Il mio primo anno da mamma
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Il mio primo anno da mamma
Deborah Roth Ledley Il mio primo anno da mamma Affrontarlo con tranquillità e aumentare il benessere Erickson Indice Ringraziamenti 7 Introduzione 9 Capitolo primo Perché le neomamme non sono mamme tranquille 17 Capitolo secondo Tre semplici strategie per la tua «cassetta degli attrezzi della mamma tranquilla» 29 Capitolo terzo Altre tre semplici strategie per la tua «cassetta degli attrezzi della mamma tranquilla» 47 Capitolo quarto Mamma tranquilla, bambino tranquillo 69 Capitolo quinto Mantenere la calma quando «me» diventa «mamma» 117 Capitolo sesto Lavorare o non lavorare, questo è il dilemma 145 Capitolo settimo Ricordarsi delle relazioni: c’è altro nella vita, oltre al bambino 171 Capitolo ottavo Buon primo compleanno! 203 Bibliografia 217 Appendice Ansia e depressione post-partum 221 Introduzione Mentre ero incinta della mia prima figlia, presi parte a due conversazioni che non dimenticherò mai. Entrambe furono con amiche che, come me, hanno un PhD in psicologia. Entrambe sono donne affermate, organizzatissime e molto competenti. Hanno dei mariti magnifici e famiglie e amici che le sostengono. Sono donne che sembrerebbero avere tutto quello che si può desiderare. Eppure, queste due donne mi dissero che il loro primo anno da mamme era stato il più duro della loro vita. Entrambe mi confidarono quanto fosse stato difficile allattare al seno e come si sentissero pressate a insistere nonostante notevoli problemi. Entrambe mi parlarono della solitudine vissuta trovandosi a casa con un neonato dopo avere trascorso anni in ambienti professionali nei quali erano riuscite a coltivare grandi amicizie oltre che brillanti carriere. Con le lacrime agli occhi, entrambe mi parlarono della vergogna provata nei giorni in cui non erano state affatto felici di essere neomamme. Questi pensieri e sentimenti erano stati una terribile sorpresa per le mie due amiche, che avevano sempre desiderato avere figli. Nel momento in cui capitò di parlarne, devo confessare che le loro parole mi entrarono da un orecchio per uscire dall’altro. Tuttavia, durante il primo anno di vita di mia figlia, ci ripensai più e più volte. Lascia che ti spieghi il perché. Quando si chiede a una neomamma se è contenta di essere diventata tale, nella maggior parte dei casi lei risponde parlando della sua assoluta felicità. Le neomamme descrivono l’esperienza di avere un figlio come «la miglior cosa che abbia mai fatto» o «il momento più bello della mia vita». Quando ebbi la mia prima figlia, fui sorpresa dal fatto che raramente (soprattutto durante i primi mesi) provavo 9 quella felicità sublime di cui tante mamme parlano. Piuttosto, ogni giorno vivevo una complessa commistione di emozioni. Sicuramente c’erano momenti di felicità e gioia, ma c’erano anche momenti di frustrazione, solitudine e tristezza. Uno degli esempi più rappresentativi di questa complessa commistione di emozioni è legato a un episodio accaduto quando mia figlia aveva due mesi. Quel giorno era molto irritabile e aveva continuato a piagnucolare. Non c’era nulla che riuscisse a calmarla. Spesso, in quei casi, una passeggiata o un’uscita al negozio di alimentari aiutava entrambe a ritrovare la tranquillità. Quel giorno in particolare, però, un temporale torrenziale ci impediva di uscire. Ciliegina sulla torta, quella sera mio marito doveva lavorare fino a tardi, per cui non c’era sollievo o compagnia da aspettarsi a fine giornata. Decisamente quello non era un giorno di gioia perfetta! Verso sera, mi preparai qualcosa per cena e misi mia figlia nella sdraietta a dondolo accanto alla tavola. All’improvviso, sollevò lo sguardo e mi presentò il suo primo sorriso. Data la reazione entusiastica che ottenne da parte mia, ne fece un altro e poi un altro e un altro ancora, andando avanti a fare sorrisi per un’ora. Lasciai perdere la cena e iniziai a farle fotografie per poterle poi mostrare a mio marito. Quello fu uno dei meravigliosi momenti da neomamma. Dopo aver messo la piccola a dormire, telefonai praticamente a tutti quelli che conoscevo per raccontare di quel favoloso primo sorriso. Eppure quella sera feci una constatazione interessante. Mi