Radiogiornale 12 06 15 - Ammiratori di Papa Francesco

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Radiogiornale 12 06 15 - Ammiratori di Papa Francesco
Maria Felice <[email protected]>
BOLLETTINO RADIOGIORNALE
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12 giugno 2015 16:32
Sommario del 12/06/2015
Il Papa e la Santa Sede
Francesco: portare anche negli aeroporti la misericordia di Dio
Papa e premier Polonia a colloquio su Gmg di Cracovia e Ucraina
Altre udienze e nomine di Papa Francesco
Dall'America Latina un'esperienza di nuova evangelizzazione
Card. Scola: difesa Creato? Serve una "ecologia integrale"
Oggi su "L'Osservatore Romano"
Oggi in Primo Piano
Patriarca Sako: a cristiani iracheni è rimasta solo la fede
Nigeria, Boko Haram: Abuja comanda nuova forza regionale
MSF all’India: salvaguardare accesso a farmaci basso costo
Quasi 170 milioni di bimbi costretti al lavoro, male anche Italia
Whirlpool: nuova protesta dei lavoratori a Varese
Gender. Mamma: nell'educazione scuola non scavalchi genitori
Le reliquie di Sant'Antonio da Padova in tre continenti
Ritrovato e presentato manoscritto sulla vita di San Francesco
Nella Chiesa e nel mondo
Card. Parolin inaugura chiesa negli Emirati: segno di vitalità
Alla Gregoriana, conferenza su protezione minori
Civiltà Cattolica: editoriale su prossima enciclica del Papa
Il Papa e la Santa Sede
Francesco: portare anche negli aeroporti la misericordia di Dio
◊ Annunciare il Vangelo anche negli aeroporti, portando a tutti coloro che vi transitano o lavorano la
misericordia di Dio. E’ quanto affermato da Papa Francesco nel discorso rivolto ai partecipanti al Seminario
mondiale dei cappellani cattolici dell’Aviazione civile, promosso dal Pontificio Consiglio per i Migranti e gli
Itineranti. Il Papa ha sottolineato che oggi è diventato più urgente “riscoprire il volto compassionevole di Dio”.
L’indirizzo d’omaggio è stato rivolto dal cardinale Antonio Maria Vegliò. Il servizio di Alessandro Gisotti: Nessun luogo sia estraneo all’annuncio del Vangelo, neppure gli aeroporti che sono ormai “città nelle città”. E’
l’esortazione rivolta da Francesco ai cappellani ai quali ha chiesto di offrire sempre “assistenza umana e
spirituale” a chi transita o lavora nelle strutture aereoportuali.
Avere cura di migranti, rifugiati e richiedenti asilo
Il Papa ha citato in particolare quanti vi transitano per situazioni di emergenza come migranti e rifugiati che
necessitano di “cure e attenzioni speciali”:
“Vi è anche il preoccupante numero di passeggeri senza documenti – spesso rifugiati e richiedenti asilo – che
sono detenuti nei locali aeroportuali per brevi o lunghi periodi, a volte senza adeguata assistenza umana e
spirituale”.
Né ha dimenticato di riferirsi a quelle situazioni tragiche, come dirottamenti o incidenti, quando il cappellano è
“chiamato e ricercato da quanti hanno bisogno di conforto e di incoraggiamento”.
Urgente riscoprire il volto compassionevole di Dio
Quindi, ha messo l’accento sulla misericordia di Dio che, ha detto, deve trovare spazio anche negli aeroporti:
“Infatti, ai nostri giorni annunciare il Vangelo implica sollevare le persone dai fardelli che pesano sul cuore e
sulla vita; significa proporre le parole di Gesù come alternativa alle promesse del mondo che non danno la
vera felicità. Oggi è diventato più urgente riscoprire il volto compassionevole di Dio e per questo sarà
prezioso il tempo di grazia che ci offrirà l’Anno Santo della Misericordia”.
La cappellania aeroportuale, ha proseguito, “è chiamata a essere un luogo di unità nella diversità per tutte le
categorie di persone”. Come una “grande città – ha detto – l’aeroporto è un ambiente cosmopolita, multietnico
e multireligioso” e i cappellani, “immersi nella vita di questa singolare comunità” devono collaborare a creare
“unità nella diversità”.
Anche negli aeroporti, testimoniare amore e dialogo
La missione in aeroporto, ha soggiunto, “richiede anche di lavorare affinché le persone abbiano il desiderio di
ascoltare la Parola di Dio” e “confidare nella divina misericordia, che è un riparo sicuro per chi è debole e non
ha la presunzione di salvarsi da solo”:
“Cari fratelli e sorelle, vi incoraggio a operare affinché in questi particolari luoghi di ‘frontiera’ che sono gli
aeroporti, ci sia spazio per trovare e praticare amore e dialogo, che alimentano la fraternità tra le persone e
preservano un clima sociale pacifico. E prego insieme con voi il Signore perché il vostro apostolato, che
partecipa alla missione universale della Chiesa, sia efficace proclamazione della Buona Notizia”.
Papa e premier Polonia a colloquio su Gmg di Cracovia e Ucraina
◊ Francesco ha ricevuto oggi in udienza il primo ministro della Repubblica di Polonia, la sig.ra Ewa Kopacz,
che si è successivamente incontrata con mons. Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti
con gli Stati. Nel corso dei colloqui, informa un comunicato della Sala Stampa “è stata apprezzata la serena
ed efficace collaborazione alla preparazione della visita” che il Papa compirà in Polonia nel 2016, in
occasione della Giornata mondiale della gioventù.
Ci si è poi soffermati sul “positivo contributo della Chiesa in Polonia nell’attuale contesto socio­economico e
su alcune questioni di carattere etico”. Nel prosieguo della conversazione, conclude la nota, c’è stato “uno
scambio di vedute sulla situazione internazionale, con particolare attenzione all’Ucraina”.
Altre udienze e nomine di Papa Francesco
◊ Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza il card. Edoardo Menichelli, arcivescovo di Ancona­
Osimo (Italia) e padre Ricardo E. Facci, Fondatore e Presidente di “Hogares nuevos­Obra de Cristo”.
