Le figurine dedicate alle api, Liebig 2

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di Renzo Barbattini*
Una pagina di storia,
ormai, quella che
racconta delle figurine
che accompagnavano
i giochi dei bambini.
Oggi sembrano
oggetti da museo,
eppure si tratta di un
fenomeno sociale
ampiamente in voga
negli anni ’60. Benché
si trattasse di una
esplicita forma
pubblicitaria, al rigore
pedagogico
corrispondeva sempre
un ricco contenuto
culturale. Ai giorni
nostri, ai nostalgici del
periodo, non resta che
un’occasione di
appassionato
collezionismo.
Liebig
Le figurine
dedicate alle api
Nella prima parte di questo articolo, prendendo spunto
dalle figurine Liebig della serie n. 1266/1267 dedicata a
“La vita delle api” ci siamo soffermati sugli aspetti
strettamente etologici dell’ape. In questo contributo si
affrontano alcuni momenti della conduzione degli apiari
(serie n. 1134/1135, dedicata a “Le api e l’apicoltura”.
Fig. 1 “Giovane coppia westfaliana implora davanti agli alveari,
la protezione delle api”.
All’occhio dell’apicoltore balza un comportamento che non si deve tenere quando ci si avvicina a un apiario. Per evitare di essere punti dalle
api, non bisogna stazionare di fronte agli alveari ma occorre sempre
accostarsi stando di fianco o posteriormente; in tal modo non si ostacola l’andirivieni delle api stesse. Un’altra precauzione comportamentale che va tenuta presente è quella di non avvicinarsi agli alveari senza le difese necessarie usate dagli apicoltori (soprattutto la maschera, utilissima per proteggere il viso).
Quando ci si avvicina agli alveari è consigliabile utilizzare vestiti chiari, non scuri e colorati come quelli indossati dalla coppia westfaliana : i colori scuri,
che contrastano con il colore chiaro del cielo, sono tra i fattori che influenzano l’aggressività delle api. Anche gli odori forti (compreso l’odore tipico del
sudore dell’uomo) a volte attraggono questi insetti “pungitori” per cui, quando si va in apiario, è bene non aver utilizzato profumi, cosa che in antichità
veniva fatta molto spesso!
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Fig. 2 “La cattura di uno sciame all’epoca della fioritura degli alberi
fruttiferi”.
La figurina riporta un’operazione apistica che si ripete abbastanza spesso:
quella del recupero di sciami liberi. Per far questo l’apicoltore rappresentato
utilizza un attrezzo del tutto simile a quello che si usa ancor oggi. Se lo sciame
si trova in un luogo difficile da raggiungere, quale il ramo di un albero d’alto
fusto, si può tentare di recuperarlo utilizzando un “pigliasciami” costituito da
un sacco mantenuto aperto da un cerchio metallico e sospeso in cima a una
lunga pertica. Il sacco (in genere di tela) è chiudibile in basso con una cordicella; una volta recuperato lo sciame si pone il sacco su un’arnia aperta superiormente e si apre la parte inferiore per far scendere le api dello sciame, regina compresa. Nella figura è rappresentato anche un “tubo” di tela, probabilmente utilizzato per travasare le api dal “pigliasciami” all’arnia.
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Fig. 3 “Nidi di api selvatiche in tronchi d’alberi devastati dai Veda”.
Le api , selvatiche e allevate, quale sede per costruire il proprio nido, preferiscono il tronco d’albero ad ogni altra cavità naturale. Istintivamente una colonia sciamante si dirige di preferenza verso una zona boschiva e prende possesso dello spazio interno di un albero, spazio comunicante con l’esterno attraverso un foro o una piccola breccia. In esso le api si dedicheranno alla costruzione dei favi e all’accumulo di miele e di polline.
Nella figurina sono rappresentati due indigeni impegnati a predare un nido di
api al fine di raccogliere il miele. Per affrontare le api, cercando di evitare dolorose punture, questi “raccoglitori di miele” si sono avvicinati all’albero cavo
impugnando un qualcosa (probabilmente un mazzo di erbe) che, acceso con il
fuoco, produce fumo. E’ risaputo che le api, se disturbate, reagiscono aggredendo; ma fin dalla preistoria l’uomo ha scoperto che il fumo le ammansisce.
Ne basta poco perché tutte le api di una famiglia raggiungano rapidamente i
favi rimpinzandosi di miele in modo tale che, aumentando di peso, perdono
gran parte della loro agilità e della capacità di volare, ed hanno maggiore difficolta ad estrarre il pungiglione.
