Mobbing Francia

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Mobbing Francia
SCHEDA DI AGGIORNAMENTO SUL MOBBING
A CURA DI Roberta Clerici
FRANCIA :
MOBBING SUL LAVORO
Legge n° 2002-73 del 17 gennaio 2002 di modernizzazione sociale (dall’art.168 all’art.180)
La legge di modernizzazione sociale del 17 gennaio 2002, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del
18 gennaio, contiene un capitolo intitolato “Lotta contro il mobbing sul lavoro” (articoli dal 168 al
180). Sebbene alcuni di questi articoli siano stati oggetto di riserve in termini di interpretazione da
parte del Conseil constitutionnel (organismo dello stato francese che ha l’incarico di vigilare alla
costituzionalità delle leggi organiche, dei regolamenti, delle elezioni. N.d.T.) (decisione n°2001-455
C del 12 gennaio 2002), tutti sono stati dichiarati conformi alla Costituzione. Sono entrati in vigore
dal 20 gennaio 2002 in quanto non è necessario nessun testo alla loro applicazione.
La nozione di mobbing sul lavoro è stata introdotta nella legge di modernizzazione sociale durante
il suo esame in prima lettura da parte dell’Assemblea nazionale. Il dispositivo riprendeva una
proposta di legge del partito comunista francese depositata nel dicembre 1999, ed è stato
approfondito nel corso delle letture del testo, in particolare alla luce del parere espresso dal
Consiglio economico e sociale (CES) adottato nell’aprile 2001.
Il dispositivo approvato alla fine contiene delle disposizioni sulla definizione di mobbing, la
prevenzione e le sanzioni di questo fattore di rischio, nozione che fa così il suo ingresso nel Codice
del lavoro, nel Codice penale e negli statuti della Funzione pubblica.
Trattandosi della definizione, qualunque riferimento ad un legame di autorità è stato eliminato: il
mobbing può essere esercitato dal datore di lavoro, da un superiore gerarchico, o da un collega.
Per garantire la prevenzione è stato rafforzato il campo di intervento di vari soggetti (delegati del
personale, CHSCT, medico del lavoro…). Peraltro un obbligo generale di prevenzione spetta al
datore di lavoro. Altre disposizioni proteggono le vittime una volta che il mobbing si sia manifestato:
viene avviata una procedura di mediazione, l’onere della prova, in caso di contenzioso, viene
regolato in senso favorevole all’attore, e i sindacati possono intervenire in giudizio al posto delle
vittime. Per quanto riguarda la repressione il mobbing è soggetto a sanzioni disciplinari, civili e
penali.
FONTE: Legge n° 2002-73 del 17 gennaio 2002 (art.dal 168 al 180) e decisione del Conseil
constitutionnel n°2001-455 DC del 12 gennaio 2002 (GU francese del 18 gennaio).
OCCORRE PRENDERE IN CONSIDERAZIONE I SEGUENTI PUNTI
Esecuzione in buona fede del contratto di lavoro: il principio giurisprudenziale in base al
quale il contratto di lavoro viene messo in atto in buona fede è ormai inserito nel Codice del lavoro.
Definizione di mobbing sul lavoro: il mobbing è costituito da azioni ripetute che hanno per
oggetto o come effetto un degrado delle condizioni di lavoro di un dipendente che può danneggiare
i suoi diritti e la sua dignità, alterare la sua salute fisica o mentale o compromettere il suo futuro
professionale. Il mobbing può essere esercitato dal datore di lavoro, dal superiore gerarchico o da
un qualsiasi collega.
Tutela delle vittime e dei testimoni: nessun dipendente può essere sanzionato, licenziato
o essere sottoposto a misure discriminatorie, dirette o indirette, soprattutto in materia di
retribuzione, formazione, riqualificazione, assegnazione, qualifica, classificazione, promozione
professionale, cambiamento o rinnovo di contratto per aver subito, o rifiutato di subire, dei maneggi
che si definiscono mobbing, oppure per esserne stato testimone ed averli riferiti. Qualsiasi rottura
del contratto di lavoro che ne fosse la diretta conseguenza, qualunque disposizione o atto
contrario va ritenuto nullo con pieno diritto.
