ANIMI 1910-1945

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ANIMI 1910-1945
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Nel 2010 ha compiuto il primo secolo l’Associazione
Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia (ANIMI). Fondata nel 1910, a seguito del terremoto di
Messina e Reggio Calabria, da un gruppo di giovani segnati dalla sensibilità del modernismo italiano di Fogazzaro, padre Semeria, Umberto Zanotti-Bianco, Tommaso Gallarati Scotti, e da una borghesia illuminata del
Nord, tutti raccolti attorno a figure storiche del meridionalismo dell’epoca (Pasquale Villari, Gaetano Salvemini, Giustino Fortunato, Benedetto Croce, Leopoldo
Franchetti), essa è stata fortemente attiva nella prima
metà del secolo scorso. Ha offerto un contributo rilevante nella lotta contro l’analfabetismo e ha lavorato costantemente a favore della promozione socio-economica del Sud. Qui ci si limita a tracciare un breve profilo della sua attività (1910-45) nell’ambito della diffusione alfabetica e culturale nelle regioni del Sud, e si
getta uno sguardo non distratto sull’originalità della sua
azione in materia di istruzione ed educazione. E ci si
trova allora tanto attoniti e tanto ammirati, di fronte ad
“un’opera così bella di bene”, come dichiarava Gentile,
da risultare davvero poco comprensibile il silenzio storiografico di gran parte della ricerca storico-educativa
accademica.
Francesco Mattei
22/02/2012
Francesco Mattei, ordinario di Filosofia dell’Educazione e
Pedagogia generale a Roma Tre, Dipartimento di Scienze dell’Educazione.
€ 20,00
Francesco Mattei
Animi
Un contributo alla storia dell’Associazione
Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno
d’Italia (1910-45)
ANIMI
Copertina:Layout 1
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Presentazione
Mario Manno
Sembra (e lo è, in modo egregio) un contributo alla Storia (sempre complessa, e mai conclusa) della Scuola e delle Istituzioni educative, complessità che le ultime
contro-riforme dell’Università hanno tentato di ridurre
o addirittura annullare dedicando, a questo settore della
Pedagogia, cattedre specifiche (quasi si trattasse d’una
disciplina a sé stante, ammesso, poi, che discipline di
tal genere esistano), e a patto d’esser tenute, queste cattedre, da specifici docenti, la cui specificità oggi consiste, quasi sempre, nel non essere, mai, storici della Pedagogia (storici delle “idee pedagogiche”), nel non
essere, però, neanche esperti di Didattica generale, nel
non esser, anzitutto, capaci di far Pedagogia teoretica,
col risultato, di solito, di raccogliere bollettini periodici
di scuole parrocchiali (clericali o anticlericali che siano
queste parrocchie).
Ora, secondo il mio (il nostro: Mattei è d’accordo)
punto di vista, ogni ricerca, in Pedagogia, è un percorso a
nastro di Moebius, per cui non soltanto partendo, ad
es., da “la scrittura nella scuola materna” si arriva inevitabilmente alle riflessioni più intriganti d’una Filosofia
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Mario Manno
dell’educazione (così come partendo, ad es., dai massimi problemi della metafisica ci si ritrova, poi, in Pedagogia, a dover necessariamente indagare anche sulle
situazioni cognitive d’una scuola materna), non solo,
ma anche, qualora si dovesse interrompere, per motivi
di economia accademica, o per motivi editoriali, o per altri motivi, il percorso del ricercare, e si dovesse tagliare,
per dir così, ed isolare un pezzo del nastro, in ogni segmento vivrebbero i problemi e la logica e insomma le
intenzioni di tutto il percorso.
