ROMBI LUCA (Relatore: Raggio)

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ROMBI LUCA (Relatore: Raggio)
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RELATORE:
ICSIM – Istituto Franco Momigliano
STEELMASTER 2007
1. Introduzione
3
2. Il Decapaggio dei Metalli
5
2.1 Decapaggio Chimico
5
2.2 Decapaggio mediante acido cloridrico
7
2.3 Tecniche BAT per la riduzione dell’impatto ambientale
10
3. Processi di rigenerazione di acido cloridrico
15
3.1 Descrizione del Processo
15
3.2 Reattore – Processo SR
18
3.3 Reattore – Processo a letto fluido (FBR)
20
3.4 Ciclone
21
3.5 Venturi
24
3.6 Separatore
25
3.7 Torre di assorbimento
27
3.8 Ventilatore
29
3.9 Sistema di abbattimento ad umido dei fumi
29
4. Conclusioni
41
5. Bibliografia
42
“Impianti di Rigenerazione per Linee di Decapaggio ad HCl”
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1.
STEELMASTER 2007
Introduzione
Nel campo industriale l'
obiettivo della riduzione dell’impatto ambientale è generalmente
considerato come obiettivo di innovazione tecnologica, legato allo sviluppo di processi non
inquinanti.
La riduzione dell’impatto ambientale delle linee di decapaggio riveste un’enorme
importanza in riferimento alla normativa ambientale. L’ottimizzazione delle condizioni di
processo, mediante ad esempio un continuo controllo del rapporto tra concentrazione e
temperatura del bagno, consente di limitare enormemente le emissioni atmosferiche. Avere
un bagno più pulito, ovvero esente da fanghi, permette di avere un refluo liquido di minore
pericolosità e di più facile smaltimento, con ottenimento di un refluo solido nel caso di
estrazione dei fanghi.
Nel caso di decapaggio ad acido cloridrico, il bagno di decapaggio può essere prelevato in
continuo dalla linea e rigenerato in un impianto apposito (ARP) per piroidrolisi mediante
reattore FBR (fluidised bed) o SR (sprayroaster).
I principali vantaggi dell’utilizzo di un impianto di rigenerazione di acido in continuo possono
essere riassunti nel modo seguente:
•
Funzionamento in ciclo chiuso con linea di decapaggio
•
Elevata efficienza di rigenerazione (>98%) con conseguente riduzione dell’impatto
ambientale legata all’eliminazione dei bagni di decapaggio esausto da trattare
•
Possibilità di trattare acidi esausti contenenti Si, Zn e Pb
•
Drastica riduzione dei costi per l’acquisto di acido fresco
•
Recupero delle acque acide del decapaggio nell’impianto di rigenerazione
•
Migliore qualità del nastro prodotto, dovuta a un maggiore controllo dei bagni di
decapaggio (concentrazioni costanti)
•
Produzione di ossido di ferro come sottoprodotto della piroidrolisi
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•
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Minori quantità di soluzione di decapaggio in circolazione, mediante l’opportuno
stoccaggio degli acidi sia rigenerati che esausti
•
Ridotte movimentazioni delle soluzioni, in quanto viene movimentata solo la quantità
di soluzione da trattare.
La presenza di un impianto per la rigenerazione del bagno consente quindi da un lato un
immediato vantaggio economico, dall’altro un minore impatto ambientale.
Questa tesi vuole fornire una panoramica delle tecnologie oggi disponibili in tema di
rigenerazione per piroidrolisi dell’acido cloridrico, evidenziando i principali vantaggi che
l’installazione di un impianto di rigenerazione comporta.
Dopo una breve descrizione sulle linee di decapaggio e le tecniche oggi disponibili per la
riduzione dell’impatto ambientale, la tesi descrive in dettaglio le soluzioni impiantistiche
attualmente utilizzate nel campo della rigenerazione dell’acido cloridrico.
“Impianti di Rigenerazione per Linee di Decapaggio ad HCl”
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2.
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Il Decapaggio dei Metalli
2.1 Decapaggio Chimico
Con il termine di decapaggio si intende un processo effettuato tramite acido o altra
sostanza chimica per eliminare dai prodotti siderurgici laminati a caldo la patina di ossido e
le altre impurezze legate alle fasi precedenti del processo produttivo.
Solitamente il decapaggio si rende necessario ogni qualvolta il metallo venga sottoposto a
un trattamento termico o in seguito ad uno stoccaggio prolungato, allo scopo di ottenere
una superficie fisicamente e chimicamente pulita, ossia libera da impurezze.
Fra le impurezze, si ricordano:
•
Ossido
•
Residui di grasso
•
Prodotti corrosivi
•
Sali potenzialmente corrosivi
•
Altri contaminanti legati al processo produttivo.
La tipica reazione alla base del decapaggio chimico può essere descritta nel modo
seguente:
Ossido Metallico + Agente Decapante -------> Ioni Metallici + Acqua
Un possibile effetto indesiderato del decapaggio, detto sovradecapaggio, consiste
nell’attacco del metallo da parte dell’acido, con conseguente liberazione di idrogeno:
Metallo + Agente Decapante -------> Ioni Metallici + Idrogeno
Nel bagno di decapaggio esausto si trovano pertanto accanto alle varie impurezze, sali
metallici, ossidi e idrossidi del metallo base, nonché elementi di lega in particolari
concentrazioni, fra cui carbonio, fosforo, zolfo, rame, silicio e nickel.
Affinché non venga meno l’effetto decapante del bagno, è necessario aggiungere in
maniera continua acido fresco. La quantità di acido da aggiungere viene solitamente
regolata controllando la concentrazione di ioni metallici in soluzione, che non deve superare
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certi valori limite. Tipicamente si considerano i seguenti valori limite di concentrazione di
ferro:
•
8% per decapaggio con acido solforico
•
12% per decapaggio con acido cloridrico
•
2.5% per decapaggio con acido fosforico
L’aggiunta di acido fresco deve pertanto avvenire al più tardi al raggiungimento dei suddetti
valori limite di concentrazione.
L'
operazione di decapaggio può essere effettuata principalmente in tre modi: Pulizia
Chimica, Pulizia Elettronica o Pulizia Meccanica.
Accanto al decapaggio chimico, esistono quindi alternative meccaniche e termiche per la
rimozione delle impurezze e di elementi indesiderati dalla superficie metallica.
Il tipo di processo da applicare dipende ovviamente dal tipo di impurezze da rimuovere,
nonché dai vari processi di lavorazione cui si suppone il metallo verrà sottoposto. Il
materiale di scarto è detta calamina.
Il decapaggio dei pezzi di acciaio viene tipicamente effettuato mediante immersione in
acido cloridrico o acido solforico ed è necessario al fine di eliminare tutti i residui di ruggine
e quindi ottenere superfici di acciaio puro.
