Il Medico Competente nel Sistema Prevenzionale Tutela di
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Il Medico Competente nel Sistema Prevenzionale Tutela di
Il Medico Competente nel Sistema Prevenzionale Tutela di apprendisti, lavoratrici madri, minori (dr. Francesco Nollino – Dir. Prov. di Como) INDICE 1. PREMESSA 2. LA SORVEGLIANZA SANITARIA – LA PREVENZIONE PRIMARIA E SECONDARIA 3. LA CLASSIFICAZIONE DELLE VISITE MEDICHE 4. LE VISITE MEDICHE OBBLIGATORIE PER LA TUTELA DEI LAVORATORI 5. LA SORVEGLIANZA MEDICA “SPECIALE” 5.1. LA TUTELA DEI FANCIULLI E DEGLI ADOLESCENTI 5.2. LA TUTELA DELL’APPRENDISTATO 5.3. LA TUTELA DELLE LAVORATRICI MADRI 6. CONCLUSIONI 1. PREMESSA Prima di passare in rassegna gli “istituti c.d. speciali: apprendistato – lavoratrici madri minorenni” , correlati alla figura del medico competente, pare utile annotare alcuni concetti preliminari alla materia in trattazione . Nell’architettura del quadro normativo tracciato dal D.Lgs n.626/94, l’analisi degli istituti di tutela sanitaria dei lavoratori, non può prescindere, nella sua genesi precettizia, dal basilare obbligo, incombente su ogni datore di lavoro, della valutazione dei rischi, pilastro della nuova concezione della sicurezza nei luoghi di lavoro di ispirazione comunitaria. E’ in questa particolare incombenza, infatti, che deve trovare posto un’analisi delle possibili malattie (tecnopatie) derivanti dalla particolarità del lavoro. Nella prima fase dell’onere della valutazione dei rischi (art.4 del D.Lgs. n.626/94) il datore di lavoro non deve limitarsi a descrivere i rischi per la sicurezza dei lavoratori bensì deve individuarli per poterli eliminare. La giurisprudenza di legittimità ricorda in proposito (Cass.pen., IV, 3/11/1989, n.14396) che non costituisce reato in sé provocare una malattia professionale, bensì il non avere adottato tutte le misure tecniche possibili per prevenirla. In linea , pertanto, con il tenore della previsione dell’art.4 del D.Lgs. n.626/94, la valutazione dei rischi deve essere concepita in modo da individuare le misure che consentano di eliminare o, almeno, ridurre al minimo tecnicamente fattibile, i rischi individuati. A tal proposito, però, va ricordato che l’onere della sorveglianza sanitaria non è secondo legge generalizzato, per espressa ed inconfutabile previsione dell’art.16, comma 1, del D.Lgs. n.626/94, che recita “la sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente” In considerazione ,quindi, della delicatezza e dell’insindacabilità della materia sanitaria , viene spontaneo porre alcune domande tese a far riaprire un dibattito(a mio sommesso parere da tempo trascurato) sul rapporto del medico competente nel sistema prevenzionale . In particolare ci si domanda : - - - - come è possibile, in pratica, che il datore di lavoro stabilisca “serenamente”se nel proprio ambiente di lavoro le singole lavorazioni possano esporre o meno i singoli lavoratori a rischi di tecnopatie? Di quale immane bagaglio professionale dovrebbe disporre il “povero “ datore di lavoro per essere in grado di rispondere a tale complesso quesito che lo esporrebbe ad apprezzamenti e valutazioni di riflessi sanitari di comprensibile e particolare delicatezza? Come potrebbe, in altri termini, costui avere autonoma conoscenza dei danni biologici che la prolungata esposizione a determinate sostanze nocive può provocare e degli effetti sinergici? Come conoscere adeguatamente i rischi potenziali delle singole lavorazioni e stimarli in rapporto alle condizioni fisiche soggettive ? In realtà, non è questo che si chiede al vertice della responsabilità aziendale! Ragioni di opportunità e diligenza, tuttavia, muoveranno il datore di lavoro più prudente o quello consapevole della complessità dei rischi presenti nell’attività imprenditoriale esercitata, a richiedere, ad esempio, in occasione del non facile impegno della valutazione dei rischi, anche e soprattutto l’apporto collaborativo di un “medico competente”. Ciò non significa che tale prestazione, ove facoltativamente e sensatamente richiesta, debba necessariamente preludere ad un “vincolo” professionale con il sanitario. L’art. 4, comma 6, in proposito, rammenta che il datore di lavoro ha l’obbligo di richiedere la collaborazione del medico competente (unitamente a quella del "responsabile del servizio di prevenzione e protezione”) solo “nei casi in cui sia obbligatoria la sorveglianza sanitaria”, intesa necessaria, concettualmente, ad opera del medico competente, a gestire il rischio residuo di tecnopatie. Un consulto facoltativo del professionista sanitario appare peraltro più che opportuno in sede di ricognizione dei rischi, laddove, ad esempio, possa servire ad eliminare, qualora possibile e compatibile con le esigenze tecniche e/o produttive, talune sostanze pericolose o nocive o, addirittura, determinate metodiche lavorative, eliminando nel contempo l’onere delle visite mediche obbligatorie e quindi quello sistematico del vincolo della sorveglianza sanitaria, in quanto non prevista. Tanto appare in linea, oltretutto, con il disposto dell’art.3 del D.Lgs. n.626/94 che, fra le misure generali di tutela per la protezione