vergognavo di raccontare che avevo trascorso quasi tutta la giornata a sentirmi frustrata e sostanzialmente a piangere insieme alla bambina ogni volta che non trovavo il modo di consolarla. Perché mi vergognavo? Quando le mie amiche mi avevano raccontato delle loro difficoltà con il primo figlio, perché avevano parlato sottovoce? Chi sono tutte queste donne che narrano della felicità pura e perfetta del diventare mamme? Vivevano un’esperienza diversa dalla mia o da quella delle mie amiche? O era qualcos’altro? Nel corso degli ultimi anni, ho parlato di queste cose con tutte le neomamme che conosco. Sono arrivata alla conclusione che le neomamme avvertono una forte pressione a condividere con le altre persone (e, credetemi, sono tante!) solo i momenti felici. Si vergognano di parlare dei momenti difficili. Non vogliono che gli 10 altri pensino che sono mamme cattive, poco premurose, incapaci o egoiste! E, cosa forse ancora più importante, loro per prime non vogliono pensare queste cose di sé. Soprattutto le donne che hanno sempre voluto avere figli o che hanno avuto molte difficoltà a restare incinte o a portare avanti la gravidanza dicono di avere la sensazione che ogni momento debba essere speciale, piacevole e significativo. Il problema con questa pressione sociale a condividere solo i momenti gioiosi è che le mamme si ritrovano prive di sostegno nell’affrontare i momenti difficili. Tenere per sé le frustrazioni e le difficoltà può condurre a forte ansia e tristezza. Può portarci a concentrarci prevalentemente sugli aspetti faticosi dell’essere madri, per cui non riusciamo più a riconoscere e apprezzare i molti momenti positivi e felici. Inoltre, non essendo sincere con i familiari e gli amici, queste mamme non possono trarre vantaggio dall’esperienza degli altri. Il modo migliore per imparare a fronteggiare le difficoltà che l’arrivo del primo figlio comporta è parlare con altre persone. E parlare in modo sincero e aperto. Cosa la psicologia può offrire alle neomamme Prima di avere figli, ho passato la maggior parte delle mie giornate a parlare con altre persone. Ho terminato il mio PhD in psicologia nel 1999 e da allora ho concentrato la mia attenzione sulla natura e sul trattamento dello stress e dell’ansia. Ho condotto studi e insegnato, ma la mia passione è sempre rimasta quella di lavorare con i pazienti. È veramente gratificante aiutare una persona, bloccata dallo stress e dall’ansia, a intraprendere una vita più funzionale e piacevole. Spesso le persone scherzano dicendo che i dottori sono i peggiori pazienti e io certamente lo fui durante i miei primi mesi da mamma! A dir la verità, mi sentivo quasi sempre stressata. Fu solo quando iniziai a fare amicizia con altre neomamme che mi resi conto di avere ogni sorta di abilità che potevo utilizzare per adattarmi al mio nuovo ruolo di madre. La svolta per me arrivò quando incontrai dieci donne con i loro bambini al gruppo di sostegno all’allattamento al seno presso l’ospedale locale. Facemmo presto amicizia e siamo tuttora in contatto. Per qualche motivo, le regole tipiche della condivisione 11 non valevano per questo gruppo di donne. Parlammo di tutto: degli aspetti positivi, negativi e pessimi dell’essere madri. Quando iniziai ad ascoltare le esperienze delle altre (che erano simili alle mie), sviluppai idee chiare riguardo alle strategie che potevano aiutarle. Avevo lavorato per anni con pazienti ansiosi, perciò fui in grado di riconoscere che le mie amiche e io stavamo vivendo l’ansia tipicamente associata ai grandi eventi della vita (anche quelli meravigliosi ed emozionanti). Sebbene io non faccia mai terapia con i miei amici, avevo comunque dei piccoli suggerimenti, nella mia cassetta degli attrezzi di psicologa, che potevo offrire. Finché un giorno, improvvisamente, mi resi conto che avevo trascorso gli ultimi mesi a sentirmi in ansia senza però fare assolutamente nulla per aiutarmi. Subito mi rimisi in testa il «cappello da psicologa» e mi diedi di fare. Misi in discussione i miei pensieri negativi sulle mie capacità come madre: se mia figlia un giorno era particolarmente irritabile, smisi di pensare che fosse colpa mia. Esaminai attentamente i miei standard — ad esempio cosa mi aspettavo