II fumo è prodotto dalla combustione di diversi materiali (oggi gli apicoltori utilizzano soprattutto tela di iuta o cartone arrotolato, da introdurre nel fornello
dell’affumicatore a mantice). In alcuni Paesi dell’Africa Centrale e del sud-est
asiatico esistono ancora raccoglitori di miele che “predano” i nidi delle api selvatiche.
Fig. 4 “Trasporto per ferrovia di alveari verso nuovi campi da sfruttare”.
La figurina mostra l’aspetto principale di una particolare pratica apistica denominata “nomadismo” che permette, trasferendo gli alveari da una zona a
un’altra, lo sfruttamento di risorse nettarifere, presenti in comprensori floristici
lontani dall’abituale residenza dell’allevamento. L'apicoltore nomade è paragonabile al pastore transumante, che cerca per il proprio gregge pascoli invernali in pianura e pascoli estivi in montagna. In tempi recenti il nomadismo ha
assunto un carattere molto importante diventando una vera e propria ricerca di
pascoli, oltre che abbondanti, anche diversificati nel tempo per poter produrre i
cosiddetti mieli “caratterizzati”. Il nomadismo è un’attività apistica altamente
specializzata, che esige una grande esperienza e una buona professionalità dell’apicoltore. Essa richiede un particolare tipo d’arnia, tecnologie di allevamento
adeguate e mezzi di trasporto efficienti quali carrelli e rimorchi da trainare,
camion, barche e treni (un tempo anche animali da soma).
Fig. 5 “Raccolto del miele e collocamento di nuovi telai negli alveari
(Italia)”.
La figurina fa riferimento alla raccolta del miele, nota comunemente con il
nome di “smelatura” o “smielatura”, un insieme di operazioni apistiche
molto importanti. Essa può avvenire in mesi diversi a seconda delle regioni
e delle fioriture, a partire da maggio-giugno fino a settembre. Si svolge
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Le figurine
dedicate alle api
attraverso una serie di operazioni: prelievo dei melari dagli alveari o dei favi
in essi contenuti, estrazione del miele dai favi, restituzione dei melari o dei
favi alle famiglie. Seguono poi le fasi che interessano più direttamente il prodotto: decantazione, confezionamento, conservazione. Terminata la fase di
raccolta dei melari in campagna, inizia la vera e propria lavorazione del prodotto, che deve avvenire, come per tutti i prodotti alimentari, in locali idonei
dal punto di vista igienico sanitario . La scena rapprentata nella figurina non
è certo in linea con quest’ultima indicazione!
I favi disopercolati vengono posti nello smelatore (o centrifuga manuale o
elettrica, radiale o tangenziale) di capacità variabile (da 6 a 40 favi ed oltre),
munito di un rubinetto inferiore dal quale il miele estratto passa in un primo
recipiente di raccolta per essere trasferito subito dopo nel decantatore, noto
comunemente con il nome di maturatore: un recipiente nel quale il miele
“riposa” per un certo tempo .
Conclusioni
A conclusione di questa “intromissione” nel variegato mondo delle
figurine Liebig dedicate alle api e all’apicoltura, preme evidenziare il buon grado di conoscenza “apistica” che emerge, nonostante
che queste risalgano a oltre mezzo secolo fa. Si può affermare,
senza alcun dubbio, che esse sono state un ottimo mezzo di divulgazione – data la loro diffusione capillare – tra gli apicoltori dell’epoca di nozioni relative alla biologia delle api e ad alcune pratiche di tecnica apistica.
Parlando in termini generali, è da rimarcare l’interessantissimo
aspetto enciclopedico delle figurine Liebig. Esse, infatti, hanno
trattato un po’ tutti i campi dello scibile umano dell’epoca, campi
che si sono rivelati degni di essere scandagliati anche negli anni
successivi. In un’epoca in cui non erano ancora disponibili gli
audiovisivi (questi dovevano essere ancora inventati!) le figurine
Liebig sono state quindi, non solo un mezzo pubblicitario, ma
anche un sistema per “fare cultura”.
A questo punto si può chiudere con qualche considerazione sull’aspetto artistico delle figurine Liebig dedicate alle api e al loro
mondo. La prima serie considerata, si connota per la tendenza
all’analisi, per cui si riduce l’ambientazione (a volte è presente un
generico sfondo agreste, a volte la focalizzazione è così spinta da
escludere i particolari di contorno). Prevale la scientificità della
visione, e dunque il disegnatore si fa, in questi casi, docile strumento a servizio di una rappresentazione il più possibile esatta e
puntuale.
