RipresaLe imprese che ci credono Il Mezzogiorno guarda oltre la crisi

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RipresaLe imprese che ci credono Il Mezzogiorno guarda oltre la crisi
LUNEDÌ 5 MAGGIO 2014
CM
AGRICOLTURA & PRODOTTI
BORSA LAVORO
TECNOLOGIA & PASSIONI
Battaglia vinta: più arance
nelle aranciate italiane
Esultano gli agrumicoltori
La ricetta di Adecco
Ecco 5 «Way to work»
per i meridionali
La meccatronica avvicina
i siciliani agli sceicchi
degli Emirati arabi uniti
CACACE A PAGINA XIV
DELL’EDERA A PAGINA XIII
SCHIARITI A PAGINA XI
IL PUNTO
L’inchiesta Aprile ha riportato la fiducia (lo dice l’Istat): ecco cinque storie di chi vuole uscire dal tunnel
«No» a prescindere,
energia e le riforme
per evitare altre beffe
Ripresa Le imprese che ci credono
Il Mezzogiorno guarda oltre la crisi
DI MICHELANGELO BORRILLO
L
a beffa del via libera alla ricerca del petrolio in Adriatico da parte della Croazia (fino
alle Isole Pelagosa, più vicine al Capo del
Gargano di quanto non siano le italiane Isole
Tremiti) ha riportato in primo piano la questione dei «no» a prescindere agli impianti energetici e a tutto ciò che vi ruota intorno. L’Italia, su
pressione delle comunità locali, blocca
l’estrazione in Adriatico (ordine del giorno approvato in Senato lo scorso 3 aprile)? Ci pensano i croati, fin sotto casa nostra. Lo stesso ordine del giorno impone che i giacimenti a sud della Sicilia non vengano sfruttati? C’è da scommetterci che lo farà Malta. Del resto al largo della Puglia, 28 miglia a sud di Brindisi, ha operato
per 10 anni (dal 1998 al 2008) una piattaforma
dell’Eni; e sempre in Adriatico, anche attualmente, la Edison estrae petrolio con le piattaforme
al largo dell’Abruzzo. La stessa Edison, poi,
estrae al largo di Ragusa e l’Enimed al largo della Sicilia Sud occidentale. L’ipotesi di trivellare in
prossimità della faglia del Gargano crea preoccupazioni dal punto di vista sismico? E allora si
valutino questi rischi. Ma i «no» a prescindere
non si conciliano con le esigenze di un Paese
importatore netto al 92% di petrolio se i geologi stimano la possibilità di estrarre 700 milioni
di barili al largo delle coste meridionali. Altrimenti va a finire come con il gas: si sono contestati i rigassificatori (British Gas ha abbandonato Brindisi; Erg e Shell, Priolo; la crisi di Sorgenia
blocca l’impianto di Gioia Tauro; mille veti hanno fatto passare dieci anni dal primo progetto e
il rigassificatore Enel di Porto Empedocle ancora non c’è) e adesso ci si oppone anche ai gasdotti, come sta avvenendo per il Trans Adriatic
Pipeline (auspicato nientemeno che da Obama) che Melendugno, in Salento, non vuole ma
che Otranto (centro molto più rinomato dal punto vista turistico) accoglierebbe. Insomma, una
gran confusione. Tra le tante riforme annunciate dal governo, forse ce ne vorrebbe anche una
che spostasse verso Roma il potere decisionale
su energia e grandi opere. O continueremo a dire no ai termovalorizzatori per ritrovarci con i
rifiuti sotterrati che inquinano le falde.
@MicBorrillo
S
egnali di uscita dal tunnel della
crisi. È quanto evidenzia il dato
sulla fiducia dei consumatori in
aprile che ha raggiunto il livello più alto
dal 2010. Lo sottolinea l’Istat nel rapporto mensile sull’«indice del clima di fiducia». A livello territoriale il clima di fiducia aumenta in tutto il Paese e se è vero
che è più forte nel Nord-Ovest, dove sale a 106 da 105, è altrettanto vero che il
balzo maggiore si registra nel Mezzogiorno dove cresce da 99,7 a 105,6. Anche le imprese cominciano a guardare
con fiducia al futuro: ecco cinque esempi di chi guarda all’uscita dal tunnel.
