Alla maniera di Vieira da Silva (Autografo 48)
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Alla maniera di Vieira da Silva (Autografo 48)
AUTOGRAFO rivista di letteratura fondata da Maria Corti diretta da Maria Antonietta Grignani e Angelo Stella numero 48, anno XX, 2012 INTERSEZIONI TRA FILOLOGIA E CRITICA interlinea edizioni “Autografo” – Rivista di letteratura fondata da Maria Corti Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 76 del 18 febbraio 1984 DIREZIONE SCIENTIFICA Università di Pavia, strada Nuova 65, 27100 Pavia tel. 0382 984483, fax 0382 984641 Direttori: Maria Antonietta Grignani e Angelo Stella Comitato scientifico: Franco Contorbia, Gabriele Frasca, Gianfranca Lavezzi, Anna Longoni, Niva Lorenzini, Clelia Martignoni, Anna Modena, Giuseppe Polimeni, Carla Riccardi Comitato scientifico internazionale: Luigi Ballerini (UCLA), Denis Ferraris (Paris III), Martin McLaughlin (Oxford), Fabio Pusterla (Ginevra). Segreteria di redazione: Jader Bosi, Nicoletta Trotta I contributi pubblicati nella rivista sono sottoposti alla valutazione in forma anonima di esperti interni ed esterni alla Direzione e al Comitato scientifico REDAZIONE EDITORIALE Interlinea srl edizioni, via Pietro Micca 24, 28100 Novara tel. 0321 612571, fax 0321 612636 www.interlinea.com/autografo, e-mail: [email protected] Distribuzione in libreria: Messaggerie Libri spa Abbonamento annuale 2012 in Italia: euro 30 (all’estero: euro 40) Prezzo di copertina di ogni numero: euro 20 © Centro di ricerca sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei dell’Università di Pavia. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale o a uso interno e didattico, effettuata con qualsiasi mezzo, anche informatico, non autorizzata dall’editore. Stampato in Italia da Italgrafica, Novara ISBN 978-88-8212-885-2 ISSN 1721-5943 per l’edizione cartacea ISSN 2039-8670 per l’edizione digitale (distribuzione on line: www.torrossa.it/interlinea) In copertina: disegno di Eugenio Montale SOMMARIO SAGGI MARIA ANTONIETTA GRIGNANI, Un’altra storia. Lampi dal Fondo Manoscritti di Pavia GIUSEPPE POLIMENI, «Lingua letteraria e lingua dell’uso». Vecchie e nuove questioni di lingua a metà Novecento (1941-1942) TERESA BAVA, «Profondo in superficie». La lingua del signor Palomar dai testi sui quotidiani al libro ADELE DEI, Giorgio Caproni: del “rifare il verso” e dell’amore MIRKO VOLPI, «Il contatto col male ci degrada». La genesi del Testimone di Mario Pomilio nelle carte autografe del Centro Manoscritti di Pavia CLAUDIA CHIAPPA, Verbalità e memoria dipinta: una lettura del Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini di Mario Luzi INEDITI E RARI ANDREA AVETO, Eugenio Montale tra Giuliana Gadola e il Capitano Beltrami ARCHIVIO DELLA MEMORIA ANNA MODENA, Memoria di Tonino MANUELA RICCI, Con l’infinito negli occhi. Ricordo di Tonino Guerra ANNA DOLFI, Alla maniera di Vieira da Silva. Dodici istantanee per Antonio Tabucchi LUIGI SURDICH, La voce di Tabucchi p. 9 » 35 » 63 » 79 » 89 » 117 » 133 » 153 » 159 » 167 » 175 MARGINI Una bellissima coppia discorde. Il carteggio tra Cesare Pavese » 191 e Bianca Garufi (1945-1950) (GIANFRANCA LAVEZZI) Maria Rosa Cutrufelli, I bambini della Ginestra » 196 (CARLA RICCARDI) Gabriele Frasca, Dai cancelli d’acciaio (FEDERICO FRANCUCCI) Federica Venier, La corrente di Humboldt. Una lettura di La lingua franca di Hugo Schuchardt (GIUSEPPE POLIMENI) Philippe Jaccottet, La poesia romanda (CLAUDIA BONSI) Giorgio Orelli, La qualità del senso. Dante, Ariosto e Leopardi (GIOVANNI BATTISTA BOCCARDO) Abstracts p. 200 » 203 » 206 » 210 » 213 ALLA MANIERA DI VIEIRA DA SILVA. DODICI ISTANTANEE PER ANTONIO TABUCCHI di Anna Dolfi 0 – A dire il vero erano diciannove i colori che Maria Helena Vieira da Silva aveva lasciato in testamento ai suoi amici: l’azzurro ceruleo, il blu cobalto, l’azzurro