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Adorno La vita, il pensiero e le opere di Theodor Wiesengrund Adorno, con brani antologici, aforismi e confronti con altri filosofi Copyright ABCtribe.com 1 Vita 1.1 Introduzione 1.2 Un approfondimento 1.3 La scuola di Francoforte e la teoria critica della società 1.3.1 Totalità e dialettica: categorie Copyright ABCtribe.com fondamentali della Scuola di Francoforte 1.3.2 Dalla Germania agli Stati Uniti 1.3.3 Adorno e la sua collaborazione con Horkheimer: la dialettica dell’Illuminismo 2 Pensiero 2.1 Introduzione al pensiero 2.2 La Poetica adorniana 2.3 Adorno e la tecnologia 2.4 La critica della società 2.5 Il musicologo Adorno 2.6 La nuova musica: una critica 2.7 Adorno: cultura di massa e industria musicale 2.8 Arte e mercato 2.9 Adorno e il Jazz 2.10 Metafisica e teologia in Adorno 3 Opere 3.1 Minima Moralia 3.2 L’illuminismo di Adorno e Horkheimer 3.3 Razionalità, emancipazione e dominio: la Dialettica dell'Illuminismo 3.4 La Dialettica dell’illuminismo: tra Marx e i totalitarismi 3.5 La dialettica dell’illuminismo: Nietzsche, Freud e Weber 3.6 La dialettica tra ragione e mito 3.7 Dialettica negativa 3.8 La Dialettica negativa a confronto 3.8.1 Il bisogno ontologico 3.8.2 Concetti e categorie 3.9 La Personalità autoritaria 3.9.1 Il metodo d’indagine 3.9.2 La teoria della personalità totale 3.9.3 Antisemitismo 3.9.4 Etnocentrismo 3.9.5 Le tendenze antidemocratiche 3.9.6 Conclusioni 4.4 Aspetto sociale e storia filosofica del brutto: Teoria estetica 4.5 Minima Moralia: Meditazioni sulla vita offesa 4.6 Per Marcel Proust in Minima Moralia: Meditazioni sulla vita offesa 4.7 Minima Moralia: Meditazioni della vita offesa 4.8 Pierino Porcospino in Minima Moralia: Meditazioni della vita offesa 4.9 Gli uomini disapprendono l’arte del dono in Minima moralia. Meditazioni sulla vita offesa 4.10 Su Walter Benjamin in Prismi 4.11 Filosofia della musica moderna 4.12 Teoria Estetica 4.13 Kierkegaard. Costruzione dell’estetico 4.14 Teoria estetica 4.15 Minima Moralia. Riflessioni sulla vita offesa 4.16 Teoria Estetica 4.17 Teoria Estetica 4.18 Teoria Estetica 4.19 Teoria Estetica 4.20 Teoria Estetica 4.21 Teoria Estetica 4.22 Teoria Estetica 4.23 Teoria Estetica 5 Aforismi 6 Filosofi correlati 6.1 Max Horkheimer e la natura delle trasformazioni del soggetto 6.2 Herbert Marcuse 4 Brani antologici 6.3 Adorno e Kant: tra dialettica e logica 4.1 Dialettica negativa: prima lettura della non contraddittorietà 4.2 Seconda lettura 6.4 Su Husserl e Heidegger 4.3 Cultura di massa e musica: 6.5 Stravinskij, Adorno e la legge della Filosofia della musica moderna dialettica Copyright ABCtribe.com 1 Vita 1.1 Introduzione Theodor Ludwig Wiesengrund Adorno (Francoforte sul Meno, 11 settembre 1903 – Visp, 6 agosto 1969) è stato un filosofo e sociologo tedesco. Esponente della Scuola di Francoforte, si distinse per una critica radicale alla società e al capitalismo avanzato. Oltre alle opere di stampo sociologico, nella sua opera sono presenti scritti inerenti alla morale e all'estetica, nonché studi critici sulla filosofia di Hegel, Husserl e Heidegger. Alla riflessione filosofica affiancò per tutta la sua esistenza un'imponente attività musicologica. Studente all'Università di Francoforte, l'amicizia personale con Max Horkheimer lo pone in contatto con l'Istituto di Ricerche Sociali di Francoforte sul Meno. L'avvento del nazismo lo costrinse all'esilio, prima ad Oxford e, successivamente, in America, in quelli che egli chiamava gli Statistici Uniti. Impegnato in progetti sociologici all'avanguardia come il Radio Research Project e soprattutto nell' indagine sulla Personalità autoritaria. Tornato in Germania nei primi anni cinquanta, le sue lezioni, pur difficilissime, all'Università di Francoforte registrarono una crescente partecipazione, mentre diventava un mito per mezza Europa il seminario svolto con Max Horkheimer su tematiche hegeliane. Direttore dell'Istituto per la ricerca sociale ebbe la ventura di dover far intervenire la polizia nei locali dell'Università perché la sgombrasse dall'occupazione di quegli studenti che, ridestati alla critica e alla rivolta anche dalle sue opere e dalle sue lezioni, intendevano «rivoluzionare» università e società. 