In India, Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Gandhinagar, presentata
da mons. Stanislaus Fernandes, S.I., per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha nominato arcivescovo di
Gandhinagar mons. Thomas Ignatius Macwan, finora vescovo di Ahmedabad.
Nelle Filippine, il Papa ha nominato Vescovo di Gumaca mons. Victor C. Ocampo, del clero della diocesi di
Balanga, finora parroco della Saint Dominic de Guzman Parish ad Abuvay, Balanga.
Il Papa ha nominato Consultore della Congregazione delle Cause dei Santi la reverenda Sr. Marcella Farina,
F.M.A., docente di Teologia Fondamentale e Teologia Dogmatica presso la Pontificia Facoltà di Scienze
dell’Educazione “Auxilium” di Roma.
Dall'America Latina un'esperienza di nuova evangelizzazione
◊ “Rinnovati nella nostra missione”. Così, si sono sentiti i direttori delle Scuole di Evangelizzazione di
Sant’Andrea, diffuse in tutte il mondo, dopo l’incontro ieri con Papa Francesco. Una realtà, nata in Messico,
ma ben conosciuta dallo stesso Pontefice già quando era arcivescovo di Buenos Aires. Il servizio di
Benedetta Capelli: Sulle orme dell’apostolo di cui portano il nome, le Scuole di evangelizzazione di Sant’Andrea vogliono
condurre a Gesù i tanti “Pietro” di oggi. La realtà, nata in Messico 35 anni fa, grazie a José Prado Flores,
conta duemila scuole in 69 nazioni. Una realtà conosciuta a Buenos Aires dallo stesso cardinale Bergoglio e
che ieri ha ritrovato in Vaticano. La vice direttrice della Scuola italiana di Evangelizzazione di Sant’Andrea,
Ada Gasparini, racconta così l’udienza con il Papa:
R. ­ La sensazione che ho provato è stata proprio quella della familiarità. Ha preso spunto dal Vangelo del
giorno, che dice “Annunciate il Vangelo”… Ci ha lasciato anche questo mandato con l’ultimo appunto del
Vangelo, in cui dice: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. E ci ha detto: “Guardate che il
denaro e l’evangelizzazione non vanno tanto d’accordo. Quindi rimanete nella gratuità”. Noi, come scuola,
siamo partiti con questa gratuità e l'abbiamo sempre tenuta come un punto fondamentale.
D. – Vi siete sentiti, in un certo senso, riconfermati nella vostra missione?
R. – Sì. Riconfermati anche nelle scelte pastorali in questa chiamata ad essere nuovi evangelizzatori in
questa società e in questo millennio in cui c’è molta fame, fame e sete di ascoltare la Parola, di ascoltare
Gesù che parla. Noi prestiamo la voce, prestiamo le gambe a Gesù: siamo disponibili…
La Scuola di Evangelizzazione Sant'Andrea è dunque una comunione di scuole in tutto il mondo che
condividono una visione, una metodologia e un programma di formazione. Il commento di Sofia Agazzi,
direttrice della Scuola italiana di Evangelizzazione di Sant’Andrea:
R. – La nostra specificità è quella di formare evangelizzatori, anzi nuovi evangelizzatori per la nuova
evangelizzazione.
D. – come avviene questo percorso di formazione?
R. – Avviene con un percorso che noi diciamo “progressivo, sistematico e integrale”, che è formato da ben
21 corsi, più altri corsi opzionali: tutti centrati sulla Parola di Dio. I nostri corsi non sono tanto corsi
accademici, sono soprattutto corsi che si avvalgono di una metodologia attiva partecipativa, esperienziale, in
cui avviene proprio questa apertura del cuore. Noi, attraverso questa forma di evangelizzazione, facciamo
riscoprire la perla preziosa che deve essere nel cuore di ciascuno. E’ un cambiamento di vita: non è la
scuola che cambia la vita, è la Parola di Dio di cui noi siamo innamorati, di cui noi vogliamo sempre più
innamorarci. Alla fine ciò che rende nuovo è lo Spirito Santo.
Card. Scola: difesa Creato? Serve una "ecologia integrale"
◊ La questione ambientale è frutto di una crisi antropologica, culturale, etica e di senso che attraversa
l’umanità e che va affrontata seriamente. E’ l’analisi offerta da Nicolas Hulot, commissario generale della
Conferenza mondiale 2015 sul clima, nel suo intervento alla tavola rotonda di ieri pomeriggio all’Expo di
Milano nell’ambito del “National Day” della Santa Sede. Da Milano, il servizio dell’inviata, Adriana Masotti: Il prof. Amato, apre il Convegno: “I volti della Terra” dedicato al rapporto con il Creato con un intervento
critico sulle politiche di oggi che da una parte a parole si dicono solidali con la lotta alla fame e dall’altra a
fatti lasciano morire migliaia di persone affamate nel Mediterraneo. E stigmatizza chi condanna il migrante
per ragioni economiche decidendo di accogliere solo chi ha il titolo di rifugiato. Eppure non basta, dice,
essere buoni per risolvere i problemi, ma bisogna essere capaci di organizzare la vita nella permanente
consapevolezza che tutti i volti della terra sono sempre il nostro volto. Bisogna insomma organizzare il
mondo considerando che tutti abbiamo l’identico diritto a usufruire dei beni della terra.
Il francese Nicolas Hulot, si domanda qual è oggi il volto della terra. E’ un volto di una persona imbronciata,
dice perché l’anima del mondo è profondamente malata. Stiamo vivendo una crisi antropologica e di civiltà.
L’uomo si è perso, ha staccato il proprio legame con la natura. E’ venuto il momento invece di ascoltarla.
Occorre che noi tutti siamo capaci di concepire il pianeta come uno spazio di solidarietà. Abbiamo tutti un
destino comune e il nuovo modello economico dovrà basarsi sulla distribuzione delle risorse, conclude. Il
card. Ravasi cita il racconto biblico spesso mal interpretato: riempite la terra e soggiogatela, dominate sugli
animali, dice la Bibbia, ma la vera interpretazione è che Dio colloca l’uomo sulla terra perché la coltivi e la
custodisca.
