Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un`altra via”
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Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un`altra via”
per il ciclo Letture teatrali Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” Interpretazione di Sandro Lombardi A seguire dialogo con Davide Rondoni, poeta Salvatore Veca, filosofo Teatro dal Verme Martedì 03 aprile 2013 Via Zebedia, 2 20123 Milano tel. 0286455162-68 fax 0286455169 www.cmc.milano Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” CAMILLO FORNASIERI: Cari amici benvenuti, cominciamo quest’ultimo appuntamento del ciclo “Quello che può la letteratura” che il Centro Culturale di Milano, insieme con la provincia di Milano, ha voluto proporre quest’anno per incontrare tre testimoni del Novecento attraverso la loro letteratura. Il Novecento è un tempo intenso, arduo, drammatico, che però getta i semi e i fondamenti anche del nostro percorso cui giungiamo questa sera, passato per l’incontro con Vassilij Grossman, per Albert Camus e stasera arriviamo al grande poeta Thomas Stearns Eliot. Come sempre c’è una parte di inizio di incontro con un attore, che sarà il grande Sandro Lombardi, che ci onora della sua presenza e della sua interpretazione. “Eppure mai seguendo un’altra via” ESSERE QUEL CHE SI DEVE O NON ESSERE Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock (1917) S’io credesse che mia risposta fosse a persona che mai tornasse al mondo, questa fiamma staria senza più scosse. Ma perciocché giammai di questo fondo non tornò vivo alcun, s’i’ odo il vero, senza tema d’infamia ti rispondo. (Inf. XXVII, 61-66) Allora andiamo, tu ed io, Quando la sera si stende contro il cielo Come un paziente eterizzato disteso su una tavola; Andiamo, per certe strade semideserte, Mormoranti ricoveri Di notti senza riposo in alberghi di passo a poco prezzo E ristoranti pieni di segatura e gusci d’ostriche; Strade che si succedono come un tedioso argomento Con l’insidioso proposito Di condurti a domande che opprimono… 10 Oh, non chiedere « Cosa? » 03/03/2013 2 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” Andiamo a fare la nostra visita. Nella stanza le donne vanno e vengono Parlando di Michelangelo. La nebbia gialla che strofina la schiena contro i vetri, Il fumo giallo che strofina il suo muso contro i vetri Lambì con la sua lingua gli angoli della sera, Indugiò sulle pozze stagnanti negli scoli, Lasciò che gli cadesse sulla schiena la fuliggine che cade dai camini, Scivolò sul terrazzo, spiccò un balzo improvviso, E vedendo che era una soffice sera d’ottobre S’arricciolò attorno alla casa, e si assopì. …. Ci sarà tempo, ci sarà tempo Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri; Ci sarà tempo per uccidere e creare, E tempo per tutte le opere e i giorni delle mani Che sollevano e lasciano cadere una domanda sul tuo piatto; 30 Tempo per te e tempo per me, E tempo anche per cento indecisioni, E per cento visioni e revisioni, Prima di prendere un tè col pane abbrustolito Nella stanza le donne vanno e vengono Parlando di Michelangelo. E di sicuro ci sarà tempo Di chiedere, « Posso osare? » e, « Posso osare? » Tempo di volgere il capo e scendere la scala, Con una zona calva in mezzo ai miei capelli - 40 [Diranno: « Come diventano radi i suoi capelli! »] Con il mio abito per la mattina, con il colletto solido che arriva fino al mento, Con la cravatta ricca e modesta, ma asseríta da un semplice spillo [Diranno: « Come gli son diventate sottili le gambe e le braccia! »] Oserò Turbare l’universo? In un attimo solo c’è tempo 03/03/2013 3 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” Per decisioni e revisioni che un attimo solo invertirà Perché già tutte le ho conosciute, conosciute tutte: Ho conosciuto le sere, le mattine, i pomeriggi, 50 Ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè; Conosco le voci che muoiono con un morente declino Sotto la musica giunta da una stanza più lontana. Così, come potrei rischiare? E ho conosciuto tutti gli occhi, conosciuti tutti Gli occhi che ti fissano in una frase formulata, E quando sono formulato, appuntato a uno spillo, Quando sono trafitto da uno spillo e mi dibatto sul muro Come potrei allora cominciare A sputar fuori tutti i mozziconi dei miei giorni e delle mie abitudini? Come potrei rischiare? E ho già conosciuto le braccia, conosciute tutte Le braccia ingioiellate e bianche e nude [Ma alla luce di una lampada avvilite da una leggera peluria bruna!] E’ il profumo che viene da un vestito Che mi fa divagare a questo modo? Braccia appoggiate a un tavolo, o avvolte in uno scialle. Potrei rischiare, allora?Come potrei cominciare? ..... Fra te e me, ne sarebbe valsa la pena D’affrontare il problema sorridendo, Di comprimere tutto l’universo in una palla E di farlo rotolare verso una domanda che opprime, Di dire: « lo sono Lazzaro, vengo dal regno dei morti, Torno per dirvi tutto, vi dirò tutto » Se una, mettendole un cuscino accanto al capo, Dicesse: « Non è per niente questo che volevo dire. Non è questo, per niente. » E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto, Ne sarebbe valsa la pena, 03/03/2013 4 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” Dopo i tramonti e i cortili e le strade spruzzate di pioggia, Dopo i romanzi, dopo le tazze da tè, dopo le gonne strascicate sul pavimento E questo, e tante altre cose? E’ impossibile dire ciò che intendo! Ma come se una lanterna magica proiettasse il disegno dei nervi su uno schermo: Ne sarebbe valsa la pena Se una, accomodandosi un cuscino o togliendosi uno scialle, E volgendosi verso la finestra, dicesse: « Non è per niente questo, Non è per niente questo che volevo dire. » ROVISTARE DENTRO The Waste Land – La terra desolata, Poema (1922) I La sepoltura dei morti Aprile è il più crudele dei mesi, genera Lillà da terra morta, confondendo Memoria e desiderio, risvegliando Le radici sopite con la pioggia della primavera. L'inverno ci mantenne al caldo, ottuse Con immemore neve la terra, nutrì Con secchi tuberi una vita misera. L'estate