di Cédric Jimenez - Lo Spettacolo del Veneto
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di Cédric Jimenez - Lo Spettacolo del Veneto
Federazione [email protected] Italiana Cinema d’Essai INTERPRETI: Jean Dujardin, Gilles Lellouche, Céline Sallette, Melanie Doutey, Benoît Magimel, Guillaume Gouix, Bruno Todeschini, Moussa Maaskri, Féodor Atkine SCENEGGIATURA: Cédric Jimenez, Audrey Diwan FOTOGRAFIA: Laurent Tangy MONTAGGIO: Sophie Reine SCENOGRAFIA: Jean-Philippe Moreaux DISTRIBUZIONE: Medusa Film NAZIONALITÀ: Francia, 2014 DURATA: 135 min. [email protected] wwww.spettacoloveneto.it Associazione Generale Italiana dello Spettacolo di Cédric Jimenez PRESENTAZIONE E CRITICA Negli anni Settanta, Marsiglia è la capitale mondiale del traffico di eroina. A contrastarlo c'è Pierre Michel, un magistrato incorrotto e incorruttibile. A capo di un pugno di uomini scelti, il magistrato dichiara guerra a Gaëtan Zampa, membro e padrino indiscusso del FRENCH CONNECTION, rete mafiosa che gestisce il business della droga e prospera grazie alla sua esportazione. Irriducibile e carismatico, come il suo antagonista, Zampa non si lascia intimidire muovendosi agilmente tra la Costa Blu e gli States e seminando dietro di lui morte, vendetta e risentimento. Dall'altra parte della barricata tende la rete e lo attende paziente Pierre Michel, assediato nel pubblico come nel privato. Jacqueline, la consorte apprensiva, è turbata dalla sua ostinazione e da quella sua lotta ostinata che mette in pericolo le loro vite. I timori di Jacqueline si concretizzano il 21 ottobre del 1981, quando Pierre Michel viene assassinato in strada e nella Francia del neo eletto François Mitterrand. FRENCH CONNECTION, opera seconda di Cédric Jimenez, non è il remake di French Connection di William Friedkin e nemmeno un policier a trazione anteriore di Jacques Deray. Girato 'a freddo' e lontano dai Seventies, FRENCH CONNECTION assomiglia piuttosto a una produzione hollywoodiana, che 'assolda' personaggi storici per dare peso all'intrigo e poi li piega alle esigenze del genere. Lontano da essere un film dossier sulla figura del giudice Pierre Michel, FRENCH CONNECTION, titolo corto, suono secco, accento marsigliese, applica la grammatica dei polar patinati, agisce dentro una fotografia vintage e si risolve nei colori caldi di fine anni Settanta. Iscritto nella tradizione di un genere, a cui non aggiunge nulla, alla maniera di American Gangster il film di Cédric Jimenez trova interesse (e passione) soprattutto nel confronto tra giudice e padrino, ma ancora di più tra Jean Dujardin e Gilles Lellouche. Come Russell Crowe e Denzel Washington o più indietro Alain Delon e Jean-Paul Belmondo, Dujardin - Lellouche, ancora una volta protagonisti e insieme dopo Gli infedeli, incarnano una nuova inclinazione della coppia antagonista, immersa in un preciso quadro sociale. Quadro che non rivela ma 'arreda', perché FRENCH CONNECTION si lascia affascinare dal confronto magnetico tra due uomini, 'generali' avversari di una vera e propria guerra agita en plein air e lungo le strade di Marsiglia. Antagonisti nella ricostruzione romanzesca di una Marsiglia pivot mondiale del traffico di eroina verso gli Stati Uniti, i due attori 'citano' l'uno l'ossessione dell'intoccabile Eliot Ness, che lo divora dall'interno, l'altro l'intensità ferina e la violenza imprevedibile degli eroi scorsesiani. Misurato il fascino guascone, Dujardin è il giudice Pierre Michel sotto il sole di Marsiglia e dentro la confidenziale eleganza del cinema polar. A lui spetta il compito di arrestare l'ascesa vertiginosa del villain di Gilles Lellouche, doppio somatico e versione brutale che incide sul film come la luce del Mediterraneo sulla costa marsigliese. Boss potente, che agli inizi degli anni Ottanta andrà incontro allo scacco inevitabile di chi si trova nella condizione del 'sopravvissuto', a disagio in un clima che non riconosce più, il padrino di Lellouche esercita un controllo quasi assoluto