GIUSTIZIA CIVILE_sentenza edu caso grandestevens contro italia
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GIUSTIZIA CIVILE_sentenza edu caso grandestevens contro italia
LE PROBLEMATICHE SOLLEVATE DALLA SENTENZA EDU NEL CASO GRANDE STEVENS (E ALTRI) CONTRO ITALIA. IL COMUNICATO STAMPA SUL CONVERTENDO FIAT E LE SANZIONI AMMINISTRATIVE E PENALI NELLA CORTE EDU DEL 4 MARZO 2014 SENTENZA DELLA di FRANCESCO BARRA CARACCIOLO Approfondimento del 04 novembre 2014 ISSN: 2284-3760 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo L’argomento è di assoluto rilievo giuridico oltre che di stringente attualità atteso che la sentenza della Corte EDU che ha condannato lo Stato Italiano è divenuta definitiva dopo il rigetto della richiesta di rinvio alla Grande Camera formulata dal Governo Italiano ex art. 43 CEDU (cfr. comunicato stampa Corte EDU n. 203 dell’8 luglio 2014 e i commenti negativi della stampa all’iniziativa del Governo Italiano). La sentenza ha carattere dirompente sulla normativa vigente (amministrativa e penale) in materia di sanzioni per false comunicazioni al mercato. SOMMARIO: 1. Introduzione. - 2. Il diritto alla manifestazione del pensiero nell’ottica dell’informazione al Mercato: il comunicato stampa della Exor SpA e Giovanni Agnelli e C. (in relazione al “convertendo” Fiat e al contratto di equity swap con Merrill Lynch). Cenni sulla normativa in tema di false affermazioni al Mercato: gli artt. 187-ter e 185 d.lgs. n. 58 del 1998. - 3. Le sanzioni “amministrative” comminate dalla Consob e le sentenze civili che le confermano. Le sentenze penali di Torino: dall’assoluzione del Tribunale alla condanna della Corte di Appello. - 4. Le violazioni compiute dallo Stato italiano nella sentenza della Corte EDU 4 marzo 2014. 2 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo 1. Introduzione. L’argomento è di assoluto rilievo giuridico oltre che di stringente attualità atteso che la sentenza della Corte EDU che ha condannato lo Stato Italiano è divenuta definitiva dopo il rigetto della richiesta di rinvio alla Grande Camera formulata dal Governo Italiano ex art. 43 CEDU (cfr. comunicato stampa Corte EDU n. 203 dell’8 luglio 2014 e i commenti negativi della stampa all’iniziativa del Governo Italiano). La sentenza ha carattere dirompente sulla normativa vigente (amministrativa e penale) in materia di sanzioni per false comunicazioni al mercato [1]. Ma lo ha anche su tutti i procedimenti sanzionatori che prevedono sanzioni amministrative di particolare afflittività e tali da avere natura sostanzialmente penale. Con conseguente rischio di duplicazione di condanne “penali” in violazione del principio “ne bis in idem”. La Corte EDU ha infatti riscontrato e sanzionato gravi violazioni ai diritti fondamentali compiute prima dalla Consob e poi da talune Autorità giudiziarie italiane, sia civili che penali che hanno – le prime – confermato le sanzioni “amministrative” e condannato – le seconde – l’avv. Grande Stevens ed altri a pene sostanzialmente (ed in parte) riproduttive di quelle amministrative. La Consob, in particolare, per avere irrogato dure sanzioni amministrative in violazione, tra l’altro, del fondamentale diritto al contraddittorio; la Corte di Appello civile di Torino per non avere rilevato la violazione del contraddittorio e per avere violato il principio, parimenti fondamentale, di pubblicità delle udienze. Le Sezioni Unite civili della Cassazione perché non avevano accolto i ricorsi nella parte in cui censuravano la violazione del contraddittorio, la non pubblicità delle udienze e la violazione del ne bis in idem (essendo iniziata, medio tempore, l’azione penale per lo stesso fatto). Non solo: in sede penale, l’App. di Torino, in riforma della sentenza di assoluzione del Tribunale – che era stata pronunciata con la formula più ampia: «il fatto non sussiste» – ha condannato gli imputati Grande Stevens e Gabetti per il reato di cui all’art. 185 d.lgs. n. 58 del 1998 infliggendo loro una dura condanna penale in violazione del principio ne bis in idem (La Cass. pen. intervenuta dopo la sentenza della Corte EDU ha poi dichiarato estinto il reato per prescrizione). Una vicenda molto grave e dalle cui censure non è immune il legislatore che dovrà rivisitare i procedimenti sanzionatori amministrativi (in particolare delle Autorità indipendenti) sotto il duplice aspetto della garanzia della effettività della tutela dei diritti dell’incolpato e della non duplicazione di sanzioni sostanzialmente penali [2]. La durezza delle espressioni contenute nel complesso iter motivazionale di condanna europea è aggravata dalle 3 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo censure mosse all’Italia nella dissenting opinion del Presidente della sezione che, unitamente ad altro giudice di quel Collegio, ha sostenuto che le violazioni compiute dallo Stato italiano erano ben più gravi e pervasive di quelle affermate nella sentenza e più in generale giungendo ad accusare la Consob di aver teso una vera e propria trappola per “incastrare” i vertici Fiat. Colpisce, poi, che la stampa italiana abbia lasciato “sottotraccia” la sentenza, quasi a volerla rimuovere, fatta eccezione per il Sole 24 Ore con un articolo di Guido Rossi [3] dal significativo titolo: “Ci sarà pure un giudice a Berlino”. Le