Don Gerardo Giacometti

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Don Gerardo Giacometti
Week-end di spiritualità per catechisti – Paderno del Grappa, 26-27 marzo 2011
Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono
Scoprire il sacramento della Confermazione
Traccia dell’intervento di don Gerardo Giacometti
Quali sono i significati che normalmente vengono evocati per presentare il sacramento della
Confermazione? Alcuni domandano una più attenta valutazione.
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La confermazione ci fa perfetti cristiani e soldati di Cristo. È una definizione che semplifica quello che
diceva il catechismo di Pio X. L’immagine del soldato equipaggiato per la battaglia si trova negli scritti
paolini (Ef 6,13-17) ma viene collegata alla cresima nell’omelia di Pentecoste del vescovo Fausto di Riez
(sec. V). L’affermazione “perfetti cristiani” riprende invece l’idea della confermazione come
“compimento” del battesimo (confirmatione baptisma perficitur). L’accento però viene spostato sul
battezzato anziché sul battesimo senza tener conto che per la perfezione cristiana c’è bisogno anche
dell’Eucaristia.
Cresima come sacramento della maturità che ci rende cristiani adulti. Qualche volta questo porta a
legittimare la scelta di spostare la confermazione in un’età ritenuta idonea dal punto di vista
anagrafico, intellettuale e psicologico pensando che il sacramento lo richieda. I motivi pedagogici non
vanno confusi con quelli sacramentali dato che secondo la fede della chiesa chiunque riceva il
battesimo può ricevere subito la confermazione e l’eucaristia.
La confermazione ci rende testimoni di Cristo. È una formulazione avvalorata dal titolo del catechismo
CEI destinato ai ragazzi che si preparano alla Confermazione. Anche in questo caso però si rischia di
impoverire il sacramento, concentrandosi sugli effetti più che sul dono e limitandosi ad alcuni effetti,
mentre i frutti dello Spirito sono più numerosi.
La confermazione è la conferma personale della fede battesimale. L’idea reca con sé la necessità di
una ratifica personale e consapevole al battesimo ricevuto da bambini. È lo stesso nome
“confermazione” a suggerire tale idea diversamente dal termine “cresima” che allude invece
all’unzione crismale. In tal modo si evidenzia la necessità di corrispondere adeguatamente al dono di
Dio. Questa prospettiva non spiega però il senso della cresima quando è data all’adulto
immediatamente dopo il battesimo.
La confermazione è il sacramento della comunione ecclesiale intorno al vescovo. La tradizione
occidentale riconosce nel vescovo il ministro ordinario del sacramento della confermazione e per
questo il rito ha un forte accento ecclesiale. E tuttavia il battesimo già inserisce nella chiesa ed è
l’eucaristia che rende pienamente espressiva la partecipazione al corpo di Cristo.
Queste espressioni non sono estranee al senso del sacramento, ma rischiano di essere parziali in rapporto
alla sua ricchezza o inadeguate rispetto alla sua corretta comprensione.
1. L’origine e lo sviluppo del sacramento della Confermazione
Nel XVI secolo, la Riforma protestante basata sul presupposto della sola Scriptura, dichiarava
inammissibili i sacramenti che non fossero adeguatamente documentati tra gli scritti del NT, tra cui la
confermazione. Il Concilio di Trento (1545-1563) ne ribadì la qualità di “vero e proprio sacramento” senza
tuttavia risolvere le difficoltà della confermazione, come rito autonomo e distinto dal battesimo, Ciò
sarebbe avvenuto solo più tardi, con una più attenta considerazioni delle fonti bibliche, liturgiche e
patristiche nel XIX secolo.
Tale studio ha permesso di capire che nella chiesa antica non era stato ancora formalizzato il concetto
classico di sacramento e neppure ci si preoccupava di enumerare i singoli sacramenti. La definizione da
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parte del magistero del numero settenario si ebbe al II Concilio di Lione del 1274, al Concilio di Firenze del
1439 e al Concilio di Trento del 1547.