della salute e per la sicurezza , oltre all’eliminazione o alla riduzione dei rischi, prevede specificamente la “sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso”. Della particolare attenzione e sensibilità del legislatore del D. Lgs. 626/94 riservate agli indiscussi valori della sorveglianza sanitaria, inserita con “posto d’onore” nel sistemaprevenzionale , è testimonianza la codificazione di obblighi penalmente sanzionati. Il datore di lavoro soggiace, ad esempio, ai sensi dell’art.4, co.4, lett.c, della mancata nomina del medico competente, alla penalità ex art.89, co.2, lett. "b”. Parimenti il datore di lavoro in attività non soggetta alla sorveglianza sanitaria , in una interpretazione alquanto estensiva , ha l’obbligo ex art. 4 comma 5 lett. “c” nell’affidare i compiti ai suoi dipendenti deve tener conto delle capacità in rapporto alla loro condizione di salute. (penalità ex art.89, co.2, lett. "b”). Lo stesso lavoratore , ai sensi dell’art.5, co.2, quando non si sottoponga ai previsti controlli sanitari o non collabori all’adempimento di tutti gli obblighi vigenti tesi alla tutela della salute durante il lavoro è punito ex art.93, co.1, lett. a. Il medico competente, a differenza di quanto prevedeva la vecchia normativa, una volta nominato risponde penalmente, in caso di inadempimento, ai sensi dell’art.17, per una serie di obblighi : professionali, come l’effettuazione degli accertamenti sanitari previsti per legge (penalità : art.92, lett.a); informativi, come le informazioni da fornire ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività che comporta l’esposizione a tali agenti (penalità -art.92, lett.b); collaborativi, con il datore di lavoro, come nella predisposizione del servizio di pronto soccorso (penalità -art.92, lett.a); La “riscoperta “ e la “rivalutazione dell’opera del professionista sanitario, del quale vengono individuati peculiari requisiti professionali specialistici e una metodica di intervento attivo nella realtà produttiva aziendale, è forse la nota più significativa nelle scelte della nuova disciplina sulla tutela della salute. E’ condivisa, infatti, su tutti i fronti la necessità di una svolta di metodo nella figura del medico “di fabbrica” : non più un professionista “sedentario” che certifica a tavolino, come un medico di base, l’effettuazione di “frettolose” visite mediche” preventive e periodiche), ma una nuova figura di specialista della prevenzione sanitaria nei luoghi di lavoro, anch’egli protagonista nel sistema–prevenzionale con nuovi e dettagliati compiti professionali, collaborativi e informativi soprarichiamati che lo vogliono attivamente vicino, anzi “inserito”, nelle problematiche di “reparto”. E’ questo indubbiamente il riconoscimento più gratificante per la professionalità e l’impegno del medico del lavoro che, quanto più chiamato ad esperire il suo controllo sulla fonte del rischio, tanto più potrà dare il contributo più efficace ed eticamente corretto nell’opera di prevenzione e di tutela della salute dalle tecnopatie. 2. LA SORVEGLIANZA SANITARIA LA PREVENZIONE PRIMARIA E SECONDARIA Ma vediamo nell’attuale contesto normativo (pur frammentario e disomogeneo) come è possibile riportare entro modelli sistematici gli obblighi delle visite mediche preventive e periodiche (unitamente ai giudizi di idoneità) che, nel contesto globale della sorveglianza sanitaria, devono trovare, complementariamente, spazio e sistemazione appropriati. E’ necessario, a tal fine, tenere concettualmente presente che: la sorveglianza sanitaria è il complesso dell’attività informativa, valutativa e di accertamento a tutela della salute dei lavoratori, ove con il termine salute si intende la idoneità psicofisica specifica a svolgere la mansione lavorativa. Tale concetto trova puntuale riscontro nella terminologia giuridica usata al secondo comma dell’art.16 del D.Lgs. n.626/94, che definisce quale contenuto della sorveglianza sanitaria: gli accertamenti preventivi intesi a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica; gli accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. Detti accertamenti (comma 3) comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio e ritenuti necessari dal medico competente. Poiché la sorveglianza sanitaria ha indubbie finalità di prevenzione è necessario distinguere: la prevenzione primaria che è il complesso delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi dell’attività lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno; la prevenzione secondaria quale individuazione dei fattori di predisposizione e diagnosi delle malattie nonché la cura dei lavoratori. In tale distinzione comunemente accettata, la sorveglianza sanitaria rappresenta la massima espressione dell’azione di prevenzione secondaria. 