corso europa nella prima meta` dell`800

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corso europa nella prima meta` dell`800
UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ
CINISELLO BALSAMO
ANNO ACCADEMICO 2015/2016
CORSO
EUROPA NELLA PRIMA META’ DELL’800
L'AFFERMAZIONE DEL GENERE ROMANZESCO
STENDHAL E BALZAC
TRA ROMANTICISMO E REALISMO STORICO-SOCIALE
22 FEBBRAIO
DANIELLE GOTI
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Attorno agli anni 30 dell '800 si compie il passaggio dal romanticismo al realismo e il
romanzo moderno si afferma definitivamente con il realismo critico di Stendhal e il realismo
mitico di Balzac. A loro viene riconosciuta la paternità del realismo moderno.
Stendhal (1783-1842)
Henri Beyle detto Stendhal nacque a Grenoble nel 1783 da una ricca famiglia borghese.
Nel 1800 raggiunge l'armata napoleonica in Italia. Soggiornò a lungo a Milano. Dal 1830 fu
console a Trieste e a Civitavecchia.
L'amore per l'Italia “Henri Beyle Milanese”
Primo viaggio in Italia 1800
“Da Milano a Bergamo la strada è incantevole, e attraversa il più bel paese del mondo. Da
Canonica, villaggio sull'Adda, a venti miglia da Milano e a dieci da Bergamo, si gode una
vista meravigliosa. Meno bella ma infinitamente più vasta è quella che si offre dall'alto di
Bergamo.”
secondo viaggio in Italia 1811
“Milano, 10 settembre 1811
Particolari della giornata di ieri, 9 settembre 1811
SENTO attraverso tutti i pori che questo paese è la patria delle arti. E credo che esse
occupino nell'anima di questo popolo il posto che la vanità ha in quella dei francesi.
Ieri, vado a vedere gli affreschi di Appiani; entro in San Fedele: architettura magnifica: tutta
la chiesa parata in damasco rosso, aria fresca e pura. Dicevano una messa che era ascoltata
da una ventina di fedeli sparsi sui banchi nella vastità della chiesa; ad un tratto, quasi
d'incanto, l'attacco gioioso di una sonata. C'era un uomo all'organo con due donne.
Eseguirono un rondò brioso, brillante; la freschezza della bella chiesa ne aumentava
l'effetto.
Bisognerebbe gridare agli abitanti di Parigi, che si credono così avanzati in fatto di civiltà e
di pulizia: " Voi siete barbari, le vostre strade esalano un odore infetto, non vi si può fare un
passo senza venir coperti da una fanghiglia nera, e questa fanghiglia dà un aspetto
disgustoso alla gente costretta ad andare a piedi.”
La sindrome di Stendhal(Roma, Napoli, Firenze)
“Là, seduto su un gradino di un inginocchiatoio, la testa abbandonata sul pulpito, per poter
guardare il soffitto, le Sibille del Volterrano mi hanno dato forse il piacere più vivo che mai
mi abbia fatto la pittura. Ero già in una sorta di estasi, per l’idea di essere a Firenze, e la
vicinanza dei grandi uomini di cui avevo visto le tombe. Ero arrivato a quel punto di
emozione dove si incontrano le sensazioni celestiali date dalle belle arti e i sentimenti
appassionati. Uscendo da Santa Croce, avevo una pulsazione di cuore, quelli che a Berlino
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chiamano nervi: la vita in me era esaurita, camminavo col timore di cadere”.
Stendhal è a margine del romanticismo: mescola a una sensibilità romantica personale
(egotismo) una intelligenza critica e analitica. Rifiuta il lirismo e l'eloquenza per privilegiare
l'osservazione realista e perfino spietata della società in cui vive. Egli fonda il realismo
moderno che rappresenta l'uomo all'interno di una realtà sociale in evoluzione e le idee e le
passioni degli individui come condizionate dalle tendenze politiche ed economiche
dell'epoca.
