forum riforma dello stato - Partito Democratico trentino

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forum riforma dello stato - Partito Democratico trentino
FORUM RIFORMA DELLO STATO
“FORMA DI GOVERNO, LEGGE ELETTORALE,
RIFORMA DEL BICAMERALISMO PARITARIO”
SEMINARIO
Camera dei Deputati – Sala della Regina
14 Giugno 2010
INDICE
Nota Introduttiva. Il valore della Costituzione come motore
di un programma di riforme istituzionali
pag. 3
Linee per la modernizzazione e la riforma democratica
Dell’ordinamento costituzionale
pag. 7
Sintesi della discussione Commissione Istituzioni
Dell’Assemblea Nazionale del PD (21-22 maggio 2010)
pag. 13
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IL VALORE DELLA COSTITUZIONE COME MOTORE DI UN
PROGRAMMA DI RIFORME ISTITUZIONALI
****
Nota introduttiva al seminario
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Partire dalla Costituzione per riformare la Costituzione.
I più seri fattori di crisi della nostra democrazia sono stati già evidenziati nel
corso del seminario del 5 ottobre 2009. Il confronto ha sottolineato: a) il declino
della capacità di rappresentanza del sistema parlamentare, dovuto alla
involuzione in senso oligarchico dei partiti e alla esclusione degli elettori dalla
scelta degli eletti derivante dall’attuale legge elettorale; b) l’imporsi di
meccanismi di concentrazione delle decisioni nell’ambito del governo, che
elude elementari esigenze di responsabilità e controllo democratico; c) una
disordinata e disuguale espansione delle autonomie con il rischio di
autoreferenzialità delle istituzioni e dei territori e di un indebolimento della
capacità di governo unitario del sistema.
Tali problemi hanno le loro radici nel disfacimento del sistema dei partiti, nella
difficoltà di raggiungere una versione accettabile e condivisa del bipolarismo
con la legge elettorale vigente, nelle distorsioni, nei ritardi e nelle carenze di
coordinamento del processo di attuazione del nuovo titolo V della
Costituzione.
Nonostante si tratti in buona parte di problemi esterni alla Costituzione, ancora
una volta si propone una disordinata slavina di riforme costituzionali.
Questo approccio va ribaltato. Ogni proposta di riforma deve partire da una
riflessione sul rendimento dell’impianto fondamentale della Costituzione. Nel
corso dell’esperienza repubblicana, esso ha consentito di canalizzare gravi
conflitti sociali, di orientare profonde trasformazioni economiche, di assorbire
forze estranee (a volte ostili) ad essa e drastici cambiamenti del sistema politico:
si è pertanto rivelato un indispensabile fattore di coesione e crescita civile del
Paese.
Costituzione e Unione Europea sono stati i punti di forza che hanno consentito
di superare le crisi che il paese ha attraversato su diversi versanti, da quello
istituzionale a quello economico.
La Costituzione come fattore di coesione del Paese.
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La realtà italiana presenta un grado di complessità e conflittualità superiore
rispetto ad altri paesi europei e non puo’ contare sulla forza di organizzazioni
unitarie che altrove hanno svolto un fondamentale ruolo unificante (monarchia,
pubblica amministrazione, classi dirigenti omogenee).
La Costituzione repubblicana ha fornito valori, regole e istituzioni che hanno
consentito di governare questa complessità, secondo equilibri che si sono
evoluti nel tempo, e di prevalere sulle forze anticostituzionali che si sono
periodicamente affacciate nella storia repubblicana. La definizione di questi
equilibri non è calata dall’alto, ma si è presentata come il risultato dell’azione
anche conflittuale dei diversi poteri costituzionali (partiti, iniziative
referendarie, Parlamento, Governo, Magistratura organi di garanzia
costituzionale, autonomie territoriali), ciascuno dei quali ha giocato fino in
fondo il proprio ruolo.
Ciò è avvenuto non solo nella prima fase della storia repubblicana, allorché si
trattava di includere nel processo democratico forze politiche profondamente
contrapposte sul piano ideologico, ma anche nella seconda, in cui partiti che
non avevano nella loro storia l’esperienza della costruzione della Carta
fondamentale, hanno più volte ottenuto la maggioranza parlamentare. In tale
ormai non breve fase, la Costituzione ha continuato a porsi quale base di
legittimazione delle regole del gioco istituzionale fra le diverse forze politiche
e, nello stesso tempo, quale fattore dinamico di coesione e di unificazione
dell’intero paese.