3. LA CLASSIFICAZIONE DELLE VISITE MEDICHE La disamina della tipologia delle visite mediche (per affrontare nel contempo aspetti suscettibili di contrasti) ha la preliminare necessità di pervenire ad una distinzione di massima tra visite mediche cd. facoltative e visite mediche obbligatorie. Nel primo gruppo (le facoltative) debbono trovare spazio quelle visite che possono essere richieste dal datore di lavoro sui propri dipendenti, finalizzate ad accertare l’idoneità al lavoro e che debbono essere necessariamente eseguite attraverso le strutture pubbliche secondo la tutela di cui all’art.5 dello Statuto dei lavoratori (L. n.300/70). In tal caso è posto il divieto di accertamenti da parte del datore di lavoro sull’idoneità e sull’infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente (cfr. Cass. pen., III, 20/6/1991, n.6828).La differenza tra questi accertamenti sanitari e le visite mediche obbligatorie consiste nel fatto che il controllo di cui parla lo Statuto dei lavoratori essenzialmente riguarda l’inidoneità fisica generica a riprendere un’attività dopo assenze per malattie o infortuni extralavorativi, a differenza dell’esistenza di idoneità specifica a continuare o meno un’attività industriale che può comportare malattie professionali, da effettuarsi senza che si sia determinata assenza dal lavoro. Le visite mediche (preventive e periodiche) obbligatorie eseguite dal medico competente rappresenterebbero in un certo qual modo delle deroghe all’art.5 della L. n.300/70 citata, essendo specificamente previste da una varietà di leggi disseminate in un arco di tempo di ampiezza epocale. 4. LE VISITE MEDICHE OBBLIGATORIE PER LA TUTELA DEI LAVORATORI Le visite mediche finalizzate alla prevenzione della salute e dell’integrità psico-fisica dei lavoratori, da eseguirsi da parte del medico competente, sono previste come in sintesi di seguito annotate, da una serie di leggi speciali disseminate nella planetaria e frammentaria normativa sulla sicurezza e l’igiene del lavoro. Esse hanno carattere preventivo, da espletarsi cioè prima dell’ammissione al lavoro per constatare il possesso dei requisiti di idoneità all’attività alla quale i lavoratori da assumere sono destinati, e carattere periodico da eseguirsi cioè successivamente a determinati intervalli di tempo durante il rapporto di lavoro, per constatare eventuali danni psico-fisici derivanti dal lavoro svolto. Tali obblighi sono assistiti da tutela penale e le relative infrazioni costituiscono contravvenzioni punite quasi sempre con la pena dell’ammenda alternativa all’arresto. Esse possono essere quindi estinte con la procedura prevista negli artt.20/25 del D.Lgs. n.758/94, oppure, ove questa non sia applicabile, con la procedura prevista dall’art.162 bis C.P. Tali visite riguardano : 1) Lavorazioni industriali “tabellate” di cui all’art.33 del D.P:R. n.303/56 (norme generali per l’igiene del lavoro) erano previste, in un’elencazione di 57 cause di rischio, lavorazioni industriali che esponevano all’azione di sostanze tossiche o infettanti o comunque nocive per le quali vigeva l’obbligo per i lavoratori subordinati addetti, senza distinzione di età, di essere sottoposti a visite mediche preventive e periodiche L' articolo 72 decies abolisce l'obbligatorietà delle visite mediche preventive e periodiche sulla base di un rischio tabellato, e pertanto presunto, e prescrive semplicemente l'obbligo della sorveglianza sanitaria per le sostanze classificate, tranne che nei casi di rischio moderato in cui siano state applicate le sole misure generali di prevenzione. Non è esagerato affermare che la quasi totale abolizione (da 1 a 44 e la voce 47 sostanze cancerogene) della tabella ex articolo 33 del D.P.R. n. 303/1956 è una importantissima occasione di responsabilizzazione e di maggior coinvolgimento del medico competente, chiamato ad un ruolo più pesante nella valutazione del rischio e nelle decisioni a fini di prevenzione. Ciò non comporta che necessariamente un medico competente debba esprimersi sull'attivare o meno la sorveglianza sanitaria; in fil di norma la decisione ,come si diceva in premessa, spetta al datore di lavoro, che può decidere anche sulla base di evidenze in suo possesso; peraltro le società di consulenza cui assai spesso si rivolgono i datori di lavoro, specie nelle realtà di più ridotte dimensioni, si ritiene debbano avere a disposizione competenze specialistiche in grado di adeguatamente motivare la scelta.Non definisce periodismi, se non genericamente «di norma una volta l'anno» , dandone completa responsabilità al medico competente che ne deve motivare l'adeguatezza in fase di valutazione dei rischi; è la sostanziale istituzione del protocollo sanitario, in cui il medico competente illustra e motiva la propria attività clinica e prevenzionistica. Importante, e da sottolineare con forza, è anche il comma 8 , che innesca una dinamica positiva di confronto tra servizi delle ASL e medici competenti, spostando il confronto sul piano tecnico e della professionalità e stimolando un ruolo di indirizzo e di coordinamento, anche epidemiologico, da parte della struttura pubblica. 5. LA SORVEGLIANZA MEDICA SPECIALE Forme di tutela sanitaria particolare si rinvengono in determinati istituti normativi della legislazione speciale che meritano una trattazione a parte per un necessario raccordo nella materia con i correlati adempimenti della sorveglianza sanitaria di carattere “generale” che spesso viene a sovrapporsi agli adempimenti di carattere “speciale”. 