L`ultima di Rogerio il portiere goleador che

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L`ultima di Rogerio il portiere goleador che
SPORT
Corriere della Sera Mercoledì 9 Dicembre 2015
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Boxe
I guantoni bucati
di Mike Tyson
«Così ho sperperato
500 milioni di dollari»
Il personaggio
È possibile dilapidare mezzo miliardo di dollari in
pochi anni? Se ti chiami Mike Tyson sì. Alla
domanda l’ex re dei pesi massimi sorride e mima
un gancio in diretta tv, il giornalista della Cnbc
salta sulla sedia. Inizia così il racconto della discesa
negli inferi della bancarotta: «Ero un ragazzino
completamente fuori di testa, quello dei soldi non
era il mio campionato. Non sapevo come gestirli
né come controllare le persone che li gestivano per
me». Al culmine della carriera, quando per un
match di 90 secondi guadagnava fino a 40 milioni,
Iron Mike vantava un patrimonio fra i 400 e i 500
milioni di dollari, quanto il fatturato del Bayern
Monaco. Ma per uno capace di spenderne 200mila
in una notte per un party, di comprarsi tre RollsRoyce e una casa da 200 mila metri quadrati con
gabbie per le tigri, il default era inevitabile. Arriva
puntuale nel 2003 dopo gli anni del carcere, delle
dipendenze da droghe e alcol, dei salatissimi
divorzi. Ora Tyson è un one-man-show: scrive
libri, fa l’attore ed è anche salito sul palco di
Broadway con uno spettacolo autobiografico. «Sì,
sono tornato milionario — racconta — ma sto
ancora pagando i debiti». Si gode il momento
lasciandosi alle spalle il burrascoso passato: «Ho
più fan adesso che quando ero nel pieno della mia
carriera». La boxe di oggi non lo affascina molto:
«Combattono bene, ma non ci sono personaggi
capaci di entusiasmare il pubblico».
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L’ultima di Rogerio
il portiere goleador
che spaventava i c.t.
Domani si ritira Ceni, il M1TO del Brasile
Il M1TO di San
Paolo — con l’1 al posto della i
— alla fine ha deciso di andare
in pensione e sono iniziate le
celebrazioni. Se non avete mai
sentito nominare il portiere
brasiliano Rogerio Ceni, pur
essendo molto appassionati di
calcio, non preoccupatevi: la
sua è una storia straordinaria
ma con alcune unicità. Non ha
mai giocato fuori dal Brasile e
quasi non ha messo piede nella Seleçao. Ma Ceni detiene
una valanga di record e alcuni
sembrano destinati a resistere
a lungo. Partita d’addio con
vecchie glorie confezionata
per lui domani 11, 32 mila biglietti già venduti, quarto miglior incasso della stagione.
Stadio di Morumbi, quello del
San Paolo, l’unica maglia vestita nella vita.
Ceni, lontane origine italiane, lascia il calcio da vecchietto ma i suoi 42 anni non sono
RIO DE JANEIRO
131
gol segnati
da Rogerio
Ceni: 69
su rigore, 61
su punizione
e una su
normale azione
di gioco
1237
le partite
giocate
in campionato
da Ceni, tutte
con la stessa
maglia,
quella del
San Paolo
così strani per un portiere.
Nessuno però sulla Terra a
guardia di una rete ha mai segnato 131 gol, di cui 69 su rigore, 61 su calcio piazzato e persino uno con il pallone in gioco.
Il record è debitamente annotato sul Guinness a partire dal
2006, quando il brasiliano superò le 62 reti messe a segno
da José Luiz Chivalert, celebre
portiere del Paraguay.
Nei primi anni di carriera
Ceni era un portiere, per così
dire, normale. Poi nel 1996 si
mise a studiare per fare il salto. Il suo San Paolo non segnava mai su punizione e sbagliava un sacco di rigori. Cominciò
ad allenarsi intensamente, arrivava prima di tutti e tornava a
casa per ultimo, fino a quando
nel 1997 sbarcò nel club un allenatore pronto a permettere
l’eresia, Muricy Ramalho. «Ne
avevo già battuti 15 mila in allenamento, ero pronto», ha
raccontato poi.
Non ha più smesso. Il 2005
fu l’anno di maggior gloria, 21
gol e capocannoniere nella
stagione in cui il San Paolo infilò il triplete di campionato
paulista, Libertadores e Mondiale per club. La sfida decisiva con il Liverpool, vinta per
1-0 in Giappone, resta indimenticabile per i brasiliani e
per Ceni, eletto miglior giocatore in campo grazie alle parate su Gerrard. Di Mondiale ne
aveva già vinto un altro nel
1993 sul Milan di Capello (ma
era in panchina), poi altri tre
titoli nazionali e sudamericani. A parte i gol, gli altri suoi
record mondiali sono le 1.237
partite con una sola maglia,
quella del San Paolo (il precedente era di Pelé, 1.116 con il
Santos), e le 978 volte che ha
vestito la fascia di capitano.
