Introduzione dei curatori L`ultima mostra italiana dedicata
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Introduzione dei curatori L`ultima mostra italiana dedicata
Introduzione dei curatori L’ultima mostra italiana dedicata esplicitamente ad Augusto (intitolata Mostra augustea della Romanità) risale al 1937, in occasione del bimillenario della sua nascita, avvenuta, secondo la tradizione da lui stesso fondata, il 23 settembre 63 a.C. Fu un’occasione epocale. Augusto, considerato il fondatore dell’impero, divenne il fulcro di un coerente sistema propagandistico che annoverava Mussolini come suo successore ed erede, fondatore di un nuovo impero. La mostra tuttavia, svoltasi negli enormi spazi del Palazzo delle Esposizioni, non si soffermò sul solo periodo augusteo, ma, utilizzando anche il materiale raccolto per la Mostra Archeologica del 1911 inaugurata in occasione del cinquantenario dell’Unità d’Italia, ebbe l’ambizione di offrire un quadro esaustivo sulla penetrazione del potere e della cultura romana in Italia e in tutte le province dell’impero. Non era pensata, perciò, solo come un autentico approfondimento critico sui modi di formazione del principato e di comunicazione dell’ideologia augustea attraverso i monumenti figurati. Era, piuttosto, un quadro — questo sì veramente esaustivo — sulla penetrazione della cultura romana in tutta l’ecumene allora conosciuta, dalla Britannia all’Arabia, dalle prime conquiste di Roma fino alle ultime auree scintille della tarda antichità. Da allora, forse per reazione contro un quadro culturale fin troppo politicizzato, l’età augustea non ha più avuto in Italia sostenitori capaci di costruire, attraverso un’esposizione di taglio differente, una nuova immagine dell’inizio del principato. Eppure, prima Mario Attilio Levi con il libro Ottaviano capoparte: storia politica di Roma durante le ultime lotte di supremazia, la cui prima edizione risale al 1933, e pochi anni dopo Ronald Syme con il magnifico The Roman Revolution, del 1939, avevano dato nuovo impulso alla storia degli studi offrendo di Ottaviano/Augusto una rappresentazione priva di retorica, inserita con assoluto rigore nell’ambito delle sanguinose lotte per il potere durante il lungo tramonto della repubblica. In Germania le cose sono andate diversamente. Nel 1988, sulla base di un’idea di Eugenio La Rocca, e con il fortissimo impulso di Wolf-Dieter Heilmeyer, si tenne al Gropius-Bau di Berlino, a cura e con la collaborazione di molti studiosi, una mostra esemplare dal titolo Augustus und die verlorene Republik, che già da solo ne anticipa i temi essenziali: non più, o non solo, una visione agiografica del principe, ma una revisione critica del suo operato, nelle sue ombre e nelle sue luci, come di solito avviene quando un solo uomo, pur accompagnato da una corte ossequiosa — che si era dimostrata capace di riciclarsi politicamente, e che sembrava condividerne la visione politica —, tenta di scardinare l’assetto costituzionale preesistente con metodi che solo con un eufemismo possono essere definiti poco ortodossi. Vista a una certa distanza di tempo, la mostra aveva il suo punto debole non nei testi del catalogo, redatti dai migliori studiosi di archeologia e arte augustea, ma nella presentazione delle opere secondo generi artistici — architettura, scultura, numismatica, gemme e cammei, ceramica — che dialogavano poco tra loro. Il quadro era completo — crediamo che sia difficile poter rifare un’esposizione con tal numero di pezzi di straordinaria importanza — ma l’allestimento non aveva potuto comporre un quadro unitario, e non parcellizzato per singoli generi artistici, dell’evoluzione dell’ideologia augustea. Diverse cause, non ultima delle quali l’indifferenza tutta italiana per il tema, impedirono di trasferire la mostra berlinese a Roma, come pure era stato inizialmente auspicato. Nel 2009, sempre in Germania, in occasione del bimillenario della disfatta romana nella selva di Teutoburgo, si è tenuta un’altra imponente mostra dal titolo onnicomprensivo 2000 Jahre Varusschlacht, ma divisa in tre settori: a Haltern am See (Imperium), a Kalkriese (Konflikt) e a Detmold (Mythos). Non si trattava affatto di una mostra che rivendica il ruolo politico e culturale dei germani in antagonismo con i romani, come nella tradizione di stampo nazionalistico della seconda metà del XIX secolo, quando la Germania si riempì di monumenti e di leggende dedicati ad Arminio. Essa desiderava piuttosto analizzare le forme di fusione tra componente romana e componente germanica, ribadendo il ruolo fondamentale di Roma per la costruzione di nuovi assetti sociali ai confini dell’impero, gravidi di conseguenze. La mostra di Haltern, che per argomento più si avvicinava alla nostra, era divisa in sezioni che tentavano di rompere lo schema per generi adottato nella mostra di Berlino. Le sezioni erano: la formazione della città e la sua ascesa a potenza mondiale; l’arte e la cultura in età augustea; la politica esterna di Roma durante il principato di Augusto; la politica edilizia monumentale a Roma e nelle province; i parenti di Augusto e i suoi eredi; l’amministrazione dell’impero; Augusto e la Germania; trasporti e logistica in età romana. Giunge ora, in occasione del bimillenario della sua morte, la