Costituzione e Repubblica costituiscono un binomio inscindibile. Come non c’è
Repubblica senza Costituzione, così non c’è Costituzione senza una Repubblica
“una e indivisibile” che “riconosce e promuove le autonomie locali” (art. 5).
Questa saldatura ha assicurato l’unità e quindi la forza del paese, tanto più in
un contesto caratterizzato dal processo di integrazione europea. E non c’è
ragione per ritenere che non continuerà ad assicurarle in futuro. Nel
referendum costituzionale del giugno 2006, il consenso popolare sul testo della
Costituzione del 1948, con le modifiche apportate nel 2001 al Titolo V della
Seconda Parte, ha del resto raggiunto punte elevate in ogni parte del territorio
della Repubblica
La Costituzione come fattore di modernizzazione e di crescita civile.
Con la Costituzione l’Italia entra nella modernità, in una prospettiva comune
con le più avanzate democrazie europee. La Costituzione italiana ha aperto una
via democratica di modernizzazione del paese alternativa a quella imposta dal
fascismo che aveva promosso il superamento in chiave autoritaria ed
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autarchica del vecchio modello elitario di Stato liberale. Costituzionalizzazione,
modernizzazione ed europeizzazione dell’Italia costituiscono, a partire dalla
nascita della Repubblica, un unico percorso di progresso civile.
Inizia così per l’Italia una storia di libertà che va interpretata unitariamente,
senza artificiose fratture fra prima e seconda parte della Costituzione o fra
prima e seconda Repubblica. L’appartenenza al popolo di una sovranità
esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione (art. 1), come i principi di
libertà e di eguaglianza riconosciuti dagli artt. 2 e 3, trovano, infatti, la loro
prima garanzia nell’articolazione pluralistica del pubblico potere fra organi ed
enti operata nella seconda parte del testo. E proprio tale articolazione ha a sua
volta consentito di affrontare i problemi di governo di una società sempre più
complessa e diversificata.
Essa va dunque preservata nel suo nucleo essenziale, anche se le soluzioni cui
ha dato luogo hanno presentato disfunzioni che vanno invece corrette
attraverso riforme anche di livello costituzionale.
A questa linea se ne oppone un’altra, che consiste nell’illusione di risolvere i
problemi di governo in termini di concentrazione del potere, di trasferimento
di competenze decisionali alle tecnocrazie, di depoliticizzazione della società.
E’ dunque nello stesso tempo necessario e possibile sfruttare tutta la forza del
nostro patrimonio vivente di democrazia per formulare una proposta in
positivo rivolta alle altre forze politiche per una azione comune di riforma
istituzionale, tesa a migliorare la qualità del nostro sistema istituzionale e la
capacità del nostro paese di rimanere nel novero delle più avanzate democrazie
contemporanee.
Adeguare le finalità di riforma alla valorizzazione della Costituzione
vigente.
Dalla riaffermazione del valore positivo dell’esperienza costituzionale italiana e
attraverso una linea evolutiva di continuità storico-politica, si possono
individuare puntuali, realistiche e coerenti linee di riforma concernenti, sia la
Costituzione, sia la legislazione ordinaria.
Il programma di riforma istituzionale deve proporsi di correggere le tendenze
negative che si manifestano nel cuore del sistema politico rappresentativo
ponendo al centro dell’iniziativa la questione della forma del Parlamento.
Il lungo dibattito sulle riforme sviluppatosi in Italia negli ultimi tre decenni ha
forse messo in ombra la consapevolezza collettiva del valore dell’esperienza
costituzionale italiana, ma oggi fornisce alcuni riferimenti utili che potrebbero
essere ampiamente condivisi.
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Pur nella varietà di posizioni emerse, tale dibattito ha consentito di enucleare
alcune istanze di riforma che rispondono ad esigenze da tempo maturate e
ampiamente condivise, ma che non sono riuscite a trovare sbocco nella
confusione generata da un eccesso di proposte e dalla vaghezza delle premesse.
La chiarezza delle premesse può essere ritrovata nella volontà di confermare
l’impianto di fondo della Costituzione, sviluppandone le linee evolutive più
mature e condivise.