Obbligo di prevenire da parte del datore di lavoro: l’imprenditore deve adottare tutte le
misure necessarie allo scopo di prevenire il mobbing. Deve proteggere la salute fisica e mentale
dei lavoratori e programmare la prevenzione integrandovi i rischi da mobbing.
Regolamento interno: il regolamento interno deve contenere disposizioni relative al divieto
di qualunque forma di mobbing.
Compiti di prevenzione del CHSCT: il ruolo del Comitato di Igiene e Sicurezza e delle
Condizioni di lavoro viene esteso alla protezione della salute fisica e mentale dei lavoratori. Il
Comitato può peraltro proporre azioni di prevenzione in materia di mobbing.
Diritto di allertare da parte dei delegati del personale: la procedura di allarme di cui
dispongono i delegati del personale in caso di attacco ai diritti delle persone o alle libertà individuali
viene estesa al caso di danno alla salute fisica e mentale dei lavoratori.
Ruolo del medico del lavoro: il medico del lavoro può proporre al responsabile
dell’azienda cambiamenti o trasformazioni relativi ai posti di lavoro giustificati da considerazioni
che riguardano la salute fisica e mentale dei lavoratori.
Mediazione: viene istituita una procedura di mediazione per le vittime di persecuzioni morali
o sessuali. Chiunque nell’azienda ritenga di essere vittima di questo tipo di persecuzioni può
ricorrere ad un mediatore, esterno all’azienda e scelto su una lista compilata dal prefetto. Il
mediatore convoca le parti e cerca di riconciliarle.
L’onere della prova: come avviene in materia di discriminazione, in caso di controversia
relativa a mobbing o a molestie sessuali, il regime dell’onere della prova viene regolato in senso
favorevole all’attore.
L’azione giudiziaria promossa dai sindacati: le organizzazioni sindacali rappresentative in
azienda possono sostituirsi al lavoratore vittima del mobbing o di molestie sessuali per agire in
giudizio previa presentazione di consenso scritto dell’interessato, il quale può sempre intervenire
nell’azione intrapresa dal sindacato e porvi fine in qualunque momento.
-
Sanzioni: il mobbing viene punito da sanzioni disciplinari e penali.
Funzione pubblica: il divieto di qualunque pratica di mobbing viene esteso e adattato alle
tre funzioni pubbliche.
ANALISI DEL DISPOSITIVO
Fino all’approvazione della legge di modernizzazione sociale nei casi di mobbing i tribunali si
basavano sulle disposizioni contenute nel diritto internazionale e in quello nazionale (Codice del
Lavoro, Codice civile e Codice penale). Ma queste disposizioni non sono sufficienti per assumere
tutta la specificità e le diverse forme del mobbing. D’altra parte le giurisprudenze continuavano
ad essere “poco omogenee, soprattutto tra il giudice penale e il giudice amministrativo” (Rapporto
del Senato n°275, Tomo 1, pag.313).
Dunque la legge dedica un capitolo alla lotta contro il mobbing sul lavoro, con l’obiettivo di
determinare un quadro giuridico di questa forma di persecuzione: definizione, prevenzione,
sanzione. La nozione di mobbing fa la sua entrata anche nel Codice del Lavoro, il Codice penale e
negli statuti dell’Amministrazione pubblica.
 ESECUZIONE DEL CONTRATTO DI LAVORO IN BUONA FEDE (art.168)
Nell’introduzione del nuovo capitolo del Codice del Lavoro sul mobbing figura un nuovo articolo
L.120-4 del Codice del Lavoro che sancisce che il contratto di lavoro è eseguito in buona fede.
Questo principio derivava già dalla giurisprudenza che applicava in modo combinato l’art. L.121-1
del Codice del Lavoro (il contratto di lavoro è sottoposto alle norme di diritto comune) e l’art. 1134
del Codice civile (le convenzioni devono essere eseguite in buona fede). Ma si è sostenuto che “il
mobbing è un argomento sufficientemente grave per riaffermare solennemente, all’interno del
Codice del Lavoro, l’obbligo di eseguire in buona fede il contratto di lavoro” (G.U. francese, 2
maggio 2001, pag.1653).