Obiettivo Zona economica speciale
Porti La riscossa
dell’hub Gioia Tauro
DI ROSANNA LAMPUGNANI
G
ioia Tauro è tornata a fare transhipment. Dopo
la crisi, consumatasi tra il 2009 e il 2012, i dati
relativi al 2013 segnalano un 15% di movimentazione
rispetto all’anno precedente, per un totale di
3.087.000 Teu e, come sa chi si occupa della materia,
la soglia dei 3 milioni è la garanzia che si può competere con gli scali di Algeciras e del Nord Africa. Per Svimez ora è necessaria la riduzione delle tasse portuali
con l’istituzione di una Zona economica speciale, anche attraverso l’integrazione tra l’Area vasta della città della Piana, che va da Gioia Tauro verso Lamezia.
ALLE PAGINE II, III, IV E V
’’ L’intervista
Natuzzi: «Abbiamo
innovato e adesso
coglieremo i frutti»
A PAGINA VIII
Campania, Calabria e Sicilia in bilico
DI VITO FATIGUSO
«Per mia natura cerco di raccogliere le sfide anche quando sembrano
troppo complicate. Negli ultimi anni
l’obiettivo era rivoluzionare il modello di business e in il processo è stato
avviato: ora coglieremo i frutti». Pasquale Natuzzi crede nella ripresa.
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Lo studio I numeri di Unioncamere
Alimentare e aeronautico
Come corrono i distretti
A PAGINA V
A PAGINA IX
N
A PAGINA III
L’idea del 2004 è diventata un «format» con 18 Obikà in tutto il mondo
E
sattamente 10 anni fa
Silvio Ursini, napoletano doc, ebbe una bizzarra idea: inventarsi il
«mozzarella bar». Così nel
2004 a Roma nacque il primissimo Obikà. Ursini si era
ispirato a un sushi bar ma,
invece di pesce crudo e wasabi, serviva ricette a base
di mozzarella di bufala campana Dop, preparate a vista,
come farebbe per l’appunto
uno Shokunin, il maestro
del sushi giapponese. Al suo
decimo compleanno Obikà
non è più solo un «mozzarella bar» ma, ormai, format
della ristorazione.
ta napoletana che significa
letteralmente «ecco qua»
ma esprime tutto lo stupore
del francese voilà. Una storia a lieto fine? A dire il ve-
F
ell’«Italia che va» c’è anche un pizzico di Mezzogiorno.
Tra i distretti in crescita analizzati da Unioncamere ci
sono, infatti, tra i primi venti, anche quello industriale agroalimentare dell’area di Nocera Inferiore-Gragnano e quello aerospaziale pugliese.
DI MARZIA CAMPAGNA
In dieci anni il mozzarella bar ha fatto tanta strada
In questi anni, infatti, Ursini è riuscito a espandere il
suo marchio nel mondo con
ben 18 «mozzarella bar».
Nove in Italia (3 a Roma, 2 a
Milano, 1 a Firenze e 1 a Palermo e quelli negli aeroporti di Fiumicino e Malpensa).
Altri 9 invece portano la
mozzarella di bufala oltre i
confini nazionali. A Londra
ce ne sono ben 4, negli Usa
3 (2 a Los Angeles e 1 a New
York) e 2 in Giappone. Si
torna, in effetti, all’idea del
sushi bar e all’origine del
buffo nome che farà sorridere i partenopei e che agli altri sembrerà il nome di una
prelibatezza nipponica. E invece Obikà è una parola tut-
DI EMANUELE IMPERIALI
inora nessun euro dei fondi Ue del periodo
2007-2013 è stato perso. Ma, secondo il governo, è scattata l’emergenza, perché entro il 31 dicembre 2015 l’Italia dovrebbe riuscire a spendere 22 miliardi, di cui 7 quest’anno e altri 15 il prossimo. «Chi
non usa bene i fondi europei deve essere commissariato»: questa frase di Graziano Delrio, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alla coesione territoriale, mette in guardia le tre regioni meridionali in ritardo: Campania, Calabria e Sicilia.
La storia Da Roma a Milano, da Londra a New York fino a Los Angeles: quanto «tira» la bufala
DI PAOLA CACACE
Fondi Ue Chi rischia
il commissariamento
Obikà (a Londra)
In napoletano
«ecco qua»
con tutto lo stupore
del francese «voilà»
ro la storia non è ancora finita. Ursini non si ferma e
Obikà proprio nei giorni del
suo compleanno promette
grandi novità tra cui le nuove aperture previste per il
prossimo trimestre. In particolare un secondo ristorante per New York e il primo
mozzarella bar nella meta
preferita dei vip: Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, dove
Ursini e il suo team stanno
lavorando per portare questo nuovo format della gastronomia, veloce, vivace e
frizzante. Pur serbando la
qualità di uno dei massimi
capolavori dello Slow Food
italiano: la mozzarella campana Dop, servita nelle più
ampie varietà, da scegliere
come si farebbe con un aperitivo nell’ora dell’happy
hour.
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