Introduzione - Giappichelli

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Introduzione - Giappichelli
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SOMMARIO
Introduzione
1. Il processo civile. – 2. Il principio dispositivo. – 3. Il processo civile dal 1942 ad
oggi. – 4. Caratteri e struttura del processo civile. – 4.1. L’introduzione del procedimento. – 4.2. La costituzione del convenuto. – 4.3. La trattazione. – 5. La fase
istruttoria.
1. Il processo civile
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Corollario del principio della separazione dei poteri, risalente a Montesquieu ,
è l’esistenza, negli stati di diritto, di un potere giudiziario, autonomo e separato da ogni altro potere, al quale è demandato l’esercizio della funzione giuri2
sdizionale, che viene esercitata attraverso il processo .
Nel processo civile, una parte – l’attore – si rivolge all’autorità giudiziaria
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Principio espresso nel Libro XI dell’opera “Lo spirito delle leggi”, pubblicata a Ginevra in
forma anonima nel 1748, nella quale Montesquieu delinea la separazione del potere legislativo
da quello esecutivo e da quello giudiziario.
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Numerose sono le teorie sulla giurisdizione. In questa sede basterà ricordare quelle principali: a) quella oggettiva, risalente al Chiovenda, che la descrive come l’attuazione della volontà
concreta della legge da parte dello Stato; b) quella soggettiva, che la definisce come l’attività di
composizione delle controversie mediante attuazione della norma; e, più in particolare: c) la teoria c.d. “dinamica”, secondo la quale è l’ordinamento che realizza se stesso, tramite un organo
(il giudice) che realizza l’attività di ius dicere (SATTA-PUNZI, Diritto processuale civile, Padova,
1996, 14); d) quella che la descrive come quella funzione dello Stato, espressione della sovranità
popolare, che provvede alla tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi (PROTO PISANI, Lezioni di
diritto processuale civile, Napoli, 1996, 10); e) quella secondo cui la giurisdizione assicura e garantisce il «vigore pratico del diritto, per chiunque e contro chiunque» (REDENTI, Diritto processuale civile, Milano, 1995, 6).
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Capitolo Primo
facendo valere una pretesa (diritto soggettivo) nei confronti di un altro soggetto – il convenuto – ed il giudice, attraverso il compimento di una complessa
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attività procedimentale, perviene ad una decisione .
In dottrina si è osservato come solo la giurisdizione civile possa definirsi
giurisdizione “ordinaria”, distinta dalla giurisdizione penale, da quella amministrativa e dalle altre giurisdizioni speciali (secondo gli artt. 1 c.p.c. e 2907
c.c., invero, la giurisdizione civile è esercitata dai giudici ordinari e alla tutela
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dei diritti provvede l’autorità giudiziaria) .
Normativa
«La giurisdizione civile, salvo speciali disposizioni di legge, è esercitata dai giudici ordinari
secondo le norme del presente codice»
art. 1 c.p.c.
«Alla tutela giurisdizionale dei diritti provvede l’autorità giudiziaria su domanda di parte e,
quando la legge lo dispone, anche su istanza del pubblico ministero o d’ufficio»
art. 2907, comma 1, c.c.
Qualsiasi concezione della giurisdizione si accolga, è pacifico il principio
secondo cui l’attuazione in concreto della norma deve avvenire attraverso lo
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svolgimento di una serie di attività processuali , che vanno dalla fase introduttiva del processo, a quella di trattazione ed istruzione probatoria, alla fase decisoria, proseguendo – eventualmente – con quella esecutiva.
2. Il principio dispositivo
Il processo civile è un processo di parti, incentrato sulle domande ed eccezioni proposte dalle parti, e il suo svolgimento è – salve ipotesi particolari –
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retto dall’impulso di parte .
Conseguenza di ciò è che lo stesso è fondato sul principio della domanda
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In questo senso, può ricordarsi ancora la concezione dinamica del Satta, secondo il quale
la giurisdizione si identifica e si realizza nel processo, quale actus trium personarum (SATTAPUNZI, Diritto processuale civile, cit., 16).