Nel nostro caso, il “segmento” è un documentario
storiografico sulla gloriosa Associazione nazionale per
gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia, ma un’attenta lettura (come sempre accade agli attenti lettori di Mattei)
consente 1°, di ritrovare tutta la questione meridionale;
2°, di riscoprire lo slancio innovativo della borghesia
illuminata, ispiratrice delle cosiddette scuole nuove (in
parallelo con le prime esperienze dell’attivismo pedagogico, in Europa e nell’America di Dewey); 3°, di evidenziale lo stile italiano-unitario, del tutto particolare, di
un’operazione didattica a forte caratura etico-politica
(se la scuola deve render libero ogni individuo); 4°, di
inserire, infine, questa operazione nella certamente complessa ideologia del “liberalismo”, e nella continuità fra
liberalismo e socialismo, continuità negata soltanto dal
“liberalismo illiberale” (come dice e dimostra Guido
De Ruggiero, nella sua Storia del liberalismo europeo,
Laterza, Bari 1925, ma cfr. la terza edizione della Feltrinelli nel 1971, spec. il cap. III della Parte seconda,
“Liberalismo e socialismo”, dove la libertà, definita
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Presentazione
come universale “forza espansiva”, pag. 420, deve al
socialismo – “il più grande movimento di emancipazione
umana dei tempi nostri dopo la rivoluzione francese”,
pag. 378 – “la realizzazione di un valore spirituale permanente”, pag. 377, quel valore della libertà che i liberali “borghesi e conservatori” credevano di realizzare
“in una astratta dichiarazione dei diritti” ma “restando
oppressori del proletariato agricolo e sfruttatori del
proletariato industriale”, mentre, invece, il miglioramento
dei salari, e dell’istruzione, e delle tutele socio-sanitarie,
“elevando l’abilità della mano d’opera”, diventa “un
mezzo di progresso industriale e quindi di benessere per
tutte le classi”, pag. 380).
Chi incarna, per dir così, in Italia, sempre nell’ampia e faticosa stagione dell’Educazione nuova, questa
continuità fra liberalismo liberale e socialdemocrazia
(parallela alla continuità fra liberalismo illiberale e fascismo)? Certamente, Giuseppe Lombardo Radice. Siamo,
così, al cap. V. Da attrezzato storico della Pedagogia,
Mattei non può non ricordare uno dei principali sostenitori e operatori dell’ANIMI, ma, ciò facendo, rivela
ed illustra – sempre indirettamente, com’è nel suo stile
– le idee generative di tutto il suo lavoro sull’ANIMI.
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Roma. Animi, catalogo mostra Tappeti orientali, 1925
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Introduzione
Si fecundatur optime.
Non sono pochi i decenni trascorsi da quel tremendo
1910, anno in cui, dopo il terremoto di Messina e Reggio
Calabria (1908), l’ANIMI vide la luce. Abbiamo da poco
attraversato il secolo1. Nel frattempo, però, come accade
per ogni movimento storico una volta vitale, tutto sembra
essersi inabissato nella nietzscheana storia archeologica.
Eppure quel movimento, in anni molto difficili, ha avuto
un carattere assai poco utopistico e molto fattuale, grazie alla fresca energia che unì allora vecchie e austere
figure storiche e giovani forze fantasiose e concretissime.
Cosa sia successo, nel frattempo, non è difficile dire. Basta guardarsi alle spalle, come l’Angelo pensoso e insal1
Cfr. GUIDO PESCOSOLIDO (a cura di), Cento anni di attività dell’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia e
la Questione meridionale oggi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2011.
Il primo Presidente onorario dell’ANIMI fu Pasquale Villari, e primo Presidente effettivo Leopoldo Franchetti. Oggi l’ANIMI è presieduta
da Gerardo Bianco e consulente scientifico ne è Guido Pescosolido.
Mi corre l’obbligo di segnalare al lettore che i capp. 1 e 2 di
questo saggio sono recentemente apparsi, in occasione dei 150 dell’unità d’Italia, in un volumetto collettaneo dal titolo «Nord-Sud: la
bella avventura dell’ANIMI», in E. Mannese (a cura di), Mezzogiorno,
coscienza civile, processi formativi, Anicia, Roma 2011, pp. 33-77,
con scritti di N. Mancino, F. Mattei, G. Minichiello, F. Tessitore.