Opera
Saggi: Roma, Napoli e Firenze (18179) Sull'amore (1822), Racine e Shakespeare (1825)
Romanzi: Armance (1827), Il rosso e il nero (1830), Lucien Leuwen (1834), la Certosa di
Parma (1839)
Le rouge et le noir che narra la lotta di un giovane di umile origine ma ambizioso, Julien
Sorel, contro la società ostile inaugura la stagione del grande romanzo realistico.
Julien arrestato per aver attenta alla vita della sua ex amante che aveva denunciato il suo
arrivismo interviene al processo con un feroce atto d'accusa contro la società che lo porta
alla condanna a morte
“La mattina dopo, alle nove, quando Giuliano scese dalla prigione per recarsi nella gran sala
del palazzo di Giustizia, a stento i gendarmi riuscirono a fendere la folla immensa accalcata
nel cortile. Egli aveva dormito bene, era calmissimo e non provava altro sentimento che una
filosofica pietà per quella folla d’invidiosi che, senza crudeltà, avrebbero applaudito la sua
condanna a morte. Fu molto sorpreso quando, trattenuto più di un quarto d’ora nella ressa,
dovette convincersi che la sua presenza ispirava alla gente una tenera pietà. Non udì una
sola parola dura. «Questi provinciali sono meno cattivi di quello che credevo», pensò.
Entrando nell’aula giudiziaria, egli fu colpito dall’eleganza dell’architettura. Era un gotico
puro, con una quantità di colonnine di marmo lavorate con estrema finezza. Gli pareva di
essere in Inghilterra.
Ma subito la sua attenzione fu attratta da dodici o quindici belle signore che riempivano le
tre logge sopra gli scanni dei giudici e dei giurati, proprio di fronte alla sedia dell’imputato.
Volgendosi verso il pubblico, vide che anche la tribuna circolare sovrastante all’anfiteatro
era piena di donne. Per la maggior parte eran giovani e gli sembravano molto belle, avevano
gli occhi accesi e pieni d’ansia. Nel resto della sala la folla era enorme, davanti alle porte
c’era chi si azzuffava e le guardie non riuscivano a ottenere il silenzio. Quando tutti gli
occhi che cercavano Giuliano si accorsero della sua presenza, vedendolo sulla pedana degli
imputati, si levò un mormorio di stupore e di commossa simpatia.
Quel giorno egli dimostrava meno di vent’anni; era vestito molto semplicemente, ma con
un’eleganza perfetta, che faceva risaltare la bellezza della fronte e dei capelli. Matilde in
persona aveva voluto occuparsi del suo aspetto, fin nei minimi particolari. Egli era
pallidissimo. Appena si fu seduto al suo posto, sentì dire da tutte le parti: - Dio, com’è
giovane!... Ma è un ragazzo… È molto meglio del suo ritratto. (...)
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L’interrogatorio dei testimoni fu una cosa breve. Appena il Pubblico Ministero prese la
parola per sostenere l’accusa, due delle signore della piccola loggia proprio di faccia a
Giuliano, scoppiarono in lacrime. «La signora Derville non si commuove certo così », pensò
Giuliano. Tuttavia notò ch’era molto rossa in viso.
Il Pubblico Ministero faceva del sentimentalismo in cattivo francese sulla barbarie del
delitto commesso; Giuliano osservò che le vicine della signora Derville avevano l’aria di
disapprovarlo vivamente. Parecchi giurati, che evidentemente conoscevano quelle signore,
parlavano con loro e sembravano rassicurarle. «Questo è di buon augurio», pensò Giuliano.
Fino a quel momento aveva sentito nel più profondo di sé un assoluto disprezzo per tutti gli
uomini che assistevano al processo. L’eloquenza volgare del Pubblico Ministero aumentò
questo senso di disgusto. Ma a poco a poco l’atteggiamento aspro di Giuliano scomparve di
fronte ai segni di simpatia di cui egli era indubbiamente l’oggetto.
Fu contento del viso duro del suo avvocato. Mentre questi stava per prendere la parola:
--Niente retorica,-- gli disse sottovoce.