Questo non significa che i sacramenti non esistessero o non fossero ritenuti tali. La comunità cristiana
non aveva bisogno di attestare quello che nessuno metteva in discussione. Nella chiesa c’è un
patrimonio più ricco di quello sancito nei suoi canoni, che ancora ci raggiunge e ci invita ad essere
attenti all’intera tradizione di fede.
La confermazione inoltre era strettamente legata alla prassi dell’iniziazione cristiana che racchiudeva
al suo interno numerosi gesti che solo in seguito vennero raccolti e distanziati in momenti successivi.
Occorre allora ritrovare questo momento sorgivo per comprendere il valore della confermazione in
relazione al battesimo, all’eucaristia e al più generale inserimento nella vita di Cristo e della Chiesa.
A. Le testimonianze bibliche
Anzitutto occorre rispondere all’obiezione protestante. È vero che non ci sono tracce della confermazione
nel NT? Due testi possono aiutarci a riflettere.
At 8, 14
Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samaria aveva accolto la parola di Dio e inviarono a loro
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Pietro e Giovanni. Essi scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora
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disceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano
loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.
At 19,1
Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dell’altopiano, scese a Èfeso. Qui trovò alcuni
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discepoli e disse loro: «Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?». Gli risposero: «Non
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abbiamo nemmeno sentito dire che esista uno Spirito Santo». Ed egli disse: «Quale battesimo avete ricevuto?».
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«Il battesimo di Giovanni», risposero. Disse allora Paolo: «Giovanni battezzò con un battesimo di conversione,
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dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù». Udito questo, si fecero
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battezzare nel nome del Signore Gesù e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, discese su di loro lo
Spirito Santo e si misero a parlare in lingue e a profetare.
In entrambi i casi appare chiara una prassi battesimale fatta di due gesti ritenuti necessari: l’immersione
nell’acqua e l’imposizione delle mani. Da un lato questo ci aiuta a capire che non si dà nel NT un gesto di
“confermazione” che abbia autonomia rispetto al mandato battesimale: l’imposizione delle mani segue il
battesimo e ne completa l’efficacia. Dall’altro sembra di poter cogliere anche l’esistenza di una “distanza”
fatta anche di un intervento successivo al battesimo e operato da un ministro differente.
B. L’evoluzione storica
Nel II secolo nel rito del Battesimo appare un elemento rituale inedito: l’unzione post-battesimale. Ce ne
parla S. Ireneo (130-202) come di un rito già esistente da tempo nella chiesa. Insieme all’unzione si
diffonde anche il rito del segno della croce o “consignazione” (sfraghìs = sigillo, che dirà in seguito anche il
carattere irrevocabile e permanente del sacramento) che si fonderà presto con l’unzione. Nel III secolo si
incontra la prima descrizione del rito della Confermazione. Ne riferisce Ippolito nella Traditio apostolica
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Appena risalito, un sacerdote gli darà l'unzione con l'olio santo, dicendo: «Ti ungo con l'olio santo, in nome di Gesù
Cristo». I battezzati si asciugano, si vestono, poi ritornano in Chiesa. Il vescovo, imponendo loro la mano, pronunzierà
l'invocazione: «Signore Dio, tu hai reso degni i tuoi servi di ricevere la remissione dei peccati col bagno di
rigenerazione dello Spirito Santo. Manda loro la tua grazia, affinché ti servano secondo la tua volontà. Perché è tua la
gloria, Padre, Figlio, con lo Spirito Santo nella santa Chiesa, adesso e nei secoli dei secoli. Amen». Prende l'olio santo
nella mano e conferisce loro l'unzione sulla testa, dicendo: «Ti ungo con l'olio santo nel Signore, Padre onnipotente, in
Cristo Gesù e nello Spirito Santo». Dopo questa unzione, dà loro un bacio dicendo: «Il Signore sia con te». Il battezzato
risponde: « E con il tuo spirito» (Trad. Ap., 21-22).