ci sorprese, giungendo sullo Starnbergersee Con uno scroscio di pioggia: noi ci fermammo sotto il colonnato, E proseguimmo alla luce del sole, nel Hofgarten, 10 E bevemmo caffè, e parlammo un'ora intera. Bin gar keine Russin, stamm' aus Litauen, echt deutsch. E quando eravamo bambini stavamo presso l'arciduca, Mio cugino, che mi condusse in slitta, E ne fui spaventata. Mi disse, Marie, 03/03/2013 5 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” Marie, tieniti forte. E ci lanciammo giù. Fra le montagne, là ci si sente liberi. Per la gran parte della notte leggo, d'inverno vado nel sud. Quali sono le radici che s'afferrano, quali i rami che crescono Da queste macerie di pietra? Figlio dell'uomo, Tu non puoi dire, né immaginare, perché conosci soltanto Un cumulo d'immagini infrante, dove batte il sole, E l'albero morto non dà riparo, nessun conforto lo stridere del grillo, L'arida pietra nessun suono d'acque. C'è solo ombra sotto questa roccia rossa, (Venite all'ombra di questa roccia rossa), E io vi mostrerò qualcosa di diverso Dall'ombra vostra che al mattino vi segue a lunghi passi, o dall'ombra Vostra che a sera incontro a voi si leva; In una manciata di polvere vi mostrerò la paura. The Waste Land – La terra desolata, Poema (1922) V Ciò che disse il tuono Se vi fosse acqua E niente roccia Se vi fosse roccia E anche acqua E acqua Una sorgente Una pozza fra la roccia Se soltanto vi fosse suono d'acqua 03/03/2013 6 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” Non la cicala E l'erba secca che canta Ma suono d'acqua sopra una roccia Dove il tordo eremita canta in mezzo ai pini Drip drop drip drop drop drop drop Ma non c'è acqua Chi è il terzo che sempre ti cammina accanto? Se conto, siamo soltanto tu ed io insieme Ma quando guardo innanzi a me lungo la strada bianca C'è sempre un altro che ti cammina accanto Che scivola ravvolto in un ammanto bruno, incappucciato Io non so se sia un uomo o una donna - Ma chi è che ti sta sull'altro fianco? Cos'è quel suono alto nell'aria Quel mormorio di lamento materno Chi sono quelle orde incappucciate che sciamano Su pianure infinite, inciampando nella terra screpolata Accerchiata soltanto dal piatto orizzonte Qual è quella città sulle montagne Che si spacca e si riforma e scoppia nell'aria violetta Torri che crollano Gerusalemme Atene Alessandria Vienna Londra Irreali RICONOSCERE IL VOLTO DEL PADRE Mercoledì delle ceneri (1930) I Perch'i' non spero più di ritornare 03/03/2013 7 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” Perch'i' non spero Perch'i' non spero più di ritornare Desiderando di questo il talento e dell'altro lo scopo Non posso più sforzarmi di raggiungere Simili cose (perché l'aquila antica Dovrebbe spalancare le sue ali?) Perché dovreí rimpiangere La svanita potenza del regno consueto? Poi che non spero più di conoscere La gloria incerta dell'ora positiva Poi che non penso più Poi che ormai so di non poter conoscere L'unica vera potenza transitoria Poi che non posso bere Là dove gli alberi fioriscono e le sorgenti sgorgano, perché non c'è più nulla Poi che ora so che il tempo è sempre il tempo E che lo spazio è sempre ed è soltanto spazio E che ciò che è reale lo è solo per un tempo E per un solo spazio Godo che quelle cose siano come sono E rinuncio a quel viso benedetto E rinuncio alla voce Poi che non posso sperare di tornare ancora Di conseguenza godo, dovendo costruire qualche cosa Di cui allietarmi E prego Dio che abbia pietà di noi E prego di poter dimenticare Queste cose che troppo Discuto con me stesso e troppo spiego Poi che non spero più di ritornare Queste parole possano rispondere Di ciò che è fatto e non si farà più Verso di noi il giudizio non sia troppo severo 03/03/2013 8 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” E poi che queste ali più non sono ali Atte a volare ma soltanto piume Che battono nell'aria L'aria che ora è limitata e secca Più limitata e secca della volontà Insegnaci a aver cura e a non curare Insegnaci a starcene quieti. Prega per noi peccatori ora e nell'ora della nostra morte Prega per noi ora e nell'ora della nostra morte. Mercoledì delle ceneri (1930) V …. Dove potrà essere trovato il verbo, dove il verbo Risuonerà? Non qui, dove non c’è abbastanza silenzio Non sul mare o sulle isole, neppure Sulla terraferma, nel deserto o nella terra delle pioggie, Per coloro che camminano nelle tenebre, Sia quando è giorno sia quando è notte Non è questo il tempo giusto nè il luogo giusto Non v'è luogo di grazia per coloro che evitano il volto N'è tempo di gioire per coloro che camminano nel rumore e negano la voce. Poesie, Gli uomini vuoti (1925) Un penny per il vecchio Guy I Siamo gli uomini vuoti Siamo gli uomini impagliati Che appoggiano l'un l'altro La testa piena di paglia. Ahimè! 03/03/2013 9 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” Le nostre voci secche, quando noi Insieme mormoriamo Sono quiete e senza senso Come vento nell'erba rinsecchita O come zampe di topo sopra vetri infranti Nella nostra arida cantina Figura senza forma, ombra senza colore, Forza paralizzata, gesto privo di moto; Coloro che han traghettato Con occhi diritti, all'altro regno della morte Ci ricordano - se pure lo fanno - non come anime Perdute e violente, ma solo Come gli uomini vuoti Gli uomini impagliati. Poesie, Gli uomini vuoti (1925) Un penny per il vecchio Guy V Qui noi giriamo attorno al fico d'India Fico d'India fico d'India Qui noi giriamo attorno al fico d'India Alle cinque del mattino. Fra l'idea E la realtà Fra il movimento E l'atto Cade l'Ombra Perché Tuo è il Regno Fra la concezione E la creazione 03/03/2013 10 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” Fra l'emozione E la responsione Cade l'Ombra La vita è molto lunga Fra il desiderio E lo spasmo Fra la potenza E l'esistenza Fra l'essenza E la discendenza Cade l'Ombra Perché Tuo è il Regno Perché Tuo è La vita è Perché Tuo è il E' questo il modo in cui il mondo finisce E' questo il modo in cui il mondo finisce E' questo il modo in cui il mondo finisce Non già con