reazioni della dottrina, vicevresa, sono state ampie. Si pensi ai commenti di Viganò [4], Tripodi [5], De Amicis [6]. Rilevante studio è poi quello dell’Ufficio del Ruolo e del Massimario penale della Cassazione [7]. Il comunicato stampa, di poi sanzionato, fu richiesto dalla Consob alle società controllanti Fiat, Giovanni Agnelli & C. sapa ed Exor S.p.A. ed ebbe rilevanza mediatica internazionale così come la condanna inflitta dalla Consob (confermata dalla Corte di Appello di Torino e dalle SS.UU. civili della Cassazione) e il procedimento penale scaturito dalla stessa vicenda. Gli argomenti che saranno trattati in questo lavoro concernono: il caso del comunicato stampa Fiat; la normativa che regola e sanziona le false informazioni al mercato; le sentenze civili che hanno confermato la condanna Consob; le sentenze penali di assoluzione e poi di condanna. Infine la sentenza della Corte EDU del 4 marzo 2014. 2. Il diritto alla manifestazione del pensiero nell’ottica dell’informazione al Mercato: il comunicato stampa della Exor SpA e Giovanni Agnelli e C. (in relazione al “convertendo” Fiat e al contratto di equity swap con Merrill Lynch). Cenni sulla normativa in tema di false affermazioni al Mercato: gli artt. 187-ter e 185 d.lgs. n. 58 del 1998. Iniziamo dalla disamina del comunicato stampa incriminato. Come si ricorderà, la vicenda ha inizio con l’approssimarsi della scadenza del finanziamento che numerose banche avevano concesso a Fiat prevedendo che alla scadenza del 20 settembre 2005 ove la Fiat non avesse restituito il finanziamento, il credito bancario si sarebbe convertito in azioni. Ciò avrebbe comportato la perdita del controllo di Fiat da parte della famiglia Agnelli. La vicenda del comunicato è sinteticamente ed efficacemente descritta dalla Corte EDU da pag. 2 a pag. 5 alle quali rinviamo. In sintesi: 1) dal comunicato emerge inequivocamente che la famiglia Agnelli, per il tramite delle 4 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo sue finanziarie, non vuol perdere il controllo Fiat cosa che avverebbe qualora alla scadenza del convertendo previsto per il 20 settembre 2008 le otto banche da creditrici, se non rimborsate, sarebbero divenute azioniste per poi eventualmente collocare le azioni sul mercato con un incremento del capitale sociale. Tale aumento avrebbe diluito le quote degli Agnelli portandole dal 30% al 22% mentre le banche (o chi per esse) avrebbero avuto il 28% e quindi il controllo di Fiat; 2) vi è in essere, il 24 agosto 2008, alla data dei comunicati stampa di sapa Agnelli ed Exor SpA, solo un contratto di equity swap tra Exor e Merrill Lynch non idoneo a impedire l’effetto di cui sopra; 3) l’avv. Grande Stevens, come avvocato e consulente della famiglia Agnelli, stava valutando se con una certa modifica al contratto in essere, qualora fosse stata accettata dalla controparte, si poteva evitare il lancio di un OPA sulle azioni Fiat. Pertanto il 12 agosto formula alla Consob il quesito se nell’ipotesi prospettata l’OPA poteva essere evitata. Ma la Consob, invece di rispondere (lo avrebbe fatto …ma a cose già avvenute), in data 23 agosto sulla base di talune oscillazioni del titolo (per vero così poco significative da essere ritenute del tutto irrilevanti come acclarato dal Tribunale penale di Torino all’esito di ampia e articolata CTU) richiede alle società controllanti che sia diramato un comunicato stampa per spiegare le fluttuazioni del titolo e segnalare le eventuali iniziative adottate in merito alla scadenza del contratto di finanziamento. L’avv. Grande Stevens viene officiato da Exor del mandato professionale di studiare il comunicato e di predisporre la bozza per sottoporla alle società controllanti Fiat quale parere professionale. Inoltre la bozza fu portata all’esame di un dirigente apicale della Consob che assicurò la piena conformità del comunicato alla normativa vigente. Sulla base del parere redatto dall’avv. Grande Stevens nella qualità di Avvocato (e per tale attività professionale, regolarmente compensato come da fattura agli atti dei processi che sono seguiti) i C.d.A. delle società controllanti Fiat deliberano di emanare il comunicato (che esamineremo infra) in data 24 agosto 2008. L’avv. Grande Stevens, dopo aver scrutinato le modifiche (da sottoporre alle clienti e poi alla controparte Merril Lynch) al contratto di swap e sempre in ottemperanza al mandato ricevuto intraprende trattative con Merrill per rinegoziare lo swap nei sensi da lui studiati e approvati dalle clienti. Il 14 settembre viene inviata a Consob copia del testo del contratto rinegoziato e il successivo giorno 15 i C.d.A. di Merrill ed Exor concludono l’accordo sulla modifica del contratto di equity swap. Con singolare ritardo, solo il 17 settembre la Consob, a 5 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo contratto già firmato, comunica che l’avv. Grande Stevens aveva ragione e che il nuovo contratto esonera dall’obbligo di OPA. Infine il 20 settembre Fiat aumenta il capitale sociale così che le banche da un lato acquistano la titolarità delle nuove azioni ma, nello stesso giorno, lo swap entra in vigore e gli Agnelli conservano il controllo di Fiat. Quel comunicato stampa diviene il caso Grande Stevens per via dell’accusa lanciata da Consob a quest’ultimo (addirittura