Il decapaggio si effettua anche durante la lavorazione industriale del rame e degli ottoni. In
questo caso l'
operazione avviene in seguito alla ricottura dei materiali, procedimento
necessario per fargli riacquistare una struttura metallografica apprezzabile andata perduta
durante lo stress della laminazione. Il decapaggio si rende necessario poiché la ricottura
provoca l'
ossidazione dello strato superficiale, che viene asportato grazie ad un bagno di
acido solforico (soluto in acqua al 10%) seguito da una lavatura e da una spazzolatura.
Al decapaggio segue la passivazione, trattamento chimico per eccellenza nella protezione
superficiale della resistenza alla corrosione dei metalli. È un processo chimico successivo
al decapaggio che ha lo scopo di potenziare la formazione spontanea di un film passivante
e protettivo. È un fenomeno molto importante nella corrosione atmosferica delle strutture
metalliche per cui un metallo "attivo", cioè un metallo che tende spontanemente ad
ossidarsi, forma uno strato di composto ossidato sigillante che isola il metallo sottostante
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dal reagente, impedendo così la continuazione della reazione di ossidazione. Anche la
passivazione è eseguita per mezzo di soluzioni acide e/o agenti chimici.
2.2 Decapaggio mediante acido cloridrico
Il decapaggio in acido più utilizzato è quello mediante acido cloridrico diluito. Un impianto di
decapaggio di solito comprende una serie di vasche (bagni) con concentrazione di acido
variabile seguite da una sezione di lavaggio per la rimozione dell’acido dal nastro.
(1)
(2)
Vasche di decapaggio (1) e di risciacquo (2) in linea di decapaggio ad acido cloridrico
I bagni di decapaggio costituiscono solitamente un sistema a cascata: l’acido fresco viene
introdotto nell’ultima vasca che viene a contatto con il nastro e riempie in direzione contraria
a quella del moto del nastro le vasche precedenti, fino ad essere estratto dalla prima vasca
come acido esausto. La concentrazione di acido nei bagni è pertanto differente, e cresce
nella direzione di avanzamento del nastro.
A titolo di esempio si riportano valori medi di concentrazione dei bagni nel caso di
decapaggio con tre vasche.
Acidità Totale
Acidità Libera
Fe
Vasca I:
200 g/l
40 g/l
120 g/l
Vasca II:
200 g/l
100 g/l
80 g/l
Vasca III:
200 g/l
160 g/l
30 g/l
L’acido cloridrico normalmente viene acquistato in soluzione al 28 - 33% circa e diluito fino
ai 12 -16%. Per prevenire un decapaggio eccessivo dei pezzi d’acciaio e per proteggere le
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vasche, si aggiungono inibitori di decapaggio al bagno che diminuiscono l’aggressività nei
confronti del metallo. Sono in uso presso alcuni impianti anche inibitori di evaporazione.
La reazione degli ossidi di ferro con l’acido cloridrico porta alla formazione di cloruri di ferro
bivalente (FeCl2) che sono responsabili della colorazione verde-scura dell’acido esausto. I
clorurui di ferro trivalente (FeCl3) vengono invece ridotti nelle normali condizioni di
processo a FeCl2.
Durante l’esercizio delle vasche il contenuto di ferro del bagno di decapaggio quindi
aumenta mentre la quantità di acido libero diminuisce, rendendo necessario il rabbocco del
bagno attraverso l’aggiunta di acido fresco. Il cloruro di ferro bivalente ha una solubilità
limitata in acido cloridrico.
La figura sottostante mostra come la dissolubilità del ferro bivalente nel bagno dipenda sia
dalla temperatura che dalla concentrazione dell’acido cloridrico.
Dissolubilità del ferro in acido cloridrico al variare della temperatura e della concentrazione
dell’acido
La velocità di decapaggio è senz’altro il fattore più decisivo per l’ottimizzazione del
processo. I fattori che maggiormente la influenzano sono la temperatura e la composizione
chimica del bagno.
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La figura sottostante mostra come la velocità di decapaggio dipenda dalla concentrazione
di acido e di cloruri nel bagno, diminuendo all’aumentare della quantità di cloruri di ferro in
soluzione.
Velocità di decapaggio al variare della composizione del bagno ad una temperatura di 20°C
Il decapaggio diviene impossibile in presenza di concentrazioni eccessive di FeCl2, ma di
solito il bagno di decapaggio viene sostituito o rigenerato prima di raggiungere questa
condizione.
Esistono soluzioni impiantistiche in cui lo sgrassaggio ed il decapaggio sono combinati in
un’unica vasca. Questa pratica è totalmente distinta dal caso di operatori che sgrassano
articoli con depositi d’olio meno pesanti nella vasca di decapaggio, saltando lo sgrassaggio.
Ciò non può essere considerato ecologicamente compatibile dal momento che può
condurre a tempi di decapaggio prolungati e volumi più grandi dei bagni conferiti a rifiuto
per tonnellata di prodotto.
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Emissioni gassose e vapori di acido cloridrico sono originate dai pezzi sottoposti a
decapaggio e dai bagni di decapaggio in rapporto alla concentrazione e alla temperatura
del bagno.
La soluzione più comune, nel caso di bagni ad alta temperatura, consiste nell’aspirazione e
quindi abbattimento mediante torre di lavaggio(scrubber).
Sono rifiuti generati nel decapaggio i liquidi di decapaggio esausto e i fanghi. I liquidi di
decapaggio esausto sono composti di acido libero, cloruro di ferro (fino a 140/170 g Fe/t),
cloruro di zinco, elementi di superficie dell’acciaio decapato e, talvolta, inibitori di
decapaggio.
Nel caso in cui al decapaggio sia associato un impianto di rigenerazione, i liquidi di
decapaggio esausti, ossia l’acido esausto e le acque acide della sezione di lavaggio,
possono essere completamente recuperati da tale impianto.
2.3 Tecniche BAT per la riduzione dell’impatto ambientale
Per il decapaggio con HCl le tecniche seguenti sono considerate BAT per la riduzione
dell’impatto ambientale:
•
Monitoraggio attento della temperatura del bagno e dei parametri di concentrazione,
nonché operatività entro i limiti riportati in figura.
Curva limite per l’esercizio dei bagni di decapaggio aperti
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Il contenuto di HCl nella fase gassosa al di sopra di un bagno di decapaggio dipende dalla
temperatura e dalla concentrazione. Le emissioni dai bagni di decapaggio sono al di sotto
di 10mg/Nm3 quando la coppia di valori (temperatura e concentrazione) è nell’area al di
sotto della retta.
Importanza fondamentale nella gestione delle vasche di decapaggio ha il flusso di aria
che si determina al di sopra delle vasche. Ad elevati flussi di aria (ottenuti con eccessiva
estrazione o ventilazione) corrisponde sulle vasche un flusso elevato di acido verso
l’atmosfera.
Infatti la soluzione di decapaggio tende rapidamente a creare delle condizioni di equilibrio
di fase liquido-gas che impediscono ad altro acido di evaporare una volta raggiunta la
pressione di vapore. La depressione, causata dalla estrazione eventuale, turba l’equilibrio
e consente al liquido di evaporare, incrementando l’emissione e il consumo di acido.