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SATTA-PUNZI, Diritto processuale civile, cit., 16-18.
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Si veda, in questo senso, NASI, Lezioni di diritto processuale civile, Pescara, 1993, 183.
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Parte della dottrina ha osservato come una differenza fondamentale tra l’attuale modello
del processo civile e quello disciplinato dal codice di rito previgente, nonché quelli vigenti in
altri Stati, consista nella netta distinzione esistente tra la fase istruttoria e la decisione (LIEBMAN,
Manuale di diritto processuale civile, II, Milano, 1981, 4).
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Introduzione
(art. 99 c.p.c.), al quale fa da corollario il principio del contraddittorio (art. 101
c.p.c.).
Normativa
«Chi vuole far valere un diritto in giudizio deve proporre domanda al giudice competente»
art. 99 c.p.c.
«Il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se
la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa»
art. 101 c.p.c.
Il principio dispositivo fa sì che tutto il processo civile sia dipendente dall’attività delle parti, tanto nella determinazione, sulla base delle domande ed
eccezioni, dell’oggetto del giudizio (inteso sia come thema probandum che come
thema decidendum), quanto nel successivo svolgimento (tanto è vero che, in
caso di inattività delle parti, può aversi l’estinzione dello stesso, ai sensi degli
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artt. 306 ss. c.p.c.) .
Ulteriori espressioni del principio dispositivo si rinvengono nel principio
della corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., nella
determinazione da parte dell’art. 2697 c.c. dell’onere della prova a carico delle
parti e nell’inesistenza, salvo casi eccezionali, di poteri istruttori d’ufficio del
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giudice .
Normativa
«Il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni, che possono essere proposte soltanto dalle parti»
art. 112 c.p.c.
«Salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove
proposte dalle parti o dal pubblico ministero»
art. 115, comma 1, c.p.c.
«Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.
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SATTA-PUNZI, Diritto processuale civile, cit., 174, pongono il principio del contraddittorio
a fondamento dello stesso carattere dispositivo del processo, osservando che da esso discendono «la dipendenza del giudizio dall’azione, la dipendenza del giudice dalle parti in ordine alla
produzione della prova, l’impossibilità del giudizio di non liquet, tutto ciò che si indica, in una
parola, col carattere dispositivo del processo».
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Diversamente avviene nel rito speciale del lavoro (artt. 409 ss. c.p.c.), il quale è stato definito come un processo semi-inquisitorio, in conseguenza di più penetranti poteri d’ufficio del
giudice.
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Capitolo Primo
Chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto
deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda»
art. 2697 c.c.
L’attuazione concreta di tali principi nel processo sarà oggetto di più approfondita trattazione nei prossimi capitoli.
3. Il processo civile dal 1942 ad oggi
Le norme che disciplinano il processo sono contenute nel codice di procedura civile, il quale si compone di quattro libri, dedicati, rispettivamente, alle
disposizioni generali, al giudizio di cognizione, al processo di esecuzione, ai
procedimenti speciali.
Il codice ha subito nel tempo numerosi interventi legislativi, in conseguenza
dei quali è risultata fortemente alterata la stessa struttura del processo civile.
Approvato con R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443, in vigore a far data dal 21
aprile 1942, il codice di procedura civile ha avuto sostanziali modifiche, appena dieci anni dopo, per effetto della legge 14 luglio 1950, n. 581 e del D.P.R.
17 ottobre 1950, n. 857.
Con la legge 11 agosto 1973, n. 533, è stato introdotto il rito speciale del lavoro e, successivamente, con le leggi 9 febbraio 1983, n. 28 e 5 gennaio 1994,
n. 25, è stata modificata la disciplina dell’arbitrato.
Importanti previsioni in materia di diritto internazionale privato sono state
introdotte con la legge 31 marzo 1995, n. 218.