Il rito è ancora unito strettamente alla celebrazione del Battesimo. Dal IV secolo inizia il processo di
separazione che caratterizzerà la chiesa latina. Ciò è dovuto:
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alla necessità di battezzare chi era in pericolo di morte, senza aspettare la pasqua e alla conseguente
necessità in caso di guarigione di completare l’iniziazione cristiana;
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alla diffusione del cristianesimo e all’esigenza di affidare il battesimo ai preti, riservando la
confermazione al vescovo (l’apostolo) che raggiungeva le comunità quando gli era possibile. Mentre la
chiesa latina stabiliva tale necessità, la chiesa orientale mantenne il contatto col vescovo
semplicemente con la consacrazione del crisma da parte sua. In tal modo si differenziò la prassi di
celebrazione tra chiesa orientale e chiesa latina.
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Un po’ alla volta, incoraggiata dalla riflessione di S. Tommaso, si fa strada anche un’altra idea: maturità
cristiana. Come il sacramento del battesimo è il sacramento della nascita, così quello della
confermazione è il sacramento della crescita che conduce il cresimato all’età perfetta, quella cioè in
cui raggiunge la misura della statura di Cristo. Tommaso non parla di età anagrafica, ma spirituale: l’età
degli “adulti in Cristo” come possono esserlo anche dei bambini. Progressivamente però si fa strada
l’idea di determinare l’età del sacramento tra i sette e i dodici anni, come stabilirà il Concilio di Trento.
Si cercava in qualche modo di riconoscere la plausibilità anagrafica di una maturità cristiana ritenuta
altrimenti improbabile.
Il sacramento della Confermazione può essere amministrato a tutti i fedeli battezzati. Ma non conviene amministrarlo
ai bambini non ancora pervenuti all'uso di ragione. Pur non essendo necessario attendere il dodicesimo anno di età, è
bene ad ogni modo differire il sacramento per lo meno fino al settimo. La Cresima non fu istituita come necessaria alla
salvezza; fu data perché, ben rafforzati dalla sua virtù, ci trovassimo pronti a combattere per la fede di Cristo. Ora
nessuno riterrà che i bambini ancora privi dell'uso di ragione siano atti a simile genere di lotta (Catechismus ad
parochos).
In tal modo la Confermazione si precisa sempre più con una propria fisionomia in relazione a fanciulli e
ragazzi “nell’età di ragione”.
L’ultimo passaggio è costituito dallo slittamento della Confermazione rispetto all’Eucaristia. Ciò è stato
determinato anzitutto dall’intervento di Pio X che ha anticipato i tempi dell’ammissione alla Prima
Comunione con il decreto Quam singulari (1910). Pio X non intendeva posticipare la Cresima, ma
semplicemente rendere accessibile anche ai bambini l’incontro con Cristo nell’Eucaristia, tant’è vero che le
celebrazioni dei due sacramenti avvenivano quasi simultaneamente. Successivamente la chiesa italiana,
specialmente nel progetto catechistico seguito alla pubblicazione del DB, ha progressivamente posticipato
la celebrazione della Confermazione nel periodo preadolescenziale, prevedendo un adeguato itinerario di
formazione con il catechismo Sarete miei testimoni. Un decreto della CEI ha stabilito che l’età per il
conferimento della cresima è quella dei 12 anni circa (delibera del 23 dic. 1983).
Il sacramento della Confermazione è il crocevia di numerose problematiche che non sono state del tutto
risolte. Queste difficoltà non devono però impedirci di cogliere la pluriforme ricchezza del sacramento che
la chiesa ha inteso custodire.