* DEFINIZIONE DI MOBBING (art.169-I)
Viene introdotto nel Codice del lavoro l’articolo 122-49 che vieta il mobbing.
Nessun lavoratore deve subire maneggi ripetuti di persecuzione morale che hanno per oggetto
o come effetto un degrado delle condizioni di lavoro tale da danneggiare i suoi diritti e la sua
dignità, alterare la sua salute fisica o mentale o compromettere il suo futuro professionale.
Vengono dunque definiti alcuni criteri:
-
i maneggi devono essere ripetuti;
-
devono comportare un degrado delle condizioni di lavoro.
 Maneggi ripetuti
I maneggi devono essere ripetuti: un unico atto, anche grave, non può essere definito “mobbing”.
 Effetti dei maneggi sulle condizioni di lavoro
- Degrado delle condizioni di lavoro
Per parlare di mobbing i maneggi devono avere come obiettivo o come effetto un degrado delle
condizioni di lavoro. Dunque il mobbing non deve essere confuso con il normale esercizio
del potere disciplinare da parte dell’imprenditore. Solo nel caso di una deviazione del potere
disciplinare e cioè esercitando pressioni illegittime si potrebbe determinare un’azione di mobbing.
Va rilevato che la definizione di mobbing non richiede l’elemento intenzionale (i maneggi
devono avere come conseguenza “o come effetto” un degrado delle condizioni di lavoro). Basta la
semplice constatazione anche se non c’è l’intenzione di nuocere.
- Effetti del degrado delle condizioni del lavoro
Il degrado delle condizioni di lavoro deve essere suscettibile di:
- danneggiare i diritti e la dignità del lavoratore;
- o di alterare la sua salute fisica o mentale;
- o compromettere il suo futuro professionale.
Importante: il danno non deve prodursi per forza (il degrado delle condizioni di lavoro deve essere
“suscettibile di” danneggiare…).
Trattandosi di danno ai diritti e alla dignità del lavoratore il nuovo art. L.122-49 del Codice del
Lavoro introdotto dalla legge non ha indicato i “diritti” del lavoratore che possono essere intaccati
dai maneggi incriminati. Il Conseil constitutionnel ha tuttavia precisato che si tratta dei diritti della
persona sul lavoro quelli enunciati nell’art. L.120-2 del Codice del Lavoro (secondo quest’ultimo
articolo nessuno può imporre restrizioni ai diritti delle persone, alle libertà individuali e collettive
non giustificate dalla natura del compito da svolgere né proporzionate allo scopo voluto).
Per quanto riguarda la nozione di “danno alla dignità” questa fa parte del diritto comunitario, e più
specificatamente è contenuta nella definizione di persecuzione psicologica della direttiva 78/2000
del 27 novembre 2000 che definiva un quadro generale in favore della parità di trattamento in
materia di occupazione e di lavoro.
 Non è necessario che ci sia un nesso basato sull’autorità
Per mobbing si intende quello esercitato dal datore di lavoro o dal superiore gerarchico e tra
colleghi.
La stesura adottata in prima lettura dall’Assemblea nazionale precisava invece che i maneggi
persecutori dovevano essere compiuti dal datore di lavoro o comunque da un superiore
gerarchico. Successivamente è stata soppressa la condizione di abuso di autorità soprattutto a
seguito del rapporto del CES. E’ stato rilevato che “spesso sono i colleghi di lavoro, addirittura i
subordinati, che si rendono colpevoli di azioni di mobbing” (Rapporto Senato n°275, Tomo 1,
pag.316).
Le disposizioni relative alle molestie sessuali sono peraltro modificate per eliminare la condizione
di abuso di autorità (art.179).