5.1 LA TUTELA DELL’APPRENDISTATO Per quanto riguarda gli apprendisti ex art. 4 legge n. 25 del 1955, tuttora in vigore nonostante la riforma dell'apprendistato attuata con il decreto legislativo n. 276/2003 (cd. legge Biagi), prevede che l'assunzione dell'apprendista debba essere preceduta da visita sanitaria per l'accertamento delle condizioni fisiche che consentano l'occupazione nel lavoro per il quale deve essere assunto. A seguito delle significative modifiche apportate alla L. n.25/55 sulla disciplina dell’apprendistato, dall’art.16 della precedente L. n.196/97 (norme in materia di promozione dell’occupazione) possono essere assunti in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato, i giovani di età non inferiore a 16 anni e non superiore a 24 (ovvero a 26 anni nelle aree di cui agli obiettivi n.1 e 2 de regolamento CEE n. 2081/93 del Consiglio del 20 luglio 1993 e successive modificazioni. Va tenuto presente poi, che per esplicita previsione dello stesso art.16 (2° periodo) “sono fatti salvi i divieti e le limitazioni previsti dalla legge sulla tutela dei fanciulli e degli adolescenti” che, pertanto, si pone con carattere di specialità rispetto alla disciplina dell’apprendistato. Di conseguenza, in tema di visite mediche obbligatorie, per l’apprendista “maggiorenne”, fermo restando l’osservanza della enunciata disciplina in materia di sorveglianza sanitaria, ovviamente ove richiamata nei casi previsti dalla normativa vigente, continuano ad applicarsi le previsioni di cui all’art.4 della citata l. n.25/55. Tale norma condiziona l’avviamento al lavoro degli apprendisti presso le imprese “non artigiane” al previo accertamento con visita sanitaria dell’idoneità delle loro condizioni fisiche al particolare lavoro per il quale devono essere assunti. Anche gli apprendisti assunti da imprese artigiane non possono essere adibiti al lavoro prima della visita sanitaria che ha luogo dopo la comunicazione di assunzione. L’accertamento è eseguito gratuitamente dall’Autorità sanitaria a seguito di richiesta da parte della competente Sezione circoscrizionale del lavoro. Va evidenziato che tale obbligo è sfornito di sanzioni specifiche in quanto trattasi di atto dovuto da parte della pubblica Autorità. Per gli apprendisti soggetti poi alla sorveglianza sanitaria, in base al Dlgs n. 626/1994, sussiste anche l'obbligo di accertamenti sanitari mirati alla tutela della salute e della sicurezza del lavoratore in relazione ai rischi specifici presenti nell'azienda quali risultano dal documento di valutazione dei rischi. ADEMPIMENTI IN SINTESI I datori di lavoro che intendano assumere un apprendista(adolescente) devono sottoporlo ad una visita medica preassuntiva, per l'accertamento dell'idoneità delle condizioni fisiche al particolare lavoro per il quale deve essere assunto. Nel caso di assunzione di un apprendista minorenne, la visita medica non presenta alcuna peculiarità e sarà effettuata (a pagamento) dal medico del Servizio sanitario nazionale o dal medico competente, secondo le regole in precedenza indicate per l'assunzione dei minori. Per gli apprendisti maggiorenni, la visita medica è richiesta dal Centro per l'Impiego all'Azienda sanitaria locale competente per territorio, a seguito della comunicazione di assunzione del datore di lavoro. La visita medica preassuntiva dell'apprendista maggiorenne, ai sensi dell'art. 9 del Dpr 30 dicembre 1956, n. 1668, è gratuita. Occorre ricordare che il mancato assolvimento di tale obbligo, previsto dall'art. 4 della legge 19 gennaio 1955, n. 25, non è corredato da alcuna sanzione. N.B. La legge regionale n. 12 del 4 agosto 2003 non si occupa più delle seguenti visite e relativi certificati: a) il certificato di sana e robusta costituzione;b) il certificato di idoneità fisica per l'assunzione nel pubblico impiego; c) il certificato di idoneità fisica per l'assunzione di insegnanti;d) il certificato di idoneità fisica per l'assunzione di minori;e) il certificato di idoneità psicofisica per la frequenza di istituti professionali o corsi di formazione professionale»nonchè degli apprendisti, materia che tuttavia viene menzionata nella predetta circolare esplicativa della Regione (n. 33/San del 17 novembre 2003 cfr la nota successiva), secondo la quale la previsione della citata legge regionale , in tema di certificazioni di idoneità fisica per l'assunzione di minori non esposti a rischio specifico, valgono «a maggior ragione anche per gli apprendisti a prescindere dall'età anagrafica». 