Più di recente, una novella del processo civile è stata attuata con le leggi 26
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novembre 1990, n. 353 e 20 dicembre 1995, n. 534 , nonché con la legge 21
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novembre 1991, n. 374 (e successive integrazioni e modifiche) , istitutiva della figura del giudice di pace.
In particolare, più rigide preclusioni nella fase introduttiva del giudizio,
nonché nella trattazione e nella fase istruttoria, sono state previste dalla legge
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Intitolata “Provvedimenti urgenti per il processo civile”, pubblicata nella G.U. 1° dicembre
1990, n. 281. Primi commenti della c.d. “miniforma” del processo civile si rinvengono in TOMMASEO, Appunti di diritto processuale civile, Torino, 1991; PROTO PISANI, La nuova disciplina
del processo civile, Napoli, 1991; TARZIA, Lineamenti del nuovo processo di cognizione, Milano,
1991.
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Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 18 ottobre 1995, n. 432.
Sul processo civile davanti al giudice di pace, si vedano, fra i tanti, BONSIGNORI-LEVONIRICCI, Il giudice di pace, Torino, 1995; BARBUTO, Il processo civile davanti al giudice di pace,
Milano, 1994; LEANZA-VAIRO, Il processo civile davanti al giudice di pace, Torino, 2005.
Introduzione
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n. 353/1990, la quale ha introdotto rilevanti modifiche in materia di giurisdi12
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zione e competenza , in tema di cancellazione ed estinzione della causa , in
materia di provvedimenti provvisori di ingiunzione di pagamento in corso di
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causa , in materia di provvisoria esecutorietà della sentenza di primo grado ,
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in tema di procedimenti cautelari .
Modifiche radicali alla struttura degli organi giudiziari – nonché, ovviamente, ai caratteri del processo – sono state attuate con la soppressione delle Preture e l’introduzione del c.d. “giudice unico di primo grado”, per effetto del
D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
Un “nuovo rito societario” è stato introdotto col D.Lgs. 17 gennaio 2003,
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n. 5 , ma lo stesso, dopo numerosi interventi, sia da parte del legislatore che
della Corte Costituzionale, che ne avevano già alterato l’originaria struttura, è
stato definitivamente abrogato con la recente legge 18 giugno 2009, n. 69.
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Con la legge 14 maggio 2005, n. 80 , di conversione del D.L. 14 marzo
2005, n. 35, e con le successive leggi 28 dicembre 2005, n. 263, 24 febbraio
2006, n. 52 e 8 febbraio 2006, n. 54, sono state introdotte novità ancora più
incisive, che hanno comportato ulteriori importanti modifiche alla struttura
del processo civile, nel tentativo di snellirne lo svolgimento e di ovviare ai ben
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noti problemi della eccessiva lunghezza dei tempi processuali .
Appena quattro anni dopo, con la summenzionata legge 18 giugno 2009, n.
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69 (la cui promulgazione si è avuta dopo un travagliato iter legislativo, accompagnato da non poche polemiche), il processo civile ha subito nuove modifiche, relative sia alla fase istruttoria che a quella decisoria.
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Si pensi, ad esempio, all’art. 5 c.p.c., sul momento determinante della giurisdizione e della
competenza e all’art. 40 c.p.c., in materia di connessione.
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Art. 181 c.p.c.
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Artt. 186-bis, 186-ter e 186-quater.
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Artt. 282 e 283 c.p.c.
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Artt. 669-bis ss. c.p.c., disciplinanti il cd. processo cautelare uniforme.
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Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria,
nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’art. 12, legge 3 ottobre 2001, n. 366.
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Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35 (c.d. “decreto
sulla competitività”), recante disposizioni urgenti nell’ambito del piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, nonché «deleghe al Governo per la modifica del codice di
procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma
organica della disciplina delle procedure concorsuali».
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Le principali novità introdotte dalla legge n. 80/2005 (e successive modifiche e integrazioni) sono relative all’accentuazione dei caratteri dell’oralità e della concentrazione del giudizio, con conseguente avvicinamento del processo civile ordinario a quello del lavoro.
