istituto Cardiologico Monzino di Milano: "Noi abbiamo già fatto 114 interventi di questo tipo in persone anziane, con risultati soddisfacenti, anche perché disponiamo della cosiddetta ‘sala ibrida’, ovvero che può essere impiegata sia per interventi chirurgici tradizionali sia per trattamenti come l'angioplastica. Di solito sala operatoria e per emodinamica sono separate". Quindi la tecnica di Cribier funziona, però è molto costosa, e per questo motivo, almeno in Italia, viene riservata ai casi per i quali la tecnica tradizionale non è possibile, per esempio, per gli anziani che non potrebbero essere trattati chirurgicamente con l'intervento tradizionale. "Le linee-guida regionali della Lombardia prevedono l'indicazione per questo approccio mini invasivo solo per i pazienti che hanno un rischio di mortalità del 20 per cento o superiore con la tradizionale operazione", afferma Biglioli. Se per la valvola aortica questo intervento è ormai realtà, una nuova rivoluzione mini invasiva si annuncia per la sostituzione della valvola mitrale, quella che collega l'atrio sinistro con il ventricolo sottostante: un altro intervento di cardiochirurgia molto diffuso e salvavita. Secondo quanto emerso al recente Congresso della Società Italiana di Cardiologia Invasiva, sono già 36 i pazienti italiani ad altissimo rischio trattati con un metodo innovativo - lo stesso che ha curato il cuore di Elizabeth Taylor - che utilizza speciali 'microancore' che aderiscono alle pareti valvolari e vengono azionate per sostituire la mitrale. L'insufficienza della valvola mitrale riguarda complessivamente circa 300 mila italiani, soprattutto donne. Nel 10 per cento dei pazienti è necessario riparare la valvola per evitare che si sviluppi un’insufficienza cardiaca grave che, dopo un periodo di tempo più o meno lungo, porta alla morte. In questi malati la valvola mitrale ha i lembi troppo mobili e instabili. La nuova tecnica prevede l'uso di microclip che fissano le falde della valvola con una sorta di piccola ancora, riducendone la mobilità. Si fa inserendo un catetere nei vasi, poi una volta nel cuore si pratica un forellino fra atrio destro e sinistro e da qui si introduce questa sorta di graffetta multipla, che poi viene fatta passare attraverso la valvola mitrale per ancorarne i lembi. La procedura avviene con il cuore che batte normalmente e tutto si risolve in appena due giorni di ricovero, con una riduzione netta del periodo di recupero postoperatorio e un basso tasso di complicanze. La sostituzione della valvola mitralica un tempo era un'operazione lunga e cruenta, ed è un altro esempio di come molte procedure che una volta richiedevano l'intervento cardiochirurgico possano essere praticate oggi attraverso accessi vascolari, come avviene per le angioplastiche coronariche o l'impianto di protesi valvolari. Nella cardiochirurgia moderna la tradizionale apertura dello sterno non è più sempre necessaria. Basti pensare che la valvola mitrale si può sostituire con un'incisione sulla parete laterale del torace e gli aneurismi dell'aorta ascendente possono essere trattati con una piccola incisione anteriore. chemical resistant solution POLYFAN ASPIRATORI ANTICORROSIONE CERTIFICATI ATEX Ventilatori e Torrini centrifughi anticorrosione Professionali, realizzati in Polipropilene anti UV. Vasta gamma di modelli con portate da 100 a 50000 m3/h, pressioni da 10 a 250 mmH20. Installati dove si richiede resistenza agli agenti chimici, silenziosità e risparmio energetico. 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