uno schianto ma con un piagnisteo. FUGGIRE DAL REALE O FARNE IL FONDAMENTO? Cori da «La Rocca» (1934) VII E lo Spirito si muoveva sopra la faccia delle acque. E gli uomini che si volsero verso la luce ed ebbero conoscenza della luce Inventarono le Religioni Maggiori; e le Religioni Maggiori erano buone E condussero gli uomini dalla luce alla luce, alla conoscenza del Bene e del Male. Ma la loro luce era sempre circondata e colpita dalle tenebre Come l’aria dei mari temperati è trafitta dal fiato immobile e morto della Corrente Artica; 03/03/2013 11 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” E giunsero a un limite, a un limite estremo mosso da un guizzo di vita, E giunsero allo sguardo rinsecchito e antico di un bimbo morto di fame. Preghiere scritte in cilindri girevoli, adorazione dei morti, negazione di questo mondo, affermazione di riti il cui senso è dimenticato Nella sabbia irrequieta sferzata dal vento, o sopra le colline dove il vento non farà mai posare la neve. Deserto e vuoto. Deserto e vuoto. E tenebre sopra la faccia dell'abisso. Quindi giunsero, in un momento predeterminato, un momento nel tempo e del tempo, Un momento non fuori del tempo, ma nel tempo, in ciò che noi chiamiamo storia: sezionando, bisecando il mondo del tempo, un momento nel tempo ma non come un momento di tempo, Un momento nel tempo ma il tempo fu creato attraverso quel momento: poiché senza significato non c'è tempo, e quel momento di tempo diede il significato. Quindi sembrò come se gli uomini dovessero procedere dalla luce alla luce, nella luce del Verbo. Attraverso la Passione e il Sacrificio salvati a dispetto del loro essere negativo; Bestiali come sempre, carnali, egoisti come sempre, interessati e ottusi come sempre lo furono prima, Eppure sempre in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere la loro marcia sulla via illuminata dalla luce; Spesso sostando, perdendo tempo, sviandosi, attardandosi, tornando, eppure mai seguendo un'altra via. Ma sembra che qualcosa sia accaduto che non è mai accaduto prima: sebbene non si sappia quando, o perché, o come, o dove. Gli uomini hanno abbandonato Dio non per altri dei, dicono, ma per nessun dio; e questo non era mai accaduto prima Che gli uomini negassero gli dei e adorassero gli dei, professando innanzitutto la Ragione, E poi il Denaro, il Potere, e ciò che chiamano Vita, o Razza, o Dialettica. La Chiesa ripudiata, la torre abbattuta, le campane capovolte, cosa possiamo fare Se non restare con le mani vuote e le palme aperte rivolte verso l'alto In un’età che avanza all'indietro, progressivamente? 03/03/2013 12 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” VOCI DEI DISOCCUPATI (da lontano): In questa terra Ci sarà una sigaretta ogni due uomini, Ogni due donne soltanto mezza pinta di birra amara… CORO: Che cosa dice il mondo, il mondo intero forse si smarrisce con auto potentissime su strade secondarie? VOCI DEI DISOCCUPATI (più debolmente): In questa terra nessuno ci ha dato occupazione… CORO: Deserto e vuoto. Deserto e vuoto. E tenebre sopra la faccia dell'abisso. È la Chiesa che ha abbandonato l'umanità, o è l'umanità che ha abbandonato la Chiesa? Quando la Chiesa non è più considerata, e neanche contrastata, e gli uomini hanno dimenticato Tutti gli dei, salvo l'Usura, la Lussuria e il Potere. VOLGERE IN POESIA L’ESPERIENZA E I PENSIERI da Le frontiere della critica (1956) Quando nasce una poesia è accaduta una cosa nuova che non può essere interamente spiegata da qualsivoglia cosa avvenuta prima. È questo, io credo, ciò che si intende per creazione. da I poeti metafisici (1921) Quando la mente di un poeta è perfettamente attrezzata per il suo lavoro, amalgama continuamente le esperienze più disparate; l’esperienza dell’uomo comune è caotica, irregolare, frammentaria. Che s’innamori o legga Spinoza; queste due esperienze non hanno nulla in comune, come non hanno nulla in comune col rumore di una macchina da scrivere o l’odore del cibo; nella mente del poeta queste esperienze non fanno che formare nuove unità. da La tradizione e il talento individuale (1919) 03/03/2013 13 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” La tradizione è una materia di significato assai vasto. Non può essere tranquillamente ereditata, e se la volete dovrete conquistarla con grande fatica. Implica, in primo luogo, avere il senso della storia, che è qualcosa di strettamente indispensabile per chiunque che voglia continuare a essere un poeta dopo i 25 anni; e il senso della storia implica non solo la percezione dell’esser passato del passato, ma anche della sua presenza; il senso della storia obbliga l’uomo a scrivere non meramente con la propria generazione nel sangue, ma sentendo che l’intera letteratura europea da Omero, e dentro di essa l’intera letteratura del proprio paese, ha un’esistenza simultanea e forma un ordine simultaneo. RITROVARE LA CASA, RICAPITOLARE LA VITA RICERCANDO IL FINE DELLE COSE Quattro Quartetti (1942) I - DRY SALVAGES V Comunicare con Marte, conversare con spiriti, Riferire il contegno del serpente di mare, Far l’aruspice, trarre l’oroscopo, indagare il cristallo. Osservare malanni nelle firme, evocare Biografie dalle linee della mano, Tragedie dalle dita; far profezie Per sortilegio o con foglie di tè, scrutare l’inevitabile Con carte da gioco, scherzare coi pentagrammi O coi barbiturici, oppure analizzare Subcoscienti terrori nell’immagine ricorrente… 10 Esplorare le viscere o le tombe o i sogni; tutti questi son consueti Passatempi e droghe e rubriche nei giornali: E lo saranno sempre, specialmente alcuni di essi, Quando le nazioni sono in pericolo, e c’è perplessità Sulle spiagge dell’Asia o sulle nostre strade. La curiosità degli uomini indaga il passato e il futuro E s’attiene a quella dimensione, ma comprendere Il punto d’intersezione del senza tempo 03/03/2013 14 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” Col tempo, è un’occupazione da santi… E nemmeno un’occupazione, ma qualcosa ch’è dato 20 E tolto, in un annientamento di tutta la vita