oltremare, il vermiglio, il verde muschio, il giallo oro, il violetto cobalto, il giallo cadmio, il giallo ocra, il verde veronese, l’indaco, l’arancio e il giallo limone, il bianco puro e il terra di Siena, il nero sontuoso e la terra d’ombra, la terra di Siena bruciata e l’«eterea, volatile» lacca di garanzia. Per ognuno Antonio Tabucchi ha scritto una storia, inventato personaggi, intrecciato citazioni, quadri, musiche, rêveries.1 Diciannove, anzi venti storie numerate (visto che l’ultima mescola tutti i colori), per raccontare «con figure» dei colori, dei sentimenti, il senso di una vocazione. Un vecchio poeta che insegue un’imprendibile Cristofora, una controfigura di Pessoa che torna dopo una lunga assenza a Lisbona, dei versi di un Rilke (ovviamente non dichiarato) che lo scrittore avrebbe ricordato fino agli ultimi giorni di marzo agli amici («Mi riconosci tu, aria, tu che conoscevi i luoghi che una volta furono miei?»), suggestioni di/da Leopardi, García Lorca, Vieira da Silva, ma anche da Sophia de Mello Breyner Andresen e da Wisława Szymborska. A ogni colore corrispondeva (nel testo originario, e in quello derivato, che gli dava forma narrativa) un concetto, un sentimento, qualche cosa di astratto che aveva un senso, soggettivo e oggettivo, e che mirava a definire la vita. Alla maniera di Vieira da Silva, si potrebbe velocemente, senza alcuna pretesa di esaustività2 – anzi, scegliendo deliberatamente solo qualche tessera del complesso puzzle che abbiamo dinanzi, e disponendo i pochi pezzi in ordine alfabetico, per non condizionare il disegno –, declinare parole, facendole precedere da un piccolo codicillo o antefatto che funzioni, tabucchianamente, come un reservoir, un baule pieno di passioni. 0.1 – In un’intervista su La letteratura come enigma ed inquietudine, nel replicare a Carlos Gumpert sul melodramma come tipologia di «estetica a buon mercato», Tabucchi aveva risposto che il melodramma lo interessava, alla pari del romanzo d’appendice, «perché 168 ANNA DOLFI l’amore tradito, le passioni violente, la stessa idea del tradimento o della passione sono concetti fondamentali che appartengono intimamente alla nostra vita».3 E avrebbe continuato sostenendo che, come narratore e non solo, dinanzi alle risoluzioni civili della modernità, a lui non era il divorzio a interessare, ma «la passione».4 Comunque quanto rinviava al tragico, anche se nel nostro tempo vissuto talvolta fatalmente in minore, in modo ironicamente schermato, affidato a una musa «zoppa», a un’estetica da strada. La vita fatta dunque per essere vissuta, nelle sue contraddizioni, da tutte le prospettive, alte o basse, purché inscrivibili all’insegna dell’eccesso piuttosto che dell’assenza di partecipazione. Quell’eccesso che scuote ad esempio il malinconico scetticismo e l’individualistica scelta di Rich spingendolo a uccidere un ufficiale tedesco su una pista di rullaggio del Marocco francese in uno dei film più amati e citati dal nostro scrittore: Casablanca; o che guida gli intrecci del noir americano degli anni quaranta-cinquanta (nettamente preferito rispetto al cinema dell’assenza intellettuale di Antonioni) o le incontrollate, primitive passioni di Jean Gabin che tratteggiano, a dispetto di ogni enciclopedia, una vera, popolare comédie humaine. Vita da vivere insomma nella vita, al cinema, nei libri, e non per/da scrivere (come aveva voluto l’impotenza decadente), da ricostruire piuttosto casualmente a posteriori, sul filo del ricordo o della falsificazione, per il desiderio di dare voce a personaggi, a storie, vicende, a mondi appena intravisti. Se una vita non basta (come diceva Pessoa, e come ha più volte ricordato Tabucchi), ecco l’arte arrivare in soccorso, a moltiplicare non solo “i racconti”, ma i punti di vista, le declinazioni del possibile, i modi stessi della forma e della bellezza. Ma in