·
CAMPO DI APPLICAZIONE (dall’art.169-VI all’art.169-VIII; art.177)
La protezione contro il mobbing previsto all’art.169 della legge riguarda:
-
i lavoratori;
-
i marinai (C.L. art. L.742-8 modificato);
-
i collaboratori famigliari (C.L. art. L.772-2 modificato);
-
i portieri e i dipendenti di immobili per uso abitativo (C.L. art.L771-2 modificato);
le aiuto-madri (C.L. art. L.773-2 modificato. Le organizzazioni sindacali non possono tuttavia
presenziare in giudizio al loro posto in quanto l’art.177 della legge non contempla l’art.122-53 che
prevede questo diritto di sostituzione).
Riguarda inoltre, in base ad un regime particolare, i funzionari e gli agenti pubblici non titolari.
* PROTEZIONE DELLE VITTIME DEI TESTIMONI E DELLE PERSONE CHE HANNO RIFERITO
FATTI CHE COSTITUISCONO COMPORTAMENTI MOBBIZZANTI (art.169-1)
Nessun lavoratore può essere sanzionato, licenziato o essere oggetto di misure discriminatorie,
dirette o indirette, soprattutto in materia di retribuzione, di formazione, di riqualificazione, di
assegnazione, di qualifica, di classificazione, di promozione professionale, di cambiamento o di
rinnovo del contratto per aver subito, o rifiutato di subire azioni di mobbing, o aver testimoniato
di tali comportamenti o averli riferiti.
Qualunque rottura del contratto di lavoro conseguente a mobbing, qualunque disposizione o atto
contrario va considerato nullo con pieno diritto (C.L. art.L.122-49).
Quest’ ultima disposizione implica che il licenziamento o le dimissioni associati al mobbing sono
nulle e dà diritto al lavoratore di chiedere il risarcimento dei danni oppure, a sua scelta, di essere
reintegrato . Questa protezione vale sia per la vittima del mobbing sia per i lavoratori che hanno
fornito la loro testimonianza.
* OBBLIGO DI PREVENZIONE DA PARTE DEL DATORE DI LAVORO
* Compiti generali di prevenzione (art.169-1)
La legge impone al datore di lavoro un obbligo di prevenzione del mobbing. Egli deve “adottare
tutte le misure necessarie” al fine di prevenire le azioni che costituiscono comportamenti
mobbizzanti (C.L., nuovo art. L.122-51).
* Protezione della salute fisica e mentale dei lavoratori (art.173)
Il responsabile dell’azienda deve proteggere la salute “ fisica e mentale” dei lavoratori (C. lavoro,
art.L230-2, al.1 modificato)
Prima dell’approvazione della legge in questo articolo si faceva riferimento alla “salute” dei
lavoratori. La precisazione in base alla quale la nozione di salute copre non solo l’aspetto fisico ma
anche l’aspetto mentale è conforme “ alle norme europee e alla normativa dell’OIL e dell’OMS”
(G.U. francese, 2 maggio 2001).
Il responsabile dell’azienda deve pianificare la prevenzione integrandovi in un insieme coerente la
tecnica, l’organizzazione del lavoro, le relazioni sociali e l’influenza dei fattori ambientali “in
particolare i rischi associati al mobbing”. Di conseguenza i rischi associati al mobbing rientrano
ormai nell’ambito della prevenzione in materia di ambiente di lavoro.
 REGOLAMENTO INTERNO (art.172)
Il regolamento interno deve richiamare le disposizioni relative al divieto di qualunque pratica di
mobbing (Codice del Lavoro art. L.122-34 modificato).
In proposito si tratta di estendere al mobbing quanto già previsto per le molestie sessuali. Una
misura di questo tipo si integra alla preoccupazione di incrementare la prevenzione: “Da un lato
questa disposizione determinerà un miglioramento dell’informazione dei lavoratori in quanto il
regolamento interno deve essere affisso nei luoghi di lavoro. Ma soprattutto darà vita ad un dialogo
all’interno dell’azienda in merito al mobbing dal momento che il regolamento interno deve essere
sottoposto al comitato d’azienda e al comitato di igiene e sicurezza e delle condizioni di lavoro
(CHSCT) in applicazione dell’articolo L.122-36 del Codice del Lavoro.