Individuare nella Costituzione vigente le basi di un programma di riforma
dovrebbe comportare un’azione di riforma ispirata alle seguenti finalità:
ampliare gli spazi di partecipazione e di decisione democratica dei cittadini,
contro le interpretazioni plebiscitarie del mandato popolare;
rendere il nostro sistema decisionale più rapido ed efficiente ma anche più
democratico, rivedendo radicalmente tutti i procedimenti e gli istituti che non
rispondono più ad effettive esigenze di garanzia e di controllo democratico e
liberando risorse istituzionali per superare le fratture e le diseguaglianze che
dividono il paese;
sviluppare un sistema ordinato di rapporti tra Unione Europea, Stato e
autonomie territoriali interpretando il Titolo V come articolazione di grandi
politiche nazionali tra i livelli territoriali nel quadro della Unione europea e
sviluppando compiutamente le indicazioni del Trattato di Lisbona;
attuare la garanzia dei diritti fondamentali in termini omogenei su tutto il
territorio nazionale e verso le nuove componenti sociali, compresi i non
cittadini.
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Linee per la modernizzazione e la riforma democratica dell’ordinamento costituzionale
documento discusso e approvato nell’Assemblea nazionale del PD del 21 e 22 maggio 2010
***
1. Premesse:
1.1 Le linee che qui si presentano si muovono nel solco del documento dei senatori PD
approvato dal Senato il 2 dicembre 2009 e del ddl approvato nella scorsa Legislatura dalla
Commissione AACC della Camera. Ma vanno oltre il confine di quei documenti perchè si
pongono l’obbiettivo di costruire una completa piattaforma per modernizzare e riformare
con contenuti democratici il nostro ordinamento costituzionale. Perciò le linee affrontano
anche i temi dell’ etica pubblica, del referendum, delle leggi di iniziativa popolare.
1.2 Le linee non prendono in esame le questioni costituzionali relative all’assetto delle diverse
magistrature; al tema (salvaguardare e rafforzare, ove necessario, la indipendenza di tutti i
magistrati, ma garantire trasparenza e responsabilità per ciascuno di essi) il PD intende
dedicare un apposito approfondimento, sul se innanzitutto, e se sarà superata la prima
valutazione, sul come e sul quando. In quella sede si valuterà, tra l’altro, se sia opportuno
costituire un organo indipendente, in parte significativa espresso dalle diverse
magistrature, che sia giudice disciplinare per tutti i magistrati (ordinari, amministrativi,
contabili e militari) e giudice dei ricorsi contro le decisioni degli organi di autogoverno delle
diverse magistrature. Si assicurerebbe così lo stesso “trattamento” disciplinare a tutti i
magistrati, indipendentemente dal tipo di giurisdizione alla quale appartengono, e si
individuerebbe l’organo competente a decidere, in caso di ricorso, al di fuori di una delle
giurisdizioni in causa.
1.3 Sui temi della forma di governo e della riforma del bicameralismo paritario il PD ha già
presentato da tempo le sue proposte. Il centro destra non l’ha ancora fatto per le sue note
difficoltà interne. Noi non stiamo ad aspettare; andiamo avanti nella costruzione di una
piattaforma strategica per la modernizzazione e la riforma democratica perché è nostro
dovere farlo e perché i cittadini hanno il diritto di conoscere in modo completo le nostre
proposte.
1.4 Le riforme devono garantire in modo inequivoco: unità nazionale,
trasparenza delle decisioni politiche, separazione dei poteri.
coesione civile,
1.5 I modelli di altri Paesi vanno valutati con attenzione. I tentativi di innesto di esperienze
altrui falliscono se non si tiene conto delle convenzioni costituzionali che accompagnano il
funzionamento dei singoli ordinamenti e delle trasformazioni che stanno verificandosi
anche in ordinamenti fortemente consolidati.
