Intervista a Giuseppe Miroglio all`interno della puntata del 16

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Intervista a Giuseppe Miroglio all`interno della puntata del 16
Intervista a Giuseppe Miroglio all'interno della puntata del 16
settembre del programma "the Leaders" su CLASS CNBC TV
a cura di Sergio Luciano – Class Cnbc TV
A 37 anni ha assunto da solo la guida del gruppo, a 39 può dire di aver avviato una
nuova fase di espansione internazionale che lo candida a renderlo al 100 per cento un
gruppo globale del fashion: è Giuseppe Miroglio, amministratore delegato del colosso
tessile di Alba, un miliardo di euro di fatturato, duemila negozi, una recentissima jointventure con il Fondo Mandarin per la Cina. Ma Miroglio sa che le sfide sono appena
iniziate, sa che la sua è un’azienda familiare in un oceano di colossi estremamente
finanziarizzati, sa che la concorrenza è agguerritissima e che la congiuntura è fragile.
Come intende pilotare il gruppo in un contesto così impegnativo e su mercati così
diversificati? E con quale occhio guarda alla finanza, ultimamente così turbolenta e
inaffidabile?
1) Allora, dottor Miroglio: iniziamo dalla Cina. Vi siete appena sbarcati con un partner di
riguardo e avete intenzioni serie. Ma non vi fa paura un mercato dove per ora nessun
occidentale è riuscito a battere la concorrenza? Non temete di avere più da perdere che
da guadagnare?
In Cina abbiamo una presenza consolidata già da qualche anno. Abbiamo iniziato una
prima espansione nel 2004 con una jv che si è dimostrata negli anni un grande successo.
Abbiamo acquisito il 50% di un retailer locale cinese nel 2004 e abbiamo avuto in questi
sette anni una crescita decisamente esponenziale. Questo ci ha dato negli anni il
coraggio di rafforzare la nostra presenza cinese, andando ad aprire punti vendita diretti
con il nostro marchio Motivi che oggi ha 45 punti vendita in Cina, ma soprattutto ci ha
dato la convinzione di poter veramente avere un ruolo da protagonisti sul mercato
cinese. Da qui la volontà di giocare più in grande, di realizzare una partnership con il
fondo Mandarin per creare un vero e proprio gruppo di multibrand, un gruppo che possa
coniugare marche nostre e realtà da acquisire, al fine di avere un’azienda integrata di
grande importanza sul mercato cinese.
Sappiamo che il mercato cinese è probabilmente oggi il mercato più concorrenziato e lo
sarà anche nei prossimi anni perché raccoglie la concorrenza europea, americana,
asiatica e locale cinese. Indubbiamente, però, è oggi il mercato che offre i più
interessanti tassi di sviluppo. Per cui credo sia necessario avere oggi una strategia per la
Cina. Una strategia aggressiva per la Cina.
2) Due anni fa un riassetto proprietario ha ridisegnato gli equilibri nella società. A due anni
di distanza si sente di trarre un primo bilancio?
Il primo giovamento è stato indubbiamente una maggiore chiarezza. Penso che la
chiarezza negli assetti proprietari sia fondamentale per dare all’azienda, a tutti i
dipendenti e a tutti coloro che operano con l’azienda una sicurezza sul presente e sul
futuro. Il riassetto ha dato a noi, che abbiamo raccolto il testimone, la convinzione di
avere oggi in mano tutte le leve per poter incidere. Dalla fine del 2009, momento in cui ha
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avuto luogo questo cambiamento societario, per noi è iniziato un nuovo capitolo, è
iniziata una svolta, si è iniziato a lavorare su una nuova azienda.
3) Quanto conta oggi dentro l’azienda la famiglia Miroglio rispetto al management?
Oggi il management è sicuramente una presenza preponderante. Lo è oggi e lo sarà
sempre di più in futuro.
Il nostro è un gruppo che vuole fare della tradizione famigliare un bagaglio di esperienza
e di conoscenza molto forte. La tradizione famigliare è sempre stata un grande valore
aggiunto. Affinché non si trasformi però in un freno alla crescita, riteniamo che sia
importante vedere l’azienda famigliare come un’azienda “modernamente famigliare”:
non un’azienda padronale ma un’azienda che sappia coniugare una visione famigliare
di medio-lungo termine con la presenza di talenti manageriali che sono indispensabili per
poter andare a cogliere tutte le grandi sfide che ci offre oggi il mondo.
4) Da ormai quattro anni l’azienda è stata aperta ai consiglieri indipendenti. Il presidente
è un manager di lungo corso come Carlo Callieri. Sono segnali dell’intenzione di aprire un
domani anche il capitale sociale ad azionariato terzo? Ad esempio tramite una
quotazione in borsa?