Poi ci sono i primati brasiliani,
li ha battuti quasi tutti.
Fenomeno
Rogerio Ceni
chiuderà domani
la sua carriera, a
42 anni. Adorato
in Brasile,
ha avuto poco
spazio con
la Seleçao
soprattutto per
«eccesso di
personalità» (Ipp)
Del San Paolo, a un certo
punto, Ceni smise di essere solo l’idolo e il capitano e divenne una sorta di intoccabile, dicendo la sua su formazioni, acquisti e cessioni di giocatori e
persino sulla scelta degli allenatori. Un atteggiamento padronale che negli anni avrebbe fatto alzare le ciglia a tutti i
tecnici della Nazionale, al momento della convocazioni. Ceni ha collezionato appena 17
presenze in verdeoro tra il 1997
e il 2006, quasi tutte in panchi-
na. Può fregiarsi del titolo di
campione del mondo nel
2002, ma era il terzo portiere.
Il primo a capire che il portiere-goleador non era buono a
«far gruppo» fu il c.t. Zagallo
in una Copa America del 1997.
Quando i suoi compagni decisero di tagliarsi i capelli a zero
per scaramanzia, Ceni si rifiutò e rispose male a Zagallo, invitando il tecnico a fare altrettanto.
Rocco Cotroneo
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Il libro / 1
Il libro / 2
Luisito Suarez
il pibe de oro
prima di Diego
Da Pelé a Ibra
Tutto il calcio
a fumetti
Era il più «milanese» di tutti,
in quella Grande Inter, lui che
veniva dalla Spagna. Sobrio ed
elegante. Proprio come la città
che l’aveva adottato. Luis
Suarez era così bravo da
meritarsi l’appellativo di pibe
de oro trent’anni prima di
Maradona. Moratti l’aveva
pagato carissimo al
Barcellona. Dicono non
sbagliasse mai un passaggio.
Forse esagerano. Qualche
volta gli è successo. Questione
di centimetri. Una vita da
raccontare, la sua. L’ha fatto
Marco Pedrazzini, interologo
doc, nel suo «Luis Suarez,
l’architetto» (Gemini grafica
editrice, 18
euro). Un
libro pieno di
foto inedite,
qualcuna
persino in
bianco e nero
(colori che
Luis non
amava molto). Suarez voluto
dal mago Herrera incarnava
gli anni di quella Milano che
aveva voglia di scrollarsi di
dosso ruggini e malinconie.
La città raccontata da
Ermanno Olmi dove bastava
tirarsi su le maniche per fare
carriera. Poi, di colpo, la fine.
In una settimana di maggio
del 1967: Lisbona e Mantova.
Moratti lascia, arriva Fraizzoli
e Luisito si trova in riviera,
sponda Samp, senza neanche
sapere perché. Tornerà
all’Inter, ma in panchina. Lui
che non si era seduto mai.
Carlo Baroni
Quando il ginocchio di
Ronaldo (il Fenomeno) fece
crac, le rovesciate di Pelé,
Beckenbauer con il braccio
fasciato in Italia-Germania 43, i colpi impossibili di Ibra.
Tutto a fumetti. È intitolato
«Watch», acronimo di «We
are the champion», il libro
uscito per Officina Libraia
(25,95 euro). Trenta campioni
del calcio di oggi e di ieri,
dall’austriaco Matthias
Sindelar, il «Mozart del
calcio» che sfidò il nazismo,
al pluri Pallone d’oro Lionel
Messi passando per Meazza,
Garrincha, Best, Maradona,
Van Basten. Illustrazioni (al
tratto) di
Roberto
Ronchi,
«matita»
della Disney,
testi di
Giorgio
Martignoni.
Tradotto in
francese e inglese «Watch»
uscirà anche in Francia e Gran
Bretagna. Se sarà un successo,
la serie continuerà con volumi
dedicati ad altri sport (il
prossimo sul ciclismo). Stessa
formula: campioni illustrati e
raccontati attraverso schede
aneddotiche. La selezione dei
calciatori è avvenuta
«prendendo in esame
classifiche di tutti i tempi»
spiega Ronchi. L’idea, dicono
gli autori, è realizzare un
«volume che racconta il calcio
per incuriosire anche a chi
non è tifoso di pancia».
Roberto Rizzo
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