1.6 Ad esempio, in Francia e in Germania vige la convenzione del non accordo con i partiti
estremi. In omaggio a questa consuetudine Chirac, alcuni anni fa, in occasione delle elezioni
regionali, vietò al suo partito un patto di coalizione con il Fronte Nazionale. Schroeder, nel
corso della sua ultima campagna elettorale, assicurò che non avrebbe stipulato alcun patto
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con la Linke. Dopo il voto, se avesse stretto una intesa con l’estrema sinistra, avrebbe
governato al posto della Merkel. Ma fedele alla parola data agli elettori e alla convenzione
di non accordo con i partiti estremi, il Leader della SPD non stipulò quella intesa, cedette il
governo alla CDU e si ritirò dalla vita politica. In Italia, invece, ha prevalso il principio
dell’alleanza di tutti contro tutti, con la sola eccezione delle elezioni politiche del 2008.
L’eccezione non si è riproposta nelle successive elezioni regionali. In Gran Bretagna, il patto
di coalizione tra Cameron e Clegg prevede (par. 6) lo scioglimento della Camera dei Comuni
non più per decisione del premier, ma solo se la richiesta è sostenuta almeno dal 55% dei
componenti della Camera. Se la clausola verrà confermata attraverso una legge, si tratterrà
di un significativo cambiamento del sistema britannico, con un passaggio di poteri dal
Governo al Parlamento.
1.7 Le questioni vanno affrontate con distinti e omogenei disegni di legge. La presentazione dei
diversi disegni di legge deve essere contestuale. In materia costituzionale è opportuno
seguire il criterio del “minimo necessario”, piuttosto che il criterio del “massimo possibile”.
Un disegno di legge omnibus presenterebbe il rischio di prestarsi a espansioni improprie,
impedirebbe, in caso di referendum confermativo, un giudizio di carattere omogeneo, data
l’eterogeneità delle materie trattate e probabilmente violerebbe il principio dell’art. 138
Cost, che prevede “leggi di revisione costituzionale”, non leggi che riscrivono intere parti
della Costituzione. Le riforme che il PD propone vanno attuate con la procedura prevista
dall’articolo 138; siamo contrari ad ipotesi di assemblee costituenti o di commissioni
speciali.
2. Le riforme e la Costituzione
2.1 Nel corso della esperienza repubblicana l’impianto della Costituzione si è rivelato un
fondamentale fattore di coesione e di modernizzazione del Paese. Le riforma vanno fatte
non “contro” la Costituzione, ma “secondo” la Costituzione.
2.2 Il dibattito sulla riforma della Costituzione risale alla seconda metà degli anni Settanta,
quando si lamentava il peso eccessivo delle Assemblee, la fragilità dei governi, le difficoltà
della decisione politica. In tutti questi anni si è continuato a parlare di riforme, ma i termini
del dibattito sono cambiati nel tempo e sono cambiate anche le esigenze.
2.3 Oggi le principali esigenze sono:
a)
b)
c)
d)
e)
assicurare il rispetto dei principi fondamentali dell’etica pubblica;
rendere il sistema decisionale più rapido, più efficiente e più controllabile;
potenziare gli strumenti di partecipazione dei cittadini (nuova legge elettorale,
referendum e leggi di iniziativa popolare);
riqualificare il Parlamento come luogo della rappresentanza politica della
nazione (Camera) e dei territori (Senato);
completare e razionalizzare, alla luce dell’esperienza, la riforma attuata con il
nuovo Titolo V ;
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f)
g)
garantire i diritti fondamentali in modo omogeneo su tutto il territorio
nazionale;
ridurre le improprie concentrazioni di potere nelle istituzioni e nei partiti.
3. Conferme e riforme
3.1 Le finalità indicate possono essere conseguite attraverso alcune conferme e alcune
riforme.
3.2 Conferme:
a) confermare il carattere parlamentare della Repubblica;
b) confermare il ruolo di garanzia costituzionale e di equilibrio tra i poteri della
Repubblica proprio del Presidente della Repubblica;
c) confermare il pluralismo come carattere fondamentale del nostro
ordinamento costituzionale.