Al momento non è nei nostri programmi l’approdare in borsa. Questo perché il nostro è un
gruppo che fortunatamente non ha necessità finanziarie, di raccogliere capitali. Anzi,
abbiamo una posizione finanziaria netta attiva molto importante. Per cui l’aspetto
finanziario non ci tocca.
Certamente potremmo prendere in considerazione l’idea di fare accordi, come abbiamo
fatto nel caso di Mandarin, nel caso in cui trovassimo dei partner che ci possano portare
sinergie a livello industriale, a livello di business, e che ci possano permettere di
raggiungere il nostro obiettivo di crescita internazionale. Quindi la quotazione non è al
momento in vista ma una maggiore flessibilità rispetto al passato, anche a livello
azionario, è nel nostro DNA.
5) La vostra azienda in cinquant’anni è diventata da piccola a grandissima, globale. Qual
è la formula per riuscire a compiere una simile metamorfosi senza perdere la propria
identità?
In realtà noi non siamo piccolissimi ma siamo ancora piccoli. Al di là della dimensione
globale piuttosto importante del gruppo, sul miliardo di euro, noi siamo composti da una
pluralità di business di dimensioni medio-piccole. La sfida di diventare grandi è una sfida
che ancora abbiamo davanti a noi ma che ci sentiamo di affrontare e di potere vincere.
6) Parliamo di formula produttiva. Oggi siete un gruppo integrato, dalla produzione alla
distribuzione. Ma indubbiamente negli ultimi tempi la distribuzione ha prevalso
quantitativamente. Avete mai immaginato di non essere più autoproduttori di buona
parte del vostro prodotto?
La parte industriale è stata la nostra anima fino a qualche anno fa, la nostra radice. La
nostra azienda è nata e cresciuta come azienda industriale sia nell’ambito tessile, sia in
quello dell’abbigliamento. Dieci anni fa è iniziata una trasformazione che definirei
inconsapevole ma decisamente importante: l’azienda che dieci anni fa era al 90%
industriale oggi è al 70% commerciale. E’ un’azienda proiettata al retail.
Nonostante questo noi consideriamo la parte industriale ancora un valore importante per
la nostra azienda. Crediamo che per poter assicurare a una catena di distribuzione un
prodotto che abbia qualità e prezzo adatti al mercato, sia necessario conoscere il
mestiere che sta dietro, quindi conoscere tutte quelle che sono le leve industriali.
7) Tra le altre cose che state facendo, partecipate ad una ricerca molto avanzata
sull’etichetta elettronica per difendere la proprietà intellettuale. Avete paura, come molti
altri player del fashion internazionale, che oggi la concorrenza di certi paesi possa essere
una minaccia rispetto alla proprietà intellettuale?
Certamente la proprietà intellettuale è un tema di attualità, soprattutto in mercati dove il
concetto di proprietà intellettuale non è così permeante come può essere in Italia e in
Europa. Noi al momento non abbiamo problematiche così rilevanti da questo punto di
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vista, però certamente le ricerche sull’etichetta elettronica ci possono permettere di
prevenire eventuali problemi.
Per noi però l’etichetta elettronica è anche un fattore di efficienza importante, dal
momento che ci può permettere quella tracciabilità del capo che, prima di metterlo in
vendita, ci può dare grandi vantaggi dal punto di vista logistico e di movimentazione
della merce.
8) Parliamo di creatività. Come funziona la vostra macchina creativa? Chi c'è dietro le
vostre creazioni?
Definirei la creatività dei nostri brand una “creatività diffusa”. Ognuno del brand presenti
nel nostro portafoglio ha un suo team di creativi, di stilisti, di designer che collaborano con
studi di stile esterni e creativi esterni. E’ da questo connubio tra interno ed esterno che
nasce la creatività di tutte le nostre collezioni.
In più, considerando la creatività uno degli elementi oggi scarsi sul mercato, una decina
di anni fa abbiamo voluto promuovere una scuola interna di creatività che ci sta dando
buoni risultati e ha permesso in questi anni di inserire in azienda circa un centinaio di
ragazzi, di nuovi creativi che rappresentano il futuro della nostra azienda.
9) Sin dagli anni Novanta avete avuto collaborazioni con altri brand come Moschino e
Krizia. Intendete continuare in questo senso? Avete ulteriori accordi in programma?
Al momento la sola partnership che abbiamo è quella attiva con Krizia. Siamo credo
l’unica azienda che ha realizzato una licenza di taglie “più” con una griffe importante,
come nel nostro caso Krizia. E’ una licenza che ci dà ottimi risultati però al momento non
abbiamo in programma di ampliarla.
10) Ci può riassumere le cifre salienti del primo semestre del Gruppo Miroglio?