Affollato l’incontro che il cardinale arcivescovo di Milano, Angelo Scola, ha avuto con i giornalisti presenti
all’Expo per il “National Day”. Oltre al tema della tutela ambientale, il capo della Chiesa ambrosiana ha
affrontato il tema “caldo” dell’accoglienza degli immigrati. Il servizio Alessandro De Carolis: L’esigenza che si affermi in Italia e nel contesto umano mondiale un nuovo umanesimo è questione che sta
particolarmente a cuore al cardinale Scola. Che ieri l’ha declinata dal punto di vista della protezione del
Creato. “Se noi vogliamo stare nell’ambiente, rispettandone fino in fondo la natura e interagendo in modo tale
– ha detto – che esso possa sempre di più assecondare i giusti bisogni dell’uomo, è necessario che l’uomo
stesso sia capace di vita buona, di ecologia”:
“C’è un nesso tra l’ecologia dell’uomo e quella della natura. Ci vuole un’ecologia integrale. Se noi volgiamo
supporre un rapporto adeguato con l’ambiente che non lo riduca ad una sorta di miniera da cui si può cavare
tutto, ma lo lasci essere quel giardino di cui il Creatore ci parla, bisogna che l’uomo si ponga la domanda del
senso di sé, della sua vita, cosa significa costruire delle relazioni stabili come la famiglia, cosa vuol dire
educare e combattere esclusioni, guerre, carestie… questa è l’ecologia umana”.
I media hanno approfittato per chiedere l’opinione del cardinale Scola sul tema dell’accoglienza delle persone
immigrate, che negli ultimi giorni sembra aver nuovamente spaccato in due l’Italia, tra un Sud perennemente
in prima linea nel fronteggiare gli arrivi di massa e un Nord, specie di orientamento leghista, che preferisce
alzare barriere. Il cardinale Scola ha allargato l’orizzonte all’Europa, auspicandone una “equilibrata politica” in
materia:
“Qui vediamo il grande affaticamento dell’Europa: l’Europa non è una realtà politica, è ancora troppo centrata
solamente sull’economia non è ancora un’Europa di popoli. Quindi le difficoltà che si sono rivelate di fronte al
dato dell’immigrazione che certamente è un dato che mette seriamente alla prova il nostro Paese. Tuttavia
credo che nella nostra storia, nella nostra tradizione, nelle nostre condizioni, mediante politiche equilibrate noi
dobbiamo sapere e poter accogliere queste persone nel modo dovuto. Pensiamo a cosa stanno facendo certi
Paesi del Medio Oriente. In Libano ci sono un milione 800mila immigrati provenienti dalle regioni disastrate
della Siria, dell’Iraq … Quindi io penso che riusciremo ad intenderci al di là della dialettica politica che ha
tante ragioni non sempre del tutto valide. Credo che il nostro popolo sia capace di integrazione”.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Città nella città: il Papa chiede di testimoniare l'amore di Dio nella realtà multiforme degli aeroporti.
Rispetto e convivenza: il cardinale segretario di Stato inaugura la seconda chiesa cattolica di Abu Dhabi.
Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, sull'amicizia tra Ungheria e Santa Sede dopo la
persecuzione della Chiesa.
Fuga e paura: emergenza per i profughi nella maggiore stazione di autobus di Roma e nella stazione
ferroviaria centrale di Milano.
Sentinelle e baluardi: il cardinale Gianfranco Ravasi, Fabrizio Bisconti e Matteo Braconi su scavi, scoperte e
recuperi alle catacombe di San Callisto.
Sul prato di Runnymede: l'ambasciatore di Gran Bretagna presso la Santa Sede, Nigel Marcus Baker, sugli
ottocento anni della "Magna Carta".
Ho udito il grido dell'Amazzonia: il vescovo Erwin Krautler e la sua missione in Brasile.
Apostoli e profeti: la rivista "Irénikon" in occasione del cinquantesimo anniversario del decreto
sull'ecumenismo "Unitatis redintegratio".
Oggi in Primo Piano
Patriarca Sako: a cristiani iracheni è rimasta solo la fede
◊ La presidenza della Cei ha deciso di destinare ai rifugiati cristiani dell’Iraq oltre un milione di euro ricavati
dall’8 per mille. Un anno fa i profughi sono stati costretti dal sedicente Stato Islamico ad abbandonare le loro
case a Mosul e nella Piana di Ninive. I fondi saranno utilizzati per alloggi, pozzi e la costruzione di una
scuola nei campi di Erbil, mentre la Caritas italiana ha stanziato circa un milione di dollari per sfamare oltre
13 mila famiglie nel mese di agosto. Per ricordare la tragedia dei cristiani iracheni e di tutto il Medio Oriente,
il Patriarca di Babilonia dei Caldei Louis Raphael Sako ha pubblicato in questi giorni il libro “Più forti del
terrore”. Il volume, pubblicato dall’Editrice Missionaria Italiana, è stato scritto dal patriarca insieme alla
giornalista francese Laurence Desjoyaux, con la prefazione di Domenico Quirico. Sulla situazione dei
profughi iracheni Michele Raviart ha raggiunto telefonicamente l’autore del volume, il patriarca Louis
Raphael Sako: R. – Nella città di Mosul e nella Piana di Ninive non c’è più nessun cristiano: tutti sono andati via! Vivono
ormai come profughi nel Kurdistan; ma anche in Giordania, in Libano, in Turchia… Vivono in una situazione
tragica sia psicologicamente che moralmente: hanno perso tutto! E’ la Chiesa che aiuta questa gente: non
soltanto la Chiesa locale, ma anche hanno aiutato le Conferenze episcopali in Italia, in Francia, in Germania,
un po’ dappertutto… Vogliono ritornare nella loro terra, ma questo sembra veramente difficile, perché non c’è
una strategia internazionale per sconfiggere l'Is e liberare la città di Mosul e i villaggi della Piana di Ninive.
D. – In questi giorni lo Stato Islamico ha mandato un video in cui celebrava la conquista di Mosul: in questo
video si vedono omicidi, esecuzioni e anche chiese distrutte… Cosa è rimasto di cristiano a Mosul?
R. – E’ una vergogna tutto quello che hanno fatto! Tutta la storia viene cancellata: la storia dell’Iraq è la
storia dell’umanità intera. Questi gruppi distruggono tutto: ogni pietra, ogni manoscritto … E ammazzano tutti
quelli che non vogliono collaborare con loro!
