anno d - scheda 2-16/19 - approfondimenti

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anno d - scheda 2-16/19 - approfondimenti
LABORATORI DELLA
FEDE
Giovani in cammino
verso Cristo
ANNO D
scheda 2 - 16/19anni
APPROFONDIMENTI
Diocesi di Forlì-Bertinoro
Centro di Pastorale Giovanile
TE
ST
IMO
NIANZA
TESTIMONI LA’ DOVE SI VIVE
nella scuola e nel lavoro
IL FILM
“TUTTA LA VITA DAVANTI”
Paese di produzione: Italia
Anno: 2008
Durata : 117 min
Genere: commedia, drammatico
Regia : Paolo Virzì
Interpreti e personaggi: Massimo Ghini, Isabella Ragonese; Sabrina Ferilli, Elio Germano, Valerio Mastandrea...
TRAMA:
La storia, narrata dalla voce di Laura Morante, è quella di Marta (Isabella Ragonese): laurea da 110 e lode in
filosofia teoretica e tutta la vita nelle sue mani una volta discussa la tesi. Una vita davvero difficile, perché l’unico
lavoro che riesce a trovare è la telefonista in un call center e la baby sitter, mentre tutti i suoi ex compagni di
università, che l’università tra l’altro non l’hanno neanche finita, hanno un posto di tutto rispetto all’interno di case
editrici e televisioni. Un’ingiustizia. A cui non riesce a porre rimedio neanche il sindacalista Giorgio Conforti (Valerio
Mastandrea), stralunato, forse troppo idealista, diciamo poco pratico, ma l’impegno è ammirevole. Insomma, Marta
decide di gettarsi nell’avventura del call center, con la speranza che qualcosa di buono possa arrivare anche da lì. Il
posto di lavoro è la brutta copia di un villaggio vacanze: sigla del buongiorno, coretti motivazionali, premi e obiettivi
da raggiungere. Nessuna umanità. A farla da padrona è la responsabile (Sabrina Ferilli) e il direttore (Massimo
Ghini), approfittatori della fame di indipendenza di quei giovani che investono in quel posto anche tante speranze
(come il precario Lucio 2 interpretato da Elio Germano).
Nel film di Virzì ci sono tutti gli elementi fondamentali che caratterizzano la società odierna: il precariato, che si
nasconde dietro il falso nome di Co.co.co.; la società che non aiuta i giovani, ma che spesso se ne approfitta;
l’università che lancia allo sbaraglio i laureati; il Grande Fratello, spazzatura della televisione, ma status symbol per
acquistare un senso di appartenenza nei discorsi di tutti i giorni; e infine i giovani, dotati di buona volontà, con tanti
sogni e pochi mezzi. Un po’ grottesco, un po’ favola nera, un po’ denuncia, un po’ commedia: il film fa sorridere,
ma a denti stretti. Dipinge, anche portandolo all’eccesso, un mondo spietato, popolato da una classe accademica
vecchia e decrepita (una simbolica accusa a un sistema scolastico vecchio, ma anche ai docenti nelle università,
ormai alla fine dei loro giorni, che non lasciano le cattedre e non danno posti di lavoro ai giovani) e dalle mille
difficoltà che regala il precariato. Sembra proprio che per i giovani non ci sia posto nella nostra società.
Valutazione Pastorale: Virzi si butta a capofitto ad esaminare quella parte di mondo del lavoro che sinteticamente
viene definita ‘moderna’: i call center, dove l’unico imperativo é vendere e dove l’oggetto da vendere conta di più
della persona che lo vende. Nel suo titolo d’esordio (La bella vita, 1994), Virzì aveva affrontato la perdita del posto
di lavoro ‘tradizionale’, ossia gli operai che si ritrovano disoccupati. Ma gli operai oggi dove sono? Non lo sono forse
anche questi ragazzi fagocitati nei call center? La scelta quindi è giusta e opportuna. Sul traliccio tradizionale della
commedia italiana, terreno di dolce/amaro, fotografia di vizi e virtù nazionali, il copione corre bene, l’approccio è
stimolante.
MUSICA
“EROE (STORIA DI LUIGI DELLE BICOCCHE)”
Caparezza
Questa che vado a raccontarvi è la vera storia di Luigi
delle Bicocche,
eroe contemporaneo a cui noi tutti dobbiamo la nostra
libertà
Piacere, Luigi delle Bicocche
Sotto il sole faccio il muratore e mi spacco le nocche.