L’estrazione dovrebbe essere minimizzata. Se si effettua un controllo accurato dei
parametri di processo (temperatura e concentrazione), con condizioni operative nei limiti
stabiliti in figura, i sistemi di estrazione della fase vapore e le successive tecniche di
abbattimento diventano sovrabbondanti.
Le aspirazioni e conseguenti abbattimenti sono invece necessari quando non è possibile
operare nelle zone del diagramma o quando le condizioni di ventilazione naturale lo
richiedano.
Durante l’esercizio, il bagno si arricchisce in cloruro ferroso, il che determina un aumento
dell’attività decapante ed anche un aumento della tensione di vapore. Devono essere
tenuti in considerazione i rapporti relativi tra acidità libera e cloruro ferroso per
l’ottimizzazione della gestione dei bagni di decapaggio.
Se si richiedono operazioni al di fuori dell’intervallo di esercizio riportato in figura, ad es.
se vengono usati bagni di HCl riscaldati o a più alta concentrazione, l’installazione di
un’unità di estrazione ed il trattamento dell’aria estratta sono considerati BAT (ad es.
tramite scrubber).
Il livello associato di emissione di HCl è pari a 2-30 mg/Nm3.
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In tal caso, l’impianto, nella zona di pretrattamento (grassaggio e decapaggio), funziona
all’interno di tunnel chiusi. L’alta temperatura raggiunta dall’acido consente un’attività
maggiore, per cui occorrono quantità di acido minori che nel decapaggio aperto. D’altro
canto le emissioni di acido non sono più trascurabili e occorrono la separazione
dall’ambiente esterno (ed anche interno di lavoro) e sistemi di estrazione ed abbattimento
delle emissioni.
Vasche chiuse di decapaggio e sistema abbattimento fumi per bagni HCl ad alta
temperatura
•
Attenzione speciale alla reale attività del bagno di decapaggio e utilizzo di inibitori di
decapaggio per evitare un sovra-decapaggio.
L’efficienza del decapaggio, e quindi il tempo necessario per il decapaggio, cambia lungo la
durata del bagno.
Man mano che il bagno invecchia, la concentrazione del ferro aumenta ed è necessario
meno acido libero per mantenere la stessa velocità di decapaggio dell’inizio. È infatti
necessaria la presenza di ioni Fe2+ in quantità dipendenti dall’acidità libera per ottenere
l’ottimizzazione dell’attività decapante del bagno.
Un attento monitoraggio dei parametri del bagno (concentrazione dell’acido, contenuto di
ferro, ecc.) può aiutare nell’ottimizzazione dell’operazione attraverso la conoscenza dei
cambiamenti nel bagno e permettere procedure di esercizio diverse, come la riduzione del
tempo di decapaggio per evitare il sovra-decapaggio.
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Parimenti cambiamenti drastici nel liquido di decapaggio, per esempio sostituendo grandi
volumi del bagno, possono portare a condizioni di decapaggio che possono comportare
sovra-decapaggio. Lo scarico di acido esausto e l’aggiunta di acido fresco in dosi più
frequenti ma piccole evita cambiamenti eccessivi nelle caratteristiche del bagno e permette
un esercizio più agevole.
Nella figura seguente i valori ottimali sono compresi nell’area grigia.
Concentrazione di Fe
FeCl2 – HCl per il controllo dell’attività del bagno di decapaggio
Per proteggere dal sovra-decapaggio le parti di manufatto che sono già pulite e metalliche,
si aggiungono alla soluzione di decapaggio gli inibitori di decapaggio. Gli inibitori possono
ridurre la perdita di materiale dai manufatti anche del 98% e possono ridurre il consumo di
acido.
Tuttavia questi inibitori organici possono avere un influenza negativa sui successivi
processi di riciclo dell’acido e la riduzione del consumo di acido attraverso l’uso degli
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inibitori di decapaggio deve essere ponderata attentamente attenendosi scrupolosamente
alle indicazioni delle schede tecniche predisposte dai produttori.
•
Recupero della frazione di acido libero dai liquidi di decapaggio esausti.
Accanto alla rigenerazione per piroidrolisi, che consente il recupero con elevata efficienza
(>98%) dell’acido esausto e delle acque acide, vengono indicate come alternative
complesse e poco efficienti il recupero per evaporazione e mediante estrazione liquido –
liquido.
Il capitolo seguente riporta una descrizione dettagliata dei due processi di rigenerazione per
piroidrolisi FBR e SR, prendendo come riferimento le più moderne soluzioni impiantistiche
attualmente a disposizione.
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3.
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Processi di rigenerazione di acido cloridrico
3.1
Descrizione del Processo
I processi di rigenerazione dell’acido cloridrico sono stati sviluppati all’inizio degli anni
sessanta quando l’acido cloridrico è stato introdotto nelle linee di decapaggio al posto
dell’acido solforico. Entrambi i processi si basano sulla piroidrolisi, che avviene all’interno di
un reattore ad alta temperatura.
Si distinguono in base al tipo di reattore impiegato in processi a letto fluido (fluidised bed
process, FBR) e processi di tipo “spray roaster” (SR).
Impianti di rigenerazione di acido cloridrico (Processo SR e FBR)
Le reazioni di piroidrolisi che avvengono nel reattore sono essenzialmente due e portano
alla rigenerazione di acido cloridrico e alla formazione di ossido di ferro a partire da cloruri
di ferro:
2 FeCl2 + 2 H2O + 0,5 O2 = Fe2O3 + 4 HCl
2 FeCl3 + 3 H2O = Fe2O3 + 6 HCl
Entrambi i processi, a letto fluido e sprayroaster, consentono un’efficienza di recupero
dell’acido esausto vicino al 99%.
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La base del processo di rigenerazione è la decomposizione dell’acido esausto, che è
convertito per effetto dell’alta temperatura, dei vapori d’acqua e dell’ossigeno, in acido
cloridrico e ossido di ferro.
La piroidrolisi dei cloruri di ferro è quindi alla base del processo di rigenerazione. La
combustione di gas fornisce la necessaria energia affinché il processo abbia luogo.
La differenza principale fra i due processi è il tipo di reattore e la temperatura a cui avviene
la reazione.
Nel caso di impianto a letto fluido, il reattore è di dimensioni più contenute e la temperatura
è molto elevata, intorno agli 850°C.
L’impianto di tipo Sprayroaster ha invece un reattore di dimensioni maggiori ma opera a
temperature inferiori, intorno ai 400°C.
Il sottoprodotto di entrambi i processi è l’ossido di ferro, che si presenta sotto forma di
pellets nel caso di reattore a letto fluido e in forma di polvere di granulometria molto fine nel
caso di impianto di tipo sprayroaster.
I fumi provenienti da un reattore SR contengono elevate quantità di polveri, essenzialmente
di ossido di ferro. Le polveri vengono raccolte tramite un ciclone o un precipitatore
elettrostatico (ESP). Considerando che la temperatura è molto più elevata nel processo
FBR, il precipitatore elettrostatico può essere utilizzato solo negli impianti SR.
