Tetzlaff e la St. Louis Symphony nel segno di Robertson

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Tetzlaff e la St. Louis Symphony nel segno di Robertson
Tetzlaff e la St. Louis Symphony nel segno di Robertson
Lucerna (CH)– Charles Ives “The Unanswered Question” sette minuti intensi e
palpabili, nei quali l’eterna domanda sull’esistenza rilascia il non detto ma supposto, il
non pensato ma percepito, il non visibile ma vissuto sulla nostra pelle. Uno dei capolavori
della musica del Novecento con il quale la St. Louis Symphony diretta da David Robertson
ha aperto il concerto del 6 settembre scorso nella KKL Concert Hall di Lucerna nell’ambito
del Lucerne Festival Im sommer 2012…
Da Ives a Sibelius passando per Beethoven le dinamiche della mente, l’armonia
dei sentimenti
Lucerna (CH) – Charles Ives “The Unanswered Question” sette minuti intensi e
palpabili, nei quali l’eterna domanda sull’esistenza rilascia il non detto ma supposto, il
non pensato ma percepito, il non visibile ma vissuto sulla nostra pelle. Uno dei capolavori
della musica del Novecento con il quale la St. Louis Symphony diretta da David Robertson
ha aperto il concerto del 6 settembre scorso nella KKL Concert Hall di Lucerna
nell’ambito del Lucerne Festival Im sommer 2012.
L’esecuzione dipinge pulsioni vive ed efficaci coniugando potenza e morbidezza, tensione
drammatica e vitalità.
Gli archi suonano molto piano senza variare di dinamica. Essi rappresentano “Il silenzio
dei Druidi, i quali conoscono, guardano ed ascoltano il nulla”, un silenzio costante ed
immutabile mentre la tromba, quasi proveniente dall’altro capo dell’universo intona
“L’eterno quesito dell’esistenza umana”. L’interpretazione è pregnante d’atmosfera,
d’intimo raccoglimento, un sussurro che si eleva nell’aria quasi in cerca dell’Invisibile
risposta” perpetuata dai flauti, una ricerca diventa man mano più attiva, più veloce e più
forte, fino ad arrivare ad un animando e quindi ad un con fuoco cruciale che implode nel
quartetto dei flauti, i quali rappresentano le risposte umane, futili, ingenue, dissonanti. In
sala lentamente sale il pathos comunicativo di una musica che deborda il senso
dell’esistenza. I flauti insistenti cambiano continuamente di dinamica e in risposta gli
archi e la tromba restano immutabili, gelidi in un pianissimo che attraversa l’intera
composizione dal principio alla fine. Una domanda, o meglio la domanda che risuona nel
silenzio musicale di interpretazione lirica e lacerante il senso della ragione.
Si prosegue con il Concerto per violino e orchestra Op. 61 di Beethoven, solista Christian
Tetzlaff, passione, talento, poesia. Beethoven scrisse il Concerto per violino e orchestra
nel 1806, dedicandolo al suo amico dei tempi di Bonn, Stephan Breuning.
L’orchestra con suono pieno, solido e dolce introduce l’entrata del violino di Tetzlaff,
lirico e romantico, il suo tocco e sempre morbido ed il suono oserei dire setoso.
L’integrazione con l’Orchestra è perfetta, Tetzlaff riesce a far cantare il violino in modo
molto espressivo, un abbraccio epico raccolto dal direttore e dall’orchestra.
Durante l’assolo l’accompagnamento dei violoncelli e dei contrabbassi è avvolgente e
timbrico, e sono sempre i violoncelli ed i contrabbassi ad aprire, questa volta in modo
solenne il secondo movimento.
Dolcissimo e sensuale il suono del violino, sorretto mirabilmente dall’orchestra, mette in
luce un intenso sentimento. Nel terzo movimento il clima è più allegro, vivo, esuberante e
gioioso, qui prevale la tecnica ed un virtuosismo che non è mai fine a se stesso, è Musica
che silenziosamente ricade sul pubblico rapito dall’invisibile attrazione sprigionata
dall’interpretazione di Christian Tetzlaff.
La seconda parte del concerto è interamente dedicata alla Sinfonia n.1 op. 39, di Jean
Sibelius, eseguita per la prima volta il 26 aprile 1899 dall’Orchestra filarmonica di
Helsinki, diretta dallo stesso compositore.
La St. Louis Symphony compatta e tecnicamente perfetta esegue il primo movimento,
Andante ma non troppo, Allegro energico con piglio deciso. Dopo un lungo e discorsivo
solo del clarinetto su un rullo dei timpani un graduale crescendo invada la sala.
L’esecuzione è ferma, marcata, impetuosa, ricca di forza e porta ad una breve e vigorosa
coda.
Il gesto del direttore scioglie il tema malinconico e dolce dell’Andante (ma non troppo
lento) ne segue un’atmosfera tipicamente finlandese fin quando nella sezione centrale,
più drammatica, una tempesta timbrica incide l’intensità sonora per poi ricadere ancora
più malinconica nella profonda esecuzione orchestrale.
La direzione di Robertson imprime vigore e intima poesia e lo Scherzo (Allegro ma non
troppo) si apre luminoso e lirico con il pizzicato degli archi. Il tema ritmico emerge in
tutta la sua spigolosità da un’interpretazione secca e precisa. Una dirompenza che
caratterizza anche il Finale, dove il fortissimo degli archi esplode vigoroso per poi
compattarsi nitidamente nell’ampia melodia molto cantabile. Passi orchestrali che
portano alla ripresa e alla sua potente affermazione, uno scatenamento ritmico portato
con estrema precisione all’estremo.
Sorprendente interpretazione della St. Louis Symphony e del suo direttore David
Robertson: fredda precisione, essenziale espressività nella voce della Musica.
di Antonella Iozzo©Riproduzione Riservata
(12/09/2012)
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