singolare sintonia con le passioni private, elevate a tema/suggestione di racconto: i viaggi (possibilmente in luoghi lontani, capaci di nutrire straniamento e inquiétante étrangeté; o in paesi conosciuti, che consentono la mescolanza di musiche, sapori ed aromi ben noti); i quadri (dal Beato Angelico dell’infanzia al misterioso Velázquez de Las meninas, alle figure di Bosch, capaci di resistere ad ogni tentativo di interpretazione: unendo così la nativa Toscana al mondo ispanico e lusitano attraverso i grandi musei di Madrid e Lisbona); i film (a partire dagli archetipi russi eisensteiniani o dal Film beckettiano: i primi all’origine del montaggio del primo romanzo, Piazza d’Italia; l’altro filtrato forse in alcune suggestioni di specularità e modalità di sguardo alla base della stessa struttura di Notturno indiano); le musiche da strada amate da Drummond, poeta prediletto, se ad alcuni ALLA MANIERA DI VIEIRA DA SILVA. DODICI ISTANTANEE PER ANTONIO TABUCCHI 169 suoi versi avrebbe affidato persino il titolo mai pronunciato del suo libro postumo.5 Musiche che includevano il fado per il legame antropologico con il dramma e con la passione (di qui l’ammirazione, a dispetto di ogni utilizzazione politica, per il personaggio di Amália Rodrigues),6 passando poi da artisti (si pensi al nostro Fabrizio De André) capaci di risvegliare in forma moderna vecchi metri o ritmi (la ballata, la canzone…). E poi i libri, soprattutto i libri, per cercarvi risposte e per discuterne con gli amici, per riflettere sulla vita, e per aggiungere altre vite a quell’unica che abbiamo, e non basta. 1 – GLI AMICI Tive amigos que morriam, amigos que partiam Outros quebravam o seu rosto contra o tempo. Odiei o que era fácil Procurei-me na luz, no mar, no vento. (SOPHIA DE MELLO BREYNER ANDRESEN, Biografia) 2. IL CINEMA Si potrebbe cominciare dalla Corazzata Potëmkin di Ėjzenštejn e dalle sue lezioni di montaggio, all’origine della costruzione mossa, che intreccia tempi e personaggi in Piazza d’Italia. Ma al cinema7 in generale si può ascrivere, almeno in parte, anche la sapiente organizzazione dei tempi narrativi, la misura dei dialoghi (rari, all’apparenza incongrui, ma rigorosamente della giusta durata). Tanti i film citati o citabili: dal Porto delle nebbie di Carné a Casablanca, dal Ford di The Horse Soldiers, Rio Grande, A Yellow Ribbon (che appare in Anywhere out of the word) a Blow up di Antonioni, dall’Hitchcock della Donna che visse due volte (più di un ricordo nella campana e nel volo dal campanile di Voci portate da qualcosa, impossibile dire cosa) o del Caso Paradine (dal quale, e non solo, la figura in carne ed ossa di Loton, l’avvocato della Testa perduta di Damasceno Monteiro) a… Per non parlare dei film visti dal protagonista del Filo dell’orizzonte, o di Almodóvar, al quale ha dedicato uno dei suoi scritti più belli sul cinema. Anche in Tristano (che ha sulla copertina una spiaggia, delle valige, e un personaggio che ricorda l’Angelopoulos di O thiasos, un film citato, perfino troppo e anche fuori date)8 memorie e sintagmi del cinema: dal «Domani è un altro giorno» di Via col vento, al soprannome del protagonista, ispirato a Clark Gable. Ma forse sarebbero da citare soprattutto due film che mancano perché mai 170 ANNA DOLFI esistiti: quello girato senza pellicola dal regista di Festival (nel Tempo invecchia in fretta), che pure riesce a incidere sul reale; e quello profeticamente preannunciato dai Morti a tavola (che precede di non pochi anni Das Leben der Anderen di Florian Henckel von Donnersmarck: le vite degli altri, con un funzionario della Stasi che controlla, fino al rovesciamento dei ruoli, la vita di uno scrittore). 