nell’amore, Nell’ardore, altruismo e dedizione. Per la maggior parte di noi non c’è che il momento A cui non si bada, il momento dentro e fuori del tempo, L’attimo di distrazione, perso in un raggio di sole, Il timo selvatico non visto, o il lampo d’inverno O la cascata, o una musica sentita così intimamente Da non sentirla affatto, ma finchè essa dura Voi stessi siete la musica. Questi non sono che accenni E congetture, accenni seguiti da congetture; e il resto 30 È preghiera, osservanza, disciplina, pensiero e azione. L’accenno mezzo indovinato, il dono mezzo capito, è la Incarnazione. Qui è l’impossibile unione Di sfere dell’essere, in atto, Qui sono il passato e il futuro Conquistati e riconciliati, Qui dove l’azione altrimenti Movimento sarebbe di ciò Che mosso è soltanto e non ha In sé fonte di movimento, 40 Spinto da forze demoniche, Sotterranee. E l’azione giusta È pur libertà dal passato E futuro. Per molti di noi È questo lo scopo che qui Non si può raggiungere mai; Noi che non siamo sconfitti Solo perché continuammo A tentare, contenti alla fine Se il nostro ritorno nel tempo 50 (Non troppo lontano dal tasso) 03/03/2013 15 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” Dà vita a un suolo che ha senso. FARE ESPERIENZA, ACCOGLIERE LA GRAZIA Assassinio nella cattedrale, dramma in versi (1935) da una risposta di Thomas Beckett Rinnovate l’aria! Ripulite il cielo! Purificate il vento! Separate pietra da pietra e lavatele, la terra è sporca, l’acqua è sporca, le nostre bestie e noi stessi siamo imbrattati di sangue. Una pioggia di sangue ha accecato i miei occhi. Dov’è l’Inghilterra? Dov’è il Kent? Dov’è Canterbury? Lontano, molto lontano, nel lontano passato. Io mi aggiro per una terra di rami stecchiti: se li spezzo, sanguinano. Mi aggiro per una terra di pietre riarse: se le tocco, sanguinano. Come potrò, come potrò mai tornare alle dolci stagioni tranquille? Notte, rimani su di noi. E tu, Sole, fermati. Fermati, stagione. Non venga il giorno, non venga la primavera. Come potrò guardare ancora il giorno, le semplici cose di tutti i i giorni, e vederle imbrattate di sangue, attraverso una cortina di sangue che cola? Noi non volevamo che accadesse più niente. Siamo state consapevoli della catastrofe privata, della perdita personale, della miseria generale, vivendo e quasi vivendo. Siamo state consapevoli che il terrore della notte finisce nell’azione del giorno e il terrore del giorno si conclude nel sonno; fare chiacchiere al mercato, mettere mano alla scopa, ammucchiare le ceneri al cadere della notte, accendere il focolare all’apparire del giorno, queste abitudini mettevano un limite alla nostra sofferenza. Ogni orrore trovava una sua definizione, ogni dolore aveva una sua specie di fine: nella vita non c’è tempo per rattristarsi a lungo. Ma questo, questo è fuori della vita, questo è fuori del tempo, come un’incombente eternità d’ingiustizia e di male. Siamo sporche di una sozzura che non si può ripulire, infestate dal verminaio soprannaturale. Perché non siamo noi sole, non sono soltanto la città e la casa invase dalla sozzura, ma è il mondo che è sporco, tutto intero. Rinnovate l’aria! Ripulite il cielo! Purificate il vento! Separate pietra da pietra, separate la pelle dal braccio, il muscolo dall’osso e lavateli. Lavate la pietra, lavate l’osso, lavate il cervello, lavate l’anima, lavateli, lavateli. Ariel Poems Animula 03/03/2013 16 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” “Esce di mano a Dio, l’anima semplicetta” E volge a un mondo piatto di mutevoli luci e di rumore Alla luce e alla tenebra, alla secchezza o all’umido, al gelo o al calore; Si muove fra le zampe di tavoli e sedie, Alzandosi o cadendo, afferrandosi a baci e balocchi, Avanza ardita, all’improvviso allarma, si rifugia Nell’angolo di un braccio o di un ginocchio, pronta a farsi Rassicurare, prendendo diletto Del fragrante brillio dell’albero di Natale, E diletto del vento, della luce del sole e del mare; Studia sul pavimento il gioco della luce E cervi in fuga attorno a un vassoio d’argento; Confonde il fantastico e il vero, Lieta di carte da gioco e re e regine, Di ciò che fanno le fate e i servi dicono. Il pesante fardello dell’anima che cresce Rende perplessi e offende sempre più, di giorno in giorno; Di settimana in settimana offende e sempre più Rende perplessi con gli imperativi dell’essere e apparire E del si può e non si può, del desiderio come del ritegno, Il dolore del vivere e la droga dei sogni Piegano l’anima piccola che siede Accanto alla finestra dietro l’Encyclopedia Britannica. Esce di mano al tempo l’anima semplicetta Irresoluta ed egoista, deforme, zoppicante, Incapace di spingersi in avanti come di retrocedere, Timorosa della calda realtà, del bene offerto, Negando il sangue come un importuno, Ombra delle sue stesse ombre, spettro della sua tenebra, Lasciando carte in disordine in una stanza polverosa; Vivendo per la prima volta nel silenzio che segue al viatico. Prega per Guiterriez, avido di successo e di potere, Per Boudin saltato in pezzi, 03/03/2013 17 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” Per chi ha fatto una grande fortuna, E per chi seguì la sua strada, Prega per Floret, sbranato dai segugi fra gli alberi di tasso, Prega per noi ora e nell’ora della nostra nascita.” Da THE OLD POSSUM’S BOOK OF PRACTICAL CATS (Il libro dei Gatti Tuttofare) Va in visione proiettato per il pubblico il musical Cats ove si canta/recita la seguente canzone/testo di Eliot The Naming of Cats (Il nome dei gatti) E’ una faccenda difficile mettere il nome ai gatti; niente che abbia a che vedere, infatti, con i soliti giochi di fine settimana. Potete anche pensare a prima vista, che io sia matto come un cappellaio, eppure, a conti fatti, vi assicuro che un gatto deve avere in lista, tre nomi differenti. Prima di tutto quello che in famiglia potrà essere usato quotidianamente, un nome come Pietro, Augusto, o come Alonzo, Clemente; come Vittorio o Gionata, oppure Giorgio o Giacomo Vaniglia tutti nomi sensati per ogni esigenza corrente. Ma se pensate