Testo della rappresentazione - Liceo Classico Lorenzo Costa

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Testo della rappresentazione - Liceo Classico Lorenzo Costa
MARCINELLE 1956:
una tragedia italiana in Belgio
Per non dimenticare ii lavoro itaiiano all’estero
Spettacolo teatrale con gli Studenti del
Liceo Classico Lorenzo Costa della Spezia
A quanti lasciarono il paese
Pieni di speranza e dignità
Le strade del mondo percorsero
Riscattando miseria
Col sacrificio operoso
E a sera il cuore
Colmo di nostalgia
Paolo Galantini
Testi estratti dal libro di Paolo Di Stefano “La catastròfa”, ed. Sellerio
I ragazzi entrano sulla musica del Dies Irae di Mozart e si dividono in tre gruppi
II gruppo a destra del palco è in piedi e rimane leggermente in ombra, dando le spalle al
pubblico. Solo uno di loro è seduto su uno scranno, rivolto al pubblico, avanti in piena luce.
I ragazzi a turno vengono avanti solo al momento della loro lettura, restando comunque a destra
del palco, dove sarà presente un microfono. Riporteranno le fonti storiche e le testimonianze
processuali.
II gruppo a sinistra, leggerà le testimonianze dei sopravvissuti. I ragazzi sono seduti per terra, in
maniera disordinata, alcuni sdraiati, altri a capo chino, appoggiati schiena a schiena. Pur
essendo a sinistra sono sfalsati rispetto ai musicisti e arrivano fino al centro del palco, ma
arretrati. Devono dare l ’impressione di essere un tutt’uno, esprimendo dolore, disperazione,
attesa. Possono essere presenti alcuni elementi scenici di riferimento (una lanterna, un casco, una
vecchia valigia...). Si alzeranno al loro turno di lettura, venendo al centro e avanti, dove saranno
presenti tre microfoni.
Il gruppo dei musicisti si posiziona a sinistra del palco, in posizione avanzata
Sul fondo scorrono le diapositive su un telone
Musica dal vivo
Un ragazzo viene al centro, legge al microfono poi raggiungerà la posizione sullo scranno
In Italia, dopo la guerra, le risorse di carbone erano agli sgoccioli. La produzione italiana era
azzerata, a fronte di molta manodopera bisognosa di lavoro.
Il 15 marzo 1946 il Governo Italiano firma un accordo con Bruxelles per definire “Le condizioni
relative all’invio di manodopera in Belgio e alle forniture di carbone”, impegnandosi a inviare nei
bacini petroliferi belgi duemila minatori alla settimana in cambio di carbone in quantità
proporzionale alla produzione raggiunta.
Non viene richiesta nessuna garanzia di sicurezza.
Dal 1946 al 1963 nelle miniere belghe muoiono 867 italiani, 136 nella sola tragedia di Marcinelle
Musica dal vivo
PROLOGO
(tre ragazzi si presentano al centro, avanzano uno alla volta verso il microfono)
Prima voce
L’otto agosto 1956 non pioveva a Marcinelle, anzi... era una delle più limpide giornate di sole mandate
da Dio sul distretto minerario di Charleroi. Ma verso le otto del mattino l’azzurro del cielo fu oscurato
da nuvole di fumo denso, provenienti dalla miniera di carbon fossile Bois de Cazier. Le donne, tenendo
per mano i bambini ancora assonnati lasciarono le baracche per precipitarsi al cancello della miniera,
con l’angoscia nel cuore.
Seconda Voce
A 975 metri di profondità, due vagonetti male inseriti nell’ascensore avevano divelto le condutture
dell’olio, i tubi dell’aria compressa e i cavi dell’alta tensione, scatenando il fuoco e intrappolando
nell’incendio e nell’esplosione del grisou 274 minatori. Pochissimi riuscirono a salvarsi nelle prime
ore. Dopo due settimane di febbrili soccorsi e di flebili speranze, il 23 agosto giunse la verità: nella
tragedia erano morti 262 minatori, di dodici diverse nazionalità. Tra di loro vi erano tre bambini di 14
anni.
Terza voce
Più della metà dei minatori morti provenivano dalle regioni italiane più povere.
Sul luogo della tragedia sfilarono mesti e corrucciati Ambasciatori, Vescovi, Arcivescovi e perfino
l’elegante Re Baldovino... ma nessuno vedrà mai né il Capo dello Stato Italiano né il suo Presidente del
Consiglio.
A portare il suo omaggio alle famiglie dei morti giunse solo il Patriarca di Venezia, Cardinale Giovanni
Battista Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII.