nella qualità mai avuta di componente del C.d.A. Exor) e alle holding degli Agnelli (oltre che a Gabetti) di avere emanato un comunicato falso e/o fuorviante che ha ingannato il mercato. In particolare all’avv. Grande Stevens viene comminata una sanzione amministrativa di inusitata portata: € 3 milioni e interdizione dalle cariche societarie per sei mesi. Vediamo allora il contenuto del comunicato. Lo leggiamo a pag. 4 della sentenza EDU. Due le proposizioni chiave: la prima è che Exor non aveva avviato né studiato iniziative riguardanti la scadenza del contratto di finanziamento; la seconda è che Exor desiderava rimanere l’azionista di riferimento della Fiat. Ora, alla luce di tale inequivoca proposizione, v’è da pensare che appartenendo il desiderio, quale moto dell’animo, alla sfera emotiva degli uomini, per le società quotate in borsa il “desiderio” significa che Exor si sarebbe adoperata per conservare il controllo Fiat in vista della scadenza del convertendo! [8] Quanto poi alle idee e alle riflessioni che Grande Stevens stava maturando per studiare la modifica allo swap, non essendo queste, a quel momento, altro che mere ipotesi di studio di un professionista (a nulla rilevando che fosse Consigliere di Ifil), appare corretta anche la prima proposizione giacchè la mera ipotesi di studio di un professionista, in mancanza di qualsivoglia fatto, riteniamo giustifichi la locuzione usata dalla società. Exor, infatti, non aveva intrapreso né direttamente studiato iniziative connesse alla data di scadenza. Il comunicato poi precisava: «Ifil valuterà eventuali iniziative al momento opportuno». Non è facile comprendere quale attività decettiva abbia subito il Mercato (come invece sostenuto dalla Consob e da alcune Autorità Giudiziarie italiane) che invece riteniamo abbia ben compreso che fino alla scadenza del convertendo vi sarebbero stati tentativi di Ifil di conservare il controllo di Fiat. Come ha statuito con chiara e convincente motivazione il Tribunale penale di Torino che in data 18 marzo 2011 ha assolto Grande Stevens e tutti gli altri imputati. Quanto alle fluttuazioni di mercato le società controllanti Fiat dichiarano di non disporre di elementi che possano dare spiegazioni al riguardo. Sul punto si veda la durissima critica mossa dal Presidente del Collegio della Corte EDU Karakas e dal giudice Pinto de 6 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo Albuquerque nella loro dissenting opinion: in particolare si veda pag. 11 dove accusano la Consob di aver creato «le circostanze del reato da sola [...] incastrato i ricorrenti e poi sanzionati per quello che sapeva essere ancora una pura intenzione al momento dei fatti». Secondo Consob, invece, alla data del 24 agosto 2008 la rinegoziazione dello swap era già stata studiata e «in corso di applicazione» e dunque i comunicati davano una rappresentazione falsa della situazione all’epoca. Vediamo ora la normativa che regola e sanziona le false informazioni del Mercato. Le norme fondamentali sono contenute nel d.lgs. n. 58 del 1998. In particolare così recita l’art. 187-ter intitolato “Manipolazione del mercato”: «1. Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro ventimila a euro cinque milioni chiunque tramite mezzi di informazione, compreso internet e ogni altro mezzo, diffonde informazioni, voci o notizie false o fuorvianti che forniscano o siano suscettibili di fornire indicazioni false ovvero fuorvianti in merito agli strumenti finanziari. 2. Per i giornalisti che operano nello svolgimento della loro attività professionale la diffusione delle informazioni va valutata tenendo conto delle norme di autoregolamentazione proprie di detta professione, salvo che tali soggetti traggano, dirattamente o indirettamente, un vantaggio o un profitto dalla diffusione delle informazioni. 3. Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria di cui al comma 1 chiunque pone in essere: a) Operazioni od ordini di compravendita che forniscano o siano idonei a fornire indicazioni false o fuorvianti in merito all’offerta, alla domanda o al prezzo di strumenti finanziari; b) Operazioni od ordini di compravendita che consentono, tramite l’azione di una o di più persone che agiscono di concerto, di fissare il prezzo di mercato di uno o più strumenti finanziari ad un livello anomalo o artificiale; c) Operazioni od ordini di compravendita che utilizzano artifizi od ogni altro tipo di inganno o di espediente; d) Altri artifizi atti a fornire indicazioni false o fuorvianti in merito all’offerta, alla domanda o al prezzo di strumenti finanziari. 4. Per gli illeciti indicati al comma 3, lettere a) e b), non può essere assoggettato a 7 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo sanzione amministrativa chi dimostri di avere agito per motivi legittimi e in conformità alla prassi di mercato ammesse nel mercato interessato. 