Tutta l’enfasi presa a prestito da Bossuet, che è stata sciorinata contro di voi, vi ha servito,
- disse l’avvocato.
Infatti egli parlava da appena cinque minuti, e già quasi tutte le donne avevano tirato fuori il
fazzoletto. L’avvocato, incoraggiato, rivolse ai giurati delle parole molto forti. Giuliano
fremeva, si sentiva sul punto di piangere «Buon Dio, cosa diranno i miei nemici? »
Stava per cedere alla commozione che lo vinceva, quando, fortunatamente per lui, sorprese
uno sguardo insolente del barone di Valenod. «Gli occhi di quello zotico fiammeggiano, pensò;-che trionfo per quell’anima bassa! Quand’anche il mio delitto non avesse avuto altra
conseguenza, dovrei maledirlo. Dio sa che cosa dirà di me alla signora di Rênal! ».
Quest’idea fece svanire tutte le altre. Ma poco dopo Giuliano fu richiamato alla realtà dai
mormorii di consenso del pubblico. L’avvocato aveva finito la sua arringa. Giuliano si
ricordò ch’era d’obbligo stringergli la mano. Il tempo era passato rapidamente.
Portarono dei rinfreschi all’avvocato e all’imputato. Allora soltanto Giuliano fu colpito da
una circostanza. Nessuna delle donne aveva lasciato l’udienza per andare a pranzo.
-- In fede mia, muoio di fame, -- disse l’avvocato. – E voi?
-- Anch’io, -- rispose Giuliano
-- Guardate, ecco che anche alla prefettessa portano il pranzo, -- gli disse l’avvocato,
additandogli la loggetta. – Coraggio, va tutto bene.
L’udienza venne ripresa. Mentre il presidente faceva il riassunto, sonò la mezzanotte. Il
presidente fu costretto a interrompersi: in mezzo al silenzio e alla generale tensione, quei
rintocchi riempirono la sala.
« Comincia l’ultimo dei miei giorni», pensò Giuliano. Poi si sentì infiammato dall’idea del
dovere. Fino a quel momento aveva vinto la commozione e mantenuto il proposito di non
parlare; ma, quando il Presidente delle Assise gli domandò se aveva niente da aggiungere, si
alzò. Vedeva proprio in faccia a sé gli occhi della signora Derville che, alla luce delle
candele, gli parvero molto lucidi: « Che pianga per caso? » pensò.
« Signori giurati, credevo di poter sfidare, al momento della morte, il disprezzo del mondo;
ma l’orrore che ne provo ora mi costringe a prendere la parola. Signori, non ho l’onore di
appartenere alla vostra classe sociale, vedete in me un contadino che s’è ribellato a alla sua
disgraziata sorte.
Non vi domando grazia, - cominciò Giuliano con voce più ferma. – Non mi faccio illusioni,
mi aspetta la morte; è giusto. Ho attentato alla vita della donna più degna d’ogni rispetto,
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d’ogni omaggio. La signora di Rênal era stata per me una madre. Il mio delitto è atroce e fu
premeditato. Ho dunque meritato la morte, signori giurati. Ma se anche fossi meno
colpevole , ci son qui degli uomini che, senza tener conto di quanto la mia giovinezza può
meritare di pietà, vorranno punire in me e scoraggiare per sempre quella categoria di giovani
che, nati in umile condizione e in certo modo oppressi dalla povertà, hanno la fortuna di
procurarsi una buona educazione e l’audacia di mescolarsi a quello che l’orgoglio dei ricchi
chiama la buona società.
Ecco il mio delitto, signori, e sarà punito con maggiore severità in quanto io realmente non
sono giudicato dai miei pari. Non vedo sul banco dei giurati nessun contadino arricchito, ma
soltanto dei borghesi indignati…»
Per venti minuti Giuliano parlò su questo tono; disse tutto ciò che aveva sul cuore; il
Pubblico Ministero, che aspirava al favore dell’aristocrazia, balzava sulla sua poltrona; ma,
nonostante il tono un po’astratto che Giuliano aveva dato al suo discorso, tutte le donne si
scioglievano in lacrime.