(vanno ai posti assegnati, a seconda delle parti successive)
Musica dal vivo TESTIMONIANZE (sinistra del palco)
Mio papà è arrivato in Belgio nel 1952 da solo. Quando l’abbiamo raggiunto, dopo un lungo viaggio in
treno, con la mamma, mia sorella e mio fratello, lui è venuto a prenderci con le cioccolate in mano. Io
andavo a scuola alla quinta elementare, abitavamo in una baracca di legno senza acqua corrente. Papà
lavorava otto, nove ore al giorno perché doveva fare 13 metri di carbone a turno. Il suo compagno era
un ragazzo di 16 anni. Papà era sempre allegro, ballava con noi la musica italiana, ci raccontava le
storie del suo paese e il sabato andava a giocare a carte con gli amici. Quella mattina io e mia sorella
siamo andate al grillage della miniera perché abbiamo visto il fumo nero e tantissima gente che urlava.
Ci hanno rimandate a casa da maman, lei è corsa subito alla miniera. Solo dopo tre giorni abbiamo
capito che papà non tornava più.
(destra del palco)
Nella zona mineraria di Bois du Cazier le strutture interne erano in legno: materiale inadatto perché
infiammabile. Il pozzo n. 1 di Marcinelle, in funzione dal 1930 aveva una via di entrata e una di uscita
ed era servito da due ascensori azionati da due ruote. Lo scoppio avvenne intorno alle 08:30, a causa di
un malinteso tra gli addetti a sospingere i carrelli e i manovratori in superfìcie. L'addetto ai carrelli
infatti comunicò un comando errato, forse dovuto alla sua scarsa conoscenza del francese. L'ascensore
nel risalire urtò una trave metallica danneggiando una tubatura carica di olio e i cavi elettrici di una
ventola. Le scintille causate dall'attrito infiammarono la miscela, provocando un incendio, alimentato
dalla corrente di ricircolo dell'aria e dalle strutture in legno delle gallerie
(sinistra del palco)
Eravamo 50.000 in tutto il Belgio. Ogni mille operai ricevuti il Belgio regalava all’Italia da 2.500 a
5.000 tonnellate di carbone.
Non so se mi spiego... se viene uno a dire che noi del Sud siamo parassiti, sappia che dopo la guerra
abbiamo messo in piedi l’Italia!
Al paese non ci sono tornato, non c’era la possibilità di vivere, in Belgio anche se morivi nella miniera
qualcuno pagava la vedova e gli orfani. Il popolo belga contro gli italiani sentiva attrito, dicevano che
gli rubavamo il pane e le donne, ma in Italia cosa ci andavo a fare?
(destra del palco)
L'Italia era uscita distrutta dalla guerra. E l’emigrazione era un modo per esportare i poveri. “Imparate
le lingue e andate all'estero” diceva De Gasperi quando gli veniva prospettato il problema della
disoccupazione.
L’accordo firmato dal Primo Ministro Belga e da De Gasperi (con il benestare di Togliatti e Nenni),
prevedeva l'acquisto di carbone a fronte dell'impegno italiano di mandare uomini da utilizzare nel
lavoro di miniera. Nell'accordo erano previsti un corso di formazione e la garanzia di un alloggio.
Furono affissi ovunque manifesti che informavano della possibilità di questo lavoro, senza specificarne
i rischi e le mansioni effettive.
Nell’arco di 10 anni arrivarono in Belgio 140mila uomini, 17mila donne e 29mila bambini. Alloggiati
in strutture fatiscenti e trattati come bestie, i minatori venivano avviati ad un lavoro pericolosissimo, in
cunicoli alti 50 cm, spesso senza alcuna preparazione.
Musica dal vivo
(sinistra del palco)
Sono arrivato in Belgio a 18 anni nel 1954. Il 5 agosto sono andato al mio paese per sposarmi, il 10
sono tornato e i miei amici non c’erano più. Nella miniera si lavorava in condizioni insopportabili
anche per gli animali.
Andavamo a morire per un pezzo di pane... il governo italiano veniva pagato con tot chili di carbone al
giorno per ogni minatore che mandava in Belgio e noi non siamo mai stati ringraziati da nessuno, anzi
quando tornavi in Italia e portavi la cioccolata e le sigarette ti facevano pagare la multa alla dogana
(destra del palco)
I minatori confluivano a Milano.
Fatta la visita medica raggiungevano il Belgio dopo tre giorni e tre notti di viaggio in treno. All’arrivo
venivano disinfettati uno per uno.
Gli alloggi assegnati erano le baracche dei lager che i tedeschi avevano utilizzato per i prigionieri
sovietici. Gli operai italiani, all’inizio malvisti dalla popolazione belga, venivano chiamati “fascisti” e
“maccaroni”.
II contratto prevedeva cinque anni di miniera, con l'obbligo di farne almeno uno: chiunque avesse
chiuso il contratto prima sarebbe stato arrestato e condotto nel carcere Petit-Chateau.
(sinistra del palco)
Come minatore anziano ho lavorato 25 anni.