che abbiano un suono più ameno, nomi più fantasiosi si possono consigliare: qualcuno pertinente ai gentiluomini, altri più adatti invece alle signore: nomi come Platone o Admeto, Elettra o Filodemo tutti nomi sensati a scopo familiare. Ma io vi dico che un gatto ha bisogno di un nome che sia particolare, e peculiare, più dignitoso; 03/03/2013 18 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” come potrebbe, altrimenti, mantenere la coda perpendicolare, mettere in mostra i baffi o sentirsi orgoglioso? Nomi di questo genere posso fornirvene un quorum, nomi come Mustràppola, Tisquàss o Ciprincolta, nome Babalurina o Mostradorum, nomi che vanno bene soltanto a un gatto per volta. Comunque gira e rigira manca ancora un nome: quello che non potete nemmeno indovinare, né la ricerca umana è in grado di scovare; ma il gatto lo conosce, anche se ma lo confessa. Quando vedete un gatto in profonda meditazione, la ragione, credetemi, è sempre la stessa: ha la mente perduta in rapimento ed in contemplazione del pensiero, del pensiero, del pensiero del suo nome: del suo ineffabile effabile effineffabile profondo e inscrutabile unico nome. CAMILLO FORNASIERI: Abbiamo intuito nella vastità delle parole, nella grandezza di Eliot tra i tanti temi questo dell’ora decisiva e di questa nostra nascita. Davide Rondoni è scrittore e poeta, molto presente sulla pubblicistica; il professor Salvatore Veca, milanese docente di filosofia della teoretica e istituzioni politiche, insegna a Pavia ed è amante di Eliot. Cerchiamo di entrare in questo tema: la via dell’umano. LUCA MONTECCHI: Sono contento di esser stato invitato a moderare. Molte delle parole che abbiamo sentito sarebbero in realtà molto esplosive. Come ricordava Camillo Fornasieri questo tema dell’ora è uno dei temi cruciali, come ad esempio quello, benissimo recitato, del Naming of Cats, una delle poesie del libro dei gatti tuttofare e il tema dei nomi è cruciale. Mi interessa chiedere a queste due personalità perché è così importante, qual è il ruolo che questo poeta ha svolto e continua a svolgere nel XX e XXI secolo. Sempre il musical Cats è rimasto sulle scene di Broadway per oltre 20 anni, procurando incassi memorabili. Preme molto parlare di Eliot non come un poeta puro, della ricerca formale, ma come poeta della realtà autentica. 03/03/2013 19 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” DAVIDE RONDONI: Il farmaco più venduto al mondo è il Tavor, inizio da questo perché Eliot, come lui disse di Baudelaire, soffrì quello di cui parla. Non è un filosofo che guarda un’epoca e verseggia sopra, ma soffre il cuore della propria epoca. Il cuore dell’epoca di Eliot, che è l’apice della modernità, è proprio il momento in cui la cosiddetta modernità si rovescia nel suo contrario, dall’entusiasmo alla depressione, non solo perché gli anni della depressione economica erano quelli, ma perché è un’epoca in cui un uomo comincia a vedere di tutto l’ombra. C’è questo sguardo doppio che è tipico dei poeti che nella modernità ha visto rovesciare questo entusiasmo che fu raggelato dalla grande guerra, nella grande ombra della depressione. Baudelaire l’aveva chiamato «noia». «Il mondo finirà in un piagnisteo non in uno schianto». Baudelaire all’inizio dei Fiori del male aveva detto che «il mondo scompare in uno sbadiglio». Questo è il vizio della noia. Perché la depressione, come ne parla Baudelaire, non è naturalmente un aspetto medicale del problema, ma un aspetto per cui scomparendo l’avvenimento del reale, il mondo in uno sbadiglio, la noia diventa il nostro vizio. Eliot soffre anche personalmente. Non voleva diventare materia scolastica, perché l’opera poi scompare. È un uomo che soffre di questo problema. Scompare il reale come prendibile, il significabile, come nome, come possibilità di rapporto. Eliot mette in scena questa cosa molto crudamente. Sembra borbottato da un signore in salotto, ma ha dentro tanto di quell’esplosivo… come quando parla delle signore che passeggiando parlano di Michelangelo, che è una cosa che gela il sangue. Il tempo, enucleato nel tema dell’ora, è una delle tematiche più attuali. Nessuno ha più tempo oggi. Ma questo significa che non si ha significato del tempo. Non è un problema di velocità o lentezza, ma di intensità dell’attimo, del momento, un problema che, fondamentalmente riguarda la libertà. Eliot su questo era semplice come un bambino. Mi colpisce quel brano in cui lui dice: «cade l’ombra». Tutto il resto è preghiera. Noi siamo come dei bambini, pieni di buone intenzioni ma poi cade l’ombra. Aveva capito che il tempo non era suo. SALVATORE VECA: Non sono uno studioso di Eliot, ma uno che ha sempre amato le cose di Eliot che ha letto. Ho sempre amato Eliot, sentendo la lettura di queste cose è come risentire l’eco di una voce che permane. Sono legato a Terra desolata e Assassinio nella cattedrale. È l’eco di qualcosa. Voglio evitare di dirvi troppo che cosa sento io, oppure di cosa penso io. Vorrei fissare due o tre punti. Per riflettere assieme. I poeti provano su se stessi cosa significa impegnarsi veridicamente nello scrivere lettere al mondo e, in questo, Eliot in questo è un. Prendiamo ora, almeno tre punti. Il primo punto, già messo in luce, ma questo vostro bel ciclo ci fa interrogare oggi sull’effetto in noi della letteratura. Possiamo dire così: in ogni circostanza (siamo tra gli anni ʽ20 e la guerra, nel ʽ42; 03/03/2013 20 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” pensate allo sfondo: la Grande Depressione, il Nazismo, la razza, la Dialettica) in cui collassa il senso relativamente stabile che noi possiamo dare a noi stessi e agli altri e al mondo in cui viviamo, caso tipico di una forma depressiva nel senso che hai un collasso delle motivazioni, un’esperienza del non senso, tu hai esperienza dello spreco della vita: The Waste Land ha l’elemento del waste, della vita che si spreca, è una vita di scarto. La risposta che Eliot dà, straordinaria per l’impasto linguistico che usa, perché hai il gioco tra linguaggio alto e basso. Studiando una qualsiasi