·
LA MISSIONE DI PREVENZIONE DELCHSCT (art.174)
Il CHSCT ha il compito di contribuire alla salute “fisica e mentale” dei lavoratori (Codice del
Lavoro, art. L.236-22, modificato).
Fino all’approvazione della legge di modernizzazione sociale veniva considerata soltanto la salute
in generale.
- Il CHSCT può proporre azioni di prevenzione in materia di mobbing e di molestie sessuali.
Le attribuzioni del CHSCT sono estese “ al problema del mobbing perché questo Comitato
costituisce una istanza appropriata di dialogo e di prevenzione dei rischi per la salute o le
condizioni di lavoro. Inoltre riunisce al suo interno i rappresentanti dei lavoratori e del datore di
lavoro, l’ispettore e il medico, in breve tutti i soggetti coinvolti in materia di mobbing”.(Rapporto
Senato n°275, Tomo 1, pag.319)
 DELEGATI DEL PERSONALE (art.176)
La procedura di allarme a disposizione dei delegati del personale in caso di danno ai diritti delle
persone o alle libertà individuali viene estesa al caso di danno alla “salute fisica e mentale” dei
lavoratori.
Se un delegato del personale, quando constata, soprattutto attraverso un lavoratore, che esiste un
danno alla salute fisica e mentale delle persone che operano nell’azienda non giustificato dal tipo
di lavoro assegnato né proporzionato all’obiettivo da raggiungere, deve informarne
immediatamente il datore di lavoro. Quest’ultimo (o un suo rappresentante) è tenuto ad effettuare
senza indugio un’indagine insieme al delegato e ad adottare le misure necessarie a porre
rimedio a questa situazione. In caso di carenze da parte sua o di divergenze in merito alle realtà di
questo danno e in caso di mancata soluzione al problema da parte del datore di lavoro, il
lavoratore o il delegato nel caso in cui il dipendente avvertito per iscritto sia consenziente, porterà
la vertenza davanti all’istanza di giudizio del consiglio dei probiviri che delibera secondo le forme
che si applicano al caso. Il giudice può ordinare tutte le misure necessarie a far cessare il danno e
integrare la sua decisione con una penale che sarà liquidata a beneficio del Tesoro.
“Questa procedura che può essere messa in atto non appena si è venuti a conoscenza di un caso
di mobbing, è effettivamente in grado di prevenire e di trattare dall’interno il mobbing, prima di
pesanti contenziosi di riqualificazione della rottura del contratto di lavoro” (G.U.francese, 2 maggio
2001).
 RUOLO DEL MEDICO DEL LAVORO (art.175)
Il medico del lavoro può proporre al responsabile dell’azienda delle misure individuali, come ad
esempio il cambiamento o la trasformazione dei posti di lavoro, giustificate da considerazioni
relative alla salute “fisica e morale “ dei lavoratori (Codice del lavoro, art.241-10-1 modificato).
L’intervento del medico del lavoro può permettere di “attirare l’attenzione del responsabile
dell’azienda su casi di mobbing di cui non sarebbe stato a conoscenza” (Rapporto Senato n°275).
 MEDIAZIONE (art.171)
La legge di modernizzazione sociale istituisce una procedura di mediazione per le vittime di
mobbing o di molestie sessuali (Codice del Lavoro art. 122-54 nuovo).
 Avvio della procedura
La procedura di mediazione può essere avviata da qualunque persona dell’azienda che si
ritenga vittima di mobbing o di molestie sessuali.
 Scelta del mediatore
Il mediatore deve essere scelto al di fuori dell’azienda su una lista di personalità designate in
funzione della loro autorità morale e della loro competenza nella prevenzione del mobbing o delle
molestie sessuali. Gli elenchi dei mediatori sono compilati dal prefetto previa consultazione ed
esame delle proposte di candidature presentate dalle associazioni il cui scopo è la difesa delle
vittime di mobbing o di molestie sessuali e dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a
livello nazionale.