5. Le sanzioni amministrative previste dai commi precedenti sono aumentate fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dall’illecito, quando, per le qualità personali del colpevole, per l’entità del prodotto o del profitto conseguito dall’illecito ovvero per gli effetti prodotti sul mercato, esse appaiono inadeguate anche se applicate al massimo». Una prima notazione riguarda il comma 3. V’è da chiedersi perché mai il legislatore si sia espresso in modo così involuto e forse poco logico in materia, peraltro, molto delicata. Se le condotte illecite sono quelle elencate al comma 1, nella sostanza, “la diffusione” (in varie forme) di notizie false al mercato, quale rapporto v’è con le condotte elencate al comma 3? Sono condotte “altre” o sono modalità attuative di quelle indicate al comma 1? In particolare il comma 1 vieta la diffusione di “notizie, informazioni e voci” false. Ora le “voci” mi lasciano molto perplesso: una norma che punisce e sanziona un fatto così evanescente e impalpabile come le “voci” mi sembra un unicum. La valutazione sulla “falsità” non è cosa semplice. Nel caso Fiat il comunicato poteva forse prestarsi a più interpretazioni ma quella data da Consob è di certo la più improbabile. Il 187-ter poi non si limita a sanzionare le notizie false ma anche le “fuorvianti”. Trattasi di un concetto assolutamente scivoloso e dubbio che non dovrebbe essere assunto quale condotta illecita. Se al Mercato si dice il vero si può essere ugualmente sanzionati ove la Consob reputi che vi sia stata una “voce fuorviante” (attesa la diversità delle due ipotesi: “notizie false o fuorvianti”). Vi è poi una norma “compiacente” per la potente corporazione dei giornalisti. Invero al comma 2 si legge che i comportamenti dei giornalisti saranno valutati tenendo conto delle loro norme “di autoregolamentazione”. I giornalisti sono esenti da responsabilità qualora in base ai loro codici disciplinari non sono sanzionabili. Così il giornalista che ha manipolato il mercato può non essere condannato sol perché invoca non meglio precisate “esigenze informative” e basta che il vero interessato “passi” la notizia a un giornalista compiacente e il Mercato viene manipolato senza responsabili. Seguono poi quattro tipologie di comportamenti illeciti ma il rapporto tra le notizie false del comma 1 e le quattro condotte del comma 3 non è chiaro. I quattro commi richiamano chi le indicazioni false e fuorvianti [lett. a) e lett. d)], chi «ogni altro tipo di inganno o di espediente» [lett. c)]. Mi chiedo se anche “l’espediente” non sia un concetto troppo 8 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo evanescente o occorre far riferimento alla categoria degli artifizi e dei raggiri che connotano la truffa? Oppure al dolo del c.c.? La lett. b) sanziona quelle operazioni, per mezzo delle quali, il prezzo di mercato viene fissato a livello “anomalo” o “artificiale” (si individua la condotta illecita sulla base degli effetti che produce). Il comma 4 introduce, poi, anche un’anomala esimente. L’esimente che conosciamo è quella dell’art. 51 del c.p., l’esercizio del diritto che fa venir meno l’antigiudicità penale, civile e amministrativa. Il d.lgs. del 1998, come modificato dalla legge comunitaria 2004, invece, qualifica esimente i “motivi legittimi” [che peraltro operano solo per gli illeciti di cui alle lett. a) e b) del comma 3]. Cosa deve intendersi per “motivo legittimo”? Nel diritto civile i motivi hanno limitatissima rilevanza: il motivo illecito comune a entrambe le parti; il motivo illecito nella condizione o nel legato e pochi altri ancora. Nel diritto penale i motivi sono materia di attenuanti e aggravanti. Qui, invece, esimenti. Non comprendo perché nella materia regolata dal d.lgs. cit. non si è fatto riferimento all’esercizio del diritto atteso che il motivo è un dato psicologico, interiore, e dunque anch’esso incerto e poco oggettivo. Altra esimente [per il caso delle lett. b) e c)] è l’essersi uniformati a “prassi di mercato ammesse”. Mi chiedo chi possa ammetterle, quando una prassi può dirsi “ammessa”? La prassi – verrebbe da dire – è prassi e basta. Da ultimo: le sanzioni accessorie del 187-quater sono molto afflittive e si sovrappongono pericolosamente a quelle penali (su ciò torneremo): ad esempio la perdita di onorabilità (requisito necessario per ricoprire cariche societarie); o l’incapacità (temporanea) ad amministrare, controllare, dirigere. Il 187-septies regola poi la “procedura sanzionatoria” (non mi soffermo sulla scelta del lemma “procedura” piuttosto che “procedimento”). Dico solo che il comma 1 concede solo 30 giorni di tempo ai soggetti incolpati per presentare le “deduzioni” alla contestazione ricevuta. Un termine sicuramente insufficiente. Il comma 2 richiama – ma solo per enunciarli – i buoni e non praticati (nel caso Grande Stevens) principi del contraddittorio; della conoscenza degli atti istruttori; della verbalizzazione; della distinzione tra funzioni istruttorie e decisorie. La Corte EDU ha dimostrato che la Consob e le Autorità Giudiziarie non hanno rispettato il giusto processo. In particolare quanto alla Consob, si legge a pag. 45: «la Corte considera che il procedimento davanti alla Consob non soddisfa pienamente le esigenze dell’articolo 6 della Convenzione in particolare per quanto riguarda il principio dell’uguaglianza delle armi tra accusa e difesa e la tenuta di un udienza pubblica che permetta un confronto orale». 