Da Milano partivano ogni mese mille persone che venivano dal Sud e dal Nord.
Siamo partiti per fare una vita migliore perché non avevamo un futuro, al paese c’erano dei manifesti e
così ho saputo. Ci hanno fatto la visita medica e qualcuno non l’hanno preso.
Non ci chiamavano di nome ma di numero. Io ero il 709.
Io fo’ sempre il massimo per tenere viva la memoria di Marcinelle.
Non dimentico le facce dei miei compagni che sono morti laggiù, e mi ricordo anche del bambino di 14
anni restato morto lì dentro con il padre e il fratello.
(destra del palco)
Nei primi tempi si faceva il lavoro del manovale, come addetti a tutte le operazioni necessarie per il
trasporto del carbone estratto alle varie profondità nella miniera alla superfice. Acquisita una certa
esperienza si poteva passare al mestiere di minatore, cioè la vera estrazione del carbone, che
comportava una serie di rischi di cui si era venuti man mano a conoscenza; ovviamente cambiava
anche la paga che normalmente veniva anche aumentata in base al carbone estratto come “lavoro a
cottimo”.
Musica dal vivo
(sinistra del palco)
Mio nonno, Otello Bugliani giunge a Marcinelle nell’estate del 1948 e il 26 agosto comincia la sua
attività di “abbatteur” al Bois du Cazier. Dopo aver seguito la solita trafila per l’alloggiamento
(cantine, baracche) nel 1951 riesce a procurarsi una stanza con uso di cucina, in una vecchia casa
vicino alla miniera. Così la moglie e la figlia possono finalmente raggiungerlo e la famiglia può
riunirsi.
Nel 1953, alla scadenza del contratto quinquennale puntualmente onorato Otello cerca in tutti i modi di
tornare in Italia, ma invano perché non trova alcuna offerta di lavoro, malgrado anche i parenti
avessero cercato di aiutarlo nella ricerca. Così, per disperazione, per bisogno, come tanti altri, non ebbe
alternative e firmò un secondo contratto quinquennale, purtroppo l’ultimo perché la morte lo avrebbe
colto nel drammatico incidente dell’8 agosto 1956.
Musica dal vivo PROCESSO
(quattro ragazzi escono dall \ombra e si presentano davanti al giudice, la scena si sposta verso il
centro)
Giudice
Monsieur Calicis, lei è il direttore dei lavori. Ha mai sospettato che la vicinanza tra l’olio e l’elettricità
costituisse un pericolo?
M. Calicis
Non pensavo che l’olio libero potesse essere un pericolo
Giudice
M. Jacquemyns, lei è l’ingegnere capo che ha deciso la zona del pozzo cui agganciare il cavo elettrico.
Non ha fatto caso che i cavi erano vicino alle tubature dell’olio?
M. Jacquemyns
Mai pensato che potesse essere un pericolo
Giudice
Non sapeva che l’olio brucia?
M. Jacquemyns
Mai saputo. All’università nessuno ha mai fatto studi o tesi sull’infiammabilità dell’olio
Giudice
M. Dacos, in qualità di perito giudiziario può dirci se l’olio è infiammabile?
M. Dacos
In Grecia le lampade a olio bruciano da quattromila anni. E comunque, se ci fossero stati degli estintori
e del personale addestrato a farli funzionare, la tragedia poteva essere evitata. La sicurezza nella
miniera era deficitaria e non vi erano dispositivi di soccorso
Giudice
Signor Di Biase lei ha denunciato alla polizia giudiziaria che qualcosa di simile era già avvenuto in
passato...
Giuseppe di Biase
Sì, ricordo che un incidente simile, esattamente allo stesso piano, era avvenuto nel 1952, provocando
un’esplosione ma non un incendio. All’epoca non c’erano cavi elettrici nelle vicinanze. Questo
incidente non era stato segnalato alla direzione della miniera, ma Monsieur Calicis ha detto che è una
falsità ’
Commento Finale (centro del palco)
Il Io ottobre del 1959 il tribunale di Charleroi emette un verdetto di assoluzione per gli amministratori
e i direttori della miniera, non ritenendo NESSUNO responsabile della tragedia. L'anno dopo, a seguito
di una forte reazione della stampa italiana, viene condannato in appello a sei mesi di carcere l’ingegnere
Adolphe Calicis, direttore dei lavori.
Le richieste di danni civili sono state stimate non ricevibili perché i funzionari delle miniere sono state
assolti. La legge sugli infortuni non permette la costituzione di parte civile contro la miniera, salvo per
gli abiti perduti nella catastrofe.