3 – LA CUCINA Non c’è quasi libro che non ridesti l’olfatto, il gusto, in uno scrittore che era – è successo spesso nel secondo Novecento europeo – anche un cuoco raffinato e inventivo. Se in Toscana (da commensale) i suoi piatti erano la bistecca alla fiorentina o il fritto di carciofi e cervella di “Cent’anni”, le pappardelle alla cacciagione di Calci o di Siena, il fritto misto di gamberi e totani alla “Barca” del Forte, quelli che si mangiano nei libri sono per lo più esotici, e la loro composizione è affidata al racconto dei personaggi o a dettagliate note del paratesto. Lasciate da parte – per mantenere la linea – le limonate zuccherate e le frittate di erbe di cui Pereira aveva fatto un uso pressoché esclusivo, ci si può limitare a due voci, prelevate da Requiem: un aperitivo, che ha a che fare con il barman del Museo di Arte Antica di Lisbona, e un piatto unico, cucinato dalla moglie del guardiano del faro. Per iniziare un Janelas Verdes’ Dream, che richiede 3/4 di vodka, 1/4 di succo di limone e un cucchiaino di menta piperita. Dalle dosi delle ultime due varia il gusto più o meno zuccherato della bevanda, che, naturalmente, va servita fresca, possibilmente con ghiaccio, dopo essere stata ben rimescolata dallo shaker. A seguire, rinunciando a una zuppa alentejana, che la cuoca forse sapeva fare ancora meglio, una Açorda de mariscos, con pane, uova, gamberi, frutti di mare. Sui quali bere buoni vini o champagne (purché ovviamente francese: Laurent-Perrier, Veuve Clicot sono i più frequentati dai personaggi di Tabucchi). 4 – LA FINZIONE Per definirla basta ricordare Puškin, Conrad e Pessoa citati, tradotti, collocati in esergo, e la sciarada esoterica del Marinaio di Pessoa che Tabucchi pone a continuazione dell’aforisma del IV atto della Tempesta shakespeariana («Noi siamo della stoffa / Di cui sono fatti i sogni…»): Ho pianto tante lacrime sulla finzione (Puškin) Prima si fa l’opera e poi si riflette su essa (Conrad) ALLA MANIERA DI VIEIRA DA SILVA. DODICI ISTANTANEE PER ANTONIO TABUCCHI 171 Il poeta è un fingitore / finge così completamente / che arriva a fingere che è dolore / il dolore che davvero sente (Pessoa) ma anche il «Chi era Ecuba per lui» dell’Amleto; e poi Un baule pieno di gente, Autobiografie altrui, dove, con raffinati, borgesiani giochi di specchi, l’autore indaga e riflette su sé e gli altri, fuori e dentro la finzione. 5 – L’IMPEGNO Quello che gli impediva di tacere se era in gioco la libertà (dunque prendeva sempre la penna contro ogni discriminazione, o persecuzione, ogni nazismo, o fascismo, o stragismo, storici o meno che fossero), pur sapendo che uno scrittore ha anche strumenti o obiettivi «più consoni», e che la vera fedeltà è quella che si deve alla propria “ispirazione” e alla propria scrittura. Dunque, mentre con grande coraggio combatteva sui giornali ribellandosi ad ogni facile acquiescenza, era come se brechtianamente pensasse che sarebbe stata «beata» una patria che non avesse avuto bisogno, non solo di eroi, ma neppure del suo engagement. 6 – I LIBRI E qui le citazioni si fanno difficili, perché, accanto ad autori che sono un costante ipotesto (Pessoa), ce ne sono altri che appaiono spesso nella narrativa o nella straordinaria saggistica tabucchiana. Ci limitiano alla prima: Cervantes, Calderón, Stevenson, Melville, Dostoevskij, James, Conrad, Čechov, Kipling (che avrebbe voluto autore dei Treni che vanno a Madras), Joyce, García Lorca, Drummond de Andrade, Barthes, la Sontag… Ma viene voglia di evocarne altri, più nascosti, che pure agiscono con una forza che continua a stupire. Penso a Les Natchez di Chateaubriand, al Baudelaire di Anywhere out of the word, a tanta narrativa portoghese e ispano-americana (Cortázar), alla poesia italiana (da Dante a Leopardi; ma nella narrativa da citare almeno Svevo, Gadda, Levi, Pasolini…), francese, greca (l’amato Kavafis)… E i greci alle origini, con la filosofia antica (i presocratici, i sofisti), la tragedia. E alla fine la Szymborska, che negli ultimi anni non mancava mai di ricordare e regalare agli amici. 