opera di Eliot si trova una stratificazione linguistica impressionante. Del resto abbiamo esordito con un pezzo dell’Inferno di Dante; pensate al problema di Dante e all’influenza ottocentesca francese su Eliot e alla risposta di Eliot sul non-senso, cioè della perdita di senso e dell’impossibilità di nominare, il tema molto importante del naming. Il nominare ha sempre l’esordio dell’antico testamento: Dio diede ad Adamo il potere di dare i nomi alle cose. Questo tema del dar nomi è motivo musicale persistente nella nostra tradizione. Il mercato non nomina, il diritto cerca di nominare. Il mercato è due passi avanti al diritto, cercando di frenarlo in contropiede, giusto per citare le volte di incertezza in cui siamo noi: uomini impagliati e vuoti. Come attesta questa esperienza Eliot? Dicendo fino in fondo la perdita e cerca in una costellazione di incertezza e instabilità e non permanenza: questo uno dei modi di vedere la questione del tempo e dell’ora; del pergare nell’ora della nostra morte e nell’ora della nostra nascita. E come si muove, cosa fa? Lavora perché vede – è un visionario. Costruisce attraverso un enorme repertorio in cui noi sentiamo nel parlato molto sobrio, molto secco e duro: il tema della roccia, della Chiesa, di Pietro. Quando cominciamo il viaggio noi ci siamo persi, siamo «nel mezzo del cammin di nostra vita». La tappa del viaggio dell’uomo rappresentata da The Waste Land è tutta un’esperienza di perdita. C’è un problema di domanda di salvezza, la salvezza avviene in due modi, per come la leggo io: da un lato attraverso il dare vita a una tradizione. Quando dice viene fuori una poesia, una cosa nuova, questa è una creazione. Nessun poeta, secondo Eliot, oltre i venticinque anni può evitare di andare a nutrirsi della tradizione. Nutrirsi del passato significa rivivere il senso del passato e, quindi, allargare il senso del presente e costruire l’ombra di un futuro su di noi. Questo futuro non è per persone condannate alla solitudine involontaria, per persone che ha perso il senso del tempo, ma per coloro che si riconoscono con altri in una comunità persistente nella durata. Questa è la potenza e questa è l’autenticità. Per questo tu alterni l’Inferno, molto Purgatorio e hai questa specie di lampo di Paradiso che, immediatamente, viene trattenuto. Montale ha il problema del male di vivere e traduce Eliot dando, però, una risposta diversa. Eliot è convinto che in qualche modo soltanto la capacità delle persone di riconoscersi con altre, quindi di potersi nominare, di ascoltare e continuare ad ascoltare la voce, di continuare a domandare, c’è il 03/03/2013 21 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” continuo motivo della domanda: il persistente e durevole domandare. Siamo animali che possono perdere la ragione del loro persistente domandare. Allora lì è l’ombra, è la fine. C’è una domanda di pietas, di misericordia, nel suo caso il Miserere è costante. Questa impressionante manovra di ricostruzione di un noi è l’ultima cosa su cui volevo soffermarmi. L’esperienza del Novecento, del secolo breve, è pieno di orrore, di tragedia e di bellezza. Di consapevolezza dell’orrore. È il secolo della lontananza di Dio. Eliot sente il non senso di società che si modernizzano, con, come risultato, uomini e donne impagliati. Questa ricostruzione di un noi, è un predatore di senso e di significato. Ogni volta che siamo nell’incertezza, quando ci è difficile riconoscere noi stessi e nominare noi stessi come qualcuno, riconoscere il volto di un altro come il volto di un altro, Eliot è il motivo dominante e persistente che mi porto sempre con me. È capace di parlare alle controparti future, in questo senso è un classico. Franco Fortini diceva: «il classico è qualcosa di ambiguo, ha un doppio registro di straordinaria distanza e persistente prossimità». Come Eliot sentiva Dante. Questo enorme revival di Dante è impressionante. Due terzi della poesia europea è Petrarca. Dante è una specie di roccia isolata e potente. È impressionante il revival dantesco. Il fascino, quello che ti dà ascoltare questa voce è che ti connetti alla persistenza nel tempo di un’esperienza e alle parole per dirla. L. MONTECCHI: Ringrazio molto il professor Veca, anche per lo spunto che mi offre: vorrei radunare questa difficile costruzione di un “noi”, perché è verissimo, con la centralità ispiratrice e anche proprio “officinale” di Dante ̶ un Dante che, vorrei ricordare, Eliot, che si era “fatto Britannico”, aveva però imparato in America: non è un caso che oggi gli studi danteschi sono quasi più coltivati negli Stati Uniti che in Italia. A me interessa molto questo tema della costruzione del “noi”, perché è il lavoro che fa Dante, che prima di Eliot è anche critico, costruttore e recuperatore di una tradizione che è carsica, va e viene però c'è, è uno che non si limita alla constatazione del mondo in macerie. Questa è una questione che a me interessa molto, perché Eliot viene sempre liquidato ed estromesso in quanto poeta difficile, semplicemente perché non lo si vuole frequentare. Ora, è molto più facile mestare dentro il tema della noia, il male del vivere, ma Eliot non mesta dentro il male del vivere: dal male del vivere cerca un'altra cosa. Faccio un esempio, tratto dalle Waste Land, che è il paese dello spreco, ma è anche il paese guasto, non a caso è una citazione di Inf XIV: prima Lombardi aveva recitato quel passo bellissimo in cui Eliot dice «Ma com'è che quando siamo io e te c'è sempre un terzo che cammina accanto a noi?» Guardate che è il tema dell'ombra che diceva prima, ma è anche il tema di una visione di un possibile altro complesso, che è più complesso della “banalità del male” di Arendtiana memoria. 