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Quando Religione ed Etica si incontrano Durante la predica domenicale, commentando il passo del Vangelo sulle tentazioni di Satana a Gesù nel deserto, al punto “se ti inginocchierai e mi adorerai tutto questo sarà tuo” il nostro parroco ha evidenziato come spesso la promessa del potere sia una tentazione irresistibile, poiché avendo la possibilità di esercitarlo tutto diventa possibile a scapito dei principi religiosi, morali ed etici. Ma ha anche sottolineato il fatto che il potere si può esercitare con scopi ben più elevati; questo avviene quando “si fa del potere un’occasione di servizio”. Come sarebbe diverso il mondo se fosse veramente quest’ultimo il fine a cui tendere per il raggiungimento di un posto di comando! Don Beppe Cerino soleva dire: “Dio prima di tutto, gli altri prima di me!”. È questa una massima capace di convertire gli animi più aridi, che ribalta completamente la visione utilitaristica che così spesso muove l’operato degli uomini. Operare al servizio degli altri per poterci veramente considerare fratelli e sorelle. Giovedì 17 marzo, Festa Nazionale del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia ho avuto occasione di trovarmi in centro, nel cortile di palazzo Lascaris, sotto una pioggia battente, a cantare l’inno d’Italia con tantissime altre persone, sulle note della banda musicale degli alpini. Poco distante da me c’era anche il sindaco Chiamparino che al termine dell’inno è stato intervistato da un gruppo di giornalisti che gli chiedevano di commentare il suo operato durante i dieci anni trascorsi come primo cittadino. La sua risposta non è stata un’elencazione di cose fatte, di traguardi raggiunti ma ha semplicemente detto: ”Io ho cercato di fare sempre il mio dovere perché per me la parola dovere ha ancora un significato”. Mi è sembrato un bel modo di rispondere, sintetizzando il proprio operato con il filo conduttore che ha guidato le sue decisioni, “il dovere”. Questo senso del dovere bisogna insegnarlo e testimoniarlo ai nostri bimbi fin da piccoli e poi sempre nella vita, perché solo così avremo dei cittadini onesti e responsabili. Mi piace accostare le parole: una vera lezione di religione, quelle dette da Don Ester e di etica, quelle dette da Chiamparino, poiché in due ambiti così diversi, ho avuto modo di apprezzare una coincidenza di pensiero su come si dovrebbe gestire il potere, che troppo spesso, purtroppo, non coincide con l’operato di chi il potere ce l’ha! Elisabetta Lapenna Palmese La prima lettera di Paolo ai cristiani di Corinto I documenti storici più antichi del cristianesimo sono le lettere di Paolo di Tarso. Diventato apostolo convinto ed entusiasta evangelizzatore, da fariseo zelante persecutore dei cristiani, dopo l'incontro con Gesù Risorto sulla via di Damasco, Paolo fu viaggiatore instancabile e annunciatore dell'evangelo in tante città della Turchia, della Grecia e dell'Asia Minore: Filippi, Efeso, Atene, Colossi, Tessalonica, Corinto anche solo per citarne alcune. Con le comunità cristiane che si formavano in seguito alla sua predicazione, Paolo manteneva sempre rapporti soprattutto epistolari attraverso le lettere, nelle quali rispondeva alle domande, incoraggiava le comunità, rimproverava comportamenti non consoni alla fede cristiana e dava sue notizie, esprimendo anche sentimenti di affetto. In particolare nella prima lettera ai Corinzi (composta probabilmente verso il 56 d.C.) al cap. 15 versetti 1-14 si ha quello che viene indicato come kerygma ossia il primo annuncio della Risurrezione. In questa lettera Paolo risponde alle domande che gli hanno posto i cristiani di Corinto e in particolare a quella di chi gli chiede “se i morti risorgono”. La risposta si legge al versetto 12: “Se si proclama che Cristo fu risuscitato dai morti, come possono dire alcuni che i morti non risorgono?” E per fondare solidamente l'affermazione che Gesù è risorto, ricorre a quella che può essere definita la prima professione di fede (credo) di coloro che avevano aderito al messaggio dell'evangelo. Al versetto 1 si legge infatti: ”Ricordo a voi fratelli l'evangelo che vi ho annunciato…” e poi (vv.3-5) “Trasmisi infatti a voi in primo luogo ciò che anch'io ho ricevuto” e cioè: che Cristo morì sui peccati nostri secondo le Scritture, e che fu sepolto e che è stato destato il giorno il terzo secondo le Scritture, e che apparve a Kefa e poi ai Dodici. In questi tre versetti i termini usati e lo stile non sono di Paolo. Sono riportate in lingua greca delle espressioni caratteristiche della lingua ebraica morì sui peccati nostri e il giorno il terzo mentre l'apostolo Pietro viene indicato col suo soprannome aramaico di Kefa. Sembra che si tratti di una prima formula tradizionale di fede che veniva “trasmessa” dal predicatore e “ricevuta” dai cristiani in occasione della loro evangelizzazione. Paolo avrebbe tradotto dall'ebraico/aramaico in greco la formula fondamentale della fede per renderla comprensibile anche a coloro che non conoscevano le lingue semite. Si tratterebbe perciò della formula fissa della prima predicazione apostolica, risalente a pochi anni (non più di 6/7) dalla morte e risurrezione di Gesù. Aggiunge infine Paolo al versetto 6: “Poi (Gesù risorto) apparve a più di cinquecento fratelli in una volta sola, la maggior parte dei quali vive ancora, alcuni invece sono morti.” Che i testimoni della Risurrezione fossero ancora vivi è del tutto logico, visto che Paolo scrive circa una ventina di anni dopo i fatti. A questi testimoni ancora vivi si può fare riferimento per conoscere che cosa in realtà sia avvenuto. 7 Perché è comunque vero che un fatto come la risurrezione da morte non sia proprio qualcosa di così evidente da credere, tanto che Paolo conclude al versetto 14: “Se poi Cristo non è risorto, vana è la nostra predicazione e vuota la nostra fede.” Da duemila anni ormai i cristiani, nella solennità di Pasqua in particolare ma anche tutte le domeniche, annunciano la morte e risurrezione del Signore e proclamano insieme, recitando il Credo durante la Messa, con la fede che si fonda sulla Parola di Gesù: che Dio è Padre, Creatore del cielo e della terra e che lo Spirito Santo, che procede dal Padre e dal Figlio, è la sicura presenza di Dio in mezzo agli uomini anche nel nostro tempo. MT Chiesa