 Procedura di conciliazione
Il mediatore convoca le parti che devono comparire di persona entro un mese. In caso di
mancata comparizione il mediatore fa un verbale scritto che viene inviato alle parti in causa.
Il mediatore si informa in merito ai rapporti esistenti tra le parti, tenta la conciliazione e sottopone
loro delle proposte, che consegna per iscritto, allo scopo di porre fine al mobbing.
In caso di fallimento della conciliazione il mediatore informa le parti sulle eventuali sanzioni e sulle
garanzie procedurali previste in favore della vittima.
 Status del mediatore
Le funzioni di mediatore sono incompatibili con quelle di consulente del collegio di probiviri in
attività.
Il mediatore usufruisce dello stesso status di consulente del lavoratore che assiste i dipendenti
durante il colloquio che precede il licenziamento: al suo caso si applicano gli articoli dal 122-14-14
al 122-14-18 del Codice del lavoro (credito di 15 ore al mese, retribuzione delle assenze,
protezione contro il licenziamento, autorizzazione di assenza, segreto professionale, obbligo della
discrezione). Trattandosi di obbligo della discrezione questa viene estesa a tutti i dati relativi alla
salute delle persone di cui il mediatore viene a conoscenza nel corso della sua missione.
Chiunque danneggerà o tenterà di danneggiare il normale esercizio delle funzioni di mediatore,
soprattutto ignorando gli articoli da 122-14-14- a 122-14-17 e i testi legislativi adottati per la loro
applicazione, sarà punito con un anno di reclusione e con un’ammenda di 3811,23 euro o con una
soltanto delle due pene. In caso di recidiva la pena potrà essere elevata a due anni di carcere e ad
una ammenda di 7622,45 euro (Codice del Lavoro art.152 modificato).
 Onere della prova (art.169-1)
Il regime dell’onere della prova viene adeguato in base al modello del recente dispositivo previsto
per la lotta contro le discriminazioni in modiche il divieto di mobbing sul lavoro sia effettivamente
applicato. Questo adeguamento viene esteso alle molestie sessuali.
In caso di controversia in relazione all’applicazione degli articoli 122-46 (molestie sessuali) e 12249 (mobbing):
-
Il lavoratore interessato presenta degli elementi che lasciano di fatto supporre
l’esistenza di un comportamento mobbizzante.
-
Alla luce di questi elementi spetta alla parte convenuta dimostrare che i suoi maneggi
non costituiscono un comportamento mobbizzante e che la sua decisione è giustificata da
elementi obiettivi estranei a qualsiasi tipo di mobbing.
-
Il giudice deve in seguito formarsi una sua convinzione dopo aver ordinato, in caso di
necessità, tutte le misure d’istruzione che ritiene utili.
Questo adeguamento dell’onere della prova non costituisce una inversione dell’onere stesso ma
semplicemente un adeguamento di quest’ultimo.
A proposito di questo adeguamento il Conseil constitutionnel ha introdotto delle precisazioni
obbligatorie per i giudici. Ha ritenuto infatti che questa disposizione sia conforme alla costituzione a
condizione di rispettare le seguenti “rigide riserve di interpretazione”:
-
L’attore deve stabilire la materialità degli elementi di fatto precisi e concordanti.
Il Conseil constitutionnel ha precisato che “le regole di prova più favorevoli alla parte convenuta”
instaurate da queste disposizioni “non possono dispensare quest’ultima dallo stabilire la
materialità degli elementi di fatto precisi e concordanti che essa presenta a sostegno
dell’allegazione” secondo la quale la decisione adottata nei suoi confronti deriverebbe da un
comportamento mobizzante o da molestie sessuali sul lavoro.
“Per cui alla parte convenuta verrà fatta ingiunzione di spiegarsi in merito alle azioni che le
vengono rimproverate e di dimostrare che la sua decisione è motivata da elementi obiettivi estranei
a qualsiasi forma di mobbing. In caso di dubbio spetterà al giudice, per forgiare la propria
convinzione, di ordinare tutte le misure di istruttoria utili alla risoluzione della controversia”.