7 – LA MUSICA Chopin, Schubert…, ma soprattutto le nenie (e filastrocche) dell’infanzia, ricordate da Tristano, alcuni canti di guerra (Lili Marle- 172 ANNA DOLFI ne), le ballate di De André, le canzoni napoletane, quelle francesi, il fado…, tutto quanto nella canzone riporta all’antico, al perduto, ai sogni, ai ricordi. «Struggenti canzoni, che ora sento cantate da una voce incrinata dalle offese del tempo, dalle rigature del vecchio disco recuperato che i tecnici non sono riusciti a cancellare, mentre i tasti del pianoforte sfiorati dalle dita di Lorca evocano atmosfere perdute, sono fragili fantasmi che evocano una cultura antica e raffinata che fu offesa e violentata dalla rozzezza degli stivali militari dei franchisti» (così in García Lorca, il poeta assassinato, sul “Corriere della Sera” del 31 maggio 1998), a dire anche quanto la musica si intrecci alla storia, e alle tracce lasciate nel tempo. 8 – I QUADRI Inutile ricordare ancora una volta il Beato Angelico di San Marco a Firenze (da cui I volatili del Beato Angelico); la Battaglia di San Romano di Paolo Uccello; l’onnipresente Velázquez, su cui si apre il Gioco del rovescio; Bosch, che con i suoi trittici, gli animali allegorici e il rimorso attraversa la narrativa (dall’Angelo nero a Requiem) o il Goya delle incisioni sui disastri della guerra (di cui si sarebbe ricordato anche nell’Oca al passo). Piuttosto il Van Gogh del Pont de Langlois, un piccolo quadro conservato a Colonia che è il punto di partenza, lo sfondo, lo spunto della Traduzione (un altro dei racconti dei Volatili), e le opere degli artisti moderni (Adami, Pericoli…) su cui non pochi pezzi di Racconti con figure. 9 – IL ROVESCIO Che è tutto: con l’oscillazione tra realtà e allucinazione, probabile e possibile, rêves e revés. «Gioco del rovescio», sì che non si sa mai da quale parte dello specchio ci si trovi davvero, dove sia la verità, dove la menzogna. Dove l’arte, dove la vita. 10 – IL SOGNO Più che di sogni9 (a cui pure avrebbe dedicato uno splendido libro: Sogni di sogni), i suoi personaggi sono affetti da quanto vi si combina: il sonno, raro, dunque soprattutto l’insonnia, che, con Blanchot, «rende la notte presente», consentendo di vivere entro il suo leggero delirio. Nutrendo anche la scrittura, alimentando le storie, consentendo raddoppiamenti. ALLA MANIERA DI VIEIRA DA SILVA. DODICI ISTANTANEE PER ANTONIO TABUCCHI 173 11 – I VIAGGI Viaggi veri o immaginari, autobiografici o per interposta persona, in treno o in aereo, in movimento o in mobilità ridotta, dentro le storie o dentro i libri… Viaggi e altri viaggi, come recita il titolo di uno degli ultimi libri, quando poi si ricordi che il «senso di Itaca è del resto il viaggio di Ulisse, come ci dice la straordinaria poesia di Costantino Kavafis (“Itaca ti ha dato il bel viaggio / senza di lei non saresti mai partito: cosa vuoi di più?”). Che poi è anche uno dei sensi della letteratura, che nasce dal desiderio per suscitare il desiderio».10 Senza dimenticare che i viaggiatori dei romanzi-racconti di Tabucchi sono per lo più viaggiatori immobili: frequentano le stazioni, gli ospedali, gli hotel, gli scompartimenti ferroviari, e vivono e parlano soprattutto al buio, alla tenue luce delle veilleuses. 12 – LA VITA Dentro la quale sta tutto: gli amici, il cinema, la cucina, la finzione, l’impegno, i libri, la musica, i quadri, il rovescio, il sogno, i viaggi…, la vita. 1 A. TABUCCHI, Gli eredi ringraziano, in Racconti con figure, a cura di T. Rimini, Sellerio, Palermo 2011, pp. 139-156 (sono di Tabucchi gli aggettivi che, nel testo, definiscono la lacca di garanzia). 