La vicenda viene definitivamente chiusa
Musica dal vivo
8 agosto
Giornata nazionale del
sacrificio del lavoro
italiano
nel mondo
Dall’incontro del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi con la Comunità Italiana, le
Vedove e gli Orfani di Marcinelle
Marcinelle - Bois de Cazier 17/10/2002
Erano state la povertà, la disoccupazione, la disperazione e insieme la speranza di assicurare alle
famiglie condizioni di vita migliori, a spingere gli uomini ad affrontare i rischi del lavoro in miniera. Ci
sentimmo tutti responsabili.
Al sacrificio di quei minatori non si poteva non dare una risposta.
Per la prima volta ad una tragedia europea fu data una risposta europea. La ricostruzione delle cause
indussero la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio a convocare una conferenza le cui
conclusioni modificarono e migliorarono radicalmente le condizioni di lavoro in tutte le miniere
dell’Europa comunitaria e la sicurezza dei minatori
Quella era un’altra Europa, un altro Belgio, un’altra Italia. Stavamo tutti vivendo gli anni durissimi
della ricostruzione, un compito immane, dopo la catastrofe della guerra.
Sia reso onore a Coloro che affrontarono questo compito con la forza delle loro braccia, con il loro
ingegno, con il coraggio dei loro animi
Otello Bugliani - Medaglia d’oro al merito civile con la seguente motivazione
“Lavoratore emigrato in Belgio, in seguito al tragico incendio verificatosi nella miniera di carbone di
Marcinelle, rimaneva bloccato insieme ad altri 135 connazionali, in un pozzo a più di mille metri di
profondità sacrificando la vita ai più nobili ideali di riscatto sociale. Luminosa testimonianza del lavoro
e del sacrificio degli italiani all’estero, meritevole del ricordo e dell’unanime riconoscenza della
nazione tutta”
31 marzo 2005
Voci recitanti
Guido Dazzini
Francesco Del Santo
Lucilla Fregoso
Clara Marmori
Ginevra Melley
Giulio Melley
Lavinia Melley
M. Cristina Minissale
Alexia Pellegrinetti
Edoardo Saulino
Irene Tonelli
Alice Vanni
Accompagnamento musicale
Ignazio Alayza - viola
Maria Cozzani - violino
Martina Calvano - viola
Pietro Del Santo - flauto
Gledis Gjuzi - pianoforte
Benedetta Matteoni - violino
Nicole Nolano – flauto
Coordinamento artistico
Prof.ssa Cinzia Forma
Gruppo Teatrale
Prof. Diego Marchini
Gruppo Musicale
Regia
Elisa Romano
La Valiza de cartun (F. Forlani)
L’est Ke la historia rimossa
L’est refoulè de memoria
Etperturbancia skuessa
L’est Rok et ses frères
Et los ladruns de bicyclette
Car qui
“Sao ko kelle terre,
Per kelle fini que ki kontene,
trent’anni le possette
parte sancti benedicti”.
Et fiat
C’est le vaguns
Et puis historia
De la depurtatiun de massa
Du pais Et village
Et solo li homini masculi
Et le fimine immacule
De la basilicata Et campanie
Des poullies et des abruz
Culla sicula gente
Et los sardos
Vejos Et juvens
A parler le dialecte Et
A lù stà sitte
Para milliers
Et centumil
Millions
De povri kristi
Cum chareta
“Sao ko kelle terre,
Per kelle fini que ki kontene,
trent’anni le possette
parte sancti benedicti”.
Et fiat
L’est plantèe la valisa
Et nigra Et l’oxigene
Au milieu de lu secret de historia
De familia
Et alors Ke generosa Gracia et
El Viento
De la muntagne
Et Sila ou dei Gran sass
Et d’Aspru monte
Et d’aspera tera
El foco
Du vulcan qui tenet l’isla
Ou l’otro en face
Vesuve Et ses curasses
El Agua
Transparent
De ciumme Et puis riviera
D’otra riva
Comme une Saitta
Du Tirren
A l’Adriat
De Tera
Promissa
Cum carissa
Et a l’amerique et tique et tique
Et l’Austral du kangour
De la belga miniera
Et franza
Puisse smursar la prise
Et lu cartun sfunnà
Comme une brise
Ke
“Sao ko kelle terre,
Per kelle fini que ki kontene,
trent’anni le possette
parte sancti benedicti”.
Et fiat
Et puis
Lu pani si chiama pani
Ke la valisa c’est baignoire
Cum le basilik
Persil
Et no
Tze tze
Vaie
Ke l’est temps
De scartunar lo tiemp passè
Facite ammuina
Iettate è mmane
Cum los Albanais
Cum los Marocains
Les Pulaks
Le Sud Et l’Amerique
Et tique et tique
Arape à voce
Et puis facite faccia feroce
Ke l’ipertusa Et for a
Sene De l’aria furestera
Et limpia
Et puis De source legera
Comme le vent du sud
Et de l’est
Comme
Nu nord
Un west.