di riuscire a fare in un giorno — e mi chiesi se quelle aspettative fossero ragionevoli. Quando arrivai alla conclusione che non lo erano, iniziai a pormi obiettivi più realistici, mettendomi così nelle condizioni di avere successo, anziché di fallire, ogni giorno. Cominciai ad analizzare e modificare il mio comportamento, cercando di individuare quali fattori mi aiutavano ad avere buone giornate da mamma e assicurandomi che quei fattori fossero presenti il più spesso possibile. Questi fattori erano: stare insieme ad altre persone, stare all’aria aperta e fare movimento, tenermi occupata. Per me, tenermi occupata a casa non funzionava. Passavamo parecchio tempo a sbrigare commissioni piuttosto noiose, ma per qualche motivo nei giorni in cui mia figlia e io andavamo in giro di qua e di là sembravamo entrambe molto più contente. Iniziai anche a praticare le tecniche di rilassamento che per anni avevo insegnato ai miei pazienti. Le usavo quando mia figlia piangeva inconsolabilmente, quando in aereo ci guardavano male perché strillava per tutta la durata del volo o quando ero distrutta ma non riuscivo a riprendere sonno dopo una poppata a notte fonda. Cosa forse più importante, ricordavo a me stessa la necessità di accettare tutte le emozioni, positive e negative. Generalmente le persone 12 vogliono ignorare le emozioni negative e preferiscono concentrarsi su quelle positive. Questo atteggiamento, tuttavia, può portare alla vergogna, all’ansia e alla reticenza di cui ho parlato sopra. Mi accorsi che nel contesto sicuro del nostro gruppo di mamme parlavamo di tutto e che, dopo avere condiviso una particolare difficoltà, spesso mi sentivo infinitamente meglio. Uno dei motivi era che vedevamo che stavamo tutte affrontando gli stessi problemi. Un altro motivo era che, attraverso questo processo di condivisione — dalle soluzioni a questioni semplici (quale marca di pannolini o latte in polvere usare) alle decisioni più impegnative (cura del bambino, effetti dell’arrivo del piccolo sulla relazione con il marito, rapporti con la famiglia d’origine e con quella del coniuge, ecc.) — imparavamo moltissimo le une dalle altre. Dopo avere iniziato a usare le semplici strategie che avevo insegnato per anni ai miei pazienti e dopo avere iniziato ad accettare i lati sia positivi sia negativi della maternità, diventai una mamma sicuramente più tranquilla e felice. Qualche mese dopo l’arrivo di mia figlia, nacque l’idea di Il mio primo anno da mamma. Contenuti Decisi di scrivere questo libro quando mi resi conto di avere, come neomamma, una serie risorse in più che le altre donne potrebbero non avere. Come psicologa, disponevo di una «cassetta degli attrezzi» con semplici ed efficaci strategie utili per destreggiarmi tra le difficoltà della vita. Come ho già accennato, mi ci volle del tempo per fare un collegamento tra la mia vita personale e quella professionale; tuttavia, potei constatare direttamente quanto queste strategie potessero modificare ogni giorno i miei pensieri, le mie emozioni e i miei comportamenti. Volevo condividere queste semplici strategie con gli altri. Nel capitolo 1 parlo di come è realmente una neomamma (cioè, del perché le neomamme non sono tranquille); nei capitoli 2 e 3 presento sei strategie per essere mamme tranquille. Negli altri capitoli del libro propongo un’infinità di esempi riguardo a come usare queste strategie nella tua vita quotidiana. Dopo avere presentato le sei strategie, il libro prosegue con tre grandi sezioni. Il capitolo 4, Mamma tranquilla, bambino tranquillo, 13 aiuta le neomamme a fare fronte alle difficoltà che il prendersi cura di un neonato implica. Qui mi occupo di questioni come l’alimentazione, il sonno, lo sviluppo e le malattie. Dal momento che già esistono ottimi libri su questi argomenti, mi limito a fornire piccole dritte su come concretamente, ad esempio, dare da mangiare a tuo figlio o metterlo a letto. Il vero tema centrale di Il mio primo anno da mamma sei tu! Come fare a decidere tra allattamento al seno o artificiale? Come smettere di preoccuparsi che lo sviluppo di tuo figlio sia normale? Cosa fare se la paura dei germi e delle malattie ti impedisce di uscire di casa con il tuo piccolo? Come neomamma, ho imparato