03/03/2013 22 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” Questo Eliot lo fa in tutto, lo fa nella poesia ma lo fa contemporaneamente nella riflessione critica; tra le due Guerre, Eliot dà vita quasi da solo a una rivista, The Criterion ̶ altra cosa di cui non si parla ̶ che non era una rivista di sola letteratura, era una rivista di storia, di economia, di politica, in cui compaiono dei giudizi folgoranti, immediati, al primo apparire delle ideologie comunista, nazista e fascista. Io vorrei sottoporre ai nostri ospiti questo problema: se è vero, come io ritengo, che Eliot è grande per queste ragioni, questa volontà di non fermarsi alle macerie. D. RONDONI: Credo che sia giusta l'osservazione del professore prima, cioè il fascino di una possibile ricostituzione, ritessitura del dire “noi”, io e te e quindi noi, questo in Eliot avviene perché c'è la rinascita: c'è un verso dei primi che abbiamo ascoltato che dice «Io sono Lazzaro». Dante è un poema di rinascita. «Aprile è il più crudele dei mesi» perché Eliot ha fatto esperienza della sterilità, sa che la nostra condanna può essere la sterilità, e l'esperienza a cui lui attinge, prima ancora che all'esperienza della tradizione cristiana, è l'esperienza di un capovolgimento personale, come avviene anche per Dante, è il tema della rinascita. Per questo oggi Eliot è scomodo: io che frequento gli ambienti letterari so benissimo che non si parla tanto di Eliot, anche a scuola gli si fa un omaggio passeggero ma poco convinto e sul nome di Eliot negli ultimi anni c'è stata una battaglia culturale, anche abbastanza violenta, a furia di film e biografie anche abbastanza pesanti, oltre che falsi. Quello di Eliot non è un nome tranquillo proprio perché Eliot porta in questione il tema della rinascita, di Lazzaro, è uno scandalo, non porta una questione tranquilla. In questo senso il riferimento a Dante, che gli Americani, Pound e altri, vedevano come possibilità di radici: non avendo storia alle spalle della loro letteratura son venuti a prenderle in Europa, quindi hanno cominciato con i trovatori ‒ questi saggi bizzarri e molto belli sui trovatori di Pound ̶ e Eliot a ruota ha detto: «vado a prendere le radici dove ci sono, in Europa», grande scoperta che ha fatto riscoprire a noi queste cose. Ma questa non è solo la ricerca di una radice: a un certo punto c'è un problema di rinascita, di possibilità di dire «Io sono Lazzaro», di possibilità di dire, come nel Mercoledì delle Ceneri, uno dei testi-cerniera, che succede qualche cosa, come poi nel bellissimo testo che abbiamo ascoltato dei Cori da ʽla Roccaʼ, questo «evento nel tempo ma non del tempo», è la contemplazione dell'incarnazione, come dirà alla fine nei versi dei Quattro Quartetti, che sono versi limpidi, quasi bambineschi quanto mistici, che «il fuoco e la rosa sono uno», dopo aver detto che «contemplare l'eternità è un'occupazione da santi» ̶ lì è montaliano, è proprio Montale che vede il prodigio ogni tanto senza contemplarlo. A me colpisce molto questo tema della rinascita, del dire «Io sono 03/03/2013 23 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” Lazzaro»: guardate che è un'affermazione... Lo prendevano in giro tutti su questo ̶ la simpatica Virginia Woolf è tremenda su questo, Eliot si giocò la faccia. Tornando al filo lanciato dal professore, la ricostruzione del noi non può avvenire come buona intenzione, ma dalla rinascita dell'io può ripartire come ipotesi: che poi Eliot questo lo mette in scena evidentemente, non solo nella fase molto acuta, critica ̶ Eliot è un lupo mannaro, le grandi ambiguità dell'epoca le stigmatizza subito con forza poetica e intellettuale, come quando dice: «Cosa lasceremo come monumento? Qualche migliaio di palline da golf perdute». Non è che ha visto male, ha visto qualcosa che dopo cento anni noi siamo qui ancora a discutere, e noi oggi possiamo farlo anche in traduzione, se non ci fosse stato Franco a portarci avremmo perso molto ovviamente, ma nell’originale la lingua di Eliot, lingua che grazie a qualche scarsa traduzione in italiano sembrava scarsa, sembrava non poetica sembrava prosastica ‒ tanto è vero che un po’ di poeti italiani hanno incominciato a scrivere delle poesie che sembravano prosa e dicevano: «Ma Eliot scrive in prosa» ‒ la sua possibilità passa veramente attraverso un’idea della rinascita, che fu una cosa per lui dolorosissima, di una durezza grande. Eliot, lo sappiamo, è una persona, qui lo dico non tanto per scavare nella biografia ma per dire il livello di serietà che doveva poter avere nello scrivere: non scrivi che «Aprile è il più crudele dei mesi» se non hai una moglie in manicomio da trent’anni, perché la letteratura non è finzione. In questo senso, e finisco, la domanda dei nostri amici che si sono dati questo tema: “cosa si può trovare oggi nella letteratura?” rispondo: Semplicemente la verità. Non la verità come discorso, come dogma o come formula, o come cristallo, ma la verità come esperienza; il poter parlare di quello che sappiamo e non diciamo, Manzoni diceva: “la frangia dei fatti”, dei fatti parlano anche i giornali, la politica, la televisione, della frangia dei fatti – e che è la verità del 90% della vita – ne parla la letteratura. Non è un caso che uno degli ultimi attacchi portati a Eliot sia venuto da uno scienziato riduzionista che appunto ha visto in Eliot uno dei peggiori nemici perché appunto Eliot non si accontenta di misurare il mondo come certi scienziati vorrebbero. L. MONTECCHI: Grazie. S. VECA: Quando chiude Terra Desolata fa un giro acrobatico, di cui naturalmente il lettore non si accorge perché non c’è bisogno di saperlo e questa è la forza della poesia, in cui fa questa cosa tremenda e dice: «con questi frammenti ho puntellato le mie rovine, le mie macerie», ma i frammenti sono un pezzo che viene dal discorso del fuoco di Buddha e chiude con le Upanishad passando da sant’Agostino. Naturalmente, per me la forza di questo enorme poeta sta nel fatto che tu non hai nessun bisogno di sapere questo perché l’effetto della parola e l’effetto dell’eroismo fino 03/03/2013 24 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” al sacrificio di sé, della veridicità è quello che si connette con la tua vita, con la tua esperienza, se hai voglia di connetterti, perché uno può dire vado a fare il golf così aumentiamo il numero delle palline, ma insomma… Il secondo punto è il tema della rinascita