Il primo semestre non è stato particolarmente brillante. Abbiamo avuto un fatturato
attorno ai 450 milioni di euro, in linea con quello del 2010. Però l’aumento del costo della
materia prima, che nel nostro settore è stato piuttosto rilevante raggiungendo su alcune
fibre anche il 50% di incremento, e l’aumento del costo della mano d’opera su diversi
mercati di sourcing mondiale hanno portato in generale un aumento del costo del
prodotto che, combinato ad un orientamento del consumatore finale verso prodotti a
prezzo sempre più conveniente, ha portato ad una compressione dei margini abbastanza
importante, che si è fatta sentire.
Nonostante questo abbiamo avuto una gestione oculata, soprattutto dal punto di vista
della cassa, che ci ha permesso di avere una posizione finanziaria netta attiva di quasi
260 milioni di euro, addirittura in aumento rispetto all’anno precedente.
11) Tornando un attimo in Cina. Oltre al partner finanziario che avete già scelto, state
notoriamente cercando il partner industriale. Avete già qualche possibilità alle viste?
Avete un termine entro il quale vi siete decisi a scegliere?
Abbiamo un processo di scouting, di M&A in collaborazione con Mandarin, in corso già
da qualche mese. Abbiamo già identificato quattro o cinque potenziali target; si tratta di
brand retail che operano nel fashion cinese. Il nostro obiettivo è quello di riuscire a
concludere un deal entro il primo trimestre del 2012.
12) Siete in Turchia, siete in Cina. Ma per essere veramente globali dovrete sicuramente
essere forti anche in Russia, Brasile e India, gli altri tre grandi mercati emergenti. Ci sono
novità in questo senso?
In Russia abbiamo in realtà già una base operativa abbastanza importante. Abbiamo al
momento una sessantina di punti vendita con le nostre marche; in particolare Motivi è il
brand più presente sul mercato russo.
Abbiamo inoltre recentemente deciso di cambiare la nostra organizzazione sui mercati
strategici internazionali, partendo proprio dalla Russia. Dal 1° settembre 2011 abbiamo
creato una nuova struttura di sviluppo permanente del mercato russo, creando una
posizione di Managing Director Russia, affidata una figura interna che abbiamo voluto far
crescere nel suo percorso di carriera. Questa figura diventerà a tutti gli effetti responsabile
delle strategie e dell’esecuzione delle stesse sul mercato russo; di fatto, quindi, non ci sarà
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più quella che noi riteniamo oggi essere un punto di debolezza, cioè il condurre un
business così complesso come un mercato emergente da Alba, dall’Italia. Delegheremo
e delocalizzeremo leve decisionali anche importanti, come il prodotto, l’adattamento
della collezione, le strategie di marketing sul mercato locale. Crediamo che sia
veramente importante conoscere il mercato ed adattarsi ai mercati locali.
13) Tornando a casa nostra. Quali sono invece i legami del vostro Gruppo e della vostra
famiglia con il Piemonte, con Alba, con il luogo d’origine?
Le nostre radici sono fortemente piemontesi, fortemente albesi. Tutta la nostra famiglia
vive ad Alba, quindi abbiamo una presenza molto forte e un legame col territorio molto
importante. Amiamo il nostro territorio però ci rendiamo conto di come sia sempre più
importante pensare globale e riuscire a superare i confini, non soltanto di Alba ma anche
dell’Italia perché per essere un player globale bisogna veramente avere un’apertura
mentale importante.
Stiamo facendo questo grazie all’apertura a manager che vengono dall’esterno, che
vengono da esperienze non soltanto al di fuori della nostra azienda ma anche al di fuori
dell’Italia e che ci possano arricchire e in qualche modo integrare le conoscenze e le
grandi esperienze che hanno loro e che abbiamo noi come Piemontesi.
14) Finiamo con un po’ di paillettes e di lustrini. Le finaliste di Miss Italia 2011 avranno in
alcuni casi anche la taglia 44 e vestiranno Elena Mirò. E’ una simpatica combinazione di
marketing o c’è qualcosa in più, un segnale del fatto che la donna grissino non è più un
must obbligatorio per le giovani donne italiane?
Noi, in realtà, è un po’ di tempo che diciamo che la donna grissino non va più di moda.
Non sempre siamo stati ascoltati e anche dalla Camera della Moda non abbiamo avuto
tutto quell’appoggio che ci aspettavamo. Però noi continuiamo a pensare che la donna
debba essere una donna vera, indipendentemente dalla taglia che ha.
La nostra non è un’azienda che fa taglie comode. Abbiamo altre marche, come Motivi,
che hanno taglie assolutamente regolari. Il nostro messaggio è quello di dire che qualsiasi
donna, indipendentemente dalla taglia che ha, deve sentirsi bella per quello che è.
Senza problemi legati al pensare di essere sovrappeso o di avere problemi di taglia.
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