l`intervista - Spazio Meme

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l`intervista - Spazio Meme
“Ragionando con Alessia Cocca”
di Pergreffi Francesca
“Paths that cross
Will cross again
Paths that cross
Will cross again”
Patty Smith
Francesca Pergreffi: Alessia, se ricordo bene, all’inizio di tutto, tu mi inviasti, come ad altri,
un tabulato con inserite differenti tipologie di sentimento: rabbia, invidia, gelosia, meraviglia...
ad ognuna dovevamo associare una pianta, un oggetto, un animale e un’azione. Vorrei
sapere quali sono l’urgenza e l’analisi che ti hanno portato a concepire il progetto “Enchiridio
dei sentimenti”, che tu stessa hai definito “Una raccolta visiva di stati d'animo, costanti o
passeggeri - un manuale che raccoglie una rappresentazione comune del nostro sentire".
Alessia Cocca: Il primo sentimento è stato la rabbia. Tutte le persone intorno a me erano
arrabbiate per motivi diversi, ma in maniera molto simile. Ho cercato di dare una forma a
quello stato affettivo, di non nasconderlo o soffocarlo. Poi i sentimenti sono cambiati, come è
normale che accada, ed anche il progetto si è evoluto. Tutti sentiamo, ma quale é la forma
comune di questo sentire?
Ho pensato ad un semplice test, un gioco psicologico, per registrare dei simboli inconsci
comuni a tutti.
I nostri sentimenti fanno un percorso, nascono, si sviluppano, maturano. E' interessante
avere una memoria visiva di quello che abbiamo provato, conservare oggetti e ricordi che
credevamo di aver messo da parte.
F.P. : Senti che la tua ricerca sull’esistenza di elementi simbolici comuni che ci permettono di
riconoscere un sentimento, sia terminata o è allo stato germinale?
Intendi continuarla? Se si, sempre con le stesse modalità tecniche o cambierai i mezzi di
rappresentazione e le forme di catalogazione?
A.C. : Credo che la ricerca sia solo allo stato germinale, in evoluzione. Probabilmente le
modalità tecniche non cambieranno… non lo garantisco… ma ci saranno nuove
catalogazioni.
F. P. : Le stampe fotografiche su tela che compongono la serie “Enchiridio dei sentimenti”, mi
sembrano dei trionfi dell’artificio. Penso che esse siano dei tableaux vivants in cui regnano: il
travestimento, il gioco, l’allegoria, il ritocco, il surreale e un tocco di sano Kitsch. Tutto,
sapientemente costruito e orchestrato, per sottolineare l’ironia della finzione
e l’irreale. Questo comporta un’oscillazione del confine tra pittura e fotografia.
La fotografia ha dentro di se i concetti di automatismo e meccanicità, tu invece ti allontani da
essi, li nascondi e li trascuri per privilegiare i valori formali dell’ immagine.
Con l’aiuto delle nuove tecniche contemporanee, alla luce del sole, costruisci, ritocchi,
collochi, esalti e sottolinei, in poche parole recuperi e evidenzi le componenti formali
tipicamente pittoriche. I tuoi lavori, già dalla scelta del supporto – tela - si inseriscono in un
possibile ritorno del pittorialismo fotografico, che nasce con Oscar Gustave Rejlander a metà
dell’ ottocento. Sbaglio? Trovi pertinente la mia analisi?
A.C. : Analisi pertinente. I lavori sono molto vicini all'idea di finzione, artificio. Ci sono
moltissime influenze: le costruzioni compositive delle pitture settecentesche, il pittorialismo
fotografico, i ritratti degli antichi studi fotografici, le tavole anatomiche, le dottrine
lombrosiane, la teoria degli umori, la fisiognomica, i tarocchi, le favole noir della tradizione
tedesca, l'estetica preraffaellita, e soprattutto i tableaux vivants.
I miei lavori sono sempre volutamente pittorici. Credo che l'idea del ritocco fotografico sia
molto vicina al concetto di pennellata. Inoltre la scelta della tela mi ha permesso di poter
aggiungere piccoli ritocchi di colore per dare più forza alle immagini.
F.P. : Credi che esista un punto d’incontro tra i due media – pittura e fotografia? E dove si
trova?
A.C. : C'è sicuramente un punto d'incontro, perché c'è libertà tecnica ed espressiva. Delle
volte è così difficile ed ingiusto stabilire un confine tra i due media. Perché rimanere legati a
certi limiti imposti dall'abitudine o dagli estremisti del purismo tecnico?
F.P. : Mi affascinano i lavori di questa serie, sono marcatamente perturbanti.
I tuoi soggetti diventano delle nuove icone che vacillano tra il sacro e il profano.
Sacro perché riecheggiano le pose e la composizione dei trittici religiosi; profano poiché
hanno le atmosfere dei tarocchi e dei pulp movie. Mi spieghi da dove nasce e se è voluto
questo “ fastidio”?
A.C. : Il fastidio è involontariamente presente. Deriva dalla incapacità di gestione dei troppi
stimoli esterni ed interni. Non riuscire a mettere da parte il fascino per il passato ma non poter
evitare l'influenza del presente, dalla pubblicità ai fumetti fino all'idea di prodotto. In questi
lavori non ci sono elementi moderni, eppure i lavori risultano moderni, attraverso il colore o
l'estetica dei personaggi stessi. Ci sono elementi tradizionali e simboli antichi, come il
serpente o la natura, eppure i lavori non sono del tutto retrò. C'è la ricerca dell'antico,
attraverso tele volutamente rovinate, attraverso lacune e piccole imperfezioni.
Questi lavori non sono "schierati", racchiudono mille influenze, sono forti ma instabili, come i
nostri sentimenti, come la nostra realtà attuale.
F.P. : La colonna sonora di “Enchiridio dei sentimenti”?
A.C. : Le canzoni di Violeta Parra, per la chiarezza con la quale esprimono la ciclicità dei
sentimenti e per la dichiarata impossibilità di gestirli.
Febbraio 2015