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Francesco Mattei
vifico, e vedere un futuro molto vago e molto sfumato,
denervato di etica e fantasia, di speranza ed effettualità. Se
poi tutto ciò possa essere ascritto al grande e vetusto libro
genealogico del meridionalismo o al volontarismo di una
gioventù ancora piena di ideali non di maniera, non saprei dire. Nelle pagine qui velocemente abbozzate si stagliano comunque figure serie, competenti, concrete, coscienti del tempo che vivevano. Ed emergono, in una
non scolorita e quasi banale quotidianità, giovani concretezze portatrici di idee e di realizzazioni semplici e
vitali. Che hanno avuto il merito, se non altro, di legare la
piccola storia di borghi sperduti del Mezzogiorno alla
storia della Nazione; il sentimento dell’umano a condizioni umane accettabili; la cultura dell’alfabeto alla
cultura di una cittadinanza civile e degna; il sottosviluppo e la malattia non a condanne ataviche, ma ad uno
spiraglio di ascesa a condizioni umane più «umane».
Rivisitando allora i decenni di una Associazione
molto benemerita, e in parte dimenticata, colpiscono lo
stile degli interventi e il contributo da essa offerto per
portare quelle popolazioni meridionali, spesso marginali e marginalizzate, nel contesto di una non nemica
modernità. E piace rilevare come la cultura e l’istruzione siano state centrali nella dinamica di reinserimento in un contesto nazionale accettabile e doveroso.
Anche se – ed è il grande merito di questi personaggi
non sempre minori2 –, non guardano alla scuola come
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Tra i molti personaggi che hanno dato vita alla dinamicità dell’Associazione, e che richiamerò nelle pagine che seguono, mi piace
ricordare soprattutto Umberto Zanotti-Bianco (1889-1963), vera anima dell’ANIMI. Di recente pubblicazione il suo diario degli anni di guerra
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Introduzione
ad un’isola separata da cui salpare verso lidi sicuramente o sperabilmente più felici. Qui la scuola è inserita
in una dinamica sociale, sanitaria, economica, politica:
potrebbe dirsi, latamente culturale. Ed appare evidente
quanto quel terribile terremoto, che segnò per l’Italia
l’inizio del Novecento, sia approdato in una terra già
ampiamente terremotata dal punto di vista socio-economico e culturale. Perciò questa avventura dell’Associazione risuona come una tentata piccola sinfonia nel gran
mare di un silenzio secolare dove non c’è spazio per singolarità strumentali e virtuosismi sterili. L’istinto di base
tende a connotarsi come viva necessità di conoscere la
deprimente realtà e di intervenire con azioni concrete,
per quanto possibile corali, mai rinunciando a creare
legami tra le possibilità statuali e la libera inventiva dei
membri dell’Associazione. Ma è anche evidente che,
quando il fascismo si farà controllore occhiuto – siamo
ancora nel 1928 –, l’Associazione passerà la mano e
non intreccerà «patti scellerati» con un regime avviato
ormai a mettere le mani su ogni meccanismo da esso
intravisto come potenziale portatore di consenso3.
(U. ZANOTTI-BIANCO, La mia Roma. Diario 1943-1944, a cura di Cinzia
Cassani, con un saggio introduttivo di Fabio Grassi Orsini, Rubbettino,
Soveria Mannelli 2011) e un ricordo in G. PESCOSOLIDO, Umberto Zanotti-Bianco e il suo impegno a favore delle minoranze oppresse nell’Europa
dei nazionalismi, in “Archivio storico per la Calabria e la Lucania”, a.
LXXVI (2010), pp. 125-132. Un tratteggio breve, ma intenso in Per una
storia dell’Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno
d’Italia (1910-2000). I Presidenti, Lacaita Editore, Manduria-Roma 2000,
a cura di M. Isnardi Parente, pp. 139-148.