1.2 Un approfondimento Theodor Wiesengrund Adorno è stato certamente uno dei personaggi più importanti del panorama filosofico del Novecento. Come già accennato, è stato un intellettuale poliedrico e attivo in numerosi campi di studio. Si è interessato nel corso della propria opera ad una molteplicità di temi e questioni differenti, lasciando una forte impronta non soltanto in ambito specificamente filosofico, ma anche in campo sociologico, critico-letterario e soprattutto musicologico: insieme alla filosofia infatti, la musica rappresentò sempre il principale interesse di Copyright ABCtribe.com Adorno, il quale seppe associare alla propria straordinaria cultura filosofica una solidissima preparazione tecnico-musicale, distinguendosi come uno dei principali conoscitori del Novecento musicale ed uno dei più influenti critici musicali del secolo. Nato a Francoforte sul Meno l’11 Settembre 1903, unico figlio di un commerciante ebraico (Oskar Wiesengrund) e della sua cattolica moglie (Maria Calvelli- Adorno, di origini corse e italiane), Adorno trascorse la propria infanzia in un ambiente familiare molto agiato ed equilibrato, manifestando sin dalla giovinezza una precoce e duratura passione per la musica (instillatagli probabilmente dalla madre, cantante di buon livello, e dalla zia, pianista professionista). Musicalmente ed intellettualmente precoce, Adorno fu così incoraggiato a sviluppare le proprie doti tanto in campo filosofico quanto in campo musicale; nel 1921 si diplomò presso il Kaiser Wilhelm Gymnasium di Francoforte e si iscrisse alla Johann Wolfgang Goethe Universität, laureandosi in filosofia soltanto tre anni dopo sotto la guida di Hans Cornelius, insegnante fortemente interessato a Husserl e al neo-kantismo, ai cui seminari sulla fenomenologia Adorno fece la conoscenza di un altro giovane studente, Max Horkheimer (destinato a divenire in breve tempo un fidato amico e un prezioso collaboratore).Poco prima della laurea, Adorno ebbe modo di assistere ad un’esecuzione di brani tratti dal Wozzeck che suscitò la sua ammirazione e lo spinse a contattare l’autore di quell’opera, Alban Berg, per entrare a far parte della cerchia dei suoi allievi.Giunto a Vienna al principio del 1925, il ventiduenne Adorno si trovò subito a contatto con le più feconde energie dell’espressionismo schönberghiano (che, proprio in quegli anni, passava dalla fase della libera atonalità a quella dodecafonica), corrente musicale che egli stimò più d’ogni altra e difese per tutta la vita attraverso un impressionante numero di scritti. Chiusa la parentesi viennese, nel 1927 Adorno fece ritorno a Francoforte per riprendere le proprie ricerche filosofiche, entrando in contatto con l’ Institut für Sozialforschung e soprattutto con una schiera di intellettuali (tra i quali Ernst Bloch, Bertold Brecht, Leo Lowenthal e Walter Benjamin) che in un certo senso lo introdussero al marxismo, interpretato da Adorno come strumento per la critica all’ideologia. La prima espressione esplicita di tale orientamento apparve in uno scritto del 1927, Il concetto dell’inconscio nella teoria trascendentale dello spirito (presentato come tesi per l’abilitazione all’insegnamento), nel quale il Copyright ABCtribe.com giovane studioso tentava di conciliare neokantismo, marxismo e psicoanalisi; lo scritto non ottenne però il risultato sperato, e per accedere all’insegnamento Adorno fu