5.2. LA TUTELA DEI BAMBINI E DEGLI ADOLESCENTI La L. n. 977/67, all’art. 8, così come modificato dall’art. 9 del D. Lgs. n. 345/99, formula una nuova sistematica delle visite mediche obbligatorie e dei giudizi di idoneità riservati ai bambini e agli adolescenti. Viene delineata la seguente ripartizione : gli adolescenti (i minori di età compresa tra i 15 e i 18 anni di età non più soggetti all’obbligo scolastico) adibiti alle attività lavorative soggette alle norme sulla sorveglianza sanitaria dei lavoratori in base al titolo I, capo IV del D.Lgs. n.626/94, sono assoggettati agli obblighi di tale sorveglianza; i minori adibiti, invece, ad attività lavorative “diverse” (sempre che non rientranti nelle (numerose) lavorazioni vietate elencate nell’apposito allegato I (introdotto dall’art.15 del D.Lgs. n.345/99), sono soggetti a visite mediche di idoneità preventive e periodiche annuali (art.8, co.3) da effettuarsi a cura e spese del datore di lavoro presso l’azienda unità sanitaria locale territorialmente competente. In caso di idoneità parziale, il medico della citata struttura pubblica deve specificare nell’apposito certificato, i lavori ai quali il minore non può essere adibito. Le visite sanitarie dei minori I minori prima di essere ammessi al lavoro, devono essere sottoposti, a cura e spese del datore di lavoro, ad una visita medica che attesti l'idoneità allo svolgimento dell'attività lavorativa alla quale saranno destinati. Tale condizione di idoneità deve essere successivamente confermata mediante visite mediche periodiche ad intervalli non superiori ad un anno. Organi competenti alla certificazione sanitaria prima della riforma L' articolo 8 della legge 17 ottobre 1967, n. 977, vecchio testo, stabiliva che le visite mediche preassuntive e periodiche dei minori "si devono effettuare a cura e spese del datore di lavoro, presso l'unità sanitaria locale territorialmente competente" . Gli adolescenti impiegati nelle attività lavorative soggette alle norme sulla sorveglianza sanitaria di cui agli artt. 16 e 17 del Dlgs 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni, erano esclusi dalla disciplina generale sull'accertamento medico dell'idoneità lavorativa e l'esecuzione delle visite era affidata al medico competente, individuato ai sensi dell'art. 16, comma 5, del medesimo decreto. LE NOVITA’ DOPO LA RIFORMA .(stralcio . Riv. AMBIENTE & SICUREZZA del 31.10.2000 ) Nel nuovo decreto correttivo viene innanzitutto ribadito che gli adolescenti non possono svolgere le lavorazioni, i processi e i lavori previsti nell'allegato I (che risulta molto più severo rispetto alla precedente normativa) con due eccezioni importanti: - per gli adolescenti coinvolti in corsi di formazione professionale e per motivi didattici; - per gli apprendisti che, quindi svolgono un'attività che si può equiparare, a tutti gli effetti, a quella formativa vista in precedenza; questa, tuttavia, deve essere preventivamente autorizzata dalla Direzione Provinciale del Lavoro per quelle aziende che intendano utilizzare gli adolescenti in lavorazioni altrimenti vietate. Un aspetto importante, introdotto ex novo dalla norma, riguarda la necessità che l'autorizzazione sia preceduta da un parere tecnico sanitario formulato dal competente Servizio ASL ; questo dovrà naturalmente riguardare l'effettuazione di un'adeguata valutazione del rischio, mirata anche alla presenza di lavoratori minorenni e alla predisposizione di specifiche misure preventive. Il comma 5 dell'articolo 7 impone che gli adolescenti, sottoposti a livelli di esposizione media giornaliera superiori a 80 DBA, debbano non solo essere dotati di cuffie o tappi auricolari ed essere formati sul loro utilizzo, ma abbiano l'obbligo di utilizzarli. Inoltre, per gli adolescenti, l'obbligo di sorveglianza sanitaria, stabilito genericamente per tutti i lavoratori dall'articolo 44 del D.Lgs. 277/1991, viene esteso anche per le lavorazioni che espongono a un Lepd (livello di esposizione giornaliero medio a rumore) compreso tra 80 e 85 DBA; viene, inoltre, imposta una periodicità di visita più ravvicinata rispetto a quella prevista per la generalità dei lavoratori: - visite biennali se il Lepd è compreso tra 80 ed 85 DBA; - visite annuali per esposizioni comprese tra 85 e 90 DBA. A questo proposito, va inoltre ricordato che l'allegato I, che prevedeva l'impossibilità di adibire gli adolescenti a lavorazioni che esponessero a un livello di Lepd superiore a 80 DBA, è stato modificato nel senso di un innalzamento di tale limite a 90 DBA. Tutte queste disposizioni specifiche per i minori, naturalmente, tengono conto di una particolare condizione di ipersuscettibilità di questi lavoratori che, quindi, devono essere tutelati con indicazioni normative più restrittive rispetto alla popolazione generale. Questo concetto ha ispirato anche la redazione dell'allegato I del D.Lgs. 345/1999 che definisce, in modo molto restrittivo, le lavorazioni vietate esplicitamente e specificamente ai lavoratori adolescenti (fatte salve le deroghe sopra riportate). A questo proposito, vanno solo ricordate, nel decreto correttivo, alcune modifiche che sembrano rendere un po' meno limitativo l'accesso al mondo del lavoro per gli adolescenti; in particolare, oltre all'importante modifica riguardante i livelli di esposizione a rumore, sopra citata, si ricordano quelle inerenti l'esposizione a sostanze irritanti (allegato I, lettera c) del punto 3 concernente gli "agenti chimici") e quelle, diverse ma, si ritiene, significative, del punto 2 inerente i "processi e lavori" cui si rimanda per gli aspetti di dettaglio. Un altro importante argomento oggetto di modifica riguarda l'effettuazione delle visite mediche cui devono essere sottoposti i minori. A questo proposito, va innanzitutto ricordato che nulla cambia circa il problema dell'obbligatorietà