Il Concilio Vaticano II è stato l’ultimo gesto di autorevole responsabilità da parte della Chiesa nei confronti
del sacramento il cui senso viene descritto nei documenti conciliari (in particolare LG 11 e SC 71) e la cui
celebrazione viene proposta con il nuovo Rito, pubblicato nel 1971.
Questo è dunque il nostro riferimento per una attenta lettura del sacramento in sintonia con la fede della
chiesa di ieri e di oggi.
2. Il dono dello Spirito
Innanzitutto il dono fondamentale che il sacramento conferisce: lo Spirito Santo. Al di là della diversità di
riti in Oriente e in Occidente, la Confermazione ha sempre inteso comunicare non “un” dono particolare
dello Spirito ma “il” dono dello Spirito, in tutta la sua consistenza e forza. Di nessun altro sacramento si
dice che “dona” lo Spirito Santo, neppure del Battesimo, anche se lo Spirito agisce in tutti sacramenti.
Significa che nulla manca ormai a questa straordinaria Presenza che dimora nel cresimato.
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Il Rito della Confermazione, facendo riferimento alla Pentecoste, ricorda che se anche se oggi la venuta
dello Spirito non è accompagnata da prodigi straordinari, come il dono delle lingue, la fede ci insegna che
questo Spirito ci è dato in maniera invisibile, ma reale. (Rito, n. 25)
Reale. Il termine mette in evidenza la verità del Dono offerto, la sua provenienza.
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È proprio il dono dello Spirito, che è Signore e dà la vita (Rito, 26): è la formula che appartiene alla
professione di fede trinitaria; lo Spirito dà forma con il Padre e il Figlio al mistero personale di Dio.
Essere abitati da tale Presenza significa essere legati indissolubilmente alla Trinità e alla vita divina.
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È lo Spirito che lega Gesù al Padre e lo sostiene nella sua missione: Cristo infatti, consacrato con
l'unzione dello Spirito Santo nel battesimo al fiume Giordano, fu mandato a compiere l'opera affidatagli
dal Padre, per diffondere sulla terra il fuoco dello Spirito (Rito, n. 25). Tutta la vita di Gesù dalla sua
incarnazione per opera dello Spirito Santo fino al suo sacrificio mosso dallo Spirito eterno (Eb 9,14).
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È lo Spirito promesso da Gesù e conferito in modo speciale come agli apostoli nel giorno di
Pentecoste (Rito, 26). L’evento pertanto si rinnova riproponendo nel discepolo di ogni tempo una sorta
di grazia inesauribile e sorprendente, la stessa che gli apostoli hanno sperimentato in quel giorno santo.
Se anche oggi non si percepiscono “prodigi straordinari”, osserva il Rito, non da meno la sua azione è
reale: È lui che diffonde nei nostri cuori la carità di Dio. È lui che, nell'unità della vocazione cristiana e
nella molteplicità dei carismi ci riunisce in un solo corpo. È lui che opera la santificazione e l'unità della
Chiesa.
Tale dono non è simbolico vuole dirci il Rito: è effettivo, permanente, irrevocabile. Ciò viene espresso nella
formula sacramentale che è stata ripristinata secondo il modello antico. Dicono le premesse al Rito:
Circa le parole che si pronunciano nell'atto della crismazione, abbiamo in verità considerato secondo il suo giusto valore
la dignità della veneranda formula che si usa nella Chiesa latina; ad essa tuttavia riteniamo che sia da preferire
l'antichissima formula propria del rito bizantino, con la quale si esprime il dono dello stesso Spirito Santo e si ricorda
l'effusione dello Spirito che avvenne nel giorno di Pentecoste (cf At 2, 1-4.38). Adottiamo pertanto questa formula,
riportandola quasi alla lettera.
Formula introdotta nel XII secolo
Formula attuale (V secolo)
Io ti segno con il segno della croce e ti confermo
con il crisma della salvezza. Nel nome del Padre e
del figlio e dello Spirito Santo
N. ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in
dono. Amen.
La pace sia con te. E con il tuo Spirito.