moltissime cose leggendo libri sull’allattamento al seno, ma non sono riuscita a trovare granché di informazioni sulle emozioni associate a questo tipo di allattamento. Similmente, il pediatra ci insegnò come pulire il naso gocciolante di nostra figlia durante i dieci raffreddori che si prese il primo inverno al nido. Ma nessuno mi parlò del senso di colpa che provavo per il fatto che mia figlia si prendesse tutti quei germi al nido. Il mio primo anno da mamma si propone di colmare questa lacuna. Quando la nebbia dei primi mesi di maternità si dissolve e i nostri bambini mangiano, dormono per periodi sempre più lunghi e iniziano a fare ogni genere di cosa emozionante, c’è il tempo (non tanto però!) di ricominciare a pensare a noi stesse. Questo è il tema dei capitoli 5 e 6: le mamme. Nel capitolo 5, Mantenere la calma quando «me» diventa «mamma», discuto semplici soluzioni alle difficoltà comuni in cui le neomamme si imbattono: l’esperienza di provare emozioni assolutamente inedite, la perdita di identità e libertà, la perdita di fiducia in se stesse, la perdita di tempo per sé. Il capitolo 6 si concentra sulle difficoltà specifiche delle mamme che lavorano e di quelle che stanno a casa. Come in tutto il libro, nei capitoli 5 e 6 cerco di mostrare come queste esperienze siano normali e offro semplici strategie che si possono utilizzare per adattarsi all’emozionante ma molto impegnativo nuovo ruolo di «mamma». Il capitolo 7 è intitolato Ricordarsi delle relazioni: c’è altro nella vita, oltre al bambino. Dopo la nascita del primo figlio le relazioni cambiano: alcune diventano più forti e più importanti; altre risentono della fatica e della tensione. In ogni caso, tutte le relazioni hanno bisogno di essere accudite, proprio come i nostri figli. Questo capitolo 14 mostra come usare le strategie della mamma tranquilla per interagire efficacemente con mariti, nuovi e vecchi amici, e altre persone significative presenti nella nostra vita, come la nostra famiglia d’origine e quella del nostro partner. L’ultimo capitolo, Buon primo compleanno!, fornisce degli spunti per riflettere su cosa significhi «farcela» nel primo anno da madri. Le mamme spesso dimenticano di riconoscersi che hanno fatto un buon lavoro; di questo si occupa il capitolo 8. Altri temi importanti discussi in questo capitolo sono gli obiettivi da porsi per il secondo anno di vita del bambino e la scelta riguardo all’avere o meno un altro figlio. Il mio primo anno da mamma contiene anche un’appendice che affronta il delicatissimo tema della depressione e dell’ansia postnatale. Uno dei principali obiettivi di questo libro è rassicurare le neomamme riguardo al fatto che le loro esperienze ed emozioni sono comuni a molte altre; alcune, tuttavia, potrebbero leggere questo libro e scoprire di avere difficoltà ad applicare concretamente le strategie suggerite. Potrebbero rendersi conto che i loro sentimenti di tristezza e ansia sono così intensi da rendere necessario più aiuto di quello che un libro può fornire. Anche questo è normale: molte, moltissime neomamme soffrono di depressione e ansia post-partum, ma non c’è motivo di soffrire da sole. Esistono trattamenti di grande efficacia per questi problemi, tra cui la terapia farmacologica e la psicoterapia. Nell’appendice sono esaminati i sintomi della depressione e dell’ansia postnatale e sono presentate le opzioni di trattamento. Diventare una mamma tranquilla è un percorso Quando inizialmente proposi l’idea di questo libro, il titolo provvisorio era The calm mom, La mamma tranquilla. L’editore suggerì di modificarlo in Becoming a calm mom, Diventare una mamma tranquilla. Fu un ottimo suggerimento, perché imparare a essere una mamma tranquilla è un percorso. Tranquillità a parte, diventare mamma è un processo di apprendimento. C’è l’idea/aspettativa che, una volta adagiato il piccolo fagottino di gioia fra le tue braccia in sala parto, tu sappia immediatamente come fare la mamma. È un’aspettativa non realistica. Per sapere come prendersi cura di un bambino 15 occorre tempo, perché tu un po’ alla volta impari a conoscere lui e lui impari a conoscere te e acquisisca familiarità con il mondo. Quanto all’essere una mamma tranquilla, anche questo richiede tempo. Le strategie proposte in questo libro sono semplici da attuare, ma ci vuole pratica per perfezionarle. Leggetele, provatele tutte e poi cercate di capire quali funzionano meglio per voi. Spero che troverai in Il mio primo anno da mamma un libro sincero, franco e divertente che ti guidi e ti sostenga lungo tutta la serie di «prime volte» che capiteranno nel corso del tuo primo anno da mamma nuova di zecca! 