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Legge 18 giugno 2009, n. 69 («Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione,
la competitività nonché in materia di processo civile»).
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Capitolo Primo
La nuova “miniriforma” del processo civile ha comportato: una semplifica21
zione dei riti ; la previsione della futura adozione di procedure alternative di
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conciliazione e mediazione ; l’aumento della competenza per valore del Giudici di pace ad € 5000 (e ad € 20000 per le controversie in materia di R.C.A.),
nonché una nuova competenza per materia per le cause relative agli interessi o
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accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali ;
la previsione dell’ordinanza, in luogo della sentenza, per le pronunce sulla com24
petenza ; un aumento delle pene e delle sanzioni pecuniarie per il teste reni25
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tente , il custode inadempiente , la parte che abbia proposto un’istanza di
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ricusazione inammissibile o infondata e la parte che non abbia osservato un
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ordine di ispezione ; la previsione della procura informatica ; la condanna
alle spese successive a carico della parte che non abbia accettato una proposta
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conciliativa che risulti poi conforme alla decisione finale ; la limitazione dei
casi in cui il giudice può compensare le spese di lite, adesso possibile solo per
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«eccezionali e gravi ragioni esplicitamente indicate in motivazione» e la possibilità per il giudice di aggiungere d’ufficio alle spese una somma equitativamente determinata, anche in mancanza di una responsabilità processuale ag32
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gravata ; la notifica informatica ; l’obbligo dell’indicazione, nell’atto di citazione, anche dell’avvertimento delle preclusioni dell’art. 38 c.p.c. per l’ecce34
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zione di incompetenza ; la calendarizzazione del processo , la riduzione del
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termine a mesi tre per la riassunzione del processo interrotto ; la possibilità di
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Gli artt. 53 e 54 prevedono l’eliminazione del rito del lavoro per le controversie in materia
di R.C.A., l’eliminazione del rito societario e la delega al Governo a provvedere, entro ventiquattro mesi, alla semplificazione di tutti i riti, sul modello del processo del lavoro e del nuovo
processo sommario di cognizione disciplinato dagli artt. 702-bis ss. c.p.c.
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Art. 60, legge n. 69/2009.
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Art. 7 c.p.c.
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Artt. 38, 39, 40, 43 e 50 c.p.c.
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Art. 255 c.p.c.
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Art. 67, comma 1, c.p.c.
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Art. 54, comma 3, c.p.c.
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Art. 118 c.p.c.
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Art. 83 c.p.c.
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Art. 91 c.p.c.
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Art. 92 c.p.c.
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Art. 96 c.p.c.
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Art. 137 c.p.c.
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Art. 163, n. 7, c.p.c.
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Art. 81-bis disp. att. c.p.c.
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Artt. 50, 305, 307, commi 1 e 3, 353, 392, comma 1.
Introduzione
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dichiarare l’estinzione del giudizio ; la previsione, per la sentenza, di una
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“succinta” motivazione, anche con “rinvio a precedenti conformi” ; l’intro39
duzione di più efficaci forme di pubblicità della sentenza, a fini riparatori ; la
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riduzione del termine “lungo” di impugnazione, da un anno a sei mesi ; la
previsione, in materia di procedimento cautelare uniforme, dell’obbligo di statuizione sulle spese nel caso di provvedimenti anticipatori che non proseguo41
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no nel merito ; l’introduzione del procedimento sommario di cognizione ;
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alcune modifiche in materia di procedimento di esecuzione , tra cui spicca
l’introduzione di uno strumento di coercizione degli obblighi di fare infungibile e di non fare, consistente nella possibilità di condannare la parte inadempiente al pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosser44
vanza successiva, sul modello dell’astreinte dell’ordinamento francese .
Con particolare riferimento all’istruzione probatoria, poi, sono state introdotte rilevanti novità: l’espressa previsione del principio di «non contestazione» specifica dei fatti ad opera della parte costituita, la quale può anche fondare la decisione del giudice (art. 115 c.p.c.); la rimessione in termini per causa non imputabile alla parte, adesso disciplinata in via generale dall’art. 153
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c.p.c. ; l’obbligo per il giudice di formulare subito i quesiti della c.t.u. (art.