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Mi riferisco, naturalmente, alla rinuncia alla delega per la lotta
contro l’analfabetismo ricevuta dall’Associazione da parte del governo nel
1921 e alla delega per la gestione delle scuole rurali e popolari di Sicilia,
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Francesco Mattei
Sono questi i motivi che mi hanno spinto a mettere le mani in pagine non ancora del tutto ingiallite. E
mi piacerebbe evidenziare come quel movimento sia
stato animato da giovani uomini del Nord, in gran parte
vicini a Padre Semeria, a Fogazzaro e alle sensibilità del
modernismo cattolico4, e da giovani del Sud non insensibili alle provocazioni cocenti della dura realtà storicosociale ed economica delle regioni più svantaggiate del
Mezzogiorno. Ma senza dimenticare, naturalmente, figure
alte e nobili: come Leopoldo Franchetti, Tommaso Gallarati Scotti, Pasquale Villari, Giustino Fortunato, Manlio
Rossi-Doria, Giuseppe Lombardo-Radice e sua moglie
Gemma Harasim (la “Mamma Carmela” degli scritti educativi), Giuseppe Isnardi, Benedetto Croce o Giovanni
Gentile. Una sinfonia non dissonante (di capelli bianchi e
di gioventù non spensierate) che ha dato frutti mirabili per
molti decenni – dal pre-fascismo al fascismo al post-faSardegna, Calabria e Basilicata (cfr. infra, cap. 3, in cui si riporta il documento dell’Associazione). Di fatto, con quelle rinunce, tali competenze
passeranno all’Opera Nazionale Balilla. Più tardi, per evitare lo scioglimento minacciato dal regime, dal 1939 al 1945 l’Associazione cambiò addirittura nome e fu chiamata “Opera Principessa di Piemonte” (cfr. infra,
p. 26). Mai del resto il fascismo indugiò nell’opera di espansione dei
suoi disegni e di limitazione della libertà di insegnamento. Perciò volle imporre anche ai maestri aderenti all’ANIMI l’iscrizione alle Corporazioni. Ma l’Associazione, dopo un travagliato dibattito e nonostante le prudenze filogovernative di Giovanni Gentile, rinunciò a
quelle deleghe. Per l’episodio in questione cfr. GENNARO SASSO, Giovanni Gentile, in Per una storia…, cit., p. 119 ss.
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Umberto Zanotti-Bianco era stato studente al Collegio di Moncalieri, ove conobbe Padre Semeria e, suo tramite, A. Fogazzaro. Giovanni Malvezzi, Tommaso Gallarati Scotti, Aiace Alfieri, Alessandro
Casati appartenevano anch’essi a quel movimento modernista che,
presto, sarà spento dall’enciclica Pascendi di Pio X.
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Introduzione
scismo –, senza mai perdere l’anima più profonda della
primitiva ispirazione socio-culturale dell’Associazione.
E non sarà inutile, allora, ricordare che il periodo
storico che va dai primi del Novecento alla caduta del
fascismo, periodo in cui prese avvio e iniziò ad esplicarsi
l’azione sociale e culturale dell’Associazione, fu un periodo davvero complesso. Che conobbe momenti di tranquillità e momenti di grande progresso, ma anche passages di immani tragedie: il terremoto di Messina e di
Reggio Calabria nel 1908, le due guerre mondiali, la
dittatura fascista. E non sarà inutile ricordare che quello fu il tempo di Giolitti (e del giolittismo), che prima
di altri comprese che, per conservare un sistema, era
assolutamente necessario coinvolgere tutti gli attori in
gioco, o almeno una larga parte di essi. E mise mano al
suffragio universale (maschile) e al patto Gentiloni,
che tentava, dopo il Non expedit, di reinserire i cattolici
nella vita politica italiana, tendendo a riavvicinare, con
un riformismo non immune da pulsioni demagogiche,
la borghesia laica e quella clericale. Le pagine successive sono note. Sono quelle di Salandra, Boselli, Orlando, della “pace iniqua”, di Nitti, delle prime elezioni
che, nel 1919, videro all’opera per la prima volta il sistema proporzionale. Che sancì il definitivo affossamento del collegio uninominale e, insieme, il diritto di
voto a tutti i cittadini maschi che avessero superato il
ventunesimo anno di età.