Dopo la rimozione iniziale delle polveri, i fumi vengono fatti passare attraverso un
separatore Venturi allo scopo di raffreddarli e favorire la rimozione delle piccole particelle di
ossido. L’agente raffreddante nel Venturi è l’acido esausto che, concentratosi mediante il
contatto con i fumi, è immesso nel reattore.
È interessante sottolineare che un importante recupero energetico si verifica proprio nel
Venturi, dove il calore sensibile presente nei fumi si trasforma in calore latente di
vaporizzazione dell’acqua contenuta in soluzione.
Dopo il passaggio attraverso il Venturi, i fumi passano attraverso una colonna di
assorbimento, tipicamente con corpi di riempimento, dove la maggior parte dell’acido viene
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assorbito in acqua e quindi recuperato. I fumi attraversano quindi un sistema di
abbattimento a umido allo scopo di assorbire l’acido cloridrico ancora contenuto in essi
sotto forma di vapore.
Schema di processo di un impianto di rigenerazione
La capacità di un impianto di rigenerazione è generalmente espressa in termini di litri/ora di
acido esausto che può essere trattato.
L’impianto viene quindi dimensionato in fase di progettazione a seconda delle esigenze
della linea di decapaggio per cui verrà utilizzato.
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3.2 Reattore – Processo SR
In questo tipo di reattore, la soluzione di acido esausto viene nebulizzata dall’alto di un alto
reattore cilindrico tramite delle lance dotate di ugelli, mentre l’energia termica necessaria è
fornita da alcuni bruciatori (2-4) disposti tangenzialmente alla base del reattore.
Schema di funzionamento di reattore SR
La zona in cui avviene la reazione è caratterizzata da temperature molto elevate, fino ai
900°C ma i gas di scarico e gli ossidi lasciano il reattore ad una temperatura intorno ai
400°C (massimo 600°C).
Il tempo di permanenza delle particelle vaporizzate di acido esausto nella zona in cui
avviene la reazione è pertanto molto breve, dell’ordine di alcuni secondi. Per questo motivo
è necessario l’utilizzo di lance con ugelli che consentono la formazione di piccole particelle,
di modo che esse possano essere facilmente vaporizzate durante la caduta all’interno del
reattore.
Durante il processo di caduta, la superficie delle particelle si solidifica. Quindi il liquido
contenuto all’interno di questo guscio solido evapora e lo rompe, creando in questo modo
particelle sferiche cave.
Per questo motivo l’ossido prodotto mediante processo SR è
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costituito da particelle cave di granulometria molto fine (alcuni micron) aventi una densità
apparente molto bassa.
Lancia con ugelli per nebulizzazione acido all’interno del reattore SR
Le caratteristiche dell’ossido ottenuto sono le seguenti:
•
Granulometria: < 1 µm
•
Superfice specifica: 3 - 5 m²/g
•
Densità apparente: 0,4 - 0,6 kg/dm³
Ossido di Ferro ottenuto mediante processo SR
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3.3 Reattore – Processo a letto fluido (FBR)
Nel processo FBR, la soluzione di acido esausto viene immessa all’interno di un reattore a
letto fluido mediante una lancia. L’energia necessaria alla piroidrolisi è fornita direttamente
dai gas di combustione. La figura riporta una rappresentazione schematica del reattore a
letto fluido.
Schema di funzionamento di reattore FBR
I gas di combustione provengono in questo caso da dei bruciatori posizionati al di sotto del
letto. Tipicamente la base del reattore contiene una elevata quantità di bruciatori (tuyeres),
sommersi al di sotto del letto, che oltre a bruciare il combustibile fluidizzano il letto di ossidi.
Il bruciatore può essere alimentato direttamente da una miscela di aria e combustibile,
oppure ricevere aria e combustibile attraverso condotti separati. In entrambi i casi la
miscela aria combustibile brucia in prossimità degli ugelli dei bruciatori, al di sotto del letto.
L’acido esausto in questo caso non viene nebulizzato tramite ugelli ma semplicemente
immesso mediante una lancia al di sopra del letto fluido. In questo modo bagna lo strato
più esterno di particelle di ossido, ed evapora velocemente, formando un nuovo strato
sottile di ossido. Questo fa si che si verifichi la crescita graduale delle dimensioni delle
particelle, che porta alla formazione di pellets duri e di elevata densità, che tipicamente
hanno un tempo di permanenza nel reattore di alcune ore.
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Le caratteristiche dell’ossido ottenuto sono le seguenti:
•
Granulometria: 0,2 - 2 mm
•
Superfice specifica: < 1 m²/g
•
Densità apparente: 3,8 kg/dm³
Ossido di Ferro ottenuto mediante processo FBR
3.4 Ciclone
In uscita del reattore, SR o FBR, è presente solitamente un ciclone in modo da abbattere le
polveri sospese, in particolare l’ossido di ferro.
Nel processo FBR le polveri abbattute con il ciclone vengono ricondotte all’interno del
reattore in modo da fungere come iniziatore per la crescita delle particelle nel letto fluido.
Nel processo SR questo non è necessario.
Il ciclone è un sistema di abbattimento di forma vagamente cilindrica che permette di
raccogliere le particelle aerodisperse sfruttando la loro forza di inerzia.
In questo dispositivo il flusso contaminato viene fatto entrare dall’alto e tangenzialmente in
modo da assumere un moto a spirale direzionato verso il basso. Per effetto della forza
centrifuga, il particolato di dimensioni maggiori fuoriesce dal flusso e, per inerzia, va a
contatto con le pareti interne del ciclone; per gravità scivola poi sul fondo del dispositivo
dove viene raccolto in un’apposita tramoggia che viene periodicamente svuotata o
ricondotto nel reattore, come nel caso dei cicloni installati negli impianti di rigenerazione
FBR.
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Principio di funzionamento del ciclone
La parte inferiore del ciclone è di forma conica ed in questa zona il flusso d’aria inverte il
senso del suo moto a causa della differenza di pressione esistente fra l’apertura di entrata e
quella di uscita, posta sulla sommità. Così il flusso d’aria risale in una stretta spirale verso
l’alto e fuoriesce dal tubo di scarico che ha l’asse coincidente con quello del ciclone.
All’uscita la corrente si presenta depurata dal materiale più grossolano, ma permane
contaminata dal particolato di dimensioni minori che non riesce a sfuggire alla forza di
trascinamento dell’aria.
L’efficienza di abbattimento è fortemente legata alla granulometria e al peso specifico delle
polveri da trattare, in genere è compresa tra 85 e 95%.
Solitamente il funzionamento è ottimale per polveri con peso specifico oltre i 300 kg/m3 e
con particelle abbastanza grossolane (oltre i 10 micron per polveri con peso specifico oltre i
1000-1500 kg/m3 e oltre i 50 micron per polveri con peso specifico oltre i 500 kg/m3),
presenti nell’aria in concentrazioni abbastanza elevate (qualche grammo per m3.).
Il materiale trasportato e inviato al ciclone esercita un’azione abrasiva al contatto con le
pareti. Il ciclone, come del resto le curve dell’impianto, è uno dei punti maggiormente
interessati dall’azione abrasiva.