A differenza della formula utilizzata fino agli anni ’70, la formula antica ripristinata utilizza la parola che
richiama il concetto di sphragis-sigillo e la realtà del carattere che il sacramento imprime. Il sigillo indica
una particolare proprietà. «Per mezzo di questa unzione il cresimando riceve il “marchio”, il sigillo dello
Spirito Santo. Il sigillo è il simbolo della persona, il segno della sua autorità, della sua proprietà su un
oggetto (per questo si usava imprimere sui soldati il sigillo del loro capo, come sugli schiavi quello del
loro padrone); esso autentica un atto giuridico o un documento e, in certi casi, lo rende segreto» (CCC
1295).
Come in Cristo Dio ha messo il suo sigillo (Gv 6,27) in lui il Padre segna anche noi con il suo sigillo. È Dio
stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo, e ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha
dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori (2Cor 1,22, cf. Ef 1,13; 4,30). Questo sigillo dello Spirito
Santo segna l’appartenenza totale a Cristo, l’essere al suo servizio per sempre, ma anche la promessa
della divina protezione nella grande prova escatologica (Cf. Ap 7,2-3; 9,4); (CCC 1296).
3. La relazione col Battesimo
Afferma la Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium: Sia riveduto il rito della confermazione, anche
perché apparisca più chiaramente l'intima connessione di questo sacramento con tutta l'iniziazione
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cristiana; perciò è molto conveniente che la recezione di questo sacramento sia preceduta dalla
rinnovazione delle promesse battesimali (SC 71).
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Nel segno dell’unità. È indubbio il collegamento rituale tra la Confermazione e la Pentecoste. Lo Spirito
viene effuso come agli apostoli in quel giorno. Partendo allora dal fatto che la Pentecoste non è un
evento a sé stante, accaduto cronologicamente dopo la pasqua, ma esattamente nel compiersi della
pasqua, anche la Confermazione dice un compimento rispetto ad un evento già in atto. Come la
missione del Figlio crocifisso e risorto si compie nel dono dello Spirito che rende possibile l’incontro con
Gesù, la sua salvezza, la vita in lui e la comprensione di tale evento, così il mistero sacramentale di
partecipazione alla sua morte e risurrezione che si ha con il battesimo, si compie nella Confermazione
quando lo Spirito comunicato da Gesù consente di partecipare al suo mistero e di comprenderne il
senso. Gesù diviene il tramite della comunicazione dello Spirito e lo Spirito configura chi lo riceve a
Gesù e ne manifesta la piena visibilità. Il dono dello Spirito sigilla la novità inaugurata nel battesimo.
Tale dono non si aggiunge né si somma semplicemente a quello del battesimo, ma si compone
armoniosamente con esso. Come la pasqua di Cristo non è compiuta senza la pentecoste, così la
rinascita battesimale non è completa senza un rito che esprima e realizzi l’effusione dello Spirito. In
questo senso si comprende la persuasione che legge la confermazione come perfectio del battesimo.
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Nel segno della distinzione. Vi è tuttavia una lettura del sacramento che mette in evidenza anche la
distinzione rispetto alla grazia battesimale. Ciò appare soprattutto nella partecipazione attiva alla vita
della Chiesa e nell’appello alla corresponsabilità per quanto riguarda la sua missione. In Cristo,
consacrato con l’unzione dello Spirito e mandato a compiere sulla terra l’opera affidatagli dal Padre, il
cresimato, animato dal medesimo Spirito ne prolunga la missione. La missione consiste nella preghiera,
nella buona testimonianza della vita in grado di diffondere il buon profumo di Cristo, nel servizio nei
confronti dei fratelli. La Costituzione conciliare Lumen Gentium aggiunge un altro elemento: Col
sacramento della confermazione [i fedeli] vengono vincolati più perfettamente alla Chiesa, sono
arricchiti di una speciale forza dallo Spirito Santo e in questo modo sono più strettamente obbligati a
diffondere e a difendere la fede con la parola e con l'opera, come veri testimoni di Cristo (LG 11).