Perfino la signora Derville tenev teneva il fazzoletto sugli occhi. Prima di finire, Giuliano
parlò di nuovo della premeditazione, del suo pentimento, del rispetto e della sconfinata
adorazione filiale che, in tempi più felici, aveva avuto per la signora di Rênal… La signora
Derville lanciò un grido e svenne.
Sonava l’una dopo mezzanotte quando i giurati si ritirarono. Nessuna delle donne aveva
abbandonato il suo posto, molti uomini avevano le lacrime agli occhi. In principio, tutti
parlavano animatamente; ma la decisione della giuria si faceva aspettare e a poco a poco,
aumentando la stanchezza generale, si diffuse una certa tranquillità nell’aula. Il momento
era solenne, la luce delle candele s’era fatta più fioca. Giuliano, stanchissimo, sentiva
qualcuno discutere vicino a lui se quel ritardo fosse di buono o di cattivo augurio. Si accorse
con piacere che tutti speravano in un esito a lui favorevole. La giuria non rientrava, e
tuttavia nessuna delle donne abbandonava l’aula.
Le due erano appena sonate, quando si sentì un gran movimento. La porticina della camera
dei giurati s’aprì. Il barone di Valenod si avanzò con passo grave e teatrale, era seguito da
tutti i giurati. Tossì, poi dichiarò sul suo onore e sulla sua coscienza che la convinzione
unanime della giuria era che Giuliano Sorel s’era reso colpevole di omicidio e di omicidio
premeditato. Questa dichiarazione portava con sé la pena di morte: la condanna fu
pronunciata subito dopo.
Honoré de Balzac (1799-1850)
Nato a Tours nel 1799 da una famiglia della media borghesia. La sua vita fu segnata dalle
continue difficoltà finanziarie e da una frenetica attività di scrittore. Frequenta con assidiutà
salotti e nobildonne. Il suo sogno di ascesa sociale si realizza attraverso il matrimonio con la
baronessa polacca Eva Hanska pochi mesi prima della morte nel 1850.
L'OPERA
Nel 1834 concepì l'idea di fondere tutta la sua produzione narrativa in un'unica opera
monumentale, un affresco della società francese del suo tempo, dal Primo impero alla
Restaurazione, alla monarchia di Luglio: La commedia umana. Come l'ambiente e
l'ereditarietà si erano rivelati fattori determinanti nell'evoluzione delle specie animali, così
Balzac vedeva nelle pressioni sociali l'origine della differenziazione dei tipi umani, che egli
si riproponeva di classificare e descrivere. Nelle intenzionil 'opera doveva comprendere 150
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romanzi i quali dovevano raffigurare circa duemila personaggi, alcuni dei quali ricorrenti
nelle varie vicende al fine di creare una rete di intrecci tra i singoli volumi.
La commedia umana
1. Studi di costumi
Scene di vita privata
Scene di vita di provincia
Gobseck (1830)
Eugénie Grandet (1833)
Papà Goriot (1834)
Casa da scapolo(1842)
Il colonnello Chaberl (1832) Illusioni perdute (1837-43)
Scene di vita parigina
César Birotteau (1837)
Splendore e miseria delle
cortigiane1 (838-47)
La cugina Bette (1846)
Il cugino Pons (1848)
Scene di vita politica
Un tenebroso affare (1841)
Scene di vita di campagna
Il medico di campagna
(1833)
Il giglio nella valle (1835)
Scene di vita militare
Les Chouans(1829)
2. Studi filosofici
La pelle di Zigrino(1831)
Louis Lamberl (1832)
La ricercadell'Assoluto(1834)
3. Studi analitici
Fisiologiadelmatrimonio(1829)
BALZAC REALISTA
L'insieme dell'opera balzacchiana offre un ritratto vivido della nuova società borghese e
aristocratica della sua epoca. . Il romanzo diventa strumento ideale per la conoscenza
dell'uomo contemporaneo, dei costumi e delle convenzioni della società moderna
Realismo nei processi narrativi:-la descrizione dell'ambiente: dalla descrizione materiale
viene suggerito l'atmosfera morale.- i ritratti: la fisiognomica.- i "tipi umani"rappresentanti
di un gruppo sociale, dati dalla complementarità tra ambiente e personaggi.