prima mostra dedicata ad Augusto in Italia dopo il 1937. Frutto di un accordo tra l’Azienza Speciale Palaexpo, la Soprintendenza speciale per i Beni Archeologici di Roma, la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali – Musei Capitolini, la Réunion des musées nationaux - Grand Palais e la direzione del Musée du Louvre, la mostra si terrà, con alcune modifiche, a Roma, nelle Scuderie del Quirinale, e a Parigi, al Grand Palais. Lungi dal voler ripetere gli schemi della lontana mostra dedicata alla civiltà dell’impero, abbiamo voluto evitare anche gli schemi adottati nelle mostre tedesche, tenendo nello stesso tempo conto degli spazi nelle Scuderie del Quirinale, molto belli, ma nati per esposizioni storico-artistiche, e perciò poco adatti per mostre archeologiche. Abbiamo perciò privilegiato le arti figurative, prendendo a modello Roma stessa, con limitati spostamenti nelle province, e solo dove, ad esempio a Mérida, le sculture rinvenute hanno un’importanza estrema per comprendere programmi figurativi augustei. Nessun discorso sull’amministrazione dell’impero, né sull’esercito né sui trasporti: ognuno di questi temi avrebbe richiesto da solo uno spazio talora anche superiore a quello destinato alle arti figurative, ma avrebbe ridotto la possibilità di sviluppare in modo così articolato il ragionamento sulla cultura artistica di età augustea, e sulle sue implicazioni ideologiche. Sono stati esclusi quasi completamente anche i monumenti di architettura, e del tutto quelli pittorici, per ragioni evidenti, ma che è bene chiarire in anticipo. Non è solo un problema di spazio, sebbene le Scuderie non permettano di esporre opere di misura gigantesca. Le architetture augustee (ad esempio il teatro di Marcello; il tempio di Apollo Sosiano; la casa detta di Augusto; la casa detta di Livia; l’ara Pacis; il foro di Augusto; la basilica Emilia, il tempio della Concordia; il mausoleo di Augusto) sono fortemente radicate nel territorio e, in molti casi, sono conservate in discreto o buono stato di conservazione. Non avrebbe avuto senso presentare a Roma, dove i monumenti sono ancora ben visibili, pochi frammenti architettonici che non possono offrire neppure lontanamente l’idea dei loro volumi e dei loro assetti nell’ambiente circostante. Auspichiamo che, nel 2014, prima della conclusione del bimillenario, si possa realizzare un itinerario archeologico romano che accompagni i visitatori lungo una visita ai singoli monumenti augustei, con l’ausilio di plastici e di prodotti multimediali. Lo stesso discorso vale per la pittura. Si tratta, nella grande maggioranza dei casi, di pittura parietale, e perciò legata ai monumenti architettonici (le case dette di Augusto e di Livia) oppure, staccata ormai dalle pareti, ricomposta in sedi museali dove i pannelli risultano inamovibili, e dove, comunque, meglio si può apprezzare la complessità e la bellezza dei cicli decorativi (la villa della Farnesina; la villa di Livia a Prima Porta nel Museo delle Terme). La mostra si incentra, quindi, sulla scultura, sui bronzi, le terrecotte, le monete, le gemme e i cammei, i gioielli e sulle arti cosiddette minori, con una scelta critica basata sulle opere che rivelano nel modo più idoneo il sistema di comunicazione adottato da Augusto e dalla sua corte, e che presentano, altresì, una qualità artistica superiore alla media. Nessuna divisione per generi, quindi; le opere sono scelte nella logica di seguire passo per passo il sorgere dell’astro augusteo, la sua scalata al potere e la sua definitiva affermazione, la costruzione della sua leggenda, infine i modi di rappresentazione del principe divinizzato. Anche in tal modo, gli studiosi del settore noteranno alcune mancanze, anche dolorose. Ciò è dovuto alla difficoltà di alcuni prestiti (la Gemma Augustea è ad esempio inamovibile da Vienna), oppure al condizionamento degli spazi delle Scuderie, che non reggono pesi eccessivi (è il caso del Romolo Tienda a Cordova, di cui si può ammirare un calco nel vicino Museo dei Fori Imperiali). In compenso, il rapporto speciale con la direzione del Louvre ha permesso di portare a Roma per la prima volta dopo secoli monumenti fondamentali come il cd. Marcello o l’unica lastra della processione dell’ara Pacis inserita nel monumento ricostruito a Ripetta solo in calco. La generosa cooperazione di musei italiani e stranieri (il Museo Nazionale di Atene, il Museo di Corinto, il British Museum di Londra, il Metropolitan Museum di New York, la Casa de Pilatos a Siviglia) nonché di collezionisti privati (ci sia permesso di ringraziare Fr. Ignacio Medina Fernández de Córdoba, Duque de Segorbe, Valter Mainetti della Fondazione Sorgente Group, e Paola Santarelli, della Fondazione Dino ed Ernesta Santarelli), ha permesso di aggiungere nel percorso della mostra opere di assoluto rilievo, alcune celebri, altre poco, o per nulla, conosciute ad un grande pubblico. Speriamo comunque di aver raggiunto il nostro scopo, e di aver offerto di Augusto, un personaggio tanto ambiguo di carattere quanto geniale nel costruire un assetto politico che sarebbe durato per secoli, un’immagine fedele al profilo che ne è stato delineato negli studi più recenti. Eugenio La Rocca Claudio Parisi Presicce Annalisa Lo Monaco Cécile Giroire Daniel Roger