Vi è dunque un legame inscindibile tra il Battesimo e la Confermazione. Tutto nasce dal dono pasquale di
Cristo. Sostenuto da tale dono il battezzato-cresimato partecipa all’Eucaristia nella quale scopre di essere
realmente parte viva del Corpo di Cristo grazie allo Spirito che rende possibile tale comunione. Quando
riceviamo quel pezzo di Pane eucaristico nella comunione, l’azione dello Spirito ci assimila e ci trasforma in
quello che riceviamo, liberandone tutta l’energia. Ti preghiamo umilmente: per la comunione al corpo e al
sangue di Cristo lo Spirito Santo ci riunisca in un solo corpo.
Non dimentichiamo tuttavia che l’eucaristia è fonte e culmine della liturgia e della vita cristiana. Nel caso
in cui la confermazione preceda l’eucaristia, la cresima anela al suo culmen nell’incontro eucaristico. Ma
siccome l’eucaristia è anche fons da cui tutto ha origine, anche il dono dello Spirito, può essere sensata
anche quella prassi che anticipa la prima comunione rispetto alla cresima. In tal caso la celebrazione
eucaristica invoca il suo culmen attendendo la piena partecipazione del cresimando, liberando lo Spirito
che promana dalla pasqua di Gesù celebrata nel sacramento, perché si affretti la venuta di tale giorno.
4. Il legame con la Chiesa e con l’apostolo
Un altro aspetto che ritorna nell’indagine storica è il legame del sacramento con la presenza del vescovo
attestato in occidente dallo slittamento dell’età della confermazione pur di consentire la celebrazione da
parte del vescovo e in oriente dal significativo collegamento con il myron, il crisma da lui consacrato.
Ministro ordinario della Confermazione è il vescovo. È lui che normalmente conferisce il sacramento, perché più chiaro
ne risulti il riferimento alla prima effusione dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste. Furono infatti gli Apostoli stessi
che, dopo essere stati ripieni di Spirito Santo, lo trasmisero ai fedeli per mezzo dell'imposizione delle mani. Il fatto di
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ricevere lo Spirito Santo attraverso il ministero del vescovo dimostra il più stretto legame che unisce i cresimati alla
Chiesa, e il mandato di dare tra gli uomini testimonianza a Cristo (Premesse Rito, n. 7).
Benché la legislazione canonica affermi che anche i sacerdoti possano in determinate circostanze o su
incarico del vescovo cresimare validamente si è voluto insistere sul rapporto che lega storicamente la
figura del vescovo al sacramento della cresima. Il vescovo è il successore degli apostoli e tale identità,
benché in parte offuscata da una percezione dell’episcopato declinata in termini di prestigio e di potere, è
garanzia di due percorsi di grazia.
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Il percorso diacronico. Attraverso il vescovo siamo ricondotti ad abbracciare tutta la vicenda della
chiesa, da una pagina di storia alla precedente, fino al giorno di Pentecoste e agli apostoli investiti dal
dono dello Spirito.
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Il percorso sincronico. La figura del vescovo unito al collegio apostolico lega ogni chiesa locale alle altre
e all’unica chiesa di Cristo. Lo Spirito rinsalda dunque l’unità ecclesiale all’interno della stessa diocesi,
all’interno della chiesa di oggi con le sue problematiche, le sue speranze e le sue contraddizioni,
all’interno della chiesa universale in particolare con le sue articolazioni e comunità missionarie dalle
quali la confermazione, energia per diffondere la fede, si sente provocata.
Il Battesimo ha inserito il credente nella chiesa. Il vescovo nella confermazione ricorda al cresimato “in
quale” chiesa è stato inserito rafforzandone i legami e ravvivandone la partecipazione.