-
Questo dispositivo non si applica in materia penale
Il Conseil constitutionnel rileva che emerge dai termini stessi dell’articolo 169 della legge che le
regole di prova derogatorie che esso instaura vanno applicate “in caso di controversia” e ne
deduce “che queste regole non sono applicabili in materia penale” (principio di presunzione di
innocenza).
 PROMOZIONE DI AZIONI GIUDIZIARIE DA PARTE DEI SINDACATI (art. 169-I)
Le organizzazioni sindacali rappresentative presenti in azienda sono autorizzate a sostituirsi ad
un lavoratore vittima di mobbing per stare in giudizio.
Possono esercitare in giudizio, nelle condizioni previste dall’articolo 122-52, tutte le azioni derivanti
dall’articolo 122-46 (molestie sessuali) e 122-49 (mobbing) in favore di un lavoratore dell’azienda
sulla base di un consenso scritto da parte dell’interessato, il quale può sempre intervenire
nell’istanza intrapresa dal sindacato e porvi fine in qualsiasi momento (Codice del Lavoro art.12253 nuovo).
Le organizzazioni che agiscono nel quadro di queste disposizioni usufruiscono della disciplina
dell’onere della prova che si applica alle vittime del mobbing.
I sindacati dispongono, dunque, di una capacità di intervento meno ampia in materia di mobbing
rispetto a quella di cui usufruiscono nella lotta contro le discriminazioni. In questo campo, infatti, le
organizzazioni sindacali possono promuovere azioni giudiziarie senza un consenso scritto da parte
dell’interessato, dal momento che quest’ultimo è stato avvertito per iscritto e non si è opposto
all’azione (Codice del Lavoro art.123-6 e 122-45).
 SANZIONI
-
Sanzioni disciplinari (art.169-1)
Qualunque lavoratore che abbia compiuto delle azioni di mobbing è passibile di sanzioni
disciplinari (C.del Lav. art.122-50, nuovo)
-
Sanzioni penali (art.169-IV, 169 V e 170)
La legge prevede due sanzioni penali: una nel Codice penale e una nel Codice del Lavoro.
Una nuova sezione intitolata “Mobbing”, che comprende un articolo unico, viene introdotta
nel Codice penale. Il fatto di mobbizzare l’altro con azioni ripetute che hanno per oggetto o per
effetto un degrado delle condizioni di lavoro tale da danneggiare i suoi diritti o la sua dignità, di
alterare la sua salute fisica o mentale o di compromettere il suo futuro professionale, viene punito
con un anno di reclusione e 15.000 euro di multa (Cod.penale art.222-33-2 nuovo)
Questa disposizione si adegua a quella già esistente relativa alle molestie sessuali (Cod. penale,
art.222-33).
Peraltro l’art. 152-1-1 del Codice del Lavoro viene completato in modo da prevedere che
le infrazioni agli articoli 122-46 (molestie sessuali), 122-49 (mobbing) siano punite, come le
infrazioni all’art. 123-1 (parità professionali uomo-donna) con un anno di reclusione e una multa di
3750 euro a partire dal 1° gennaio 2002 o con una di queste due pene.
Il tribunale può ordinare, a spese della persona condannata, l’affissione del giudizio alle
condizioni previste all’art. 131-35 del Codice penale e la sua pubblicazione sui giornali.
Il tribunale può peraltro pronunciare un rinvio del dispositivo della pena in caso di azioni
giudiziarie per infrazione alle disposizioni relative al mobbing o alle molestie sessuali nelle
condizioni previste agli art. dal 132-58 al 132-62 del Codice penale:
il rinvio comporta l’ingiunzione nei confronti del datore di lavoro di definire, previa
consultazione del comitato d’azienda o, in sua assenza, dei delegati del personale, e entro un
periodo di tempo determinato, misure adeguate a porre fine al mobbing. Il rinvio può, in caso di
necessità, comportare anche l’ingiunzione nei confronti del datore di lavoro di porre in essere nello
stesso periodo di tempo le misure definite;
-
il tribunale può ordinare l’esecuzione provvisoria della sua decisione.