D. – Lei sente i profughi che sono scappati da Mosul, come vivono questa situazione e anche in relazione
alla loro fede?
R. – Io sono molto vicino a loro, ogni tanto vado a Erbil. Sono andato in Giordania, due volte in Libano e in
Turchia… Ciò che rimane è la loro fede: la loro fede! Hanno perso tutto. Immagini qual è la loro situazione: in
una stanza, in 10 persone, tutta la famiglia… Aspettano gli aiuti dalla Chiesa e delle agenzie e degli
organismi umanitari che portano loro da mangiare e anche medicine. Io ho due sorelle che hanno lasciato
Mosul e vivono nell’ansia…
D. ­ Nel disegno dell’Is c’è posto per i cristiani del Medio Oriente?
R. – No, no, non c’è! Non c'è per i cristiani, ma neanche per gli sciiti: non c'è per chi non ha la loro stessa
"fede"! Non c’è! Hanno ammazzato più musulmani, sunniti e sciiti che cristiani: hanno occupato le loro case,
hanno preso le loro proprietà, i soldi, i documenti… Tutto! Sono andati via soltanto con i loro vestiti.
D. – La Comunità internazionale sta attaccando, sta cercando di contrastare l’Is: è sufficiente?
R. – No! Non è sufficiente! Il discorso è un po’ scoraggiante, perché parlano ancora di 4­5 anni. E questo è
un male! Cercano una soluzione politica: ma quando non c’è, che si può fare? Loro guadagnano sempre più
jihadisti e sempre più terreno e la gente ha paura!
Nigeria, Boko Haram: Abuja comanda nuova forza regionale
◊ Ancora violenze in Nigeria, proprio quando Abuja prende il comando della nuova forza regionale di oltre
ottomila uomini, che dovrà essere dispiegata entro il prossimo 30 luglio per contrastare l’avanzata di Boko
Haram. Gli estremisti islamici hanno infatti attaccato Matangale, Buraltima e Dirmanti, tre villaggi nello Stato
nordorientale di Borno, uccidendo almeno 40 civili. Dal 2009, la violenza di Boko Haram ha già provocato
oltre 15 mila morti. Ora, il nuovo presidente, Muhammadu Buhari, si è fatto promotore della formazione di una
Forza d’intervento congiunto multinazionale (Mnjtf), formata – oltre che da soldati nigeriani – anche da truppe
di Camerun, Ciad, Niger e Benin, in sostituzione della coalizione regionale operativa nei mesi scorsi. Sulle
caratteristiche della nuova forza, Giada Aquilino ha intervistato Raffaello Zordan, della rivista comboniana
Nigrizia: R. – Il tema di Boko Haram non è un problema di sicurezza solamente della Nigeria, ma di una vasta area di
Paesi limitrofi. Il presidente precedente, Goodluck Jonathan – ricordiamo che Buhari, cioè il presidente
attuale, è stato eletto lo scorso marzo ed è entrato in funzione di fatto a maggio – aveva avuto un
atteggiamento un po’ remissivo nei confronti di questa situazione, cioè aveva evitato di prenderla in mano
con forza. Questo nuovo eletto è evidente che deve dare un segno di discontinuità anche per rassicurare il
Ciad, il Camerun e il Niger che sono preoccupati da questa situazione. Però, Boko Haram non è solo un
problema di sicurezza, per la Nigeria: c’è anche la questione di risolvere le arretratezze economiche
soprattutto delle regioni del nordest che sono la "fucina" di questa formazione. Le cause di questo jihadismo
si chiamano povertà, incapacità di portare servizi a quelle popolazioni, tenerle ai margini dell’economia
nigeriana che, ricordiamo, è la prima del continente. Quindi, questa operazione militare ha un senso se è
inserita dentro tale contesto.
D. – I Boko Haram a cosa puntano?
R. – Sono nati come un movimento di contrapposizione sociopolitica al governo centrale di Abuja, in Nigeria.
Si fondono dentro questa insoddisfazione delle popolazioni. Certo, adesso hanno assunto una tonalità
ideologica terrorista, che non ha nulla a che vedere con rivendicazioni, anche molto forti, fatte ad esempio
attraverso manifestazioni di piazza. Portano avanti l’idea di creare in Nigeria e dove possono, nel bacino del
lago Ciad, un insediamento di Stato islamico, se vogliamo chiamarlo così.
D. – Al di là dell’aspetto militare, rimane l’emergenza umanitaria: come può essere affrontata anche oltre le
frontiere nigeriane? Perché, come anticipato, riguarda il Camerun e altri Paesi che sono coinvolti nella
coalizione…
R. – Temo che in questo ambito il nuovo presidente dovrà puntare sul secondo aspetto della sua
controffensiva postelettorale, quello della corruzione. Non dimentichiamo che la Nigeria è un Paese davvero
corrotto: basti pensare che perfino l’Agenzia nazionale contro la corruzione è corrotta. Quindi, pensare di
mettere in piedi una macchina di soccorsi, campi profughi e quant’altro in una situazione del genere è
evidente che diventa alquanto dispendioso per lo Stato.
MSF all’India: salvaguardare accesso a farmaci basso costo ◊ Il principale Paese produttore di farmaci salvavita, l’India, rischia di non poter più fornire terapie a prezzi
accessibili per chi ne ha più bisogno, a causa delle pressioni delle grandi multinazionali farmaceutiche. A
lanciare l’allarme è l’organizzazione Medici senza frontiere, che si serve per l’80% dei suoi farmaci contro
Hiv, malaria, tubercolosi e altre malattie, di prodotti indiani. "Non è possibile che il profitto vinca sulla vita
delle persone", dice al microfono di Gabriella Ceraso, Silvia Mancini di Msf, spiegando cosa sta
accadendo: R. – L’India ha messo in atto una legge di proprietà intellettuale di brevetti sui prodotti farmaceutici
estremamente attenta a conciliare le esigenze sia di salute pubblica che quelle commerciali. In particolare, le
leggi sui brevetti farmaceutici in India consentono per esempio alla società civile di opporsi al rilascio di un
brevetto, a meno che non sia su farmaci veramente innovativi. Si prevede inoltre, per esempio, il non rilascio
della esclusività dei dati, cioè la possibilità di giovare di sperimentazioni cliniche già esistenti per la
registrazione di farmaci generici equivalenti. Quindi, una serie di piccole clausole ha permesso all’India di
produrre dei farmaci generici di qualità a prezzi più accessibili.