5. Il rito della confermazione
Un ultima serie di osservazioni le muoviamo a partire dal rito, così come si svolge. Lex orandi, lex credendi:
mentre si prega e si celebra si professa la fede e se ne manifesta il disegno.
A. La rinnovazione delle promesse battesimali.
Il rito inizia con le parole del vescovo che introducono i gesti sacramentali che si stanno per fare. Il primo è
la rinnovazione delle promesse battesimali. È stata introdotta solo di recente per stabilire un chiaro legame
con il battesimo e per evidenziare gli inizi di una storia credente che non si costruisce né si acquista, ma si
riceve in dono. Mediante la personale professione di fede il cresimando accoglie tale storia, si situa in essa
e ne accoglie il compimento. Il titolo però rischia di ridurre la portata del momento; non si tratta infatti di
una semplice promessa, ma di un gesto molto più impegnativo: rinunzia e professione di fede. Le
“promesse” battesimali appartengono più al Signore che al credente: sono quelle che lui stesso dischiude,
prima tra tutte la stessa promessa dello Spirito. Dio è fedele alle sue promesse!
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Il vescovo interroga insieme i cresimandi, ma ciascuno risponde personalmente. È quello che avviene
nella domanda che Gesù pone a Cesarea di Filippo: Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose
Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,15-16). Per i preadolescenti c’è un
cammino aperto, da una fede per socializzazione a un’assunzione personale di responsabilità.
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La risposta è fatta di rinuncio e credo. Due parole che aprono alludono ad un nuovo equilibrio. I
cresimandi sono in piedi, come tutta l’assemblea. Ma per “stare in piedi” nella fede occorre prestare
anzitutto attenzione all’insidia del nemico che promette e non mantiene. A lui il cresimando
risponde”rinuncio”: rinuncio a una logica che se-duce, che attira a sé e non consente di stare in piedi!
Credere è invece il verbo del nuovo equilibrio: Se non credete non avrete stabilità (Is 7,9). Credo che la
nuova stabilità della vita appartiene al credere, al dimorare, al fidarsi di Dio. (libro papa)
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La professione di fede ha il sapore antico di parole che riconducono alla comunità apostolica. È fede
che aderendo a Dio ne incontra il volto autentico nell’esperienza trinitaria. Il Padre creatore, il Figlio
Gesù incarnato, morto e risuscitato, lo Spirito vivificante. In quello spazio divino c’è posto anche per la
chiesa e per l’esperienza di salvezza che essa apre. Per questo nella professione di fede c’è anche
l’articolo che riguarda la chiesa e la vita cristiana.
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B. L’imposizione delle mani
Il gesto dell’imposizione delle mani ai fini della riconoscibilità e dell’efficacia del sacramento è contenuto in
quello dell’unzione. E tuttavia la struttura rituale ha inteso rendere maggiormente espressivo il segno
dell’imposizione dandone più chiara visibilità.
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Il simbolismo verticale aiuta a capire che il dono viene “dall’alto”. Il cristiano scopre la sua identità in
un’origine “altra/alta”. La sua generazione viene dall’alto, come anche la sua missione. Non si
appartiene alla chiesa per un patto societario né si apre la missione secondo una logica aziendale. È l’
“alto” che ci aiuta a comprendere le reali misure dell’uomo.
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L’imposizione delle mani dice anche la volontà di un contatto. Hai posto su di me la tua mano (Sal
138,5). Il gesto sia fatto su tutti i cresimandi, anticipando la crismazione in cui il contatto è diretto,
esprime il desiderio di Dio di incontrare la concreta realtà degli uomini, arricchendola dei suoi doni. Le
mani di Dio sono in azione, il “digitus paternae dexterae”, come viene chiamato lo Spirito nel Veni
creator, sostiene la nuova creazione come è stato artefice della prima.
