a proposito di ….donne - Provincia di Massa

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a proposito di ….donne - Provincia di Massa
“A PROPOSITO DI ….DONNE”
LA
DIMENSIONE
NELLA
LOTTA
DI
GENERE
CONTRO
LA
POVERTA’
DA DOVE È NATA L’IDEA DI “A PROPOSITO DI …DONNE”
Da sempre l’Assessorato alla Formazione Professionale e alle politiche del Lavoro è
stato sensibile alle tematiche femminili e all’analisi di genere: lo dimostrano i lavori
dell’Osservatorio Provinciale sul Mercato del Lavoro il cui report annuale ha sempre
prodotto anche una lettura di genere dei dati, lo dimostrano le ricerche che abbiamo
commissionato all’Istituto Studi e Ricerche della Camera di Commercio. Nasceva,
quindi, a questo punto, la necessità di avere una pubblicazione che, in modo organico,
raccogliesse tutto quello che sulle donne noi stessi avevamo scritto in questi anni.
Come è articolato il volume “A proposto di… Donne”
Nasce così l’idea del volume A proposito di donne che, si articola in quattro sezioni
1. la prima dedicata alla lettura di genere delle statiche su lavoro ed occupazione,
partendo dai dati nazionali per arrivare a quelli provinciali,
2. la seconda dal titolo "Donne: Il Mestiere di vivere" che riproduce la ricerca
condotta su un campione di 425 donne della nostra provincia dall’Istituto Studi
e ricerche della Camera di Commercio
3. la terza dedicata alla percezione che i giovani dell’ultimo biennio delle
scuole superiori della nostra provincia hanno relativamente all’identità
di genere e condotta con la supervisione del Liceo Scientifico Marconi di
Carrara
4. ed infine la quarta sezione dedicata al tema donne ed inclusione sociale
I RISULTATI DELLE RICERCHE
Passiamo a questo punto ad alcuni risultati della ricerca:
Il primo è quello relativo al quadro in cui ci muoviamo che è quello di un mercato del
lavoro caratterizzato da un tasso di occupazione femminile che è pari in Italia al 46,6%
contro il 70,5% degli uomini.
La situazione va meglio per la Toscana dove le donne occupate sono il 55% e gli uomini il
74,6% mentre per la nostra Provincia i tassi di occupazione relativi al 2006 sono per le
donne il 49,2% e per gli uomini il 71%.
Il secondo punto è : se è vero che il tasso di occupazione femminile è aumentato a che
cosa è dovuto questo aumento?. Introducendo come indicatore il peso che i contratti a
part-time e i contratti a tempo determinato hanno sull’occupazione femminile ci siamo
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resi conto che per la Toscana le donne occupate con contratto part time sono il 18,5% e
le donne occupate con contratto a tempo determinato sono circa il 27,7% del totale
delle occupate, un’occupazione di tipo flessibile che interessa circa la metà delle
occupate. Stessa cosa dicasi per la provincia di Massa-Carrara laddove le donne assunte
con contratti part-time e con contratti a tempo determinato rappresentano circa il 70%
del totale delle donne avviate al lavoro e il 30% degli avviamenti totali.
Fino a qui i dati Istat e Osservatorio provinciale sul mercato del lavoro.
Esiste però un problema determinato dalla differenza tra l’occupazione e la
disoccupazione statistica e l’occupazione e disoccupazione reale, percepita.
Ed è questa differenza che noi abbiamo voluto approfondire con la ricerca
Donne e Mestiere di Vivere a cui è dedicata la seconda sezione del volume A
proposito di donne . Donne il mestiere di vivere si basa invece sulla percezione della
propria condizione di occupata o disoccupata dichiarata direttamente dalle donne
intervistate e
dimostra come passando dai dati statistici ai dati fondati sulla
percezione le differenze possano anche essere notevoli.
I punti salienti a cui è giunta la ricerca sono infatti i seguenti:
1) in provincia di Massa-Carrara, il tasso di occupazione è pari al 57,2% ed il tasso di
disoccupazione al 16,4% nella fascia d’età 15-64 anni. Si tratta, in entrambi i casi di
valori più alti rispetto a quelli Istat per due ordini di motivi.
Innanzitutto perché
a)) la crescente diffusione di lavori e lavoretti, considerati comunque occupazione
tende a dare una rappresentanza non realistica della situazione nel mercato del
lavoro.
b)) perché l’indagine è stata realizzata nei mesi estivi, dove da un lato è assai più
elevato il numero di donne che lavorano e, dall’altro anche di coloro che cercano di
immettersi nel mercato del lavoro.