Mutò allora la scena. E fu occupata da socialisti e
popolari, ma soprattutto dai “Fasci di combattimento”,
fondati da Mussolini nel 1919. Tornerà poi Nitti, ma
invano. E invano tornerà ancora Giolitti, mentre fatuo
si rivelerà anche il breve passaggio di Salandra. La
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Francesco Mattei
strada del fascismo, dopo le lezioni del 1920 e il successo
dei “blocchi nazionali”, ma soprattutto dopo la marcia del
1922, sarà così tutta in discesa, e il vecchio Stato liberale
non sarà più in grado di riassorbire, nella sua dinamica liberale e costituzionale, la marea montante di un rivendicazionismo di destra illiberale ad opera di grandi proprietari
terrieri e di parte degli industriali. Altri attori avevano saldamente preso la scena, e avevano fomentato il popolo con
nuove parole d’ordine: patriottismo, paura della rivoluzione (rossa), timore del disordine, caos dell’anarchia.
Questo il clima politico in cui mosse i primi passi
la neonata ANIMI. Un clima certamente non facile. Un
clima in cui mai, però, l’Associazione perderà la sua anima laico-liberale e cattolica, e sempre si guarderà, nonostante i disagi manifesti di Giovanni Gentile – anch’egli
“animino” non anonimo –, dal contravvenire al suo impegno civile e alla libertà di giudizio dei suoi sudati e coraggiosi maestri. Che sempre difese. Fino in fondo. Fino alla
rinuncia, certo dolorosa, alle deleghe ricevute dal governo
sulla lotta contro l’analfabetismo e sulle scuole rurali e
popolari di Sicilia, Sardegna, Calabria e Basilicata.
Una pagina “bella”, dunque, come scriverà Gentile.
Una pagina che meriterebbe altra attenzione e altra considerazione. Da parte degli studiosi e da parte dei politici:
meno attenti gli uni, a sfogliare l’attuale illusoria modernità
didattica (avara di riflessione), e meno dimentichi, gli altri,
di figure nobili e niente affatto consumate dal tempo. Di
questo clima novecentesco, pieno di positivo fermento,
l’ANIMI ha rappresentato una pagina aurea e da tramandare con cura. Nelle aule universitarie e in quelle parlamentari. Con vantaggio culturale per gli uni, credo, e ammaestramenti politico-istituzionali per gli altri.
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Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d’Italia (ANIMI). Fondata nel 1910, a seguito del terremoto di
Messina e Reggio Calabria, da un gruppo di giovani segnati dalla sensibilità del modernismo italiano di Fogazzaro, padre Semeria, Umberto Zanotti-Bianco, Tommaso Gallarati Scotti, e da una borghesia illuminata del
Nord, tutti raccolti attorno a figure storiche del meridionalismo dell’epoca (Pasquale Villari, Gaetano Salvemini, Giustino Fortunato, Benedetto Croce, Leopoldo
Franchetti), essa è stata fortemente attiva nella prima
metà del secolo scorso. Ha offerto un contributo rilevante nella lotta contro l’analfabetismo e ha lavorato costantemente a favore della promozione socio-economica del Sud. Qui ci si limita a tracciare un breve profilo della sua attività (1910-45) nell’ambito della diffusione alfabetica e culturale nelle regioni del Sud, e si
getta uno sguardo non distratto sull’originalità della sua
azione in materia di istruzione ed educazione. E ci si
trova allora tanto attoniti e tanto ammirati, di fronte ad
“un’opera così bella di bene”, come dichiarava Gentile,
da risultare davvero poco comprensibile il silenzio storiografico di gran parte della ricerca storico-educativa
accademica.
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Pedagogia generale a Roma Tre, Dipartimento di Scienze dell’Educazione.
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