L’efficienza totale di separazione di un ciclone è definita dalla relazione:
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Øt = 1 - cu/ce
dove cu e ce esprimono le concentrazioni di massa di particelle solide nel gas in uscita ed
in entrata.
Segue che la portata di massa di solido trascinato all’esterno con l’effluente è:
Mu = V ce (1 - Øt)
Se
Ri è la frazione di massa della classe granulometrica di polvere di diametro medio
dpm, a bassi carichi di polvere (ce < 10 g/m3), l’efficienza totale è data dalla:
NØt =
Re,i ØFi
dove N è il numero di classe e ØF l’efficienza frazionaria intesa come rapporto fra il numero
o la massa di particelle di diametro dpm separate ed il numero o la massa di particelle della
stessa dimensione introdotte con l’alimentazione. Quindi noto ØF, si possono calcolare Øt,
Mu e la granulometria della polvere contenuta nell’effluente:
Ru,i = Re,i (1 - ØFi) / (1 - Øt)
Il problema è quindi ricondotto a derivare un modello di previsione di ØF in funzione della
geometria del ciclone, delle condizioni di esercizio e delle caratteristiche fisiche della
miscela trattata.
Le teorie fino ad oggi sviluppate possono essere inquadrate in due classi a seconda che si
basino sul tempo di permanenza delle particelle nell’apparecchio o sulla superficie limite di
separazione.
Nel primo caso una particella è considerata separata se, nell’attraversamento del ciclone,
ha tempo sufficiente per raggiungere la parete; da lì, infatti, per ipotesi, non può che
confluire nel vaso di raccolta.
Nel secondo caso si ammette che le particelle, appena entrate nel ciclone, si assestino in
orbite circolari di equilibrio: quelle che ruotano nelle orbite esterne al volume racchiuso nella
cosiddetta superficie di separazione, sostanzialmente la superficie immaginaria ottenuta
“Impianti di Rigenerazione per Linee di Decapaggio ad HCl”
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estendendo fino alla punta il tubo di scarico, sono abbattute, le altre vengono aspirate dalla
corrente che fuoriesce dalla sommità.
Queste teorie forniscono un’espressione che permette di calcolare il diametro minimo
separabile, ma tale grandezza avrebbe utilità pratica solo se il ciclone si comportasse come
un classificatore perfetto. In realtà questo non accade e per valutare l’andamento
dell’efficienza frazionaria di separazione in funzione del diametro delle particelle si deve far
riferimento a curve sperimentali ottenute per casi specifici e a fattori di aggiustamento
empirici da adottarsi per poter estendere l’applicazione di tali curve a situazioni diverse.
3.5 Venturi
All’uscita del reattore, i fumi passano attraverso un Venturi dove entrano in contatto con la
soluzione di acido esausto. Durante questa fase l’acqua evapora e la temperatura del gas
si abbassa bruscamente, anche per effetto dell’espansione, fino a scendere a circa 9698°C. In questa fase evapora circa il 25% dell’acido.
Il Venturi consente di accelerare il flusso dei gas mediante un restringimento nella struttura,
definito anche gola. Man mano che il flusso procede attraverso questo restringimento,
aumenta la propria velocità e turbolenza.
I gas in uscita dal ciclone entrano dall’alto del Venturi e vengono a contatto con il liquido,
che è immesso nel Venturi attraverso 2 o più bocchelli tangenziali che fanno si che il liquido
abbia un moto centrifugo contro le pareti.
La pressione dei gas aumenta con la diminuzione del diametro. Il gas quindi espande per
effetto del brusco aumento della sezione.
Per effetto di questa zona di depressione, il liquido, che ha già raggiunto temperature
elevate, nebulizza formando piccole particelle. Ciò, insieme all’elevata turbolenza, fa sì che
il contatto fra i fumi e la fase liquida sia molto efficiente. Come conseguenza, le particelle di
ossido ancora presenti nei fumi vengono a precipitare in fase liquida, formando con l’acido
esausto acido concentrato, che viene in parte immesso nel reattore, in parte ricircolato nel
Venturi.
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Schema di funzionamento del Venturi
Il processo è estremamente stabile nel caso vengano mantenute le condizioni di progetto,
in particolare la velocità di attraversamento dei fumi e la portata di liquido. Per ragioni di
sicurezza, è tuttavia possibile immettere acqua nel caso in cui si verifichi un incremento
della temperatura.
3.6 Separatore
All’uscita del Venturi, i fumi passano attraverso un separatore, che funge come collettore
per l’acido esausto e per il ricircolo dell’acido concentrato nel Venturi e nel reattore.
La soluzione impiantistica più comune consente nell’immettere l’acido esausto proveniente
dalla linea di decapaggio nel separatore. Da qui, con opportune aggiunte di acqua allo
scopo di mantenere la densità entro determinati valori limite (1,48 kg/dm3), l’acido viene
fatto ricircolare nel Venturi, formando per effetto dell’evaporazione l’acido concentrato.
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Parte di questo acido viene spillata per poter essere immessa nel reattore. Il livello del
separatore è mantenuto costante immettendo continuamente acido esausto proveniente
dalla linea di decapaggio.
Un tipico schema impiantistico è riportato in figura.
Fumes
Absorber
Roaster
To RA Tank
FV-3B
Lump Breaker
FV-3A
ACID
WATER
Rotary
Valve
Vibrating Screen
V
e
n
t
u
r
i
Separator
From WPL Tank
FV-1B
FV-1A
ACID
WATER
To Oxide Bin
VENTURI&CPL PUMPS
ROASTER WATER PUMP
Schema impiantistico impianto SR
L’acqua immessa nel reattore per mantenere la densità del concentrato costante è
solitamente acqua acida, proveniente o dalla sezione di abbattimento fumi dell’impianto di
rigenerazione, o dalle vasche di lavaggio della linea di decapaggio.
In questo modo è possibile sia recuperare gran parte dell’acido contenuto nelle acque di
lavaggio, con conseguente vantaggio economico poiché si riduce il consumo di acido
fresco, sia ridurre l’impatto ambientale della linea di decapaggio con la creazione di un ciclo
chiuso di recupero e rigenerazione che riguarda sia l’acido esausto sia le acque di lavaggio.
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3.7 Torre di assorbimento
I fumi che lasciano il reattore sono costituiti da una miscela di vapore d’acqua, acido
cloridrico, aria, e residui di combustione, fra cui l’ossido di ferro.
Una volta superati il venturi e il separatore, i fumi attraversano una colonna di
assorbimento, dove i vapori di acido cloridrico vengono fatti condensare per poter essere
raccolti e quindi formare acido fresco da poter poi inviare alla linea di decapaggio.
Esempio di colonna di assorbimento con corpi di riempimento
La torre di assorbimento è essenzialmente una torre di lavaggio, di forma rettangolare o
cilindrica, all’interno della quale i vapori di acido cloridrico vengono fatti condensare
mediante il contatto con acqua nebulizzata da appositi ugelli.