2) Quando passiamo ad analizzare i dati dell’occupazione in funzione della tipologia di
contratto di lavoro notiamo che il 63,3% delle donne intervistate lavora a tempo
indeterminato, il 20,1% è dipendente a tempo determinato, il 10,1% è imprenditrice,
il 6,5% esercita una libera professione. Anche in questo caso i dati diversi da quelli
rilevati dall’osservatorio sul mercato del lavoro e relativi all’analisi degli avviamenti
comunicati dalle imprese al Centro per l’Impiego
3) Le donne intervistate dichiarano di lavorare soprattutto per essere indipendenti
anche se solo per il 18,7% delle donne il proprio reddito, all’interno della
famiglia, è quello prevalente
4) La parte più rilevante dell’occupazione femminile si concentra nel commercio e
turismo 28,4%, segue la pubblica amministrazione 26,9%, i servizi privati qualificati (
banche, assicurazioni, ecc) con il 21,9%, i servizi alla persona ed alla casa (assistenza
domiciliare, pulizie, giardinaggio, baby sitter, ecc.) con l’11,4%, poi, molto distante
arriva l’industria 8,5% ed infine l’agricoltura 3,0%.
L’insieme di settori terziari, pubblici e privati, raccolgono quasi il 90% delle
donne occupate (88,6%).
5) Il luogo di lavoro deve essere vicino Il 34,8% delle disoccupate accetterebbe un
lavoro solo nel comune di residenza, il 56,5% anche in un altro comune, ma
raggiungibile giornalmente, il 4,3 ovunque in Italia ed il 4,3% “non sa”.
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Queste risposte evidenziano come, nel progettare politiche di genere sia necessario
impegnarsi più sul fronte della qualità che su quello della quantità del lavoro per
raggiungere i massimi livelli di benessere.
Molte donne infatti hanno affermato inoltre, di avere difficoltà nel conciliare vita
privata e lavoro e, in misura leggermente minore, degli anziani, e si riscontra
soprattutto nelle fasce d'età tra i 35 e i 44 anni e tra i 55 e i 64.
Le strategie di conciliazione appartengono a tre macro categorie: l'aiuto dei familiari, il
ricorso a servizi di cura pubblici o privati, i cambiamenti nell'organizzazione del lavoro.
E sono questi ultimi l'aspetto più critico: le lavoratrici lamentano infatti la bassa
flessibilità degli orari di entrata o uscita dal lavoro, o la difficoltà di ottenere il parttime, ma anche all’opposto il fatto di un part-time piuttosto subito che desiderato.
Le differenze di genere stanno diminuendo, ma lentamente.
Passando infine alla percezione dell’identità di genere nei ragazzi dell’ultimo
biennio delle scuole medie superiori della Provincia, occorre ricordare che :
La ricerca ha coinvolto circa 400 studenti e 12 istituti superiori
. ai ragazzi è stato somministrato un questionario articolato in 7 sezioni dedicate a :
a) L’immagine di sé
b) Il rapporto con amici e amiche
c) Essere uomini e donne oggi
d) Ricostruzione del percorso personale
e) I nodi delle relazioni maschili e femminili
f) Il futuro personale e lavorativo
g) Il rapporto con la storia
Di seguito si riportano solo i risultati della sezione relativa al futuro personale
e lavorativo sintetizzati in 11 punti .
1. I ragazzi ritengono che il futuro personale sia nella coppia ma non nel
matrimonio: il 44% delle donne e il 43% degli uomini scelgono la convivenza.
2. I figli sono importanti ma condizionano i progetti e lo fanno in proporzione
maggiore per gli uomini che non per le donne (59% i maschi contro il 52% delle
donne).
3. Sul tema della conciliazione tra la vita familiare e lavorativa sono i maschi a
temere di più la conciliabilità tra vita lavorativa e vita familiare. Lavoro e
famiglia non sono conciliabili per l’11% delle ragazze contro il 15% dei ragazzi.
Posti davanti alla scelta tra lavoro e figli sono i figli che fanno la parte del leone,
sia per gli uomini che per le donne. Tuttavia se si analizzano le preferenze
relative al lavoro troviamo che sono ancora le donne, nel 34% dei casi, a
preferire il lavoro ai figli contro il 27% degli uomini.