Da giovane il mio mito era l’attore Dennis Hopper
Che in Easy Rider girava il mondo a bordo di un chopper
Invece io passo la notte in un bar karaoke,
se vuoi mi trovi lì, tentato dal videopoker
ma il conto langue e quella macchina vuole il mio sangue
..un soggetto perfetto per Bram Stroker
Tu che ne sai della vita degli operai
Io stringo sulle spese e goodbye macellai
Non ho salvadanai, da sceicco del Dubai
E mi verrebbe da devolvere l’otto per mille a SNAI
Io sono pane per gli usurai ma li respingo
Non faccio l’Al Pacino, non mi faccio di pacinko
Non gratto, non vinco, non trinco
nelle sale bingo
Man mano mi convinco che io
Sono un eroe, perché lotto tutte le ore.
Sono un eroe perché combatto per la pensione
Sono un eroe perché proteggo i miei cari dalle mani dei sicari dei
cravattari
Sono un eroe perché sopravvivo al mestiere.
Sono un eroe straordinario tutte le sere
Sono un eroe e te lo faccio vedere.
Ti mostrerò cosa so fare col mio super potere
Stipendio dimezzato o vengo licenziato
A qualunque età io sono già fuori mercato
fossi un ex SS novantatreenne lavorerei nello studio del mio avvocato
invece torno a casa distrutto la sera, bocca impastata
come calcestruzzo in una betoniera
io sono al verde vado in bianco ed il mio conto è in rosso
quindi posso rimanere fedele alla mia bandiera
su, vai, a vedere nella galera, quanti precari, sono
passati a malaffari
quando t’affami, ti fai, nemici vari, se non ti chiami
Savoia, scorda i domiciliari
finisci nelle mani di strozzini, ti cibi,
di ciò che trovi se ti ostini a frugare cestini
né l’Uomo ragno né Rocky, né Rambo ne affini
farebbero ciò che faccio per i miei bambini, io sono
un eroe.
Sono un eroe, perché lotto tutte le ore.
Sono un eroe perché combatto per la pensione
Sono un eroe perché proteggo i miei cari dalle mani
dei sicari dei cravattari
Sono un eroe perché sopravvivo al mestiere.
Sono un eroe straordinario tutte le sere
Sono un eroe e te lo faccio vedere.
Ti mostrerò cosa so fare col mio super potere
Per far denaro ci sono più modi, potrei darmi alle frodi
E fottermi i soldi dei morti come un banchiere a Lodi
C’è chi ha mollato il conservatorio per Montecitorio
Lì i pianisti sono più pagati di Adrien Brody
Io vado avanti e mi si offusca la mente
Sto per impazzire come dentro un call center
Vivo nella camera 237 ma non farò la mia famiglia a
fette perché sono un eroe.
Sono un eroe, perché lotto tutte le ore.
Sono un eroe perché combatto per la pensione
Sono un eroe perché proteggo i miei cari dalle mani
dei sicari dei cravattari
Sono un eroe perché sopravvivo al mestiere.
Sono un eroe straordinario tutte le sere
Sono un eroe e te lo faccio vedere.
Ti mostrerò cosa so fare col mio super potere
RIFLESSIONE SULLA CANZONE
Il brano narra infatti di un immaginario Luigi Delle Bicocche, operaio precario che, dovendo lottare giornalmente per il mantenimento della famiglia contro un mondo del lavoro vessatorio e inumano, si dimostra per questo
dotato di una forza ammirevole: la battaglia infatti è infida, perché alle difficoltà tipiche della sua condizione di
subordinato si uniscono le facili lusinghe dei meccanismi che promettono facili guadagni (si citano i Punti Snai,
il Pachinko, i Videopoker). L’essenza è chiara: l’eroe moderno non è più quello che compie imprese sovrumane,
perché è la vita stessa ad avere settato i suoi standard su un livello superiore a quello delle comuni possibilità. La
lotta per la sopravvivenza diventa quindi un percorso che eleva l’uomo comune onesto a eroe.
Fin qui la lettura più immediata e semplice, che fa capo al livello “impegnato” e non risparmia frecciatine a fatti
della cronaca (i privilegi giudiziari dei Savoia, l’assenteismo e i “pianisti” di Montecitorio). C’è però un secondo
livello più metanarrativo, che articola la trattazione del tema attraverso citazioni più o meno esplicite: ecco quindi
che Luigi da bambino sognava di diventare come Dennis Hopper in Easy Rider (quindi una persona libera dalle
costrizioni imposte dalla società), il videopoker si rivela “un soggetto perfetto per Bram Stoker” (per come riesce a
estorcere, come un Dracula con il sangue, tanto denaro grazie all’ingannevole promessa di una vincita destinata a
non arrivare mai), mentre lui vive “nella camera 237” (quella di Shining, metafora della follia che rischia di essere
generata dalla frustrazione). A questi rimandi espliciti vanno aggiunti altri pure evidenti ma meno lampanti: ad
esempio la voce narrante di Michele Kalamera (celebre doppiatore italiano di Clint Eastwood) oppure certe sono-
rità alla Ennio Morricone nel ritornello, che, unitamente al paesaggio sabbioso del video, danno l’idea di un film
western, di una realtà quindi cruda e difficile.