16 Capitolo quarto Mamma tranquilla, bambino tranquillo In questo capitolo concentriamo la nostra attenzione sui bambini. Durante i primi mesi di maternità, anche la maggior parte della tua attenzione sarà concentrata sul bambino. I tuoi pensieri saranno in primo luogo rivolti a trovare modi per farlo smettere di piangere, dargli da mangiare e prenderti cura di questa piccola creatura della quale sei ora completamente responsabile. Spaventa un po’! In commercio esistono molti libri che affrontano tutti gli aspetti della cura di un bambino. Il mio primo anno da mamma assume una prospettiva diversa, cioè come le neomamme possono gestire le proprie ansie per la cura del loro bambino. In questo capitolo sono forniti semplici suggerimenti e le informazioni di base sulla cura dei neonati, ma la maggior parte del discorso ruota attorno alle difficoltà che devi affrontare come neomamma. Ogni tematica relativa alla cura del bambino si articola in tre parti: I fatti, I problemi, Le soluzioni. Naturalmente, le soluzioni verteranno sull’uso delle sei semplici strategie della mamma tranquilla presentate nei capitoli 2 e 3. Di quali aspetti della cura del bambino si deve preoccupare una neomamma? Nel capitolo 1 abbiamo presentato l’indagine sulla mamma tranquilla. In questo capitolo discutiamo i risultati di un’altra domanda posta alle partecipanti. Abbiamo chiesto: «Quali aspetti della cura del neonato hai trovato più difficili da gestire nei primi mesi?». Circa la metà delle donne che hanno risposto hanno indicato l’allattamento 69 al seno. La seconda risposta più frequente erano i problemi con il sonno: alcune facendo riferimento alla difficoltà di far dormire il piccolo e altre facendo riferimento alle proprie difficoltà a dormire (e quindi alla mancanza di riposo!). Altre risposte riguardavano le difficoltà a far smettere di piangere il bambino, le incertezze riguardo a come intrattenerlo, le preoccupazioni per la sua salute. Sebbene nessuna abbia fatto accenno a timori rispetto allo sviluppo del figlio, nel presente capitolo ci occuperemo anche di questo. In base alla mia esperienza personale e professionale, mi sono fatta l’idea che le mamme spesso confrontino i loro bambini con gli altri per assicurarsi che il loro figlio stia seguendo uno sviluppo normale. Le tre indicazioni di base sulla cura del bambino per la mamma tranquilla A prescindere dall’aspetto specifico della cura del bambino che ti sta creando difficoltà, possono essere utili alcune indicazioni generali. Sono le seguenti: (a) prendi tutti i consigli cum grano salis; (b) sii flessibile; (c) comunica con tranquillità. Esaminiamoli nel dettaglio. Prendi tutti i consigli cum grano salis L’indagine sulla mamma tranquilla ha mostrato che molte neomamme si sentono scoraggiate dalla loro mancanza di conoscenze riguardo a come prendersi cura del bambino. Molte donne hanno avuto il primo figlio senza mai aver cambiato un pannolino, fatto un bagnetto, vestito un neonato o essere state nelle condizioni di dover calmare una piccola persona che sta piangendo da ore (o per un tempo che sembra ore!). Anche le donne che avevano fatto esperienza di alcune di queste cose non si erano mai trovate ad allattare un bambino fino a quando non gli è stato messo in braccio il figlio. Questa inesperienza può trasformare una donna sicura di sé in una che si sente completamente incapace. Le mamme inesperte ricercano informazioni sulla cura del bambino attraverso varie fonti: libri, parenti, amiche, medici e siti web. Che piaccia o no, le neomamme ricevono anche un sacco di consigli non richiesti. Le neomamme sono 70 tempestate da enormi moli di informazioni sulla cura del bambino e, come se la quantità spropositata non bastasse, si aggiunge anche il fatto che queste informazioni possono essere profondamente contraddittorie. Quando grandi