9 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo 3. Le sanzioni “amministrative” comminate dalla Consob e le sentenze civili che le confermano. Le sentenze penali di Torino: dall’assoluzione del Tribunale alla condanna della Corte di Appello. A) È noto che le sanzioni amministrative ex l. n. 689 del 1981 si impugnano innanzi alla Corte di Appello e il procedimento deve svolgersi con udienze pubbliche e non in Camera di Consiglio. Su questo basilare punto la sentenza Corte EDU ha statuito che le udienza non sono state pubbliche e si erano invece svolte con il rito camerale, in Camera di Consiglio. Sulla diversa attestazione del Presidente della Corte di Appello di Torino hanno prevalso le fonti autentiche, cioè i provvedimenti della stessa Corte che recano l’intestazione “in Camera di Consiglio” e la certificazione del Direttore della Cancelleria della Corte d’Appello: «ad ogni modo, di fronte alle due versioni […], la Corte ritiene che sia il caso di tener conto degli atti ufficiali del procedimento[…]. La Corte arriva alla conclusione che nessuna udienza pubblica si è svolta davanti alla Corte di Appello di Torino» (sent. cit. pag. 56). L’opposizione dei ricorrenti involgeva vari punti rigettati dalla Corte di Appello e convertiti in motivi di ricorso dalle SS.UU. di Cassazione. L’opposizione si fondava su vari motivi alcuni dei quali involgevano i principi del giusto processo enunciati dal 187quater, il principio del contraddittorio, di conoscenza degli atti istruttori, di verbalizzazione, di distinzione tra funzioni amministrative e funzioni sanzionatorie. Veniva posta dai ricorrenti una cruciale questione: la coesistenza tra sanzioni amministrative nel nome ma penali nella sostanza (ex art. 187-ter TUF) con quelle penali dell’art. 185 TUF. Entrambi gli articoli hanno lo stesso titolo: “Manipolazione del mercato”; l’art. 185 TUF prevede (oltre la reclusione sino a 6 anni) la multa sino a 5 milioni elevabile sino a 15 milioni o a dieci volte il profitto o il prodotto lordo. La condotta penalmente rilevante è di chi «diffonde notizie false […] concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari». La norma penale sanziona solo le notizie che siano false e non anche quelle meramente fuorvianti (come la norma amministrativa). L’illecito di pericolo deve essere attuale e non solo meramente potenziale. Quanto alle “voci” e alle notizie “fuorvianti” queste non sono sanzionate penalmente ma solo in sede amministrativa. Ciò non pertanto le condotte e le sanzioni sono in realtà sovrapponibili (tranne che, ovviamente, per la reclusione). Si profilava, pertanto, con notevole evidenza, la violazione del principio di specialità di cui agli artt. 15 c.p. e 9 l. n. 689 del 1981 atteso che il “comportamento” perseguito da Consob è lo stesso perseguito dalla Procura. Ciò comportava, conseguentemente, la 10 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo violazione dell’art. 649 del c.p.p. e dell’art. 4 Protocollo n. 7 della CEDU che vieta di perseguire e/o condannare penalmente taluno per un reato per il quale si è già stati giudicati. In questo caso, definito del doppio binario (concorso cd. apparente) vige il principio di specialità, si applica cioè la disposizione speciale quando questa si sovrappone a quella penale generale. In ordine al comunicato la Corte d’Appello torinese non dubita sulla sua efficacia decettiva perché lo ritiene falso. Occorre però chiedersi cosa mai Exor e Agnelli dovevano scrivere nel comunicato per renderlo non falso e non decettivo: forse di aver dato mandato all’avv. Grande Stevens di studiare se e come era possibile modificare lo swap al fine di evitare l’OPA che l’avv. Grande Stevens stava in effetti studiando? Nella sostanza il comunicato era ben chiaro: gli Agnelli avrebbero fatto tutto il possibile per conservare il controllo della Fiat. Propedeutico a ciò era far studiare a un professionista di alto livello cosa era possibile fare sul piano giuridico. A rendere ben chiara la posizione di Exor vi era poi nel comunicato una frase inequivoca che dice tutto: «Exor desidera rimanere azionista di riferimento della Fiat». Ed inoltre che valuterà, a suo tempo, tutte le opzioni opportune. Altra questione di rilevante interesse è la ritenuta responsabilità dell’avv. Grande Stevens. La Corte d’Appello civile (cfr. pag. 56) ritiene che sia l’ideatore principale del comunicato ma che «è ininfluente che il suo coinvolgimento sia ascrivibile, come è certamente avvenuto all’esercizio di attività professionale e consulenziale, piuttosto che ad un titolo differente». Dunque per i giudici torinesi è “ininfluente” che l’avv. Grande Stevens abbia operato “interamente” nell’espletamento del mandato professionale d’Avvocato. L’attività di Avvocato, secondo i giudici torinesi, di per sé può essere illecita. A nostro avviso l’Avvocato, come un qualsiasi cittadino, gode innanzitutto del diritto fondamentale alla libertà di pensiero e delle sue manifestazioni. Non solo. Quale difensore ne deve godere ancor di più nell’espletamento del mandato professionale (in questo caso di consulenza). Tale diritto non gli può essere in alcun modo conculcato (cfr. art. 10 CEDU e l’art. 11 della Carta di Nizza sulla libertà di espressione). Per i giudici torinesi, invece, l’Avvocato che manifesta il proprio pensiero giuridico in un parere ritenendo lecito il testo del comunicato che egli stesso aveva predisposto deve essere condannato a pesantissime sanzioni sia amministrative che penali (oltre a varie pene e sanzioni accessorie che hanno inciso sull’onore e