191 c.p.c.) e di concedere un termine al consulente tecnico per trasmettere alle parti la relazione, un termine alle parti per formulare osservazioni e un termine al consulente per depositare la relazione, rispondendo anche alle osservazioni delle parti (art. 195 c.p.c.); l’introduzione della c.d. “testimonianza scritta” (art. 257-bis c.p.c.); la previsione espressa delle preclusioni in appello anche per la produzione dei documenti (art. 345, comma 3, c.p.c.).
4. Caratteri e struttura del processo civile
Il processo civile è incentrato sul principio della domanda e dominato dall’impulso di parte, salve ipotesi particolari in cui vengono attribuiti al giudice
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Art. 307, comma 4, c.p.c.
Art. 132, comma 4, c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c.
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Art. 120 c.p.c.
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Art. 137 c.p.c.
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Art. 669-octies c.p.c.
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Artt. 702-bis, ter e quater c.p.c.
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Artt. 540-bis, 616, 624, 630 c.p.c.; art. 186-bis disp. att. c.p.c.
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Art. 614-bis c.p.c.
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L’art. 184-bis c.p.c. è stato abrogato.
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Capitolo Primo
maggiori poteri d’ufficio, sia nella direzione dello svolgimento del processo
che in materia istruttoria.
Il giudizio ordinario di cognizione si struttura, secondo la concezione tradizionalmente accolta, in due fasi concettualmente distinte: la fase istruttoria e
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quella decisoria .
Tali fasi, tuttavia, sono inscindibilmente connesse tra loro e, in seguito alle
modifiche operate dalle leggi nn. 353/1990 e 51/1998, è venuta meno la netta
distinzione tra la figura del giudice istruttore ed il collegio, la quale permane
in un numero limitato e residuale di ipotesi.
In particolare, la “miniriforma” del 1990 aveva già comportato l’introduzione di una serie di preclusioni prima sconosciute, quale conseguenza della
modifica degli artt. 164 e 166, 167 c.p.c. in materia di nullità dell’atto di citazione e costituzione del convenuto, nonché della previsione dell’udienza di
“trattazione” ex art. 183 c.p.c. (pur coi correttivi offerti dal comma 5 di tale
norma, ai sensi del quale le parti potevano chiedere la concessione di doppi
termini per il deposito di memorie, per la precisazione o modifica delle domande, eccezioni e conclusioni già prese).
I tentativi del legislatore del 1990 di snellire e velocizzare il processo non
sortirono i risultati sperati, a causa – secondo l’opinione della dottrina dominante – della frammentazione della trattazione della causa in troppe udienze
(quella di verifica del contraddittorio ex art. 180, quella di comparizione delle
parti e trattazione ex art. 183, quelle – di norma più di una – di assunzione delle
prove, quella di precisazione delle conclusioni), nonché della possibilità di
scambiare numerose memorie scritte (ex artt. 170 e 180, 183, comma 5, 184,
comma 1).
Pertanto, come si è accennato nel precedente paragrafo, il legislatore è nuovamente intervenuto, dapprima nel 2005 e, da ultimo, nel 2009, apportando al
processo civile modifiche strutturali di notevole rilevanza.
4.1. L’introduzione del procedimento
L’atto di citazione svolge, nel processo civile, la duplice funzione di proposizione della domanda (editio actionis) e di chiamata in causa della parte nei
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cui confronti la domanda è proposta (vocatio in ius) .
Vi sono, tuttavia, diverse ipotesi in cui l’introduzione del giudizio avviene
con ricorso, il quale, a differenza della citazione, consiste in un atto rivolto al
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In tal senso si esprimono, tra i tanti, SATTA-PUNZI, Diritto processuale civile, cit., 333-336;
contra, LIEBMAN, Manuale di diritto processuale civile, cit., 4.
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MANDRIOLI, Diritto processuale civile, II, Torino, 2005, 15.