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Nel caso di torre con corpi di riempimento, il più frequente, il dimensionamento avviene in
base a correlazioni di tipo empirico, legate essenzialmente alla portata di attraversamento
dei fumi, alle proprietà chimiche del liquido da assorbire, al tipo di riempimento.
Diagramma empirico per il dimensionamento della colonna di assorbimento
Ulteriori informazioni sulle torri di lavaggio sono riportate nel capitolo relativo al sistema di
abbattimento fumi. La torre di assorbimento è infatti una comune torre di lavaggio in cui la
portata di acqua immessa è inferiore a quella utilizzata nella fase di abbattimento.
L’acqua immessa nella torre di assorbimento è solitamente acqua acida, proveniente dalla
sezione di abbattimento fumi dell’impianto di rigenerazione, in modo da recuperare l’acido
contenuto nelle acque del sistema di abbattimento.
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3.8 Ventilatore
I fumi vengono estratti dal reattore e fatti passare attraverso il Venturi, il separatore e la
torre di assorbimento grazie ad un ventilatore, tipicamente a frequenza variabile, che viene
controllato in modo da mantenere costante la depressione all’interno del reattore.
All’uscita del ventilatore, i fumi attraversano un sistema di abbattimento fumi ad umido,
tipicamente costituito da una o due torri e da un separatore venturi, e quindi immessi in
atmosfera attraverso il camino.
3.9 Sistema di abbattimento ad umido dei fumi
La necessità di limitare la presenza delle sostanze inquinanti nell’aria comporta spesso
l’utilizzo di svariati sistemi di abbattimento. Questi sistemi si sono rivelati pressoché
indispensabili nell’ambito delle attività industriali che producono inquinanti aerodispersi in
grandi quantità.
A seconda della loro funzione, le tecnologie di abbattimento degli inquinanti presenti nelle
emissioni industriali si suddividono in tre grandi categorie.
Nel caso in cui all’inquinante sia associato un valore economico rilevante, si scelgono dei
processi che permettono il suo recupero e l’eventuale riciclo, come l’adsorbimento oppure
la condensazione.
Se gli inquinanti presenti nelle emissioni sono caratterizzati da un buon potere calorifico e
non è molto conveniente dal punto di vista economico un loro recupero per riutilizzarli nel
ciclo produttivo, si procede invece al loro incenerimento con il recupero della loro energia
sotto forma termica.
Se i processi industriali comportano la liberazione di emissioni gassose ricche di particolato
si deve invece procedere all’abbattimento degli inquinanti mediante l’utilizzo di sistemi
come le camere a deposizione, i cicloni, i separatori ad umido, i precipitatori elettrostatici o i
filtri tessili.
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Di solito l’efficienza nell’abbattimento del particolato supera il 95%, mentre per quanto
riguarda l’abbattimento dei gas e dei vapori l’efficienza varia dal 70 al 99%.
Bisogna comunque notare che alla depurazione dei flussi d’aria contaminati si accompagna
inevitabilmente la produzione di fanghi e di liquidi reflui che, in molti casi, devono essere
smaltiti dopo opportuno trattamento.
Nel caso degli impianti di rigenerazione, i principali inquinanti consistono in emissioni di
acido cloridrico e cloro al camino.
L’emissione di cloro può essere quasi annullata mediante opportuno controllo dei parametri
di processo.
Allo scopo di ridurre le emissioni di HCl, in modo da recuperarlo e incrementare in questo
modo l’efficienza globale del processo, l’impianto è dotato di un sistema di abbattimento ad
umido, tipicamente costituito da una o più torri di lavaggio, che consentono mediante
l’azione di un liquido, solitamente l’acqua, il recupero dell’acido per adsorbimento e
condensazione.
L’absorbimento può essere sia di tipo fisico che chimico. Quello fisico si manifesta quando i
contaminanti si disciolgono nel mezzo liquido che funge semplicemente da solvente; quello
chimico avviene quando gli inquinanti reagiscono chimicamente con il liquido o con
opportuni reagenti presenti all’interno di esso. Da notare che l’absorbimento chimico può
manifestarsi con reazioni reversibili oppure irreversibili a seconda delle sostanze in gioco.
Nel primo caso il liquido può essere recuperato dopo un’opportuna rigenerazione, mentre
nel caso delle reazioni irreversibili deve essere necessariamente smaltito e rimpiazzato.
L’absorbimento è particolarmente utilizzato per il controllo degli inquinanti gassosi presenti
ad alte percentuali in volume, ma è applicabile anche a gas diluiti molto solubili. In genere
l’absorbente più utilizzato è l’acqua a meno che non vi sia la necessità di abbattere
contaminanti caratterizzati da una bassa solubilità, come gli idrocarburi; in questo caso si
utilizzano altri solventi a bassa volatilità e di natura organica.
I fattori più importanti nel condizionare la solubilità dei contaminanti gassosi sono la
temperatura ed il pH del liquido. I gas inquinanti sono più solubili nei liquidi freddi che non in
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quelli caldi e sono meno solubili nei liquidi che presentano un basso pH. Anche la pressione
del sistema può condizionare la solubilità, ma questa non è la variabile più importante negli
absorbitori utilizzati per il controllo dell’inquinamento dell’aria dato che si opera per lo più a
pressione atmosferica. Altri fattori che sono direttamente relazionati al rendimento
dell’absorbitore sono la superficie dell’area di contatto fra le diverse fasi ed il tempo a
disposizione per la diffusione dei contaminanti gassosi nel liquido.
Si possono individuare essenzialmente quattro diverse tipologie di impianti:
•
le torri a nebulizzazione;
•
le torri a piatti forati;
•
le torri con corpi di riempimento;
•
i sistemi Venturi.
Tutti questi sistemi vengono anche definiti scrubber e sono estremamente diffusi sia come
tali che combinati strutturalmente tra loro o con altri sistemi di abbattimento.
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Torri a nebulizzazione
I sistemi di abbattimento tramite nebulizzazione sono molto usati nel caso di impianti di
rigenerazione in quanto consentono di depurare le emissioni dai gas altamente solubili.
Strutturalmente molto semplici, consistono in una camera rettangolare o cilindrica all’interno
della quale il flusso gassoso contaminato viene ripulito mediante il contatto con un liquido
nebulizzato da appositi ugelli.
Torri a nebulizzazione (Scrubber)
Solitamente questi dispositivi di abbattimento sono verticali e di grandi dimensioni, per cui
vengono comunemente indicati come torri o colonne spray, dato che il liquido di lavaggio
viene per l’appunto diffuso sottoforma di spray. Gli ugelli che provvedono a spruzzare il
liquido possono essere fissi o mobili e posizionati su uno o più livelli, a seconda della
particolare configurazione dell’impianto.
In genere il flusso di gas da trattare fluisce all’interno della torre dalla parte inferiore e risale
verso l’alto incontrando in controcorrente lo spray emesso dagli ugelli posizionati nella parte
superiore. Il particolato ed i gas vengono raccolti quando impattano le goccioline del liquido
di lavaggio.