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Fig. 6 “Alveari di tronco d’albero collocati da contadini russi”..
La figurina illustra il trasferimento di una famiglia da un tronco d’albero,
opportunamente aperto, ad un’arnia verticale a forma di edicola. La pratica
del “travaso”, tuttora applicata in casi particolari o in Paesi ove si sta passando da un’apicoltura tradizionale ad un’apicoltura razionale e moderna, consente di trasferire una colonia di api da un ricovero naturale ad uno artificiale. Durante quest’operazione il trambusto è tale che le api perdono parte della
loro aggressività, anche se è opportuno proteggersi adeguatamente.
L’apicoltore che sta armeggiando attorno all’arnia verticale sembra sia protetto da un cappello e da una maschera di rete.
Diverso il caso della seconda serie. Balza subito all’occhio un
approccio assai differente, perché la visione si allarga e lo scenario naturalistico diviene più importante, anzi si direbbe prioritario.
L’artista coglie l’occasione di tratteggiare rapidi quadretti agresti,
in cui la presenza umana è sempre fondamentale, abbinandosi a
un certo gusto per la rievocazione dei diversi luoghi, delle diverse
epoche, delle diverse stagioni. Un’intonazione narrativa prevale
nettamente sullo spirito scientifico: diventano importanti i colori,
col rapporto tra le luci e le ombre; la struttura prospettica della
composizione e la gerarchia degli elementi. Ne deriva una ricostruzione ambientale che acquisisce anche un certo valore estetico autonomo, tutto basato sul carattere narrativo e popolaresco
della rappresentazione.
(Seconda parte – La prima parte è stata pubblicata sul n. 42012 di Apimondia Italia)
* Dipartimento di Biologia e Protezione delle Piante –
Università di Udine
Ringraziamenti
Desideriamo ringraziare per la collaborazione prestata il dr. Alberto
Contessi dell’ARA (Ravenna), il dr. Stefano Esperti della Redazione del
Catalogo unificato Liebig - C.I.F. (Milano), il prof. Franco Frilli e il dr.
Moreno Greatti dell’Università di Udine, il dr. Stefano Fugazza della
Galleria d’Arte Moderna “Ricci Oddi” (Piacenza), nonché il dr. Marco
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Lodesani del CRA-API (sede di Reggio Emilia); un particolare ringraziamento va al Museo della Figurina (Modena) che ha fornito le immagini
delle figurine pubblicate.
Bibliografia consultata
• BARBATTINI R., 1991 – L’ape: insetto prodigioso. In: APICOLTURA,
monografia de “L’Italia agricola”, REDA, Roma. L’Italia agricola, 128
(1): 75-96.
• BARBATTINI R., 1995 - Il ruolo dell’ape negli ecosistemi naturali ed
agrari. L’Ape nostra amica, 17 (1): 7-12.
• BARBATTINI R., FRILLI F., 2004 – L’ape punge: come e perché.
Notiziario ERSA, 17 (1): 42-45.
• BARBATTINI R., LODESANI M., 2004 - Accoppiamento e riproduzione. In: L’APE REGINA. allevamento e selezione (a cura di LODESANI
M.). INA, Edizioni Avenue media (Bologna): 171-203.
• CHIAVEGATTI S., 1983 - “Alcuni ritocchi” sulla traduzione del noto
passo pliniano. In RIDOLFI P., 1983 - La toponomastica dei nostri
luoghi. Datt. MELARA: 17-18.
• CONTESSI A., 2004 (III ed.) - Le Api. Biologia, allevamento, prodotti. Edagricole, Bologna: 497 pp.
• D’AMBROSIO TONINI M., 1986 – L’apicoltura. La vita dell’alveare e
NOTE:
1. Originaria del Nord Reno-Westfalia (in tedesco Nordrhein-Westfalen, in
italiano anche Renania settentrionale-Vestfalia; 34.080 km² e 18.000.000
abitanti); è questo il più popolato dei sedici Stati federati della Germania.
Quarto Stato tedesco per superficie, è situato nella zona nord-occidentale
del Paese. La capitale è Düsseldorf.
2. Con questo termine – piuttosto generico, in verità – si vuole intendere l’insieme degli Imenotteri Apoidei.
3. Per spiegare questo comportamento è stata fatta l’ipotesi che l’odore del
fumo richiami alle api il pericolo di un incendio spingendole a fare incetta
di scorte nell’eventualità di dover abbandonare il nido.