-
Conseguenze della doppia sanzione penale
Una persona accusata di mobbing può essere perseguita sulla base sia dell’art.152-1-1 del Codice
del Lavoro sia dell’art. 222-33-2 del Codice penale.
Il Conseil constitutionnel ha precisato che “quando varie disposizioni penali possono determinare
la condanna di uno stesso e unico fatto, le sanzioni subite non possono superare il massimo
previsto dalla legge, in applicazione del principio della proporzionalità delle pene che proviene
dall’articolo 8 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789. “Spetterà alle autorità
giurisdizionali e, se necessario, alle autorità incaricate della riscossione delle ammende, di
rispettare, nell’applicazione della legge, il principio della proporzionalità delle pene”. “Con questa
riserva l’inserimento nel Codice penale e in quello del Lavoro di due incriminazioni che censurano
le azioni di mobbing sul lavoro, di cui la prima rispetto alla seconda ha indubbiamente un più vasto
campo di applicazione, non è contrario alla Costituzione” ( Conseil constitutionnel, 12 gennaio
2002, decr.n°2001-455 DC).
 FUNZIONE PUBBLICA (art.178)
Per i funzionari la legge riprende, adeguandole, le disposizioni dell’art. 169 in materia di
definizione, divieto e sanzione del mobbing. Prevede inoltre la stessa protezione specifica delle
vittime del mobbing e delle persone che hanno testimoniato. Invece la disciplina dell’onere della
prova in caso di mobbing non viene esteso al contenzioso amministrativo che ha delle regole
proprie in materia.
Il progetto di legge adottato in prima lettura dall’Assemblea nazionale prevedeva solo una modifica
del Codice del Lavoro. Ma successivamente il legislatore ha tenuto conto del rapporto del Conseil
économique et social che prevedeva l’estensione della nozione di mobbing al settore pubblico. Il
rapporto rilevava infatti che “il diritto pubblico sembra relativamente scarso di disposizioni in grado
di poter essere mobilitate contro il mobbing”. Peraltro “ è vero che la giurisprudenza amministrativa
tiene in minor considerazione il fenomeno rispetto a quella giudiziaria”. Ora, numerosi esperti
ritengono che il male sia ancora “più radicato nell’amministrazione. Il ministro del Lavoro e della
Solidarietà indicava davanti al Conseil économique et social che il settore pubblico rappresentava
attualmente un terzo dei casi di mobbing segnalati. Altri studi parlano di proporzioni ancora
maggiori” (Rapporto del Senato n°275).
 Divieto di mobbing
Un articolo 6 quinquies della legge 83-634 del 13 luglio 1983 relativa ai diritti e ai doveri dei
funzionari prevede che nessun funzionario deve subire azioni ripetute di mobbing che abbiano per
oggetto o per effetto un degrado delle condizioni di lavoro tale da danneggiare i suoi diritti e la
sua dignità, alterare la sua salute fisica o mentale o compromettere il suo futuro professionale.
 Protezione delle vittime, dei testimoni, e delle persone che hanno riferito fatti
definibili come mobbing
Nessuna misura riguardante in particolare l’assunzione, il passaggio in ruolo, la formazione, la
valutazione, la disciplina, la promozione, l’assegnazione e il cambiamento può essere adottata nei
confronti di un funzionario prendendo in considerazione:
-
il fatto che egli abbia subito o rifiutato di subire azioni o comportamenti di mobbing;
-
il fatto che si sia rivolto ad un superiore gerarchico o abbia promosso un’azione giudiziaria
per porre fine a queste malversazioni;
o il fatto che egli abbia testimoniato in merito a questi comportamenti mobizzanti o li abbia
riferiti.
Qualunque funzionario che abbia esercitato il mobbing è passibile di una sanzione disciplinare.
La protezione contro il mobbing viene estesa anche ai funzionari non titolari di diritto pubblico.
Traduzione a cura di Roberta Clerici