4. Il 69% degli studenti risponde che proseguirà gli studi dopo il diploma.
a. Le ragazze (77%) sono più motivate dei ragazzi (55%) a proseguire gli
studi dopo il diploma.
b. Interrogati in merito alla utilità di avere un diploma di scuola media
superiore solo il 18,3% degli studenti ritiene che il diploma non influisca
sulle possibilità di trovare lavoro. Il restante 81,7% si divide tra coloro
che ritengono il diploma utile e per trovare un lavoro più soddisfacente
(48,7%) e coloro che lo ritengono indispensabile per trovare lavoro
(33%) . Anche in questo caso le differenze tra le risposte delle donne e
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degli uomini sono significative. Solo il 29,68% delle ragazze ritiene il
diploma indispensabile per trovare lavoro a fronte del 37,4% dei ragazzi.
c. Il diploma è visto soprattutto dalle donne (51,1%) come un’opportunità
per trovare un lavoro più soddisfacente. Infatti solo il 46% degli uomini
lo ritiene tale.
5. Sono gli interessi personali ad orientare nel 79% dei casi la scelta futura di
proseguire gli studi . Tuttavia essi sono più importanti per le donne (80,6%)
che non per gli uomini (76,6%).
6. Al secondo posto nelle motivazioni che spingono i ragazzi a proseguire gli studi
troviamo l’attesa di trovare lavoro (26,77%) seguita dai consigli della famiglia
(22,6%). Questi ultimi assumono una rilevanza maggiore per i maschi (24,8%)
che non per le femmine (21,6%).
7. Nel confronto con il mercato del lavoro emerge che sebbene l’83% degli
studenti sia disponibile ad accettare un lavoro non coerente con il percorso
degli studi effettuato, sono ancora una volta le donne con l’84% contro l’82%
delle risposte degli uomini a mostrare una maggiore disponibilità.
8. Degli studenti a cui è stato somministrato il questionario, l’85% non intende
indirizzarsi verso il mestiere dei propri genitori (85%). Del restante 15% che
pensa di indirizzarsi verso il mestiere del proprio genitore, i più propensi a farlo
sono i maschi (25%) rispetto alle donne (10%).
9. I ragazzi hanno fiducia nel futuro: ritengono che il loro tenore di vita sarà
equivalente (49%) o migliore (46%) di quello della famiglia di origine.
In questo caso le donne si dimostrano più ottimiste degli uomini: il 46%
risponde che il loro tenore di vita sarà migliore contro il 44% degli uomini.
Solo il 2% dei maschi ed il 9% delle femmine pensa che il proprio tenore di
vita sarà peggiore di quello dei propri genitori.
Non è chiaro, però su quali elementi si basino tali previsioni, dal momento che
quasi tutti gli intervistati appaiono consapevoli delle gravi difficoltà che avranno
a trovare lavoro.
Infatti l’83% delle ragazze ed il 71% dei ragazzi si dicono convinti che negli
ultimi dieci anni le possibilità di trovare lavoro siano diminuite in generale e
che, in particolare, nella propria città siano scarse (68% femmine e 58%
maschi).
10.Entrambi i sessi sono disponibili ad accettare un lavoro lontano dal luogo di
residenza (78%) e, addirittura, dal Paese: il 77% delle ragazze e il 67% dei
ragazzi pensano infatti che potrebbero accrescere le proprie opportunità
emigrando all’estero.
Temono però moltissimo la concorrenza degli stranieri disposti a fare la stessa
scelta, trasferendosi nel nostro Paese: il 60% dei maschi e il 54% delle
femmine ritiene infatti che la presenza di immigrati limiti le opportunità di
lavoro degli Italiani.
Le ragazze sembrano sapere che le opportunità di lavoro non sono le stesse per
i due sessi. Così si esprime l’81% delle studentesse contro il 68%, dei maschi,
anche se immagina che le relazioni tra i due sessi siano destinate in un futuro
prossimo a divenire più paritarie (59-60%): addirittura ci sono un 38% di
ragazze ed un 32% di ragazzi pronti a scommettere in un rovesciamento dei
rapporti di forza, con una più forte affermazione delle donne.
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Per quanto riguarda il futuro nel mondo del lavoro si
evidenzia una
interessante differenza nell’immaginario dei due sessi: le ragazze lo dipingono
soprattutto come gratificante (36%); i ragazzi come economicamente
soddisfacente (27%).
Passando infine alla ultima sezione Donne, genere e povertà ci è sembrato utile
ricordare che pur non dimenticando il carattere multidimensionale della povertà, una
delle dimensioni è appunto quella riconducibile all’accesso al mercato del lavoro. Se
ragioniamo di questa dimensione è allora evidente che differenze tra uomini e donne
nell’accesso al mercato del lavoro producono anche differenze diverse sulla possibilità
o meno di essere esposti a fenomeni cosiddetti di vulnerabilità sociale, intesa come
situazione di vita caratterizzata dall’inserimento precario nei canali di accesso alle
risorse materiali fondamentali (tra cui il lavoro) e dalla fragilità del tessuto relazionale
di riferimento (famiglia e reti sociali).