D. – Che cosa invece stanno cercando di fare Stati Uniti, Unione Europea, Svizzera e Giappone in questi
giorni nel summit di Kyoto sul partenariato economico?
R. – Cercano di mettere in atto delle disposizioni più restrittive, cercando di far venir meno questa
opposizione sui brevetti oppure cercando di riconoscere un monopolio anche sull’esclusività dei dati.
Chiaramente, se queste norme dovessero esseree accettate questo porterebbe a una messa in discussione
di tutta una serie di attenzioni alla salute pubblica che, invece, la legge indiana sui brevetti farmaceutici era
stata molto attenta a tutelare.
D. – Per questo che cosa raccomandate?
R. – L’appello è su larga scala: da una lato è a livello istituzionale, ministri della Salute, il governo e il primo
ministro indiano, ma chiaramente anche la società civile, i diversi governi occidentali che sostengono questa
causa, i Paesi in via di sviluppo agevolati finora dal poter usufruire di questi farmaci generici.Chiaramente, il
ruolo che la società civile può giocare è importante: l’abbiamo visto in passato anche con i pazienti
sieropositivi, per esempio. Il fatto di costituire una massa critica importante è rilevante per far arrivare nei
salotti buoni della politica anche la voce dal basso.
D. – Lo vogliamo ripetere: non è solo una questione tecnica e medica, ma si tratta di salvaguardia della vita
umana. Cosa si rischia se le regole indiane sui farmaci cambieranno? R. – E' fondamentale che tutte queste disposizioni non vengano adottate per salvaguardare la tutela della
salute pubblica e per permettere all’India, che è stata finora chiamata la “farmacia del Sud del mondo”, di
poter continuare a produrre farmaci a basso costo per i più bisognosi, soprattutto per i Paesi in via di
sviluppo dell’Africa subsahariana.
Quasi 170 milioni di bimbi costretti al lavoro, male anche Italia
◊ Sono almeno 168 milioni i bambini e gli adolescenti che nel mondo sono costretti a lavorare. Un fenomeno
con contorni preoccupanti anche in Italia. La denuncia arriva da Save the Children e dall’Organizzazione
Internazionale del Lavoro (Ilo), che, per l’odierna Giornata mondiale contro il lavoro minorile, chiedono un
piano nazionale contrasto e prevenzione allo sfruttamento. Il servizio di Alessandro Guarasci: Un esercito i bambini è costretto a lavorare. L'agricoltura è il settore con la più alta presenza di minori, 98
milioni, ma bambini e adolescenti sono coinvolti anche in attività domestiche, nel lavoro in miniera o nelle
fabbriche, spesso in condizioni di estremo pericolo e sfruttamento. E questo non avviene solo nei Paesi in
via di sviluppo, ma anche in Italia, dove ci sono almeno 340 mila under 16 impiegati in varie attività. Carlotta
Bellini, responsabile protezione minori di Save the Children:
R. – Gli aspetti più negativi riguardano evidentemente il coinvolgimento di minori in attività che sono
parificabili allo sfruttamento e al lavoro pericoloso, quei lavori cioè che vanno sicuramente a impattare sulla
loro vita in modo molto negativo. Poi, ci sono invece i lavori positivi, quei lavori che in Italia possono fare i
ragazzi al di sopra dei 16 anni. Sono dei lavori che invece sicuramente li accompagnano verso una
responsabilizzazione, verso uno sviluppo della loro personalità, verso un futuro migliore.
D. – Avete aperto in qualche modo un canale di contatto con le varie associazioni imprenditoriali oppure con
gli artigiani? Perché spesso nei Paesi sviluppati il lavoro minorile si annida nell’artigianato…
R. – Quello che noi chiediamo è in realtà che il governo di prenda questa responsabilità e quindi che
istituisca un tavolo di dialogo sul lavoro minorile, al quale è necessario che partecipino anche quelle
rappresentanze imprenditoriali. È fondamentale.
In Italia, Il picco di lavoro minorile si registra fra gli adolescenti, in quell'età di passaggio dalla scuola media
alla superiore che vede in Italia uno dei tassi di dispersione scolastica più elevati d'Europa e pari al 18,2%.
Whirlpool: nuova protesta dei lavoratori a Varese
◊ Oltre 2000 persone hanno preso parte a Gavirate, in provincia di Varese, al corteo per protestare contro il
piano industriale di integrazione di Whirlpool con Indesit, presentato dalla multinazionale statunitense, che
prevede oltre 2 mila esuberi negli stabilimenti italiani. Amedeo Lomonaco ha raccolto il commento Marco
Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl, che ha guidato il corteo di lavoratori: R. – Dopo due mesi di vertenza l’azienda, più che un piano di rilancio, ci ha presentato un bollettino di guerra:
2.060 licenziamenti e 4 stabilimenti da chiudere. Questo non è accettabile! E non è accettabile che, dopo
due mesi di trattativa, Whirlpool si presenti a mani vuote. Siamo qui oggi sotto gli uffici della direzione della
Whirlpool proprio perché l’azienda deve cambiare il piano e per ricordare al presidente del consiglio che ha
preso degli impegni con questi lavoratori.
D. – L’impegno del governo è imprescindibile…
R. – Assolutamente sì. Abbiamo chiesto all’azienda di far rientrare produzioni che in questo momento sono
state delocalizzate a livello internazionale. Varese, Fabriano, Caserta, Siena erano sostanzialmente capitali
della produzione di elettrodomestici e sono state vittime della delocalizzazione. È ora di far ritornare le
produzioni in Italia.
D. – Anche perché dal mercato, finalmente, cominciano ad arrivare segnali positivi…
R. – Sì, il mercato sta ripartendo. Indesit, prima di essere acquisita da Whirlpool, aveva già affrontato quattro
chiusure di stabilimento, per cui la ristrutturazione già c’è stata. I lavoratori hanno sostanzialmente già dato.