L’intento è quello di definire un universo iconograficamente derivativo, dove le citazioni permettono di innescare,
su un testo rabbioso e deluso dalla realtà, una serie di rimandi virtuosi, riconoscibili dal pubblico degli appassionati
(che quindi si sentono chiamati in causa da un linguaggio a loro noto), ma in grado al contempo di denunciare la
miseria del vero, e la necessità di ritrovare e rifondare la fantasia.
Quindi gli eroi di un tempo non ci sono più o sono ridotti a simulacri di cartone, come Rambo, il guerriero Spartano, il Superman o il Grande Mazinga di cui Caparezza indossa i costumi, denunciandone la vetustà, ma anche il
coté romantico e demodé. Ma allo stesso tempo quelle icone sono vere in quanto metafora di quell’eroismo genuino che è proprio dell’uomo, quello comune, e bisogna soltanto grattarne la superficie per rendersi conto che al loro
interno si agita un cuore che palpita e merita rispetto. In questo senso la canzone sembra suggerire una sintesi
fra l’eroica difficoltà del vivere che accomuna chi è “in trincea”, con le difficoltà di chi deve cercare di elaborare
quel dolore artisticamente (come fa appunto lo stesso Caparezza) permettendo all’arte e alla fantasia di diventare
specchio del reale. Un’opera di ricontestualizzazione di temi e figure nel nostro presente, che costituisce il valore
aggiunto del lavoro di Caparezza, del suo brano e del video.
Ecco quindi che quando Caparezza/Luigi trascina con la corda che lo lega al collo la limousine del suo (si presume)
datore di lavoro, il gesto diventa un qualcosa di epico che in una continua escalation permette al protagonista/eroe
di farsi progressivamente carico di pesi ancora maggiori (una betoniera, un autobus, un trattore, un camion dei
pompieri), sancendo la sua potenza e la sua volontà di non arrendersi. Allo stesso tempo il gioco dei rimandi celati
ci fa tornare alla mente l’Uomo Gorilla, uno degli avversari dell’Uomo Tigre nell’omonima serie tv, che dava saggi
della sua forza proprio trainando mezzi pesanti. La saldatura fra la realtà e la sua trasfigurazione immaginifica (di
ieri e di oggi) è compiuta. Possiamo ancora continuare a sognare e sperare.
METTITI IN GIOCO!
IL SENSO DELLO STUDIO
“Non so cosa penserà il mondo di me. A me sembra di essere stato solo un fanciullo che gioca sulla riva del mare e
si diverte a trovare ogni tanto un sassolino un po’ levigato o una conchiglia un po’ più graziosa del solito, mentre il
grande oceano della verità si stende inesplorato dinanzi a me.”
Isaac Newton
“Sì come il mangiare senza voglia diventa dannoso alla salute, così lo, studio senza desiderio guasta la memoria e
non ritiene cosa che la pigli.”
Leonardo Da Vinci
“Una vita senza ricerca non mette conto d’esser vissuta”
Platone
“La vera cultura non è quella che mira a un qualche scopo, ma, come ogni ricerca di perfezione, ha il significato in
se stessa. La ricerca della “cultura”, cioè di perfezionamento intellettuale e spirituale, non è un cammino faticoso
verso un qualche fine limitato, ma un fortificante e benefico allargamento della nostra coscienza, un arricchirsi delle nostre potenzialità di vita e di gioia. Per questo la vera cultura è insieme stimolo e appagamento, tocca sempre
il traguardo ma non si ferma in nessun luogo, è un viaggio nell’infi nito, un vibrare all’unisono con l’universo, un
vivere con esso fuori del tempo. Il suo scopo non è lo sviluppo di singole facoltà o rendimenti, ma esse ci aiuta a
dare un senso alla nostra vita, a interpretare il passato, ad aprirci al futuro con coraggiosa prontezza.”
Hermann Hesse
“Esiste una passione per la comprensione proprio come esiste una passione per la musica. È una passione molto
comune nei bambini, ma che poi la maggior parte degli adulti perde. Senza di essa non ci sarebbe né la matematica né le scienza.”
Albert Einstein
“Quanto più già si conosce, tanto più bisogna ancora a apprendere. Col sapere cresce nello stesso grado il nonsapere o, meglio, il sapere del non-sapere.”
Friedrich von Schlegel
LA MISSIONE IN PAROLE E AZIONI
LUNEDÌ 22 NOVEMBRE 2010
PRIMO GIORNO DI LICEO. Timore misto a curiosità. Mi sento grande, finalmente posso riscattarmi da tutte le
immagini che insegnanti, genitori ed ex-compagni avevano di me. Mi sembra di rinascere. La notte l’ho passata a
farneticare, a sognare la mia nuova figura di studente liceale.