costretto a cambiare soggetto, indirizzandosi verso la filosofia kierkegaardiana. Lo scritto Kierkegaard. La costruzione dell’estetico (nel quale Adorno criticava il filosofo danese per aver indicato lo stadio estetico dell’esistenza come inferiore a quello etico e a quello religioso, misconoscendo così il vero valore della sfera estetica dell’esistenza), portato a termine nel 1930, fu accettato per la Habilitation di Adorno, e pubblicato nel 1933, in concomitanza con l’avvento del regime nazista. Dal momento in cui i nazisti salirono al potere, il futuro accademico e intellettuale di Adorno si fece sempre più incerto, e qualche anno dopo gli intellettuali dell’Istituto di Francoforte furono uno dei primi gruppi a lasciare la Germania per trasferirsi prima a Ginevra e quindi a New York. A differenza di colleghi come Horkheimer e Marcuse, Adorno rimase per lungo tempo in Europa, sperando ingenuamente che il regime nazista fosse solo un fenomeno passeggero; dopo un tentativo fallito di trasferirsi a Vienna, egli scelse allora un temporaneo esilio in Inghilterra, dove collaborò come advanced student al Merton College di Oxford. Qui Adorno redasse la prima stesura di importanti lavori destinati a essere pubblicati soltanto negli anni ’50, come la Metacritica della gnoseologia (nella quale il filosofo cercava di scoprire i fondamenti sociali della fenomenologia husserliana) e il Versuch über Wagner (nel quale si tentava un’originale analisi storico filosofico-sociale dell’opera wagneriana, interpretata alla luce del rapporto con la borghesia ottocentesca), mantenendo al contempo ben vivi i rapporti con gli amici dell’Institut, per la cui rivista (la «Zeitschrift für Sozialforschung») scrisse due importanti articoli nel 1936 e ’38, Sul jazz e Il carattere di feticcio in musica e il regresso dell’ascolto , a proseguimento del discorso avviato quattro anni prima con il saggio La situazione sociale della musica. Nonostante l’avversione di Adorno a troncare i legami con l’Europa e la sua ben nota diffidenza verso la cultura americana, una breve visita a New York nel Giugno 1937 su invito di Horkheimer e l’opportunità di proseguire il proprio lavoro di ricerca presso il Radio Research Project della Princeton University, convinsero il filosofo a trasferirsi negli Stati Uniti al principio del 1938. Giunto in America, Adorno dovette confrontarsi con un modello sociologico molto distante dal suo (la sociologia empirica su basi statistiche, che egli non cessò mai di criticare) che lo portò a scontrarsi frequentemente con i direttori del Radio Research Project, e con i meccanismi sociali della società di massa americana, la cui tendenza alla standardizzazione culturale lasciò il filosofo amareggiato e deluso. Gli anni dell’esilio americano segnarono però un infittirsi nella collaborazione con l’Institute for social researches di Horkheimer e, al tempo stesso, un allontanamento dalla concezione politica ottimistica di Walter Benjamin, con il quale Adorno aveva intrattenuto una fitta Copyright ABCtribe.com corrispondenza nel corso degli anni ’30. Le posizioni dei due autori tornarono a convergere soltanto alla fine di quel decennio, quando Benjamin, profondamente scosso dal patto stipulato da Stalin con Hitler, abbandonò la fiducia nel progresso storico tipica della tradizione marxista (di cui Benjamin era stato un attivista politico militante) e giunse ad affermare, prefigurando in un certo senso le tesi della Dialettica dell’illuminismo che «non vi è un documento di civiltà che non sia allo stesso tempo un documento di barbarie ». Dopo lo shock causato dal suicidio di Benjamin, Adorno raggiunse Horkheimer in California e lavorò insieme a quest’ultimo, tra il 1941 e il 1944, ad un’esposizione delle proprie tesi comuni: la collaborazione tra i due intellettuali avrebbe dato vita