come tu giustamente hai posto. Il tema della rinascita è legato all’itinerario di Eliot a partire dal Mondo guasto; perché tutti i riti di relativa fecondità e sterilità antropologici sono sullo sfondo di The Waste Land. (…) Se giri arrivi a quel punto lì e ti rendi conto che lui ha fatto il percorso. Il problema di Dante ‒ naturalmente il problema è che ad Harvard dovevano studiare i provenzali, poi i trobadori, poi Guinizzelli, poi Cavalcanti e poi Dante ‒ ma il problema di Dante è che Eliot sente Dante come colui che, nel mondo guasto, ha cercato la ricostruzione, la costruzione del noi. L’idea della critica e della salvezza, c’è un elemento normativo in Dante, è uno dei poeti più terribilmente normativi e metafisici che ci siano; cioè non c’è bisogno di John Donne che per loro era più vicino nella tradizione. Quindi Dante è l’esperienza della dismissione di un’identità, della caduta e della salvezza in modo sistematico. Perché lì tu traduci quella che è l’esperienza di un te, l’esperienza di un noi e la proietti nella stabilità permanente del tempo, cioè il tempo s’india, s’eternizza. Il problema del tempo è cruciale, la famosa storia dell’inizio e della fine e della fine dell’inizio, dove dietro c’è anche Shakespeare naturalmente, questo grande tema del tempo lo ritroviamo, siamo noi animali nel tempo, ci possiamo perdere e queste sono le esperienze di perdita e di rinascita in tanti sensi. L’ultima osservazione che volevo fare per dare un’idea: quell’immagine impressionante quando lui dice: «ma chi è quello che sta vicino a te e che tu citavi?», e dice: «ma come? Siamo noi due, ma perché c’è quello lì?» Pensate questa è un’immagine terribile che lui sosteneva gli derivasse dal ricordo dell’esperienza che nell’Artico era successa a gente che si era persa disperata nel ghiaccio e avevano questa cosa che succede nelle situazioni diciamo di stress, per cui sapevano di essere in quattro ma ne vedevano un quinto. È un miraggio. Prendete questo tipo di miraggio di cui lui sapeva, di cui lui aveva sentito parlare, di cui lui aveva letto che rientra nella sua esperienza e a quel punto diventa questo punto di soglia che è il perturbante, che è veramente il perturbante. In questo senso credo possiamo essere eredi grati a persone come Thomas Stearns Eliot. Grazie. DAVIDE RONDONI: Un altro motivo per cui dobbiamo essere grati a Eliot rispetto a Dante – lo raccontavo a Benigni perché lui non lo sapeva ‒ è che aveva previsto il successo di Benigni: in un saggio del 1918, nella raccolta Il bosco sacro, Eliot scrive una cosa molto interessante, non c’era la televisione e lui era un uomo di teatro, e si chiedeva com’è possibile fare un grande teatro popolare ma di cultura, e poi fece Cats. Fa una serie di ragionamenti da uomo di teatro dicendo: probabilmente la cosa migliore è l’attore comico, perché io non posso pretendere che l’operaio o 03/03/2013 25 Testi-Cmc Quello che può la letteratura, “eppure mai seguendo un’altra via” l’impiegato o il lavoratore normale che arriva a casa la sera alle 8, alle 9 esca di casa per andare a sentire due ore di Dante! Per questo ci sarà una soglia sempre limitata di persone. Quindi – dirà – è meglio che lo faccia l’attore comico. Benigni questo non lo sapeva, gliel’ho raccontato una volta a pranzo; Eliot diceva «So che questa mia proposta potrebbe scandalizzare, e che non tutti gli attori comici possono farlo». Con tutto il rispetto, non vedrei Lino Banfi a fare Dante. Mi ha colpito questo suo amore alla ricostruzione del noi, che arrivava fino a questa finezza di non pretendere dal pubblico che fosse diverso da quello che era. L’idea che il teatro popolare di cultura deve essere fatto da un attore comico, un po’ azzardata, può venire non solo ad un grande uomo di teatro, ma a uno che ha un grande rispetto per le persone, perché non ti accusa di essere uno che non si interessa di ascoltarsi la sera due ore di Shakespeare, ma fa in modo che per te diventi interessante. S. VECA: Pensate all’esperienza del Novecento, si tratta dell’altra strategia. Quella di Eliot è la strategia del rispetto per come le persone sono, e anche dell’amore per le persone: vuole che vadano a teatro e che abbiano quest’esperienza, quindi tira fuori il comico. Esattamente in quegli anni, nell’esperienza espressionista e postespressionista tedesca, viene fuori l’idea che io devo far venire a teatro le persone e le devo cambiare. Questa diventa una biforcazione che sarebbe interessante esaminare, non lo faccio ma è un’idea per il prossimo ciclo! Sarebbe bello vederla proprio in riferimento all’esperienza del teatro del Novecento, perché mi veniva in mente che c’è un altro personaggio che spacca il linguaggio ed è Becket. Dall’altra parte c’era Joyce, erano un bel gruppetto. a questo gruppetto però Bloomsbury non ci sta. mentre rileggevo queste cose mi veniva in mente Keynes ‒ che sto studiando come filosofo morale e sociale ecc. ‒ e lui non ha nulla di questo, è proprio un mondo diverso, sono due risposte completamente diverse. Eliot è più “masso erratico”, credo che la sua persistenza derivi da questo. L. MONTECCHI: L’unico cenno che mi sentivo di fare sull’onda di questo discorso di riferimento teatrale era relativo alla costruzione di un Noi anche attraverso l’opera. Questi che noi chiamiamo Cori da ʽla Roccaʼ, from ʽthe Rockʼ, a me piace tradurli da ʽla Rocciaʼ, perché come diceva bene il professore prima è la roccia di Pietro, la nave di Pietro. Quei cori che Eliot ha estratto da un’opera maggiore appartengono però a un’opera teatrale a quattro mani, in cui tutta la parte di prosa è fatta dalle voci degli operai e dei costruttori delle chiese che si andavano costruendo a metà degli anni Trenta a Londra. Mi interessava presentarvi come riflessione comune che la costruzione dell’opera è fortemente legata, a mio giudizio, al tema della lotta, la lotta di cui ripetutamente Eliot ribadisce e martella, e che attraversa tutta intera la sua produzione. Io ringrazio veramente tutti quanti e auspico che ci sia un nuovo ciclo l’anno prossimo. 03/03/2013 26