Questo è il momento di puntare con gli investimenti al rilancio dell’impresa.
Gender. Mamma: nell'educazione scuola non scavalchi genitori
◊ In piazza san Giovanni in Laterano a Roma, il prossimo 20 giugno alle 15.30, con il comitato “Difendiamo i
nostri figli” ci saranno numerosi genitori provenienti da varie parti di Italia che lamentano l’indottrinamento
gender subito a loro insaputa dai ragazzi nelle aule scolastiche. Tra loro, c’è Tiziana Piedimonte: sua figlia
nella scuola media di Capaci ha partecipato a un corso contro il bullismo e la discriminazione, ma senza che
i genitori fossero avvertiti che la didattica era affidata ad organizzazioni gay Lgbt. Ascoltiamo la
testimonianza raccolta da Paolo Ondarza: R. – Prima di tutto, dobbiamo precisare che la scuola ha presentato dei laboratori contro il bullismo e le
discriminazioni. Io ho dato adesione. Il giorno 28 novembre nostra figlia chiede alla maestra di poter chiamare
al telefono perché non si sente bene. Mio marito è andata a prenderla e la bambina ha cominciato a dire:
“Papà, sai, c’erano due omosessuali in classe che parlavano di famiglia, che i figli si possono avere con
l’inseminazione artificiale…”. Dopo una mezz'oretta, siamo tornati a scuola, c’ero pure io, abbiamo chiesto
spiegazioni, chi fosse l’insegnante in classe e quali associazioni stavano sviluppando il laboratorio. Non mi
hanno voluto dire niente di tutto questo. Un bambino che era all’interno di questa classe ha detto alla mamma
che avevano fatto vedere anche omosessuali e lesbiche in intimità. Ora, noi stiamo cercando di accedere
agli atti, non so se la scuola risponderà. Il discorso è che non si deve discriminare nessuno, però da questo
passare a lezioni che contengano anche questioni di sessualità, no.
D. – Quanti genitori si sono mobilitati dopo questa cosa?
R. – Come genitori siamo 4­5 in tutto il paese ad esserci mobilitati. C’è una bambina di seconda media, sua
madre mi raccontava di essere andata a prenderla a scuola perché aveva chiamato anche lei dicendo che
non stava bene. L’ha presa in lacrime mentre diceva: “Mamma portami via, portami via!” La bambina non è
riuscita a spiegare niente a sua madre, si è confidata con il padre, dicendogli che gli avevano spiegato la
masturbazione. Io ho provato a parlare con questa ragazzina ma tuttora ha il rifiuto.
D. – Indipendentemente che si descriva un atto sessuale, omosessuale, eterosessuale, di autoerotismo, lo si
fa nei confronti di minori senza informare i genitori…
R. – Io dico sempre che la scuola ha sbagliato a non avvisare noi genitori, perché siamo i primi educatori.
Noi genitori conosciamo modi e tempi per spiegare ai nostri figli determinate cose: possiamo avere 10 figli
ma ogni figlio avrà il suo modo e il suo tempo in cui vanno spiegate determinate cose.
D. ­ E “Difendiamo i nostri figli” è il titolo della manifestazione del 20 giugno. Dunque le ragioni per scendere
in piazza ci sono…
R. – Ci sono tutte. Noi siamo i primi educatori. Articolo 26 comma 3 della Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo, articolo 30 della Costituzione italiana: noi genitori ci dobbiamo riprendere il mano il nostro diritto di
primi educatori, la scuola non può scavalcarci. Ci saranno genitori che magari diranno pure di sì: va bene,
non per questo tutti gli altri devono essere scavalcati.
Le reliquie di Sant'Antonio da Padova in tre continenti
◊ Francia, Belgio, Australia, Canada e Stati Uniti: questi i Paesi che, fino a domenica 14 giugno,
accoglieranno le reliquie di Sant’Antonio di Padova. Il viaggio devozionale è pensato in coincidenza con la
memoria liturgica antoniana, che ricorre il 13 giugno. Ma quali sono le peculiarità di questo pellegrinaggio?
Isabella Piro lo ha chiesto a padre Mario Conte, direttore dell'edizione in lingua inglese della rivista
“Messaggero di Sant'Antonio”, che ha organizzato l’iniziativa: R. – Innanzitutto, dobbiamo dire che ci sono persone devote a Sant’Antonio che provengono dai Paesi più
impensati: India, Sri Lanka, Cina, Filippine…In questo pellegrinaggio, quindi, quello che colpisce subito è il
carattere multietnico della devozione a questo Santo.
D. – Sono quattro i reliquiari del Santo che visiteranno diversi Paesi in occasione di questo pellegrinaggio.
Quali reliquie conservano?
R. – Si tratta di reliquie di Sant’Antonio ritrovate durante la seconda ricognizione della sua tomba, avvenuta
nel 1981. Sono parti della sua “massa corporis”, come si dice in latino, ovvero della massa del suo corpo.
D. – I fedeli di tutto il mondo cosa cercano in Sant’Antonio?
R. – Sant’Antonio è considerato un amico e la devozione nei suoi confronti viene trasmessa di generazione
in generazione. Essa è sempre legata ad un evento con cui il Santo è entrato nella vita dei fedeli in maniera
provvidenziale. In America, poi, questa devozione assume un carattere quasi confidenziale: lo chiamano “il
mio amico Tony”! Io ho avuto la possibilità di incontrare anche dei nativi americani appartenenti alla tribù dei
“Piedi Neri”, che erano molto devoti a Sant’Antonio. Per cui, la devozione nei suoi confronti va al di là delle
culture e delle religioni.
D. – A cosa è dovuto, secondo lei, il fatto che la devozione a Sant’Antonio da Padova sia a livello mondiale?
Alla semplicità del suo stile, alla profondità delle sue riflessioni o al suo esempio di vita?