3.3 Riforme
ETICA PUBBLICA
a) Affrontare, prevalentemente con leggi ordinarie, il tema della disciplina dei
partiti politici e dei costi della politica distinguendo costi della democrazia,
costi del funzionamento delle istituzioni politiche, costi dell’amministrazione
pubblica. Secondo alcune valutazioni il costo globale di tutto il personale
politico si aggirerebbe attorno ai 4 miliardi di euro; è corretto individuare un
parametro generale di riferimento per le retribuzioni di tutte le funzioni
politiche (ad esempio la media delle retribuzioni dei parlamentari dei Paesi
europei). Rivedere il meccanismo dei rimborsi elettorali. Vanno inoltre
individuate e colpite le fonti di spreco, che comporterebbero, secondo alcune
valutazioni un costo improprio per le finanze pubbliche attorno agli 80 mld di
euro. Spesso questi sprechi sono indicati con precisione nei documenti della
Corte dei Conti: quanto sono costate, ad esempio, le ordinanze emanate con i
poteri della protezione civile per questioni che non avevano e non hanno nulla
a che vedere con la protezione civile?. Prevedere casi di incandidabilità e di
decadenza in conseguenza di condanne definitive per delitti infamanti.
DIRITTI DEI CITTADINI
b) Rafforzare l’istituto del referendum, aumentando il numero delle
sottoscrizioni necessarie per l’iniziativa, anticipando il giudizio della Corte
Costituzionale sull’ammissibilità dei quesiti, abbassando il quorum richiesto
per la validità della consultazione, riferendolo alla partecipazione al voto
registrata nelle precedenti elezioni per la Camera dei deputati.
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c) Rafforzare le proposte di legge di iniziativa popolare, assicurando entro
termini ragionevoli l’esame parlamentare della proposta e il voto finale.
LEGGE ELETTORALE
d) Riformare la legge elettorale; restituire ai cittadini il diritto di scegliere i
propri rappresentanti in Parlamento; proporre una netta differenziazione tra
il sistema elettorale della Camera, che deve favorire la costruzione nelle
urne di una maggioranza di governo, e il sistema elettorale del Senato, che
deve favorire la rappresentanza dei territori. Per la Camera un buon sistema
elettorale sarebbe quello di impianto maggioritario fondato sui collegi
uninominali. Per il Senato, che dovrà rappresentare le regioni e le
autonomie locali, sarebbe positiva l’elezione diretta in collegi regionali,
insieme alla elezione del Consiglio Regionale, con sistema proporzionale e
clausola di sbarramento. In entrambi i casi le leggi elettorali devono
garantire l’attuazione dell’art.51 della Costituzione.
e) Divieto di doppio mandato. Costituzionalizzare il divieto di conflitto di
interessi per tutte le cariche di governo nazionale, regionale e locale.
Rendere più rigorosi i casi di incandidabilità, incompatibilità, ineleggibilità;
attribuire alla Corte Costituzionale la competenza a decidere sui ricorsi
avverso le decisioni delle Camere in queste materie.
RIFORMA DEL BICAMERALISMO PARITARIO
f)
Particolarmente impegnativa è la riforma del bicameralismo paritario. Il
federalismo esige un centro forte per evitare che si avviino processi di
dissoluzione dell’unità nazionale; è opportuno diffidare di soluzioni “deboli”
che sarebbero destinate all’insuccesso e favorirebbero processi istituzionali
centrifughi. Il Senato non può essere una camera dimezzata perchè verrebbe
meno tanto il principio, per noi fondamentale, del recupero della dignità
delle istituzioni parlamentari quanto la necessità di una istituzione
autorevole che ricolleghi l’impianto federale all’unità nazionale. Sinora la
materia delle funzioni del Senato Federale è stata trattata per “sottrazione”
dal bicameralismo paritario. E’ un metodo sbagliato, che non tiene conto
delle specifiche funzioni di un Senato federale. Sarebbe utile, invece,
ridislocare le funzioni delle due Camere in modo totalmente nuovo.
g) La Camera dei deputati, rappresentante della nazione, sarebbe titolare del
rapporto fiduciario; rientrerebbe perciò nelle sue competenze conferire e
ritirare la fiducia, approvare in via definitiva le leggi, con maggioranza
qualificata quando intende superare le proposte correttive del Senato. Il
Senato, rappresentante delle Regioni e degli Enti Locali, avrebbe il potere di
richiamare tutte le pdl approvate dalla Camera entro i limiti e alle condizioni
fissate dalla Costituzione; dovrebbe inoltre “governare” il rapporto tra
Stato, Regioni, Autonomie Locali. Studiare il rapporto tra Il nuovo Senato e
le Conferenze: le Conferenze devono restare, ma occorre ridefinirne i
compiti, in relazione alle nuove competenze del Senato. Le leggi
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costituzionali e quelle che regolano i rapporti tra Stato, Regioni e Autonomie
locali sono bicamerali, ad eccezione delle leggi che implicano una
responsabilità politica del governo ( es. legge finanziaria) o la responsabilità
esclusiva dello Stato (es. leggi di principio nelle materie concorrenti).