Un tasso di occupazione femminile inferiore di ben 20 punti percentuali (e mi riferisco
qui al solo dato ISTAT per la nostra Provincia ) ci deve far riflettere tutti sulla
esposizione alla povertà 20 volte superiore delle donne rispetto agli uomini .
Alla dimensione di genere si aggiunga poi il fatto che esistono spesso famiglie
monoreddito con a capo famiglia una donna o donne anziane sole.
Viene allora spontaneo chiedersi quale strategia adottare per l’inclusione
sociale?
Il modello che in questi anni anche come Assessorato alla Formazione Professionale e
alle Politiche del lavoro abbiamo elaborato e cercato di attuare è quello basato su:
- aumento dell’offerta formativa e professionale;
- ricorso a percorsi sperimentali (si vedano i tirocini formativi e di orientamento)
per l’inserimento lavorativo delle donne e soprattutto delle donne con titolo di
studio debole;
- aumento di servizi per l’orientamento specificatamente dedicati alle donne (si
ricordi l’esperienza del VIOLA.NET (Network per la valorizzazione
dell’informazione, dell’orientamento, del lavoro e dell’auto-imprenditorialità e
oggi quella dello sportello Donna-Impresa);
- incentivi per la creazione di impresa da parte di donne;
- incentivi per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro (da tempo determinato , o
da contratti flessibili a tempo indeterminato) dando priorità alla stabilizzazione
delle donne;
- azioni di tutoraggio ed interventi di formazione/lavoro specificatamente rivolte a
combattere la dispersione scolastica.
Tutte queste azioni sono state possibili anche grazie al presupposto che opera alla
base del modello stesso ovvero l’integrazione degli attori sociali, lo scambio di
competenze, metodologie e buone prassi. Solo in questo modo il nostro modello da
modello assistenzialistico è divenuto ma un modello inclusivo. Il rischio, infatti, era
quello di ripetere l’esperienza, seppur in larga parte positiva del Reddito Minimo di
Inserimento che aveva visto la nostra Provincia tra quelle elette per la
sperimentazione.
CONCLUSIONI
Cosa dimostra questo testo?
Che il mainstreaming di genere ovvero la necessità di considerare gli effetti che le
politiche e le azioni hanno sulle condizioni degli uomini e delle donne è possibile
anche nell’approccio alla ricerca , anzi è doveroso.
Che la lettura di genere non deve limitarsi alla lettura delle statiche sul
mercato del lavoro ma che deve spingersi ad osservare ed analizzare anche i
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fattori che influenzano i comportamenti di uomini e donne, o che hanno su di
loro un impatto differente. (si veda ad esempio l’istruzione, le condizioni di vita ).
Questo è quello che noi abbiamo fatto con le sezioni del volume dedicate al Mestiere di
vivere delle donne, alle percezioni sull’identità degli studenti e all’inclusione sociale
delle donne.
In altre parole abbiamo prestato particolare attenzione ai fattori sociali e culturali che
possono introdurre distorsioni di genere anche negli stessi processi di raccolta e
analisi dei dati.
Abbiamo così prodotto un volume che oltre al vantaggio di essere di facile lettura ha
anche un ulteriore vantaggio: quello di affrontare le questioni di genere in un’ottica
integrata:
Mi spiego meglio: mentre la maggior parte della produzione statistica della Provincia
è diffusa attraverso volumi organizzati per argomento con “A proposito di Donne” si è
privilegiata un’ottica di integrazione, ovvero si è presentato in un unico volume un
insieme di risultati raccolti intorno alle questioni di genere e provenienti da fonti
diverse (Istat, Osservatorio Mercato del Lavoro, Istituto studi e ricerche della Camera
di Commercio, Scuole Superiori del territorio).
In conclusione si può affermare che le differenze di genere stanno diminuendo,
ma lentamente.
Creare opportunità di lavoro dignitoso e produttivo per le donne è possibile, come
mostrato anche dai progressi registrati dall’occupazione femminile a Massa-Carrara.
Tuttavia, i soggetti politici non solo devono porre la questione dell’occupazione al
centro delle politiche sociali ed economiche, ma devono anche riconoscere che le sfide
affrontate dalle donne nel mondo del lavoro richiedono interventi mirati a risolvere
problemi specifici. È su questo che stiamo lavorando e che ci impegnamo a lavorare
nel prossimo futuro.
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