ad uno dei testi più significativi della filosofia novecentesca, la Dialektik der Aufklärung (Dialettica dell’illuminismo), pubblicata per la prima volta nel 1947 ma compresa appieno in tutto il suo straordinario potenziale critico solamente a partire dagli anni ’60. Base per tutta la successiva produzione horkheimeriana e adorniana, il concetto di “Aufklärung” (illuminismo) non indicava per i due autori semplicemente una corrente culturale del XVIII secolo, ma piuttosto la tendenza fondamentale di tutta la civiltà occidentale, caratterizzata dal progetto del dominio razionale sulla natura: l’intero divenire storico e culturale dell’Occidente, veniva infatti interpretato da Horkheimer e Adorno come un continuo, inesauribile e progressivo tendere alla «razionalizzazione integrale», la cui natura deleteria era perfettamente visibile nella crisi generale in atto proprio in quegli anni nel «mondo automatizzato». La tesi di fondo era quella secondo cui, per quanto la razionalità avesse cercato di emancipare l’uomo dal pensiero mitico e dalla barbarie, questi rimaneva sempre avvinto nel suo viluppo («il mito è già illuminismo, e l’illuminismo torna a rovesciarsi in mitologia» dichiaravano programmaticamente i due autori nelle prime pagine della propria opera), ricadendo fatalmente nell’orrore della barbarie proprio in coincidenza del massimo dispiegamento della razionalità. Intendendo cioè la «ragione strumentale» come strumento di dominio umano sulla natura, capace di rovesciarsi però nel controllo della stessa natura umana, Horkheimer e Adorno arrivavano ad interpretare il fascismo e lo sfacelo del mondo moderno «come il ritorno del represso passato mitico dell’uomo e come la vendetta della natura dominata, che impiegava molti degli strumenti elaborati dalla ragione strumentale al servizio di quel dominio. Il progresso finiva dunque col generare la propria antitesi, una barbarie tanto più brutale per l’uso che faceva della moderne tecniche di controllo». Di tale drammatica situazione, la Dialettica dell’illuminismo forniva un’interpretazione piuttosto complessa e variegata, mirando sia a ricostruire il cammino storico della razionalità occidentale che a evidenziare le brutture dell’Occidente contemporaneo, diviso tra le tendenze regressive dei regimi totalitari e l’impetuoso affermarsi di una società massificante fondata sull’esercizio del dominio sull’individuo. Proprio l’individuo singolo rappresentava, per Horkheimer e Adorno, una delle vittime Copyright ABCtribe.com principali della razionalizzazione imperante, il cui assoggettamento, oltre che da un punto di vista socio-economico e politico, veniva analizzato anche dal punto di vista della mercificazione della cultura, del pervertimento dell’arte in «intrattenimento» e amusement, della manipolazione del gusto e degli interessi col che si gettavano in pratica le basi per l’analisi adorniana della situazione musicale novecentesca. Nelle nazioni democratiche dell’universo capitalista pertanto, la dialettica dell’illuminismo aveva prodotto una disumanizzazione più sottile e indolore, forse meno brutale ma certo non meno incresciosa di quella perpetrata dai regimi totalitari; la ticket mentality delle vittime dell’industria culturale poteva in sostanza essere paragonata alla mentalità antisemita che aveva alimentato il fascismo, e nella mente di Adorno si andava affacciando l’idea di un «mondo automatizzato» universalmente diffuso, di una «società ad una dimensione» (per usare la felice espressione di Herbert Marcuse) totalmente permeata dall’ideologia e diffusa su scala mondiale, senza possibili alternative. Come si può vedere, intento della Dialettica dell’illuminismo (testo capitale destinato a rivestire un’influenza decisiva nello sviluppo della teoria critica della Scuola di Francoforte) non era soltanto