moli di informazioni incongruenti si combinano con una mamma insicura di sé, ci sono tutti gli ingredienti per un disastro. Le neomamme si sentono sopraffatte, tendono a prendere decisioni poco ponderate sulle modalità di cura del bambino e poi si fustigano se la scelta compiuta produce cattivi risultati. Consideriamo l’esempio di Juliette, neomamma incoraggiata dalle amiche a comprare un famoso libro sulla cura dei bambini. Juliette era così insicura riguardo a come prendersi cura di suo figlio che seguì tutte le indicazioni del libro alla lettera. Alcune le sembravano piuttosto rigide, ma le applicò comunque esattamente, presumendo che gli autori di un libro così celebre dovessero saperne molto più di lei in fatto di cura dei neonati. Il libro raccomandava orari ben precisi per le poppate, ma la figlia di Juliette iniziava a piangere per la fame un’ora prima di quanto previsto dal libro. Il libro raccomandava di lasciar piangere il bambino, di notte, affinché imparasse a riprendere sonno e a dormire la notte intera, ma anche dopo avere provato diverse volte questo approccio, Juliette e la figlia passavano buona parte delle nottate sveglie, tutte e due a piangere! Juliette trascorreva la maggior parte delle giornate a cercare di consolare la piccola e a cercare di confortare se stessa. A distanza di alcune settimane dall’acquisto del libro, iniziò a flagellarsi sul serio. «Wow. Non sei capace di destreggiarti in queste cose da mamma neanche con un libro che ti dice come fare. Forse non hai la stoffa per fare la madre.» Quando toccò il fondo, Juliette incontrò un’altra neomamma al parco (era uscita per l’ora d’aria prescritta dal «libro»). Quest’altra mamma aveva un’aria assolutamente rilassata e felice. Presero a chiacchierare e poco dopo Juliette si mise a piangere, spiegando che come mamma era un fallimento totale. Raccontò che non riusciva a combinare niente di buono nonostante i consigli di questo libro di cui molte altre madri tessevano le lodi. La sua nuova amica scoppiò a ridere e disse: «Quel libro è mostruoso. Ne ho letto mezzo e poi l’ho buttato nella spazzatura». Proseguì quindi a parlarle del suo approccio alla maternità, che a Juliette sembrò più intuitivo, ragionevole e 71 rilassato. Tornata a casa, Juliette mise via il libro e provò alcuni suggerimenti che le aveva dato la donna incontrata al parco. Nell’arco di pochi giorni si sentì infinitamente meglio nel suo ruolo di mamma. Non c’è niente di male nel chiedere consiglio. Le neomamme possono imparare tantissimo dai libri, dai parenti e dagli amici. Tuttavia, prima di mettere in pratica un consiglio ricevuto, usa le tue strategie della mamma tranquilla. Fermati un attimo e chiediti: «Ha senso per me questa cosa?». Anche quando il suggerimento può sembrare ragionevole, è essenziale che tu tenga conto dei tuoi valori e del tuo personale stile di vita e che valuti se quel consiglio è coerente con essi. È una buona cosa ascoltare i consigli, valutarli e poi semmai dire: «Interessante, ma non fa per me». Allo stesso tempo, altri consigli ti appariranno del tutto ragionevoli ed entreranno a far parte del tuo approccio alla genitorialità. Sii flessibile Prendere decisioni diventa molto più facile quando assumi un approccio elastico. Il problema principale di Juliette non stava nel fatto che provava i suggerimenti forniti dal libro; stava nel fatto che li applicava anche quando, intuitivamente, percepiva che non andavano bene per lei o per sua figlia. Per Juliette, lasciar perdere il libro equivaleva a un fallimento. I suoi pensieri negativi oscuravano il suo lato sensibile e le impedivano di essere flessibile. Per quanto non ci piaccia ammetterlo, prendersi cura di un bambino implica fare prove ed errori. Il bambino dorme meglio fasciato o con braccia e gambe libere? Beve di più dal biberon della marca X o da quello della marca Y? Quando è agitato, si calma prima se lo si tiene in braccio, se lo si mette nell’altalena o se lo si stende nella sdraietta? In ogni istante i neonati imparano a conoscere il loro mondo e in ogni istante noi impariamo a conoscere loro. Occorre flessibilità per capire cosa funziona meglio nelle varie situazioni. Prendere decisioni è più facile anche quando siamo consapevoli