R. – Sant’Antonio era un Santo molto colto ed è stato il primo insegnante di teologia nell’Ordine
Francescano. Però, riusciva a fare breccia nei cuori della gente semplice perché aveva la capacità di
predicare, di parlare alle persone riuscendo a farsi capire anche dai bambini, dai contadini, dai livelli più
semplici della società dell’epoca. Ma non solo: sempre coerente con il proprio insegnamento, Sant’Antonio è
stato un grande difensore degli ultimi, degli umili, dei piccoli, dei deboli e anche della donna, perché la
condizione femminile, soprattutto nel Medio Evo, era molto difficile. La donna, infatti, passava dall’essere
"proprietà" del padre all’essere "proprietà" del marito. Quindi, Sant’Antonio ha davvero cura di tutte queste
persone. Io lo immagino mentre tira sempre una manica a Dio e gli dice: “Dio, per piacere, aiuta quell’uomo,
aiuta quella donna, aiuta quel bambino!”. Perché il Santo vuole bene a noi fedeli e sa che Dio ci ama.
D. – C’è una frase di Sant’Antonio che vuole ricordare a coloro che partecipano, anche spiritualmente, al
vostro pellegrinaggio?
R. – Una cosa di Sant’Antonio che mi piace tanto, e che ripeto spesso, è che attraverso la Sacra Scrittura
noi possiamo veramente tenere Gesù tra le braccia. Ed è molto bella l’icona popolare, molto nota, del Santo,
in cui è raffigurato come un giovane frate che ha in mano sia il Libro della Sacra Scrittura, sia Gesù
Bambino. Questo significa che con la Sacra Scrittura abbiamo la possibilità di avere Gesù tra le braccia e
riusciamo ad assorbire l’amore di Dio dentro di noi.
Ritrovato e presentato manoscritto sulla vita di San Francesco
◊ “Laudato si’”: le prime parole della letteratura italiana saranno il titolo dell’Enciclica che il Papa presenterà
tra qualche giorno. A proposito dell’autore di questa lauda, San Francesco d’Assisi, una recente scoperta
letteraria getta nuova luce sulla sua figura e sulla sua grandezza spirituale. L’importante ritrovamento è stato
presentato, per la prima volta in Italia, ieri a Bologna. Per noi c’era Luca Tentori: “Tra povertà e creazione, sembra una vita di Francesco scritta per Papa Francesco, perché sono i temi più
cari al Pontefice”.
Parola di Jacque Dalarun, professore di storia Medioevale al Centro nazionale di ricerca francese. E’ stato lui
a scoprire, qualche mese fa presso un mercante d’arte americano, l’antico documento con la seconda
‘leggenda’ in assoluto scritta sul poverello di Assisi. Era l’anello mancante, di cui si ipotizzava l’esistenza,
ma che ancora non era stato scoperto. L’opera è di Tommaso da Celano, a cui si deve anche la ‘Vita Prima’
redatta su commissione di Papa Gregorio IX.
“Con il tempo che passa Tommaso da Celano ha approfondito la vita di Francesco e ci ha lasciato una vita sì
un po’ più breve ma aggiornata e soprattutto più meditata, più approfondita e quasi più intima”.
Nel XIII secolo fiorirono una ventina di ‘leggende’ intorno a San Francesco ma quest’ultima, appena ritrovata,
appare tra le più fresche e profonde.
“Il tema della povertà è sviluppato in un modo incredibile per ben far capire che la povertà di Francesco non è
una povertà simbolica, non è una figura spirituale: è la realtà sociale dei poveri. Francesco chiamava tutte le
creature sorelle e fratelli ‘propter unum principium’. Perché tutti abbiamo un unico principio, un’unica origine”.
Entro fine mese il manoscritto sarà digitalizzato e accessibile a tutti sul sito della Biblioteca nazionale di
Francia. E’ già stato pubblicato con il testo in latino e una versione in francese. Per l’italiano bisognerà
aspettare la fine di quest’anno. Dal 25 al 27 settembre a Bologna si svolgerà il Festival Francescano
dedicato a “Sorella Terra”: per l’occasione il professor Jacque Dalarun presenterà un suo libro sul “Cantico
delle Creature”.
“Ho cercato di capire la sua dimensione storica, ho cercato di capire in che momento preciso della sua vita
Francesco lo ha scritto e qual era la sua disposizione mentale. Era un uomo gioioso? Era un uomo afflitto?
Cosa ha voluto dirci rispetto al contesto che viveva? Che in realtà era il contesto della malattia,
dell’avvicinamento della morte e il fatto che lui era assolutamente cieco. Quindi questo inno al sole viene dal
più profondo buio”.
Nella Chiesa e nel mondo
Card. Parolin inaugura chiesa negli Emirati: segno di vitalità ◊ Una nuova chiesa cattolica dedicata a San Paolo è stata inaugurata oggi a Mussaffah, negli Emirati Arabi,
alla presenza del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano. Il giorno prima, al momento iniziale
delle cerimonie inaugurali aveav preso parte anche il ministro della Cultura, Nahyan bin Mubarak, che nel suo
discorso ha sottolineato come l'apertura di una nuova chiesa evidenzi la “tolleranza religiosa” dei leader
nazionali, mentre il card. Parolin – informa l’agenzia Fides – aveva notato come la consacrazione e
dedicazione di una nuova chiesa rappresenti anche “un segno di vitalità” della locale comunità ecclesiale, e il
vescovo Paul Hinder, vicario apostolico per l'Arabia del Sud, aveva espresso gratitudine “per la stabilità e la
pace di cui noi godiamo in questo Paese”.
Negli Emirati vivono 900 mila cattolici, comunità di lavoratori immigrati
Negli Emirati Arabi Uniti, annota l’agenzia Fides, vivono circa 900 mila cattolici: la comunità è costituita da
lavoratori immigrati provenienti in gran parte da altri Paesi dell'Asia, a cominciare dalle Filippine e dall'India.
La nuova chiesa cattolica, la seconda costruita nel Paese ­ dove oggi il card. Parolin ha celebrato la prima
Messa, con i riti di consacrazione e dedicazione, davanti a migliaia di fedeli – offrirà il proprio servizio
pastorale soprattutto ai più di 60 mila cattolici residenti nella regione che comprende i centri abitati di
Mussaffah, Mohammed bin Zayed City e Khalifa City. Nella chiesa si celebreranno Messe in inglese, arabo,
malayalam e tagalog.