4. Questa pratica è anche definita “transumanza”, dato il forte richiamo con
la pastorizia trasmigrante. La parola è composta da trans (al di là) e da
humus (terra), come dire greggi che migrano. Ma non è pastorizia nomade, cioè senza fissa dimora, e neppure stanziale, ossia con una sola dimora. La transumanza, infatti, si basa sul cambio tra due sedi note in determinati periodi dell'’nno.
5. Plinio il Vecchio (morto a Stabia il 24 agosto 79 d.C.) narra che gli apicoltori della zona attraversata dal Po trasportavano gli alveari lungo il fiume
su capaci imbarcazioni. Essi rallentavano moltissimo la navigazione,
muovendosi a tappe, per permettere alle api di uscire dagli alveari, di volare sui fiori della sponda sinistra o destra del fiume e di ritrovare facilmente le arnie sui battelli, quasi fermi sull’acqua, in attesa. L’aspetto delle
sponde del Po era allora lussureggiante di piante, di fiori e di radure. Suc-
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i suoi prodotti. Edizioni Paoline, Milano: 146 pp.
• FRILLI F., BARBATTINI R., MILANI N., 2001 - L’ape, forme e funzioni. Calderini Edagricole, Bologna: X + 112 pp.
• GAZZIOLA F., 2003 - Flora apistica e analisi melissopalinologiche di
mieli del Friuli Venezia Giulia. Tesi di Dottorato di Ricerca in
Produttività e Protezione delle Piante, Università di Udine: 111 pp.
• GREATTI M., ZORATTI M. L., 1997 - Api e agricoltura: l’impollinazione. Notiziario ERSA: 25 pp.
• MARCHENAY P., 1986 – L’uomo e l’ape. Edagricole, Bologna: 206 pp.
• SABATINI A.G., BORTOLOTTI L., MERCAZZAN G.L., 2007 - Conoscere
il miele.– Edizioni Avenue Media, Bologna: 371 pp.
• PINZAUTI M., RONDININI T., 1991 - Il servizio d’impollinazione. In:
APICOLTURA, monografia de “L’Italia agricola”, REDA, Roma. L’Italia
agricola, 128 (1): 177-184.
• SABATINI A. G., ZUCCHI P., 2002 - Il miele e l’apicoltura italiana tra
passato e presente. In MONTANARI M., MANTOVANI G., FRONZONI
S. (eds.), Fra tutti i gusti il più soave… Per una storia dello zuccchero e del miele in Italia, CLUEB, Bologna: 199 - 221.
• ZAHAN D., 1968 – L’abeille et le miel en Afrique et à Madagascar. In
CHAUVIN R. (coord.), Traité de biologie de l’abeille, 5: 85-100.
cessivamente, quando poi gli zatteroni si abbassavano a filo d’acqua per
il peso dei melari pieni (ciò poteva avvenire anche dopo qualche mese),
gli apicoltori ritornavano alla zona di partenza trasportando il prezioso carico. Lo spostamento delle imbarcazioni con gli alveari si effettuava solo
di notte, quando le api erano tutte rientrate. Sembra che i viaggi fossero
due all’anno: uno a primavera e uno in estate; infatti erano queste le stagioni più favorevoli al lavoro delle api.
6. Le principali caratteristiche dei laboratorio per il miele, oggi, sono: buona
aerazione, ampiezza sufficiente a contenere gli attrezzi d'uso, pavimenti
lavabili, pareti piastrellate, impianto elettrico ermetico, disponibilità di acqua potabile, schermatura delle porte e finestre con reti che impediscano
1'ingresso di insetti, servizi igienici per il personale.
7. La disopercolatura consiste nell’eliminare la sottile pellicola di cera che
sigilla ogni celletta del favo quando questa è piena di miele maturo,
quando cioè l’eccesso di acqua è evaporato ad opera delle api.
8. La decantazione ha durata diversa a seconda del tipo di miele e della temperatura dell’ambiente di lavorazione: da 6 a 20 giorni. Durante tale periodo dalla massa del miele affiorano bolle d’aria, incorporate alla massa
durante la centrifugazione, le particelle di cera, corpi estranei leggeri
quali parti d’api e frammenti di legno, che formano in superficie uno strato
biancastro e schiumoso; a decantazione avvenuta sarà necessario asportare con ogni cura tale strato, magari ripetendo 1’operazione due o tre
volte. E’ buona norma, per evitare la presenza di materiali abbondanti nel
miele, fare uso di filtri da porre sul decantatore.
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