della loro sorveglianza sanitaria; in tutte le tipologie di attività essi devono esservi sottoposti. In particolare, con le nuove modifiche, viene stabilito che le visite mediche, per i minori addetti o da adibire a lavorazioni non soggette alle norme che definiscono gli obblighi di sorveglianza sanitaria, possono essere effettuate da un medico del Servizio Sanitario Nazionale. Va ricordato che la visita si conclude con la redazione di un certificato che esprime un giudizio di idoneità specifica per una mansione lavorativa; sembra quindi interesse del lavoratore e del datore di lavoro rivolgersi a medici del lavoro nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale. da). Un aspetto non trascurabile, inerente la sorveglianza sanitaria dei minori, riguarda la necessità di definire le tipologie di attività in cui la si ritiene obbligatoria per legge, al fine di stabilire se essa debba essere affidata ai medici del Servizio Sanitario Nazionale ovvero al medico d'azienda. A questo proposito, viene fornito una prima indicazione(fonte Regione Lombardia) che suddivide le attività lavorative in tre gruppi: 1) tipologie di attività per le quali si ritiene obbligatoria la sorveglianza sanitaria; 2) tipologie di attività per le quali l'obbligo di sorveglianza sanitaria deriva da quanto emerge dalla valutazione dei rischi; 3) tipologie di attività per cui non vi è obbligo di sorveglianza sanitaria. Si ribadiscono, da ultimo, gli obblighi specifici relativi alla sorveglianza sanitaria dei minori esposti a livelli medi di rumore superiori a 80 DBA (vedi sopra). In conclusione, sembra opportuno un commento generale che cerchi di comprendere lo spirito che caratterizza la legislazione in materia di inserimento dei minori in un ambiente lavorativo che non ne comprometta in alcun modo la salute. In primo luogo, va ribadito un concetto già espresso: il legislatore ha considerato il lavoratore minorenne come un soggetto più vulnerabile ovvero “fragile”nell'ambiente di lavoro e ha, quindi, previsto una serie di misure preventive più restrittive rispetto a quelle richieste per soggetti adulti non appartenenti a categorie "protette". Il datore di lavoro che intenda assumere minori dovrà, quindi, predisporre un'integrazione alla propria valutazione del rischio (documento redatto a norma del D.Lgs. 626/1994) ed eventualmente integrare le misure preventive generali adottate, tenendo conto di questa tipologia di lavoratori particolarmente suscettibili I medici del Servizio sanitario nazionale L'articolo 2 del Dlgs 18 agosto 2000, n. 262, ha parzialmente riscritto l' art. 3 della legge 17 ottobre 1967, n. 977, stabilendo che "le visite mediche sono effettuate a cura e spese del datore di lavoro, presso un medico del Servizio sanitario nazionale" . Per le attività soggette a sorveglianza sanitaria, il decreto legislativo sopracitato non apporta alcuna modifica e pertanto si ribadisce che le visite sui minori rimangono affidate al medico competente. N.B. La Regione Lombardia, con la precedentemente legge menzionata, al fine di ridurre le attività per le quali non vi sono evidenze di utilità e che comportano un notevole dispiego di risorse , procede all'abolizione di una serie di certificazioni sanitarie, tra cui fa ricadere anche la visita medica di minori e apprendisti. La scelta operata dalla Regione Lombardia è chiaramente in contrasto con le disposizioni contenute nell'articolo 8 della legge n. 977/1967, in quanto interviene in una materia già diversamente disciplinata da una legge di grado superiore e per tale ragione il Consiglio dei Ministri in data 3 ottobre 2003, su proposta del dipartimento degli Affari Regionali, ha presentato ricorso alla Corte Costituzionale, per far dichiarare l'illegittimità costituzionale della legge regionale di cui si discute, con particolare riferimento agli articoli 2 e 4, comma 4. Con la sentenza n. 162/2004 la Consulta ha dato ragione alla Regione Lombardia ed ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 2 e 4 della legge regionale n. 12 del 2003 Al riguardo della citata legge Regionale si fa presente che con un argomentare di elevata disquisizione giuridica il Supremo Organo Consultivo(C.d.S.) nella questione sorta tra Regione Lombardia e Ministero del Lavoro , sulla presunta abrogazione delle visite preassuntive ex art.8/977, in ambito del territorio regionale, si è espresso con parere n. 3208/2005 del 9 novembre 2005 , favorevole al citato Dicastero , condividendo totalmente le perplessità della citata Amministrazione riferente, tale che la Sezione incaricata ha ritenuto la tesi della Regione Lombardia priva di fondamento giuridico. Nella materia del contendere l’Organo Consultivo, richiama la direttiva 94/33/CE del 22 giugno 1994 che detta prescrizioni minime, ai sensi dell'art. 137 del Trattato CE così come modificato dal Trattato di Amsterdam, per garantire un livello più elevato di protezione della salute e sicurezza dei minori, nel complesso generale della tutela apprestata dalla "direttiva quadro" 89/391, attuata nel nostro ordinamento (insieme ad altre) con il citato decreto legislativo n. 626/94. La citata Direttiva ha messo