PARLAMENTO
h) Ridare autorevolezza e rappresentatività al Parlamento, oltre che con nuove
leggi elettorali, attraverso la riduzione del numero dei parlamentari (da 400
a 500 deputati, da 200 a 250 senatori), il potenziamento delle funzioni di
controllo, il superamento del bicameralismo paritario.
i) Prevedere principi che valorizzino, come richiesto dal Trattato di Lisbona, il
ruolo dell’intero Parlamento e dei Consigli regionali nei processi di decisione
comunitaria.
j) Prestare cura particolare per un procedimento legislativo snello.
k) Allo scopo di consentire al Parlamento la determinazione delle risorse
necessarie per ogni legge che comporti nuove o maggiori spese, occorre
costituire un Comitato di controllo della spesa pubblica, composto in modo
da garantire la rappresentanza paritaria della maggioranza e delle
opposizioni, supportata da un’agenzia tecnica indipendente costituita in
base alla legge;
l) Rendere possibili i decreti legge solo per la materia fiscale e per le
emergenze improvvise e imprevedibili; omogeneità dei d.legge e loro
inemendabilità se non per la copertura finanziaria;
m) rivedere la materia delle leggi delega, estendendo i poteri di controllo del
Parlamento;
GOVERNO
n) Sviluppare le indicazioni contenute nella Costituzione secondo le quali il
presidente del Consiglio dirige la politica generale del Governo e ne è
responsabile. Proponiamo di discutere attorno ai seguenti punti: il PdCM
riceve direttamente la fiducia; nomina e revoca i ministri; può chiedere al
presidente della Repubblica, dopo la deliberazione del CdM, lo scioglimento
della Camera; sui ddl del governo può chiedere il voto a data fissa,
compatibile con la complessità del provvedimento, nei limiti e secondo le
modalità stabilite dai regolamenti parlamentari;
FEDERALISMO
o) Completare e razionalizzare la riforma del Titolo V della Costituzione
attraverso la riduzione della materia della competenza concorrente,
l’introduzione della clausola di sovranità, la realizzazione di una cornice
unitaria di comune responsabilità (Stato, Regioni, AALL) nell’attuazione delle
politiche nazionali. Occorre in particolare il coordinamento della finanza
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pubblica e del federalismo fiscale per la garanzia dei livelli essenziali e per il
migliore funzionamento dei servizi rivolti ai cittadini.
MESSA IN SICUREZZA DELLA COSTITUZIONE
p) La Costituzione dev’essere messa in sicurezza attraverso un rafforzamento
delle procedure previste dall’art. 138 Cost.; in particolare la Prima Parte
della Costituzione deve essere revisionabile solo con la maggioranza dei due
terzi dei parlamentari.
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Commissione Istituzioni*
Sintesi della discussione
1. Sono intervenuti 21 componenti della Commissione.
2. Si è registrato un generale consenso sul documento.
3. Il maggior numero di interventi ha riguardato la legge elettorale; una larghissima
maggioranza si è espressa per una esplicita indicazione del doppio turno. Ma non sono
mancati interventi che hanno sottolineato la necessità di escludere espressamente il
premio di maggioranza e l’impostazione maggioritaria; altri hanno insistito sulla
necessità di una equilibrata garanzia di rappresentanza e governabilità.
4. Altri singoli interventi si sono soffermati sui seguenti temi:
a) Opportunità di reintrodurre il voto di preferenza;
b) Opportunità di individuare un sistema che garantisca anche la “non
soppressione” delle minoranze;
c) Inopportunità della attribuzione al Presidente del Consiglio del potere di
nominare e revocare i ministri;
d) Opportunità di spiegare che la riduzione della competenza concorrente
dev’essere accompagnata dal potenziamento delle competenze esclusive delle
Regioni;
e) Mettere in sicurezza tutta la Costituzione e non solo la Prima parte e i Principi
fondamentali.
*nota approvata nel corso dell’Assemblea nazionale del PD del 21 e 22 maggio 2010
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