Forse non hai capito! Ora sono uno studente LI-CE-A-LE, non sono più il bambino su cui ognuno faceva il suo progetto per il futuro: “sarà medico, sarà giudice, si sposerà e avrà tre fi gli...” Ora sono libero e indipendente.
SECONDA SETTIMANA DI SCUOLA. Nell’intervallo giro per i corridoi; faccio la coda alle macchinette. Tutti mi guardano: sulla fronte porto già la mia etichetta.
Ognuno di noi ne ha una: fi go, bella ma scema, secchia, truzzo, sfigato, mangia uomini, socialista, cazzeggiatore...
A me è toccata forse la peggiore: CATTOLICO BIGOTTO.
Mi sento di nuovo imprigionato nel pregiudizio degli altri.
CINQUE LUNGHI ANNI passati tra i banchi di scuola: questo è stato il tempo necessario per liberarmi di quella
odiosa etichetta che mi era stata attaccata dopo soli quindici giorni.
Ti chiedi come ho fatto?
Ho intuito che io, per primo, dovevo abbandonare i pregiudizi e gli stereotipi che avevo sugli altri e incominciare a
guardarli come dono. Si, hai capito bene: come dono di un Dio che mi ama. Quei volti erano parte della storia che
Dio ha scritto per me.
Sembra assurdo ma da quando ho iniziato a guardare ai miei compagni e ai miei professori per come erano, con
tutti i lori pregi e i loro difetti, senza ridurli ad una immagine pietrificata ho iniziato a sentirmi libero anche io.
Giovanni Luca ha detto...
“Ho la fortuna di essere in una classe eterogenea..ma molte volte, sentendomi in dovere di replicare ad affermazioni e critiche secondo me infondate o fondate su pregiudizi, non trovo persone disposte ad ascoltare..xke dopo
una risposta secondo me soddisfacente il loro atteggiamento è perfettamente uguale a prima, e non prendono in
considerazione che forse esistono punti di vista diversi e giusti almeno quanto i loro.. Quando invece si prova ad
abbassarsi vicendevolmente e lasciare da parte i pregiudizi i discorsi sono formativi x entrambe le parti..”
Anonimo ha detto...
“Non vedo che differenza c’è tra dire o non dire che uno va in chiesa...a scuola non parlo delle cose che faccio
fuori...perkè dovrei?”
Sara ha detto...
“Nella mia classe quasi tutti i miei compagni criticano Dio e la chiesa, e dicono k noi cristiani siam sl dei creduloni.1
mia compagna si arrabbia un sacco..io penso k faccia male ad arrabbiarsi.anke xk loro san poco e niente di ciò k
criticano, o se sanno di cosa parlano è perchè hanno scelto di combattere x le loro idee..quindi così cm io rispetto
qst loro scelta loro devono rispettare la mia!quindi dì semplicemente k è 1 scelta..loro hanno dei motivi x nn essere
cristiani e tu hai dei motivi x esserlo.”
Giovanni ha detto....
Con il passare del tempo ho capito sempre più che non ero chiamato a difendere un’idea ma a portare la testimonianza del mio incontro con Cristo.
“Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa” (Lc 21,14)
Non stiamo sempre sulla difensiva ma andiamo incontro agli altri,apriamoci a loro.
RELAZIONI ARITMETICHE
Addizione: è mettere insieme, aggiungere qualcosa. È il pensare, ciò che contraddistingue l’essere umano. È un’operazione centrale ed essenziale. Moltiplicazione: è essere per. È l’amore. L’attrazione è fondamentale, non si può
credere se non si è attratti. Ad amare s’impara anche, s’impara quale bellezza è per me – non quella che mi viene
imposta da fuori per vendermi qualche cosa. La bellezza che è anche il mio bene, quella per cui vale la pena essere
per.
Divisione: è spartire, restituire, condividere. È l’agire, il passaggio dal cuore alle mani. Pensare senza agire, amare
senza dirlo, aver bisogno di amore senza chiederlo è un suicidio. È fondamentale imparare ad agire che non significa un come ma un se, se agire. La filosofi a usa il motto agitur sequitur esse che significa l’agire deriva dall’essere.
L’agire è conseguenza di quello che siamo. Molti sono persone straordinarie, ma nessuno mai lo scoprirà così come
il giovane ricco del Vangelo.
Sottrarre: è togliere. Ciò che non va. È il riflettere su un’azione che va fatta dopo. Significa trasformare il negativo
in positivo.
Dona l’umiltà. Quando arriva il compito in classe cosa guardi? Il voto, solo raramente gli errori. Se guardiamo quelli
si finisce per difendersi, per trovare delle scuse, anche solo con se stessi. Il mi sono confuso. No! Bisogna invece
elaborare l’errore, chiedere perdono, accettare il limite. Vedere, volere, concretizzare, inquadrare.