per di più in risalto la considerazione ,che i "bambini e gli adolescenti" sono "gruppi a rischio particolarmente sensibili"e devono essere protetti "contro i pericoli che li riguardano in maniera particolare", anche con la previsione, (art. 6 par.2) "della valutazione e sorveglianza, gratuita e adeguata, della salute", laddove sia presente un rischio per la sicurezza, la salute o lo sviluppo dei giovani". D'altronde l'abrogazione delle norme impositive delle visite mediche per i minori non adibiti a lavorazioni per le quali vige l'obbligo della sorveglianza sanitaria, comporterebbe pertanto un vuoto di tutela della salute di tali soggetti nella Regione Lombardia, con indubbi risvolti anche sul piano della eguaglianza dei cittadini ex art. 3 Costituzione, nonché della garanzia del bene della salute costituzionalmente protetto, e costituirebbe altresì inadempimento degli obblighi comunitari previsti nella direttiva 94/33/CE. Altro aspetto giuridico richiamato è stato quello dell’ordinamento penale rimesso alla competenza esclusiva dello Stato: art.117, comma 3, lettera l) Cost. novellato. Infatti, l'articolo 26 della legge n. 977 punisce l'inosservanza di una serie delle disposizioni contenute nella stessa legge, tra cui quelle dell'articolo 8, con la pena dell'arresto. Privando la norma penale del suo oggetto, essa verrebbe in buona sostanza abrogata da una norma regionale: il che non può avvenire. Sulla stessa questione si era , d'altronde, espressa anche la Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano, ritenendo in proposito che la legge regionale "in virtù della riserva di legge statale in materia penale (art. 25 Cost.) non può avere avuto alcun effetto abrogativo totale o parziale sugli obblighi di cui ai commi 1,2,4,5, e 7 dell'art.8 della legge n. 977/67 poiché tuttora sanzionati penalmente dalla stessa legge ed ha concluso nel senso dell'esistenza di un preciso dovere da parte dei medici del servizio sanitario nazionale non inquadrati nei servizi delle ASL, all'espletamento delle visite ed al rilascio delle rispettive certificazioni. Alla luce di tale situazione e in attesa di eventuali altri chiarimenti o delucidazioni in materia , ai datori di lavoro della Regione Lombardia non resta che rivolgersi ai medici del Servizio sanitario nazionale, diversi dai medici delle Asl, per l'assolvimento dell'obbligo della visita medica dei minori non soggetti a sorveglianza sanitaria, la cui omissione è sanzionata penalmente. In ultimo si riportano qui di seguito due distinte tabelle che riepilogano l’iter sugli adempimenti delle visite mediche obbligatorie dei lavoratori minori e degli apprendisti. N.B. LA L.R. 12/2003 HA ABROGATO TALE INCOMBENZA IN CAPO AI MEDICI APPARTENENTI ALLE ASL REGIONE LOMBARDIA 5.3 LA LAVORATRICE MADRE SISTEMA PREVENZIONALE Sotto il profilo della sicurezza l'architettura sia del decreto n. 645/1996 che del decreto 151/2001 appare congegnata in stretta armonia con le linee direttrici della direttiva 92/857 Cee, in quanto contiene numerose disposizioni concernenti la tutela fisica della donna, circoscritte al rapporto di lavoro subordinato, diversamente dalla tutela economica che è estesa, seppure in modo non omogeneo, anche all'area dell'autonomia. Lo stile normativo utilizzato nel T.U. è rintracciabile nella legislazione più recente, in particolare nelle norme che hanno trasposto le direttive europee e, infatti, contiene nei primi articoli, una serie di classificazioni e definizioni, fra queste ultime quella di lavoratrice o lavoratore, intesi come tali i soli dipendenti, ossia coloro che hanno un contratto di lavoro subordinato, anche di apprendistato o di formazione, occupati presso privati datori di lavoro ed anche presso le amministrazioni pubbliche, nonché i soci lavoratori di cooperative. In buona sostanza, il legislatore italiano, in ossequio al dettato costituzionale, ha riservato una tutela ampia e rigorosa al ruolo della donna lavoratrice, rafforzando così anche il principio di uguaglianza e di pari dignità sociale affermato nell'art. 3 della costituzione. Tant'è, che diversamente da altri Paesi europei il recepimento della direttiva comunitaria 92/85, contenente norme per il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento , attuato con il D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 645, non ha comportato mutamenti traumatici nel mondo del lavoro. Infatti, il legislatore del decreto n. 645/1996 con l'introduzione di un sola vera disposizione precettiva, concernente la previsione di una specifica valutazione dei rischi per le lavoratrici e la contemporanea definizione delle misure organizzative utilizzabili per evitare l'esposizione alle fonti di rischio, ha provveduto a conformare la normativa nazionale alla direttiva stessa La valutazione dei rischi Come anzidetto, nel recepire la direttiva 92/85 il legislatore italiano ha rafforzato l'azione di tutela della maternità integrando il generale obbligo per il datore di lavoro di effettuare la valutazione dei rischi, con la previsione di una valutazione più specifica, diretta a testare il rischio lavorativo connesso alla condizione delle lavoratrici