Alcune torri funzionano a corrente incrociata, ossia il flusso d’aria fluisce orizzontalmente e
il liquido dall’alto verso il basso, altre a corrente coincidente, ossia entrambi i flussi
scendono verso il basso. Entrambi i sistemi non sono tuttavia efficienti quanto quelli a
controcorrente.
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Tutte le torri spray, ed in genere la quasi totalità dei sistemi di abbattimento ad umido,
presentano sempre dei dispositivi che favoriscono la condensazione delle goccioline
aerodisperse, per evitare che nelle emissioni finiscano i vari inquinanti solubilizzati. Questi
dispositivi sono spesso dati da deflettori particolari o da maglie a fibre più o meno
intrecciate, la cui densità determina la dimensione delle goccioline che vengono rimosse.
Un tipo particolare di sistema a nebulizzazione è l’essiccatore spray. Questo absorbitore
viene utilizzato per rimuovere i gas acidi come il biossido di zolfo e l’acido cloridrico.
Il liquido di lavaggio consiste in una soluzione alcalina che viene nebulizzata da una serie
di ugelli posti sulla sommità. Il flusso d’aria contaminato dagli inquinanti acidi viene
immesso nel depuratore dalla parte superiore o talvolta da metà struttura, venendo in
contatto con lo spray per un tempo che varia dai 6 ai 20 secondi.
Durante questo periodo i gas acidi vengono absorbiti dalle goccioline aerodisperse e
reagiscono con gli alcali, mentre il calore dell’aria fa seccare i prodotti della reazione. I
composti disidratati che si formano nell’essiccatore vengono così raccolti, assieme al resto
del particolato presente, tramite un filtro a tessuto od un elettrofiltro.
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Torri a piatti forati
Le torri a piatti sono dei sistemi di abbattimento ad umido che vengono utilizzati per
depurare le varie emissioni contaminate da gas e vapori o da particolato con diametro
superiore al micrometro.
Sono dispositivi verticali solitamente di grandi dimensioni e caratterizzati dalla presenza di
vari supporti forati collocati in posizione orizzontale, i cosiddetti piatti.
Torre a piatti forati
Il liquido di lavaggio viene immesso dall’alto e scende a cascata da un piatto all’altro,
mentre il flusso d’aria da depurare entra dalla parte inferiore del dispositivo e fluisce verso
l’alto passando attraverso dei fori o delle valvole presenti sui piatti.
La velocità del flusso d’aria fa sì che il liquido di lavaggio non scenda attraverso le aperture
dei piatti che si comportano in definitiva come se fossero dei veri e propri gorgogliatori. I
piatti più elaborati presentano a ridosso dei fori anche delle strutture più complesse che
prolungano il tempo di contatto fra i diversi flussi favorendo la solubilizzazione dei gas e la
rimozione del particolato.
Il liquido carico degli inquinanti depurati durante il processo in controcorrente e defluito
infine nella parte inferiore della torre può essere reciclato, rigenerato o smaltito a seconda
delle particolari condizioni di utilizzo.
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Gli scrubber a piatti sono abbastanza vulnerabili all’accumulo di sostanze solide e sono
soggetti a problemi di intasamento, per cui vengono spesso progettati in modo tale che sia
relativamente semplice operare la manutenzione e la pulizia dei singoli piatti; in questo
modo risultano più adatti delle torri a corpi di riempimento all’abbattimento del particolato.
Torri con corpi di riempimento
Questi sistemi di abbattimento sono senz’altro i più usati attualmente nel caso di impianti di
rigenerazione. Si tratta di colonne che hanno la caratteristica di contenere all’interno una
gran quantità di oggetti di piccole dimensioni e di forma di solito elaborata detti corpi di
riempimento (packing), prodotti di materiale solitamente plastico, ma anche di metallo o di
ceramica, a seconda dell’applicazione.
Torre a umido con corpi di riempimento
I
corpi
di
riempimento
sono
tutti
caratterizzati
dall’avere
un
elevato
rapporto
superficie/volume e presentano allo stesso tempo delle aperture che consentono il
passaggio del flusso d’aria trattato. Si posizionano su di un supporto presso la base della
torre e sono mantenuti in sede da una serie di reti solitamente metalliche.
Come le torri a nebulizzazione, anche i sistemi con i corpi di riempimento possono avere
una configurazione in controcorrente, a flusso incrociato o a flusso coincidente.
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Nell’impianto in controcorrente il liquido viene introdotto dalla cima della torre e fluisce
verso il basso passando sui corpi di riempimento, mentre il flusso di gas contaminato
penetra dal basso e risale ripulendosi.
In un sistema a flusso incrociato, il flusso di gas fluisce orizzontalmente, mentre il liquido
fluisce dall’alto verso il basso.
Corpi di riempimento ceramici, metallici e plastici (VFF, Vereinigte Füllkörperfabriken)
Nella configurazione detta a corrente coincidente, poco comune in quanto poco efficiente,
sia i gas che il liquido fluiscono dall’alto verso il basso attraverso il materiale di
riempimento.
Il grande vantaggio delle torri con corpi di riempimento è dato dal fatto che il liquido
scendendo si distribuisce su di un sottile velo che va a bagnare la vasta superficie del
materiale utilizzato. In questo modo si forma un’estesa area di contatto fra l’aria ed il liquido
di lavaggio e l’abbattimento dei contaminanti risulta estremamente facilitato.
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Per la sua natura, quindi, il sistema si presta molto bene all’absorbimento di vapori e gas
(soprattutto
inorganici)
e
all’abbattimento
del
particolato
fine
purché
a
bassa
concentrazione. In alcuni sistemi il particolato viene anche caricato elettricamente prima
che entri nel materiale di riempimento al fine di aumentare l’efficienza della raccolta; questi
dispositivi vengono anche chiamati scrubber umidi ionizzanti.
Un limite all’applicazione delle torri con corpi di riempimento è chiaramente evidente
quando si deve abbattere il particolato solido presente ad alta concentrazione: in questo
caso le polveri si sedimentano nel materiale ed intasano tutto il sistema che, di per sé, già
non si presta alla pulizia ordinaria e periodica.
Separatori Venturi
I sistemi Venturi permettono di abbattere la concentrazione del particolato aerodisperso con
un’efficienza che può variare fra il 70 ed il 99%. In genere l’efficienza maggiore viene
ottenuta nell’abbattimento del particolato caratterizzato da un diametro di 0,5-5 micrometri.
Da notare che i Venturi possono essere utilizzati anche come absorbitori di contaminanti
gassosi quando gli inquinanti presenti possiedono un’affinità moderatamente alta per il
liquido di lavaggio.
Schema di funzionamento di separatore Venturi
Estremamente utilizzati, questi dispositivi funzionano accelerando il flusso d’aria
contaminato mediante un restringimento nella struttura, definito gola. Man mano che il
“Impianti di Rigenerazione per Linee di Decapaggio ad HCl”
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flusso d’aria procede attraverso questo restringimento, aumenta la propria velocità e
turbolenza.