sul libero esercizio dell’attività professionale). Vale la pena riportare per esteso il pensiero della Corte (pag. 57) riferito a Grande Stevens: «non ha 11 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo agito nell’esercizio di funzioni gestorie, non aveva deleghe operative, non agiva sulla base e in forza di deliberazioni assunte in seno a quel CdA di cui faceva parte, era stato investito di un incarico di tipo professionale insito nella valutazione di fattibilità giuridica dell’operazione come evidenziato dal coinvolgimento di stretti collaboratori e della struttura del suo studio legale, nonché della formulazione squisitamente tecnica del quesito a Consob e trovava in quest’ultima veste la fonte autonoma ed esaustiva del proprio ruolo e legittimazione». B) Le SS.UU. civili della Cassazione hanno rigettato i ricorsi recependo, sia pure con dovizia argomentativa, i principi contenuti nella sentenza d’appello. In via di estrema sintesi ricordiamo che: a) sotto la scure della inammissibilità viene risolta la problematica sulla verità/falsità del comunicato, ritenuta questione di fatto non valutabile in sede di legittimità; b) il motivo relativo al mancato rispetto dei termini di chiusura del procedimento amministrativo (che la Consob non aveva rispettato) non è dichiarato inammissibile (ancorché le SS.UU. ritengano che lo sia il quesito di diritto) ma rigettato. In particolare v’era contrasto giurisprudenziale sulla natura di tale termine, se perentorio o ordinatorio. Le SS.UU. aderiscono con articolate motivazioni alla tesi della natura ordinatoria del termine. B1) Un cenno sul rigetto del motivo dedicato alla violazione del contraddittorio nel procedimento amministrativo Consob. La sentenza della Corte EDU h accertato che fu violato il contraddittorio e quindi l’art. 187-septies TUF (che impone il rispetto del contraddittorio) mentre per le SS.UU. tale principio «in tal fase deve pur sempre strutturarsi e modellarsi in concreto, in funzione cioè dello stato in cui si trova la procedura che non implica la necessità della costante presenza delle parti». B2) Altro punto (nodale) di contrasto con i giudici europei è quello relativo al motivo di ricorso, parimenti rigettato, sul divieto del bis in idem: le SS.UU. ritengono la sentenza d’appello, sul punto, correttamente motivata ed escludono il concorso apparente tra fattispecie sanzionatorie, all’uopo richiamando anche la direttiva 2003/6/CE (recepita in Italia con legge n. 62 del 2005). Direttiva che, nel prevedere l’obbligo di sanzionare amministrativamente gli abusi di mercato, lascia libero il legislatore nazionale di prevedere in via cumulativa e non alternativa/sostitutiva l’irrogazione anche di sanzioni penali con il sistema del doppio binario. Tale direttiva è oggi abrogata dal Regolamento 596 del 2014 relativo agli abusi di mercato mentre la U.E. ha varato una nuova direttiva, 12 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo la 2014 del 57 relativa alle sanzioni penali per gli abusi di mercato. In buona sostanza la tutela penale viene rafforzata mentre alle sanzioni amministrative viene lasciato spazio molto circoscritto perché da numerosi rapporti della Commissione europea emerge che le sanzioni non hanno dato buona prova di sé [9]. C) Veniamo ora alle sentenze penali: la sentenza di assoluzione resa dal Tribunale di Torino assolve tutti con la formula amplissima del 530 c.p.: il fatto non sussiste. Il fulcro dell’assoluzione è la liceità del comunicato perché nessuna alterazione ha prodotto al Mercato, neppure in via potenziale. Alla base anche un’accurata disamina tecnico-finanziaria dei C.T.U. sull’andamento, del tutto normale, del titolo Fiat (che la Consob aveva invece ritenuto anomalo tanto da richiedere un comunicato esplicativo). Viene segnalata poi (pag. 7) la pretestuosità dell’accusa (nonché di Consob quale parte civile) che pur di fronte alle emergenze probatorie a loro contrarie si avventurano alla fine del dibattimento in una “suggestiva” quanto infondata argomentazione. E cioè che l’alterazione del prezzo può manifestarsi anche con la sua … stabilità (qualora questa sia fittizia perché influenzata da false comunicazioni). È invece risultato che il rialzo non v’è stato anzi si è registrato un lieve, momentaneo ribasso. Conclude il Tribunale: «nessuno avrebbe potuto dire che al 24 agosto era già stato tutto deciso» (pag. 69). La Procura ricorre direttamente in Cassazione che ravvisa una parziale insufficienza di motivazione, annulla e rimette innanzi la Corte di Appello. Questa non avrebbe dovuto celebrare il processo in ottemperanza alla circolare del Suo Presidente che vieta la celebrazione di processi destinati sicuramente a prescrizione. Come quello in esame. Ebbene la Procura ottiene, in deroga alla circolare, che il processo di Appello si svolga (la motivazione è singolare: dato l’alto impatto mediatico del processo…). La Corte di Appello di Torino, ritenuto il carattere mendace del comunicato stampa, pronuncia la sentenza di condanna che la Corte EDU avrebbe qualche anno dopo duramente stigmatizzato. 