BALZAC VISIONARIO
Baudelaire: "Mi ha stupito molte volte che il merito più grande di Balzac fosse considerato
l'osservazione: mi era sempre apparso tale, invece, quello di essere un visionario, e un
visionario appassionato. Ogni suo personaggio ha in dono l'ardore vitale che animava lui
stesso."
PAPÀ GORIOT
Siamo a Paris, nella triste pensione di Madame Vauquer dove abitano, con altri personaggi
squallidi o patetici, Eugène de Rastignac giovane studente povero ma ambizioso, risoluto a
farsi strada nel mondo,l 'enigmatico Vautrin che poi si saprà essere un forzato evaso, e
Goriot, un vecchio che sembra roso da una pena segreta. A poco a poco Eugène scopre il
segreto di Goriot: si è rovinato per assicurare una vita agiata alle due figlie Anastasie e
Delphine che, vedono il padre solo per estorcergli i pochi soldi che gli rimangono. Durante
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un furioso litigio delle due figlie in sua presenza, Goriot ha una crisi apoplettica. Muore tra
le braccia di Rastignac che sarà l'unico a seguire il funerale fino al Père-Lachaise. Da li,
dominando Paris, Rastignac lancia la sua sfida alla città e alla società: «E adesso a noi due».
I temi:
il denaro e l'ambizione
il dramma della paternità
la condizione femminile e il matrimonio
Parigi sotto la Restaurazione:vita politica e sociale, evoluzione dei costumi e dei rapporti di
forze.
1 la pension Vauquer, lunga descrizione dell'ambiente che suggerisce l'astmosfera morale
“La prima sala emana un odore indefinibile, che potrebbe esser chiamato "odor di
pensione": odore di rinchiuso, di muffa, di rancido; da far rabbividire, pizzica il naso,
penetra negli abiti; ha il tanfo di una sala dove si è mangiato; puzza di cucina, di dispensa,
di ospizio. Forse potrebbe essere descritto se si trovasse un procedimento per analizzare le
quantità elementari e nauseabonde diffuse dalle atmosfere catarrali e "sui generis" di ciascun
pensionante, giovane o vecchio. Eppure, malgrado tali orrende volgarità, se paragonaste
questa sala a quella da pranzo, che le è attigua, trovereste la prima elegante e profumata
come il salottino di una signora.
La sala da pranzo, dalla parete interamente rivestita di legno, fu tinta un tempo d'un colore
oggi indistinto, che forma un fondo su cui l'unto ha impresso i suoi strati in modo da
disegnarvi figure bizzarre. Alle pareti, credenze appiccicose sulle quali sono disposte caraffe
sbeccate e opache, pile di piatti di spessa porcellana, orlati di blu, fabbricati a Tournai. In
unangolo c'è una scatola a caselle numerate che serve a tenere riposte le salviette, sporche e
macchiate di vino, di ciascun pensionante. Vi si trovano poi quei mobili indistruttibili,
ovunque proscritti, ma messi là come i rifiuti della Società degli Incurabili. Vi vedrete un
barometro con un piccione che si mostra quando piove, incisioni esecrabili da togliere
l'appetito incorniciate in legno nero verniciato a filetti d'oro, una pendola di madreperla
incrostata di ottone, una stufa verde, lucerne d'Argand dove la polvere si impasta con l'olio,
una lunga tavola coperta da una tela incerata unta quanto basta perché un visitatore in vena
di scherzi vi possa scrivere il proprio nome servendosi del dito come di uno stilo, e poi
sedie zoppe, miserevoli piccole stuoie di sparto che si disfano sempre senza consumarsi
mai; e ancora miserabili scaldini coi buchi rotti, le cerniere sconnesse, il legno carbonizzato.