del fatto che non sono stabilite una volta per tutte. Questo vale soprattutto per le decisioni prese prima della nascita del bambino. Molti futuri genitori prendono a priori decisioni risolute rispetto all’allattamento, all’uso del succhietto, alle routine per il sonno, ecc. 72 Va benissimo pensare a queste cose prima dell’arrivo del bambino e discuterne con il partner. In realtà, però, prima dell’effettivo arrivo del bambino è impossibile sapere esattamente come andranno le cose. Ancora una volta, i genitori non dovrebbero sentirsi sconfitti se ritornano sui loro passi rispetto a una decisione presa prima di avere tutte le informazioni del caso. Prima della nascita di mia figlia, ero fermamente contraria all’uso del succhietto (oggi come oggi non ricordo neanche perché!). Il giorno dopo essere tornate a casa dall’ospedale, la bambina piangeva inconsolabile; decidemmo di darle un succhietto ricevuto in omaggio insieme a un biberon che avevamo comprato. Nell’istante in cui glielo infilammo in bocca lei prese a succhiare contenta e nel giro di qualche minuto dormiva profondamente. In pochi giorni la nostra opinione sul succhietto cambiò radicalmente. Funzionò perfettamente come strategia per calmare la bambina finché lei non crebbe abbastanza da essere in grado di calmarsi da sola. Un po’ di elasticità e disponibilità a provare cose nuove in modi nuovi possono rendere più semplice prendersi cura di un neonato. Comunica con tranquillità La maggior parte dei problemi nella cura di un neonato non viene risolta dalla sola mamma. Le mamme, infatti, prendono le decisioni insieme ai loro partner. Inoltre, devono confrontarsi con le altre persone che si occupano del bambino (le educatrici del nido, ad esempio) per garantire coerenza e continuità nell’arco della giornata. Inoltre, le neomamme si trovano spesso a difendere le proprie decisioni riguardo alla cura del bambino con persone presenti nella loro vita e prodighe di consigli, richiesti o meno. Le opportunità non mancano per esercitarsi nelle abilità di comunicare con tranquillità! È difficile comunicare con tranquillità su questioni che riguardano la cura del bambino. Primo, perché solitamente capita di discuterle nei momenti in cui sei meno calma e meno razionale. Se sei seduta su una panchina in un centro commerciale e stai tentando di allattare tuo figlio, potresti non avere granché di pazienza verso una donna che si siede accanto a te e prende a declamare le virtù del latte in polvere. Se stai attuando un programma per abituare tuo figlio a dormire per tutta la notte, 73 potresti non avere granché di pazienza verso il tuo partner che alle 3 di notte vuole andare di là a prendere in braccio il bambino per farlo smettere di piangere. Secondo, le questioni legate alla cura del bambino sono intrise di emozioni. Molte persone hanno opinioni e preferenze ben precise rispetto all’allattamento al seno o con il latte artificiale, alle abitudini relative al sonno e alle modalità corrette di crescere un bambino. Durante il tuo primo anno da madre ti ritroverai un’infinità di volte a non essere d’accordo con il tuo interlocutore. Ogni volta che è possibile, cerca di discutere delle questioni importanti connesse alla cura del bambino nei momenti in cui sei meno stressata. Discettare sulle teorie sul sonno dei neonati nel profondo della notte mentre tuo figlio strilla ferocemente non servirà a molto. Parlane in un momento di relativa calma e tranquillità, quando non è in corso una lotta per il sonno. Tutte le volte che puoi, cerca di elaborare un piano prima che la situazione critica si verifichi. Se stai attuando un programma per abituare tuo figlio a dormire per tutta la notte lasciando che riprenda sonno da solo, concorda in anticipo con il tuo partner la frequenza con cui andrete a vedere come sta e come potreste aiutarvi l’un l’altro a gestire lo stress causato dal pianto di vostro figlio. Inoltre, ricorda sempre il principale obiettivo della comunicazione assertiva: tenere in considerazione i bisogni dell’altra persona badando nel contempo a soddisfare i tuoi. Se una certa scelta è particolarmente importante per te, assicurati di dare adeguato riconoscimento ai sentimenti dell’altra persona, Alle 3 di notte potresti