4. Le violazioni compiute dallo Stato italiano nella sentenza della Corte EDU 4 marzo 2014. Nell’impossibilità di dare conto di tutti i passaggi della sentenza prendiamo in esame quelli più salienti: è stata accertata la violazione dell’art. 4 del Protocollo n. 7 che così recita: «nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge e alla procedura penale di tale Stato». Il 13 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo Governo Italiano si è difeso invocando preliminarmente la riserva prevista dagli artt. 2-4 del Protocollo 7. La Corte EDU ritiene illegittima la riserva italiana perché priva del requisito della breve esposizione della legge. Esamina poi il merito del ricorso e afferma che il punto centrale non è stabilire se gli elementi costitutivi delle fattispecie illecite previste dagli artt. 185 e 187 TUF siano o meno identici ma se i fatti incriminati «facevano riferimento allo stesso comportamento» (pag. 78). L’accusa era che la rinegoziazione dello swap era già avvenuta al momento del comunicato e che tale informazione era stata taciuta per evitare un probabile ribasso del prezzo delle azioni Fiat e per la Corte è indubbio che si tratta del medesimo comportamento sanzionato da Consob a carico delle stesse persone e alla stessa data. Consegue che risulta violato l’art. 4 del Protocollo 7. Quali sono le conseguenze di tale violazione? Lo stabiliscono gli artt. 41 e 46 della CEDU. L'art. 46 obbliga le parti contraenti a conformarsi alle sentenze della CEDU di cui il Comitato dei Ministri controlla l’esecuzione. L’art. 41 impone agli Stati di rimuovere le conseguenze e se ciò non può avvenire la Corte accorda la soddisfazione che ritiene appropriata. Lo Stato oltre a corrispondere la somma stabilita a titolo di equa soddisfazione deve adottare i mezzi per adempiere al suo obbligo e quindi vigilare affinchè il procedimento penale avviato contro i ricorrenti in violazione dell’art. 4 Prot. 7 ed ancora in corso (e lo era giacché pendeva ricorso per Cassazione) nei confronti di Stevens e Gabetti sia chiuso nei tempi più brevi possibili e senza conseguenze lesive per i ricorrenti. Ed invece la Suprema Corte di Cassazione si è limitata a dichiarare la prescrizione. Per quanto riguarda le conseguenze della illiceità è stata respinta la richiesta di restituzione dei 16 milioni di euro versati perché non risulta accertato che le sanzioni inflitte da Consob erano di per sè illegittime. Quanto al danno morale relativo alla ulteriore accertata violazione della mancanza di udienze pubbliche in Corte d’Appello questo è stato liquidato in € 10.000 per ciascun ricorrente cui vanno aggiunte, sempre a favore di ciascun ricorrente, € 40.000 per spese. È opportuno dare conto dell’allegata opinione dissenziente (parzialmente) dei giudici Pres. Karakas e Pinto de Albuquerque contenuta in 25 pagine di dure osservazioni nei confronti dello Stato Italiano, della Consob e delle Autorità giudiziarie. In particolare, affermano i giudici: a) non sono stati rispettati i principi di legalità e proporzionalità delle sanzioni in relazione anche «all’ammontare dell’equa soddisfazione stabilita dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo». b) Il solo giudice Pinto de Albuquerque 14 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo denunzia, poi, che la modifica dell’accusa da parte della Corte d’Appello non è compatibile con la Convenzione; c) entrambi si soffermano sul «carattere non equo del procedimento davanti alla Consob” affermando, con accurata disamina che “la Consob, in qualità di Commissione, è stata molto lontana (il grassetto sostituisce la sottolineatura dei giudici) dall’essere un organo imparziale indipendente dai servizi di inchiesta e di procedimento dell’ufficio di repressione dei delitti di abuso di informazioni privilegiate e dall’ufficio delle sanzioni amministrative» inoltre che, incredibilmente, «l’atto formale di accusa […] non è stato notificato ai ricorrenti […] la decisione è stata adottata al termine di una riunione che non è stata pubblica alla quale i ricorrenti non hanno potuto assistere e della quale non hanno potuto ottenere il verbale. Solo l’accusa ha avuto diritto alla parola davanti alla Consob, i ricorrenti né hanno potuto esprimersi davanti alla Cassazione […]»(pag 4). d) Ma l’attacco più duro viene portato alla Corte d’Appello civile di Torino che «ha rinunciato a esercitare i suoi poteri di riesame, non ha sentito testimoni, non ha interrogato nessun ricorrente non ha sollecitato perizie […] non ha fatto altro che un semplice esame della coerenza logica della decisione evitando di procedere a un reale revisio (riesame) della causa» (il grassetto sostituisce una sottolineatura non nostra: cfr. pag. 9 dell’allegato alla sentenza). E ciò è ancor più grave attesa la violazione del contraddittorio e del giusto processo innanzi alla Consob non ravvisate dalla Cassazione (sent. 23 giugno 2009, pag. 38). I giudici dissenzienti richiamano alcune pronunce di merito di giudici italiani: in particolare TAR Lazio sent. 3070 del 10 aprile 2012. e) In merito al comunicato stampa i giudici dissenzienti affermano che «era di importanza capitale determinare se la Consob era a conoscenza della soluzione giuridica elaborata dal sig. Grande Stevens […] se questa versione dei fatti fosse stata confermata sarebbe apparso che il comportamento della Consob aveva creato le circostanze della commissione del reato da sola(scl: il grassetto è, questa volta, nostro) e che la commissione