Per spiegare quanto questa mobilia sia vecchia, screpolata, tarlata, tremolante, logora,
monca, zoppicante, invalida, moribonda, se ne dovrebbe fare una descrizione che
ritarderebbe troppo l'interesse di questa storia e che i lettori frettolosi non perdonerebbero. Il
pavimento, rosso, è pieno di avvallamenti prodotti dallo strofinio o dalle riverniciature.
Insomma, là regna la miseria senza poesia; una miseria economa, concentrata, consunta. Se
non è ancora infangata, è per lo meno macchiata; se non ha buchi ne stracci, sta per andare
in putrefazione.
Questa stanza si mostra in tutto il suo splendore nel momento in cui, verso le sette del
mattino, il gatto della signora Vauquer precede la sua padrona; salta sulle credenze, vi
annusa il latte contenuto in varie tazze coperte dal piattino, e fa sentire il suo ronron
mattutino.
Subito dopo appare la vedova, agghindata nella sua cuffia di tulle sotto la quale pende una
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treccia finta, malamente appuntata; cammina trascinando le sue pantofole sformate. Il viso
invecchiato, grassottello, in mezzo al quale sporge un naso a becco di pappagallo, le manine
paffute, il personale grassoccio come un "topo di chiesa", il seno troppo pieno e
balonzolante, sono in armonia con quella sala che trasuda miseria, dove s'è rannicchiata la
speculazione e di cui la signora Vauquer respira l'aria calda e fetida senza esserne disgustata.
Il viso freddo come una prima gelata d'autunno, gli occhi pieni di rughe, la cui espressione
passa dal sorriso forzato delle ballerine all'amaro cipiglio dell'esattore, insomma tutta la sua
persona spiega la pensione come la pensione implica la sua persona. La galera non può
stare senza l'aguzzino, e non si potrebbe immaginarvi l'uno senza l'altro.”
2 L'iniziazione alla vita parigina di Rastignac: I consigli di Mme de Beauséant sua cugina
“Più freddamente calcolerete, più andrete avanti. Colpite senza pietà e sarete temuto.
Considerate gli uomini e le donne soltante come cavalli da posta che lascerete crepare ad
ogni stazione, così raggiungerete l'apice dei vostri desideri. Vedete, voi non sarete mai nulla,
qui, se non avrete una donna ricca che s'interessi a voi, e bisognerà che sia giovane, ricca,
elegante. Ma se proverete un sentimento sincero, nascondetelo come un tesoro e non
lasciatelo mai trapelare: sareste perduto. Non sareste più l'aguzzino, ma diverreste la vittima.
E se mai amerete veramente, conservate gelosamente il vostro segreto. Non confidatelo a
nessuno prima di esservi accertato a chi aprite il vostro cuore.”
3 la lezione cinica di Vautrin il “tentatore diabolico”
Il barone de Rastignac vuol essere avvocato? Benissimo! Bisogna penare per dieci anni,
spendere mille franchi al mese, avere una biblioteca e uno studio, andare in società, baciare
la toga di un avvocato per ottenere qualche causa, leccare i pavimenti dell'intero Palazzo di
Giustiza. Se tutto ciò vi portasse a qualche risultato non direi di no; ma trovatemi, a Parigi,
cinque avvocati che a cinquant'anni guadagnino più di cinquantamila franchi l'anno! Bah!
Piuttosto che gettarmi via in questo modo preferirei fare il pirata!
Ma d'altra parte dove percare gli scudi? C'è poco da stare allegri. Abbiamo una risorsa nella
dote di qualche ragazza. Volete sposarvi? Significa mettersi una pietra al collo, e poi, se vi
sposate per interesse, che ne è dei nostri sentimenti d'onore, della nostra nobiltà? Tanto vale
iniziare oggi stesso la ribellione conto le convenzioni umane. Non sarebbe nulla strisciare
come un serpente dinanzi a una donna, leccare i piedi di sua madre, commettere bassezze
tali da disgustare una scrofa, puah!, se per lo meno riusciste a trovare la felicità! Invece
sareste infelice come le pietre della fogna, al fianco di una donna sposata in questo modo:
meglio far la guerra con gli uomini che combattere contro la propria moglie....