Emirati, società fondata sulla coesistenza e il rispetto
Nell'omelia della Messa inaugurale ­ concelebrata anche da Mons Hinder e dal vescovo Camillo Ballin, vicario
apostolico dell'Arabia del Nord ­ il card. Parolin ha ricordato anche “la benevolenza dei governanti passati e
presenti, per la loro generosità nel fornire la terra per la costruzione di nuove chiese nel Paese”. Il permesso
concesso dalle autorità locali alla costruzione di nuovi luoghi di culto – ha aggiunto il segretario di Stato
vaticano – è “un segno concreto dell'ospitalità che la società degli Emirati ha mostrato verso i cristiani”, e
testimonia il loro impegno a favore di “una società fondata sulla coesistenza e il rispetto reciproco”. Il luogo di
culto, ricorda Fides, è stato costruito su un terreno concesso dalla municipalità di Abu Dhabi, su disposizione
delle autorità locali. “Ai cristiani che vivono in questo Paese ­ aveva dichiarato il card. Parolin ieri, giovedì 11
giugno ­ servono opportunità per crescere nella propria fede e testimoniarla. Il mio messaggio alla comunità
dei cristiani è che essi possano essere sostenuti nel proprio desiderio di crescere nella fede e di essere
caritatevoli con gli altri”.
Alla Gregoriana, conferenza su protezione minori
◊ Il Centre for Child Protection (CCP) della Pontifica Università Gregoriana ospita e co­organizza a Roma
l’annuale “Anglophone Conference”, in cui i rappresentanti delle conferenze episcopali di lingua inglese
condividono le loro “best­practices” nella prevenzione degli abusi sessuali sui minori. Per la prima volta tale
questione è affrontata a partire dalla teologia sistematica. Un approccio teologico e spirituale – come recita il
titolo della “Anglophone Conference” di quest’anno ­ per comprendere cosa significhi parlare di redenzione a
vittime di abuso, di possibile riconciliazione, di responsabilità e missione della Chiesa e della preghiera di
fronte ai peccati e crimini commessi.
Apertura corso per formazione responsabili protezione minori
In questa occasione – informa un comunicato della Gregorgiana – il Centro, che prosegue la promozione del
suo programma e­learning, annuncia che sono state aperte le candidature per il Diploma in Safeguarding of
Minors. An Interdisciplinary Approach. Il corso inizierà nel febbraio 2016 e mira alla formazione dei futuri
responsabili della protezione dei minori in istituzioni come diocesi e congregazioni religiose e consulenti e
formatori nell’ambito della tutela dei minori (case di formazione, seminari, scuole…). Intervengono alla
conferenza: mons. Edward J. Burns, vescovo di Juneau, Alaska, presidente della Commissione per la
protezione dei bambini e dei giovani (Conferenza Episcopale degli Usa) p. Hans Zollner SJ, presidente del
Centre for Child Protection (Roma); p. James Corkery, SJ, professore straordinario, Pontificia Università
Gregoriana, Facoltà di Teologia (Roma). Modera l’evento la collega della nostra emittente, Philippa Hitchen.
(A.G.)
Civiltà Cattolica: editoriale su prossima enciclica del Papa
◊ Nel magistero di Papa Francesco, “appare chiara sin dall’inizio una visione globale, olistica, in continuità
con i suoi predecessori. Essere umano, natura e ambiente, creazione e società sono tra loro collegati”. È
quanto si legge nell’editoriale dell’ultimo numero de “La Civiltà Cattolica”, in cui alla vigilia della pubblicazione
dell’enciclica di Papa Francesco sull’ambiente, si espone in sintesi il percorso ecologico che i Pontefici
hanno indicato negli ultimi 50 anni fino a Francesco, il quale, all’inizio del suo pontificato, ha detto che
“custodire l’intera creazione” è “un servizio che il Vescovo di Roma è chiamato a compiere”. Parola chiave è “armonia”, capace di “estendersi a tutte le creature"
”Leggendo i suoi interventi" argomenta la rivista dei gesuiti, ripresa dall'agenzia Sir, si nota che il Papa “ha
una visione antropologica, ma non antropocentrica nel senso riduttivo del termine”. Una sua “Parola chiave”
è, infatti, “armonia”, più ampia di “riconciliazione” e capace di “estendersi a tutte le creature”, perché è un
dono di Dio che “riguarda tutto il creato nel suo insieme e nelle relazioni tra esseri viventi”. “Questa visione
ampia, attenta alle relazioni e non solo all’uomo, intesa come centro ­ si legge nell’editoriale ­ si interroga su
quale impatto il progresso economico, le nuove tecnologie e il sistema finanziario abbiano sugli esseri umani
e sull’ambiente”. L’ecologia, per Papa Francesco, “non è solo una questione di economia, ma di etica e di
antropologia”, e la “vocazione del custodire” non riguarda solo i cristiani, ma “riguarda tutti”, sulla scorta del
dettato della Genesi e del Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi. Una voce sul cambiamento climatico
La Chiesa, tuttavia, non è “una Ong verde”: pone semplicemente interrogativi sull’attuale evoluzione del
mondo, chiedendosi ad esempio: “Il cambiamento climatico è antropogenico, dovuto cioè all’uomo? O è un
processo ciclico della natura? O è probabilmente causato da entrambi? E, qualunque sia la causa, si può
fare qualcosa?”. Papa Francesco, secondo la rivista dei gesuiti, “affronta la sfida, riconoscendo
adeguatamente il punto di vista scientifico sul cambiamento climatico, le sue cause e conseguenze, e i
rimedi necessari. Il leader della principale religione del mondo si avvarrà della sua fede, dell’insegnamento
della Chiesa, e delle migliori informazioni e dei migliori consigli a disposizione, dimostrando che è nostro
compito raccogliere e vagliare informazioni, giudicare, prendere decisioni e agire”. Obiettivo dell'Enciclica
Scopo dell’enciclica, è la conclusione dell’editoriale, non è “soltanto fare speculazione né sposare questa o
quella teoria, ma invitare gli uomini di buona volontà a considerare bene le loro responsabilità per le
generazioni future, e ad agire di conseguenza”. (R.P.)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIX no. 163
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Segreteria di redazione: Gloria Fontana, Mara Gentili, Anna Poce e Beatrice Filibeck, con la collaborazione di
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