quello di descrivere lo stato della società e della cultura, ma piuttosto quello di denunciare la natura disumana di tale situazione e di ammonire contro l’integrazione dell’individuo negli ingranaggi della «totalità sociale»: in questo senso, la sociologia dialettica dei francofortesi si proponeva di oltrepassare l’ideale weberiano di una sociologia intesa come descrizione avalutativa del fatto sociale, per farsi invece strumento della critica e portare avanti l’ideale utopico di una società emancipata, libera dall’alienazione. Come si vedrà in seguito, il medesimo impegno critico era alla base della «musicologia filosofica di Adorno» (secondo l’espressione coniata da Luigi Rognoni nel 1959) la quale, lungi dal proporsi come mera ricostruzione storico-sociologica delle vicende musicali, esprimeva al contrario l’incessante tendenza all’interpretazione filosofica e alla critica sociale dei fenomeni musicali, in quanto depositari per eccellenza dell’ideologia della propria epoca. In questo senso, la musicologia adorniana rappresentava davvero «una digressione alla Dialektik der Aufklärung» (come ebbe a dire lo stesso Adorno nelle prime pagine della Philosophie der neuen Musik ), come un’applicazione cioè dello schema interpretativo ABCtribe.com ideato negli anni ’40 in collaborazione con Max Horkheimer in relazione ad un segmento particolare della realtà socio-culturale, la musica per l’appunto.In realtà la musicologia di Adorno, in virtù della sua pregnanza teorica e della sua coerenza interna, godette sempre, in un certo senso, di una spiccata autonomia, ponendosi sia come semplice diramazione della Dialettica dell’illuminismo , sia come pensiero a se stante, indipendente dal resto dell’opera del filosofo. Ciò significa che non è possibile esaminare il cammino filosofico percorso da Adorno senza tenere conto della sua ampia riflessione critico-musicale, ma allo stesso tempo che si comprenderà davvero la filosofia della nuova musica soltanto tenendo presente lo sfondo filosofico sulla quale essa venne a stagliarsi. Per questo, prima di esaminare la musicologia filosofica di Adorno e di spiegare le ragioni della sua importanza per la musicologia italiana del secondo dopoguerra, vorremmo proseguire nel nostro ritratto biografico e filosofico del francofortese, illustrando gli sviluppi del suo pensiero posteriori la Dialettica dell’illuminismo. Parallelamente al lavoro a quattro mani con Horkheimer, in quegli stessi anni Adorno portò avanti altre ricerche, diverse per impostazione e argomento, ma tutte contraddistinte da quell’«ideale critico» che rappresentò certamente il nocciolo della proposta culturale portata avanti dalla Scuola di Francoforte. Tra queste ricerche, vanno certamente menzionati gli studi sull’antisemitismo compiuti per l’American Jewish Committee, l’importante collaborazione con Thomas Mann, e la stesura di ben tre opere, Minima moralia, Composing for the films e Philosophie der neuen Musik . Per quanto riguarda l’American Jewish Committee, va ricordato che nel 1944 la direzione del Dipartimento per la Ricerca Scientifica fu assunta da Max Horkheimer, sotto la cui guida il Dipartimento diede inizio alla pubblicazione di una serie in più volumi di Studi sul pregiudizio (Studies in Prejudice), il cui risultato più significativo fu l’imponente analisi de La personalità autoritaria (una ricerca per scoprire le celate inclinazioni verso l’autoritarismo della popolazione americana), alla quale Adorno prese parte come uno dei principali collaboratori. In realtà, Adorno funse prevalentemente da supervisore della ricerca, lasciando la maggior parte dell’effettiva verifica empirica ai suoi collaboratori; il progetto comunque andò ben oltre la mera raccolta di dati ed informazioni statistiche, anche grazie all’intenso utilizzo di categorie psicoanalitiche (in gran parte mutuate dagli studi di un ex-collaboratore dell’Istituto francofortese, lo psicologo Erich Fromm) per l’interpretazione dei risultati, e alla chiara impronta marxista di alcune sezioni del progetto, che non mancarono di scatenare una vasta controversia. Di impronta nettamente diversa fu invece la collaborazione tra Adorno e Mann nel corso della stesura del Doktor Faustus, uno dei Copyright ABCtribe.com massimi capolavori della tarda produzione manniana. Incentrata sulla figura del giovane e geniale compositore Adrian Leverkühn, l’opera doveva fornire nelle intenzioni di Mann una descrizione della delicata situazione dell’arte nel XX secolo, e al contempo un grande affresco della decadenza dell’intera civiltà europea: nel corso del proprio lavoro, Mann avvertì però il bisogno di un aiuto esterno, di qualcuno «molto esperto in musica» che lo guidasse nella trattazione degli aspetti più intimamente legati alla creazione musicale. Incontrato Adorno a Los Angeles nel 1941 e letto il manoscritto del saggio su Schönberg e il progresso (che qualche anno più tardi avrebbe costituito la prima sezione della Philosophie der neuen Musik ), Mann capì che il filosofo tedesco era la persona che poteva aiutarlo. Negli stessi anni infine, Adorno portò avanti anche un’altra collaborazione, forse meno prestigiosa di quella con Mann ma non per questo meno rilevante, questa volta con il compositore tedesco Hans Eisler, anch’egli esule negli Stati Uniti. Amici sin dal 1925 in virtù della comune appartenenza alla cerchia dei seguaci della scuola schönberghiana, Adorno e Eisler si erano in seguito allontanati per via delle divergenti vedute sia in sede politica che in sede propriamente musicale. Nel comune esilio, i due riuscirono comunque a mettere da parte i contrasti e a collaborare ad uno studio sulla musica per film, intitolato appunto Composing for the films (Komposition für den Film nell’edizione tedesca) e pubblicato nel 1947 a nome del solo Eisler: preoccupato dalla militanza marxista di Eisler, Adorno preferì infatti eliminare il proprio nome dal frontespizio, vedendo riconosciuto il proprio ruolo soltanto nel 1969, in occasione della pubblicazione del libro nella Germania Occidentale. Se le ricerche negli Studi sul pregiudizio e le collaborazioni con Mann e Eisler furono in un certo senso degli episodi collaterali, le amare meditazioni dei Minima moralia e le riflessioni critico-musicali della Philosophie der neuen Musik rappresentarono invece due originalissimi sviluppi della prospettiva aperta in quegli stessi anni dalla Dialektik der Aufklärung. Nei Minima moralia. Riflessioni di una vita offesa, serie di 153 aforismi elaborati nel corso degli anni ’40 e pubblicati nel 1951, il filosofo univa all’espressione dei propri dilemmi per il prolungato esilio americano l’esposizione di una serie di nuclei teorici brillantemente formulati, e anzi esaltati dalla forma aforistica prescelta. L’opera era interamente attraversata da un cupo pessimismo, il quale dimostrava l’allontanamento di Adorno dal marxismo hegeliano del primo Horkheimer («il tutto è falso» era forse la più celebre asserzione contenuta nel volume) e il timore di una definitiva perdita, da parte del soggetto, della capacità di intervenire criticamente sul mondo; tale pessimismo d’altra parte, non era limitato alla sola sfera teoretica o alla prassi, ma coinvolgeva direttamente anche la sfera estetica, e portava il filosofo a dubitare delle possibilità di sopravvivenza dell’arte in un mondo ormai interamente ideologizzato (celebre era l’affermazione adorniana secondo cui dopo Auschwitz non era più possibile scrivere poesie, ovvero creare artisticamente). Un simile «negativismo» era riscontrabile anche nell’altro libro portato a termine nel corso dell’esilio americano, quella Copyright ABCtribe.com