Ecco il crocevia della vita, giovanotto: sclegliete. Voi avete già scelto: vi siete recato dal
nostro cugino di Beauséant e avete fiutato il lusso. Vi siete recati dalla signora de Restaud,
la figlia di papà Goriot, e avete fiutata la parigina. Quel giorno siete rincasato con una
parola scritta in fronte, una parola io ho saputo decifrare: Arrivare! Arrivare a ogni costo.
Bravo, mi sono detto, ecco un tipo che mi piace! Vi occorreva un po' di denaro: dove
trovarlo? Avete salassato le vostre sorelle; e, del resto, tutti i fratelli derubano più o meno le
proprie sorelle. Una volta carpiti, e Dio sa come!, i vostri millecinquecento franchi in un
paese in cui si trovano più castagne che monete da cento soldi, ecco che i quattrini filano via
come i soldati al saccheggio. E poi che fate? Lavorerete? Il lavoro, così come lo concepite
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in questo momento, prepara per la vecchiaia un appartamento da mamma Vauquer. Una
rapida fortuna è il problema che si propongono di risolvere in questo momento
cinquantamila giovani che si trovano tutti nella vostra posizione. Voi siete un 'unità di quel
numero, giudicate quali sforzi dovrete compiere e quanto sarà accanita la lotta. Bisognerà
che vi divoriate l'un l'altro come ragni in un vaso, dato che non esistono cinquantamila
buoni posti.
Sapete come si apre la propria strada qui? Con la vivacità dell'ingegno e con la destrezza
della corruzione. Bisogna penetrare in quella massa d'uomini come una palla di cannone,
oppure infiltrarcisi come la peste. L'onestà non serve a nulla. Ci si china sotto il potere
dell'ingegno, lo si odia, si cerca di calunniarlo perché prende senza dare nulla; ma se
persiste, ci si piega, e, in una parola, lo si adora in ginocchio quando non si è riusciti a
seppellirlo nel fango. La corruzione è dappertutto, mentre il talento è raro.”
4 L'agonia di Goriot
- Si vede che voi amate vostro padre e vostra madre disse il vecchio stringendo con le
sue deboli mani la mano di Eugène.Vi rendete conto che sto per morire senza vedere le mie
figlie? Aver sempre sete e mai bere, ecco come ho vissuto per dieci anni... I miei due generi
hanno ucciso le mie figlie. Sì non ho più avuto figlie dopo che si sono sposate. Padri, dite al
parlamento di fare una legge sul matrimonio! E non maritate mai le vostre figlie, se le
amate. Il genero è uno scellerato che tutto corrompe in una figlia, insudicia tutto. Niente più
matrimonio! E' quel che ci toglie le nostre figlie, e non le abbiamo più quando moriamo.
Fate una legge sulla morte dei padri. Tutto questo è spaventoso! Vendetta! Sono i miei
generi che gli impediscono di venire. Uccideteli! A morte Restaud, a morte l'Alsaziano, sono
i miei assassini! La morte o le mie figlie! Ah!,è finita, muoio senza di loro! Loro! Nasia,
Fifina, su, venite dunque!, vostro padre se ne va...
 Mio buon papà Goriot, calmatevi, andiamo, state tranquillo, non vi agitate.
 Non vederle, ecco l'agonia!
 Ora le vedrete.
 Davvero? Gridò il vecchio stravolto. Oh vederle! Le vedrò, sentiro la loro voce,
morirò felice! Ebbene, si, non chiedo più di vivere, non lo desideravo più, le mie
pene aumentavano continuamente... Ma poterle vedere, toccare i loro abiti, ah,
soltanto l'abito,è poco, ma che io possa sentire qualcosa di loro! Fatemi toccare i
capelli...li.
Ricadde con la testa sul guanciale come se avesse ricevuto una mazzata. Le sue mani si
agitarono sulla coperta come per afferrare le chiome delle figlie
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