aveva incastrato i ricorrenti e poi li aveva sanzionati per quella che sapeva essere ancora una pura invenzione al momento dei fatti (cogitatio poenam nemo patitur)».Lacriticasi estende alle SS.UU. della Cassazione che hanno dichiarato: «in modo ripetuto ma poco convincente che il principio di specialità non si applicava» … atteso invece che l’una condotta era di pericolo astratto mentre il reato è di pericolo concreto: «è dunque evidente che si applicava il principio di specialità”. Infine censurano la statuizione della Corte EDU per non avere accolto la domanda di 15 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo restituzione di € 16 milioni incamerati da Consob: «come è possibile mantenere ammende colossali di milioni di euro, nonostante la presenza di violazioni così gravi dei diritti procedurali e materiali dei ricorrenti […] hanno subito danni notevoli, sia finanziari che morali […] hanno pagato ammende colossali e gli è stato impedito di svolgere la loro attività professionale per molto tempo […]. Come minimo, occorreva ordinare il rimborso ai ricorrenti delle somme versate a titolo di ammende. D’altronde i procedimenti penali ancora in corso dovrebbero essere chiusi immediatamente e gli accusati, Gabetti e Grande Stevens, assolti da ogni responsabilità penale». Pare opportuno concludere questa disamina con l’interessante osservazione, parimenti contenuta nella dissenting opinion, ove si denunzia: «la tentazione di delegare a questi nuovi procedimenti amministrativi la repressione dei comportamenti che non possono essere trattati con gli strumenti classici del diritto penale e del procedimento penale. Tuttavia la pressione dei mercati non può prevalere sugli obblighi internazionali di rispetto dei Diritti dell’Uomo».La riaffermata prevalenza – che è propria del diritto costituzionale italiano – dei valori della Persona su quelli del Mercato, ci sembra altamente significativa. 16 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo Riferimenti bibliografici [1] Il Presidente della Consob Vegas ha affermato, nel discorso tenuto il 5 maggio 2014 (riportato dalle Agenzie Stampa) la necessità che a seguito della sentenza CEDU sia modificato il d.lgs. n. 58 del 1998 (TUF) e in particolare il sistema sanzionatorio ivi contemplato. Si segnala la recente sentenza della Cassazione penale n. 20266 del 15 maggio 2014 che in tema di sanzioni penali tributarie ha ritenuto non sussistere la violazione acclarata dalla CEDU in relazione al ne bis in idem attesa la diversità della fattispecie portata al suo esame rispetto a quello oggetto del nostro studio. Le sanzioni amministrative tributarie sono, infatti, molto meno severe di quelle “amministrative” contenute nel d.lgs. n. 58 del 1998. [2] Cfr. le dichiarazioni di G. Alpa sul resoconto della prima riunione dell’Osservatorio nazionale permanente sull’esercizio della giurisdizione. [3] Il Sole 24 Ore, 30 marzo 2014. [4] F. VIGANÒ, Doppio Binario sanzionatorio e ne bis in idem: verso una dura applicazione dell’art. 50 della Corte, Relazione svolta all’incontro di Studio svoltosi il 23 giugno 2014 presso la Suprema Corte di Cassazione. [5] A.F. TRIPODI, Uno più uno (a Strasburgo) fa due. L’Italia condannata per violazione del ne bis idem in tema di manipolazione del mercato, in Dir. pen. contemp., 9 marzo 2014. [6] G. DE AMICIS, Ne bis in idem doppio binario sanzionatorio: prime riflessioni sugli effetti della sentenza Grande Stevens nell’Ordinamento italiano (Relazione svolta all’incontro di Studio svoltosi il 23 giugno 2014 presso la Suprema Corte di Cassazione), in Dir. pen. contemp. [7] Rel. n. 35 del 2014, Roma 8 maggio 2014 “Considerazioni sul principio del ne bis in idem nella recente giurisprudenza europea: la sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri contro Italia”. [8] I desideri e in genere i moti dell’animo delle persone giuridiche riportano alla mente le sempre attuali pagine di F. GALGANO, Le insidie del linguaggio giuridico. Saggio sulle metafore del diritto, Bologna, 2008, ove richiama i suoi fondamentali scritti degli anni ’60 sulle persone giuridiche nei quali dimostrò il carattere di pura metafora delle persone giuridiche e a maggior ragione degli stati d’animo delle stesse. Suscitando le dure critiche, tra gli altri, di S. SATTA che in Quaderni del diritto e del processo civile, 1969, 141, obiettò che così facendo Galgano aveva ucciso «una stupenda creatura 17 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Approfondimento di Francesco Barra Caracciolo umana». [9] Sul punto cfr. M.A. SANDULLI, La potestà sanzionatoria della Pubblica Amministrazione, Napoli, 1981. In particolare sul rapporto con le sanzioni penali si veda pag. 163: « […] la sanzione sia rivolta alla restaurazione dell’interesse specifico che l’Amministrazione avrebbe voluto protetto, attraverso l’osservanza del precetto trasgredito. È in ciò che deve cogliersi più direttamente la differenza rispetto alle sanzioni penali intese in termini di reazione a comportamenti lesivi dell’ordine giuridico generale e volte esclusivamente alla tutela e alla reintegrazione di questo». 18 Utente: GIUSTIZIA CIVILE UTENZA EDITOR - giustiziacivile.com - 04.11.2014 © Copyright Giuffrè 2014. Tutti i diritti riservati. P.IVA 00829840156 Powered by TCPDF (www.tcpdf.org)