2 Per ogni indicazione, anche della bibliografia sull’autore, sia consentito il rinvio a A. DOLFI, Tabucchi, la specularità il rimorso, Bulzoni, Roma 2006 e EAD., Gli oggetti e il tempo della saudade. Le storie inafferrabili di Antonio Tabucchi, Le Lettere, Firenze 2010. Cfr. anche, oltre agli atti degli incontri di Parigi e di Aix-en-Provence, per quanto più specificamente ci riguarda, I “notturni” di Antonio Tabucchi, Atti di seminario (Firenze 12-13 maggio 2008), a cura di A. Dolfi, Bulzoni, Roma 2008. 3 A. TABUCCHI, Muse assenti, muse presenti, in La letteratura come enigma ed inquietudine, in Dedica a Antonio Tabucchi, a cura di C. Cattaruzza, Associazione Provinciale per la Prosa, Pordenone 2001, p. 56. 4 «A me non interessa il divorzio, mi interessa la passione. Il divorzio non è letterario, è un argomento noiosissimo che serve solo agli americani per i loro film. Il melodramma, invece, è la forma moderna della tragedia» (ibidem). 5 Di tutto resta un poco. Scritti su letteratura e cinema, a cura di A. Dolfi, la cui uscita è prevista da Feltrinelli per la primavera 2013. 6 Cfr. A. TABUCCHI, La forza di un destino, in “Corriere della Sera”, 14 ottobre 1999, p. 35: «Posseggo ancora i primi dischi di quella straordinaria esibizione [all’Olympia di Parigi negli anni cinquanta…]: un 45 giri dove il suo bel volto squadrato e tragico di donna del Sud […] il paradigma del Portogallo di allora. E un 78 giri dove è fotografata in scena, al teatro parigino, a mezzaluce, mentre sta cantando. Ha la posa statuaria di un sacerdote che sta celebrando un rito, la testa orgogliosamente alta, uno scialle nero di trina sulle spalle. Ed è bellissima. Credo che sia anche attraverso quella sua postura 174 ANNA DOLFI che Amalia è entrata nel nostro immaginario: perché ha fatto capire che il fado non è solo una manifestazione canora, ma un fatto antropologico, un modo di esprimere la vita, le sue contrarietà e spesso le sue disgrazie: e di dolersene con il pudore e il rispetto che la vita comunque merita, anche quando essa è una sciagura […]. Questa carica di valenze e misteri, Amalia non la portava solo nella sua bellissima voce ma anche nel modo di cantare il fado, recuperando una espressione che era sempre stata relegata nelle taverne o nei lupanari ed elevandola alla dignità di una musica che poteva essere eseguita nei grandi teatri del mondo. Che sia diventata un’icona non stupisce […]. Amalia aveva simpatie salazariste, cosa non difficile da capire se si pensa alla sua carriera. Ragazzina venditrice di arance con la cesta sulla testa nei rioni di Lisbona, scoperta negli anni quaranta da un potente signore […]. A quelle sue origini Amalia doveva la sua fortuna. Qualche sciocco esagitato, nel ’75, nel momento più convulso della rivoluzione portoghese, aveva preteso di metterla al bando per questo suo presunto “collaborazionismo”, dimenticando che Amalia aveva anche interpretato con ineguagliabile maestria poesie di grandi poeti antifascisti. Come Alexandre O’Neill o David Moura~o Ferreira, con le musiche di un musicista di eccezione come Alain Ulmann, uno dei maggiori compositori di fados che pur non essendo portoghese ce ne ha regalato fra i più belli, forse perché del fado sentiva da Ebreo nomade quale fu che esso era una musica “lontana”». 7 Ma sul cinema cfr. T. RIMINI, Album Tabucchi. L’immagine nelle opere di Antonio Tabucchi, Sellerio, Palermo 2011. 8 Ma a questo proposito, e non solo, cfr. A. DOLFI, Cinéma, cinéma, in De l’image dans la littérature et de la littérature à l’image. Du muet à la vidéo. Littératures espagnole et italienne des XIXe, XXe et XXe siècles, Actes du colloque international (Paris 1921 mai 2011), sous la direction d’A. Allaigre, M. Fratnik et P. Thibaudeau, [numero monografico di] “Travaux et documents”, 2011 (in corso di stampa). 9 Ma sul sogno in Tabucchi si veda soprattutto N. TRENTINI, Una scrittura in partita doppia. Tabucchi fra romanzo e racconto, Bulzoni, Roma 2003. 10 A. TABUCCHI, Da Atlantide a Lisbona, le città del desiderio, in “Corriere della Sera”, 18 dicembre 1998.