gestanti, puerpere o in allattamento, nella quale assume particolare rilevanza il rischio di esposizione agli agenti fisici, chimici o biologici ed i processi o condizioni di lavoro, ora elencati nell' allegato C del T.U. La norma, in adesione alle procedure di prevenzione, ormai consolidate nella normativa in materia di sicurezza, prevede altresì che il datore di lavoro provveda alla ricerca delle misure necessarie per evitare di esporre le lavoratrici alla fonte di rischio ed integra inoltre il dovere d'informazione, contemplato nell'art. 21 del D.Lgs. n. 626/1994, prevedendo che le lavoratrici ed i rappresentanti della sicurezza vengano resi edotti circa gli esiti della valutazione e delle misure di prevenzione adottate. La valutazione ovviamente, non deve realizzarsi nella sterile e per questo inutile, redazione di un documento, ma deve intendersi come l'inizio di un processo importante che deve portare ad una soluzione efficace per la difesa concreta del bene tutelato. L'adempimento a tale prescrizione deve difatti indurre il datore di lavoro ad adoperarsi affinché venga evitata l'esposizione al rischio e sia subito rimossa, laddove possibile, la fonte, oppure siano individuate altre misure idonee. Il legislatore, considerando che il rischio viene valutato in rapporto ad un soggetto che solo temporaneamente si trova in condizioni di particolare vulnerabilità, ha suggerito e privilegiato soluzioni di tipo organizzativo, come la modifica temporanea delle mansioni e delle condizioni di lavoro, nonché eventuali modifiche dell'orario di lavoro utilizzabili per evitare l'esposizione alle fonti di rischio e per garantire alla lavoratrice una collocazione idonea al suo stato. Infine si riporta una proposta di uno schema per rendere più snella l’iter procedurale per il rilascio del provvedimento autorizzatorio da parte della DPL afferente alla interdizione anticipata correlata alle condizioni dell’ambiente di lavoro. FAC-SIMILE Certificazione in capo al Medico Competente Il medico competente dott………………, quale titolare esclusivo della sorveglianza sanitaria acquisisce il certificato redatto il ../…./….dal medico specialista ginecologo del SS , o dal ginecologo di fiducia dott……………….,oggi esibito dalla sig.ra ……………….nata………….il…………………..dal quale risulta che le condizioni ambientali possano configurare situazioni di rischio pregiudizievoli alla salute della gestante, puerpera, e del nascituro Il medico competente, ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro ha : ► effettuato sopralluogo presso gli ambienti e la postazione di lavoro presso i quali la lavoratrice dichiara di essere adibita ; ► considerato e verificato le mansioni che l’interessata dichiara di espletare ► valutato la fascia dell’orario di lavoro nella quale l’interessata ha dichiarato di prestare attività lavorativa ► valutata la presenza di controindicazioni ambientali allo stato di gestazione con riferimento alle modalità dello svolgimento dell’attività lavorativa Il medico competente dott………………, acquisite le sopra esposte valutazioni, sentito il parere del medico specialista (ginecologo), considerato che nell’ambito dell’organizzazione aziendale non è possibile spostare la lavoratrice ad altre mansioni confacenti il suo stato di gestazione nè modificare il suo orario di lavoro CERTIFCA Che sussistono le condizioni pregiudizievoli alla salute della lavoratrice sopranominata e del nascituro. La lavoratrice………………………………….. Il Medico competente…………………………. IL CITATO FAC SIMILE SAREBBE DA SOTTOPORRE AL PARERE DEI MEDICI SPECIALISTI E SUCCESSIVAMENTE DA INVIARE O TRASMETTERE ALLE DITTE UNITAMENTE AL MODELLO GIA’ IN USO PRESSO LA DPL DI COMO Sulla base di detta certificazione medica (se accolta dalle parti interessate) la DPL potrà emettere immediatamente il relativo provvedimento senza ulteriore accertamento tecnico del SIL 6. CONCLUSIONI La frammentazione dei variegati precetti normativi e la molteplicità degli aspetti controversi inerenti la regolamentazione della sorveglianza sanitaria di cui alla presente disamina, senz’altro necessita di un laborioso ed incisivo intervento ”armonizzatore” del legislatore. La sede più opportuna per far fronte a tale immane impegno non può che essere quella sulla delega al Governo per l’emanazione di un Testo Unico delle Norme generali di sicurezza e salute sul lavoro. In tale contesto dovrebbe finalmente realizzarsi il riordino e l’unificazione in un unico provvedimento regolamentare (periodicamente da verificarsi ed aggiornarsi) di tutte le disposizioni che impongono una sorveglianza sanitaria speciale, ridefinendo, in relazione alla natura e ai livelli di esposizione al rischio, le cadenze periodiche degli accertamenti sanitari, le modalità degli accertamenti stessi, l’elaborazione di relazioni epidemiologiche periodiche redatte sulla base di dati statistici e non nominativi. E’ auspicabile che tale globale e radicale riordino possa efficacemente inserire la sorveglianza sanitaria nel giusto e prioritario posto che, nella scala degli interventi della prevenzione, le compete. Il Responsabile Unità Operativa Vigilanza Tecnica D.P.L. COMO ( Dott. Francesco Nollino )