A seconda delle modalità di progettazione di questi sistemi, il liquido di lavaggio può essere
spruzzato nel flusso d’aria prima che raggiunga la gola o all’interno di questa, anche in
controcorrente. L’azione del flusso d’aria fa sì che il liquido di lavaggio si nebulizzi; in modo
da aumentare la superficie di contatto fra la fase gassosa e quella liquida e facilitare
l’abbattimento degli inquinanti. Alcuni sistemi utilizzano anche degli ugelli appositi per
nebulizzare il liquido di lavaggio prima che incontri il flusso d’aria in modo da aumentare il
numero delle gocce aerodisperse che devono catturare gli inquinanti.
Dopo la gola, la sezione più ridotta si allarga nuovamente ed il flusso rallenta e perde la
turbolenza, facilitando così la coesione delle goccioline e la loro precipitazione.
A valle di questo particolare sistema di abbattimento ad umido viene sempre posizionato un
dispositivo per separare dal flusso d’aria il liquido contaminato, solitamente un ciclone: il
flusso che fuoriesce dal Venturi viene immesso tangenzialmente in un cilindro verticale e le
goccioline vengono rimosse per forza centrifuga e per gravità a causa del movimento a
spirale dell'
aria.
Un tipo particolare di Venturi è il sistema con gola a sezione variabile. Dato che
l’abbattimento degli inquinanti avviene in funzione della velocità dell’aria nella sezione della
gola, quando la portata dei flussi da trattare può cambiare si utilizzano dei Venturi che
possono variare la sezione interna. La sezione viene di solito scelta in modo tale da
mantenere una caduta di pressione fissa lungo il dispositivo.
Valutazione dell’efficienza del sistema di abbattimento
Nella verifica dell’efficienza di questi sistemi di depurazione bisogna innanzitutto accertare il
rispetto dei termini di legge fissati per la tutela della salute e dell’ambiente.
In secondo luogo è opportuno individuare e risolvere tutti gli eventuali problemi che
possono comportare una riduzione nell’efficienza di abbattimento degli inquinanti. Di
fondamentale importanza sono anche le registrazioni relative ai cedimenti dei vari
componenti dello scrubber in quanto forniscono spesso ottime indicazioni sulle condizioni
dell’impianto.
“Impianti di Rigenerazione per Linee di Decapaggio ad HCl”
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Nel caso in cui il sistema non sia dotato di adeguati sistemi di controllo, è necessario
valutare i parametri chimici fisici di processo che sono relazionati al corretto funzionamento
dell’impianto.
L’indicatore più diretto dell’efficienza del sistema è sicuramente l’opacità del flusso d’aria in
uscita: tanto più l’emissione si presenta opaca, tanto più dovrebbe essere contaminata da
particolato o da composti chimici di varia natura. Tuttavia, poiché il flusso emesso è
solitamente molto vicino alla saturazione, la presenza di umidità condensante può rendere
difficile l’osservazione. Per la stessa ragione i monitor che rilevano l’opacità non vengono di
norma utilizzati con questi sistemi, dato che non è possibile distinguere l’offuscamento della
luce dovuto al particolato da quello dovuto alle goccioline d’acqua.
Un ottimo indicatore è anche la differenza di temperatura fra l’entrata e l’uscita dello
scrubber. Il flusso d’aria trattato con il liquido di lavaggio subisce inevitabilmente un
raffreddamento; se la temperatura all’uscita si presenta più alta del normale allora è molto
probabile che sia diminuita anche l’efficienza di abbattimento, magari a causa di una
diminuzione nella portata del liquido non accompagnata da una proporzionale diminuzione
della portata del flusso d’aria da depurare. Se queste portate vengono monitorate in modo
sistematico, durante l’ispezione si dovrebbero confrontare i valori rilevati con quelli di
riferimento.
Indicazioni indirette di una diminuzione di portata del liquido utilizzato per l’abbattimento
degli inquinanti includono la diminuzione della pressione nella pompa di scarico o un
aumento di pressione nei condotti che portano agli spruzzatori, dovuto di solito
all’intasamento dei diffusori.
Anche il pH dell’acqua in entrata ed in uscita dovrebbe essere valutato. Un pH in entrata
sopra il 10 può comportare un accumulo di incrostazioni che possono ostruire gli
spruzzatori, il letto di riempimento ed i piatti riducendo così la portata del liquido ed
ostacolando il contatto fra la fase gassosa e quella liquida. Il pH in uscita sotto il 6 può
comportare una grave corrosione delle componenti in metallo.
Anche le variazioni nella caduta di pressione hanno la loro importanza. Un aumento nella
caduta di pressione lungo il letto di un sistema a piatti o a corpi di riempimento può indicare
l’intasamento del letto o dei piatti. Un aumento nella caduta di pressione in uno scrubber
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venturi può essere causato da un aumento della portata del liquido o da un’errata
regolazione della valvola che determina l’apertura della sezione variabile dello scrubber.
Una diminuzione della caduta di pressione lungo uno scrubber a piatti può indicare la
rottura o il collasso dei piatti, mentre in uno scrubber Venturi può essere causato da una
diminuzione della portata del liquido o dall’apertura eccessiva della sezione variabile.
In modo simile, anche la caduta di pressione lungo i dispositivi che vengono utilizzati per
eliminare le goccioline aerodisperse all’uscita delle emissioni fornisce un’indicazione
eccellente delle condizioni fisiche di queste strutture. L’incremento della caduta di pressione
di solito è dovuto ad un accumulo di materiale sulle superfici, cosa che fa avvicinare le
aperture attraverso cui deve passare l’emissione. Questo accumulo causa così un aumento
della velocità delle emissioni e spesso comporta un convogliamento delle goccioline
aerodisperse all’esterno.
Al contrario, una diminuzione nella caduta di pressione può indicare un cedimento
strutturale. L’efficienza di questi dispositivi può comunque essere facilmente rilevata
osservando il camino e le aree adiacenti.
“Impianti di Rigenerazione per Linee di Decapaggio ad HCl”
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Conclusioni
La riduzione dell’impatto ambientale del decapaggio riveste un’enorme importanza in
riferimento alla normativa ambientale.
Nel caso di decapaggio ad acido cloridrico, il bagno di decapaggio può essere prelevato in
continuo dalla linea e rigenerato in un apposito impianto (ARP) per piroidrolisi mediante
reattore FBR (fluidised bed) o SR (sprayroaster).
L’elevata efficienza di rigenerazione (>98%) consente il funzionamento in ciclo chiuso con
la linea di decapaggio, ossia il recupero sia dei bagni di decapaggio esausti, sia delle acque
acide che vengono prodotte nella sezione di risciacquo del nastro.
Sebbene il costo di produzione per piroidrolisi sia superiore rispetto alla produzione in
impianto chimico, il crescente interesse verso tematiche di tipo ambientale rende oggi
l’installazione di tali impianti ancora più vantaggiosa rispetto al passato.
“Impianti di Rigenerazione per Linee di Decapaggio ad HCl”
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5.
STEELMASTER 2007
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