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Al gesto solenne dell’imposizione delle mani corrisponde anche quello della mano del padrino sulla
spalla del cresimando. È come se le mani di Dio cercassero una collaborazione. Ma è anche come se le
mani di Dio offrissero supporto all’azione educativa. Dio stende le sue mani anche sulle nostre mani di
padrini, di catechisti, di genitori, di educatori, perché la nostra azione educativa sia riflesso della sua e
perché la nostra azione educativa a lui sappia condurre.
C. La crismazione
Siamo al momento specificamente sacramentale della confermazione. Il vescovo intinge il pollice nel
crisma (olio misto a profumo consacrato dal vescovo il giovedì santo) e traccia un segno di croce sulla
fronte del candidato dicendo: Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono. Nel gesto vi sono tre
elementi importanti.
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L’unzione con il Crisma. Crisma prende il nome da Cristo, l’Unto del Padre, consacrato dall’unzione
dello Spirito (Lc 4,18). Il cresimato è unto del suo profumo, raggiunto in profondità da tale fragranza
che penetra nel cuore come l’olio penetra e si diffonde sulla pelle. Il profumo di Cristo è la sua vita
offerta nell’amore: Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel
modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave
odore. (Ef 5,1-2). Il cresimato viene permeato di tale amore che costituisce la nuova condizione di
possibilità della sua vita. Lo Spirito Santo scenderà su di te… nulla è impossibile a Dio (Lc 1,35.37). Una
fragranza che si diffonde e che rende “buon profumo di Cristo”.
Siano rese grazie a Dio, il quale sempre ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde ovunque per mezzo nostro il
profumo della sua conoscenza! Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo per quelli che si salvano e per quelli
che si perdono; per gli uni odore di morte per la morte e per gli altri odore di vita per la vita (2Cor 2,14-16).
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Il segno della croce. L’unzione rende penetrante non una semplice carezza, ma una logica di vita.
Quella croce già affidata al battezzato ora deve scendere in profondità e diventare criterio di
valutazione e di scelta. Non si tratta semplicemente di appendere il crocifisso al muro, si tratta di
riconoscersi nella logica del crocifisso.
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Il sigillo. Ne abbiamo già parlato. Per qualcuno indica il segno stesso della croce con cui avviene
l’unzione, per altri l’effetto permanente sul cresimato. Dicono le premesse al rito: Il battezzato sul
quale il vescovo stende la mano, per tracciargli in fronte il segno della croce con l'Olio profumato, riceve
un carattere indelebile, sigillo del Signore (Premesse Rito, 9). Dio sigilla la sua azione, ne pone il
marchio di autenticazione e ne chiude ogni tentativo di adulterazione.
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La crismazione si conclude col saluto che il vescovo rivolge al cresimato: La pace sia con te. È il saluto
pasquale che esprime il compimento dell’inserimento nel mistero della morte e risurrezione di Cristo e
indica lo stile con cui il cresimato è chiamato a camminare nel mondo. Signore, fa’ di me lo strumento della
tua pace…
D. La preghiera dei fedeli
Il rito della confermazione si conclude con la preghiera dei fedeli. In essa si richiamano i principali effetti
del sacramento invocando la piena corrispondenza ad essi da parte di coloro che l’hanno ricevuto. La
preghiera ci ricorda che il sacramento non è magia. Viene affidato alla responsabilità dell’intera
comunità perché sia custodito e porti frutto. Per questo si prega per i cresimati perché diano buona
testimonianza, per i genitori e i padrini perché siano di sostegno e di esempio, per la chiesa raccolta dallo
Spirito e per il mondo perché lo Spirito apri le strade del Regno.
In questo modo la chiesa scopre di essere ancora parte di un cammino di grazia e di continuare ad
accogliere i prodigi che Dio ha suscitato all’inizio della predicazione del vangelo.
Per approfondire.
PIERPAOLO CASPANI – PAOLO SARTOR, Iniziazione cristiana, l’itinerario e i sacramenti, EDB, 2008.
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