dire: «Tesoro, so che vorresti andare a prendere Joe e farlo dormire qui insieme a noi. Io vorrei che lui si riaddormentasse nel suo lettino. Ricordati che lo scorso fine settimana abbiamo deciso che tutti e due vogliamo che Joe impari a dormire per tutta la notte. Adesso lasciamolo stare e riparliamone domani, quando avremo la mente più fresca». Questo messaggio viene recepito molto meglio di «Se vai di là a tirare su quel bambino mi incavolo che non ne hai idea». In piena notte anche la persona più passiva può diventare alquanto aggressiva! Stabilite queste tre indicazioni generali, andiamo ora a concentrarci su aspetti specifici della cura del bambino. 74 Capitolo quinto Mantenere la calma quando «me» diventa «mamma» In questo capitolo l’attenzione è tutta sulle mamme. È difficile mettere a fuoco la miriade di ragioni per cui diventare mamma può essere così complicato. Forse uno dei motivi è che coinvolge tutto: i nostri pensieri ed emozioni verso noi stesse, il nostro corpo e le nostre attività quotidiane. Un altro motivo è che gli effetti possono essere quasi indefinibili. Le neomamme sanno di sentirsi diverse rispetto a prima, ma è difficile descrivere cosa sia cambiato. Questo può essere sconcertante e rendere ancora più complesso trovare soluzioni ai problemi. Ho avuto modo di riflettere a lungo e a fondo su questo tema attraverso le mie esperienze personali, le esperienze dei miei pazienti e dei miei amici e le risposte all’indagine sulla mamma tranquilla. Mettendo insieme tutte queste informazioni, sono arrivata a classificare le difficoltà in quattro principali categorie: emozioni inattese, perdita di identità e libertà, perdita di fiducia in se stesse e perdita di tempo per sé. In questo capitolo le affronto una per volta, partendo da un esempio, individuando le difficoltà e poi fornendo soluzioni utili che si basano in gran parte sulle strategie della mamma tranquilla. Emozioni inattese Prima di avere un figlio, le donne tendono a presumere che la maternità sarà un susseguirsi di momenti di gioia pura e perfetta. Quando arriva la realtà, con i relativi momenti meno gioiosi, le neomamme si sentono spesso prese alla sprovvista. Consideriamo l’esempio di Lucy. 117 Esempio Lucy non vedeva l’ora di poter finalmente abbracciare il suo maschietto. Dopo un parto regolare, le misero in braccio il piccolo Peter e per la prima ora o giù di lì Lucy si sentì esattamente come si era aspettata di sentirsi: euforica. Non riusciva a smettere di guardare il minuscolo Peter, meravigliata del fatto che lei e il marito avessero potuto generare una creatura tanto bella. Poi arrivò la realtà. Attaccarlo al seno era difficile e frustrante. Si rese conto di quanto si sentisse stremata e dolorante in seguito al parto. L’unica cosa che voleva veramente era che qualcuno portasse via il bambino così da permetterle di riposare un po’. Le due settimane successive furono un analogo alternarsi di alti e bassi. Alcuni momenti con il piccolo erano semplicemente celestiali. E tuttavia molte volte Lucy si sorprendeva ad avere pensieri come «Vorrei fare una pausa», «Mi manca il fatto di bere il caffè e leggere il giornale la domenica mattina» e «Chissà cosa staranno facendo in ufficio». Questi pensieri la portavano ad averne altri molto più dolorosi: «Sono una madre orribile», «Perché non mi sento più legata al bambino?» e «Non è giusto che altre persone che veramente vogliono dei figli non li possano avere e io che ce l’ho vorrei fare una pausa!». Le difficoltà Le emozioni associate al diventare madre per la prima volta sono complesse. Spesso sentiamo neomamme dire che avere un figlio è stata «la cosa più bella che io abbia mai fatto» o che non sono mai state «così felici». Le sentiamo raccontare di come, la prima volta che hanno avuto tra le braccia il piccolo, hanno sentito che finalmente tutto andava bene. Il problema è che queste reazioni emotive sono solo una parte della storia. Quando le neomamme provano verso il bambino o l’esperienza della maternità delle emozioni che non sono splendidamente positive, possono partire i pensieri negativi. Per il fatto di avere questi pensieri, le neomamme possono convincersi di avere qualcosa che non va o di non meritare di avere un figlio. 118