sulla città, a cui si oppongono le interiorizzazioni noir del giudice di Dujardin e gli assalti gangsteristici di Benoît Magimel, mai così libero e fisicamente dirompente. L'ingente budget, profuso nella ricostruzione meticolosa di una Marsiglia 'dopata' tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta e per l'accoppiata divistica, non colma l'assenza della dimensione politica e storica nel film, che si sviluppa tutto sulla superficie senza mai infilare il sociologico o magari il tragico o ancora l'epica. La simmetria gangster charmant e flic incorrompibile, rinnovata dalla coppia Dujardin - Lellouche, che propongono due personaggi taciturni e ________________________________________________________________________________ di Cédric Jimenez sfuggenti in cui la durezza degli atteggiamenti si mescola a un senso di fragilità, resta comunque una gran bella ragione per andare al cinema e prendersi un'infatuazione. (www.mymovies.it) Marsiglia terra di confine, quindi. Terra di malavita, terra di traffico di droga: quella droga che negli anni Settanta lì arrivava per essere trattata e spedita negli Stati Uniti, gestita da una cupola mafiosa capeggiata da Tany Zampa contro la quale viene chiamato a combattere, per poi essere abbandonato, il giudice Pierre Michel interpretato da Jean Dujardin. Una storia vera, quella di Michel, che fa di FRENCH CONNECTION qualcosa di diverso dal solito polar francese e che davvero stringe gli spazi che lo separano da certo nostro cinema e da certe produzioni europee che - da Romanzo criminale in avanti, soprattutto hanno voluto giocare con la ricostruzione d'epoca e storica, senza dimenticare le esigenze dello spettacolo. Forse per motivi culturali e produttivi, Jimenez appare molto più a suo agio quando è su quelle esigenze, sull'adrenalina e sull'intreccio, che deve far leva, dando l'impressione di essere vagamente più impacciato quando deve mettere in campo la questione civile, la verità storica e l'elegia di un personaggio che, in Italia, non sarebbe stato purtroppo caso unico o così eclatante. Ma il suo FRENCH CONNECTION è comunque un solido film di genere, ben piantato e scapigliato come certi suoi protagonisti, non privo di una certa eleganza sfacciata e beffarda. La sua forza è tutta lì, nel taglio sartoriale di una regia capace di trascinare quando serve, di ricostruire un periodo storico senza risultare posticcio o troppo "in costume". Una ricostruzione che passa da costumi, scenografie e le oramai immancabili, tante sigarette che bastano a far da macchina del tempo; ma anche per una serie di volti azzeccatissimi che bucano lo schermo, dal cattivo Gilles Lellouche a comprimari di lusso come Guillaume Gouix, Bruno Todeschini e un Benoît Magimel quasi irriconoscibile. Discorso quasi a parte meriterebbero Céline Sallette e Mélanie Doutey, rispettivamente moglie del giudice e del boss: due figure femminili forse solo apparentemente ai margini narrativi del racconto, e destinate entrambe a veder distrutto il sogno della loro famiglia. E poi c'è la Costa Azzurra, che Jimenez usa fin troppo sfacciatamente da non essere riconosciuta come un vero e proprio personaggio del film: quella Costa Azzurra che nell'immaginario dello spettatore cinematografico significa l'eleganza e l'esotismo di Cannes, di Caccia al ladro, di Brigitte Bardot: e proprio nel contrasto tra quella geografia cinefila lì, e quella diventata violenta e criminale di FRENCH CONNECTION, si annida un potenziale perturbante non da poco. Anche per questo, pur guardando fin troppo esplicitamente agli States (proprio però come i suoi protagonisti, per ragioni squisitamente commerciali e non culturali) FRENCH CONNECTION tiene i piedi ben piantati in quel terroir, che non dimentica (e non dimentichiamo) essere anche e forse soprattutto quello di un certo JeanClaude Izzo. (www.comingsoon.it) ________________________________________________________________________________
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