Il turismo e le nuove generazioni - interviste

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Il turismo e le nuove generazioni - interviste
ll turismo e le nuove generazioni,
un’indagine sul comparto alberghiero milanese
ALLEGATO A – VERBALI INTERVISTE DI APPROFONDIMENTO
Interviste di approfondimento realizzate grazie alla collaborazione di:
- Filippo Squarcia, Starwood Hotels & Resorts
- Laura Mengoni, ASSOLOMBARDA
- Massimiliano Sarti, Job in Tourism
- Renato G., giovane lavoratore in Hotel di catena a Milano
- Simona C., giovane lavoratore in Hotel di catena a Milano
Intervista a Filippo Squarcia
HR Manager – Starwood Hotels & Resorts
L’ingresso delle compagnie straniere internazionali
Il cambiamento più importante che stiamo vivendo, all’interno del settore alberghiero, è senza dubbio dovuto alla maggior presenza di compagnie straniere internazionali. Questo
ha ricadute dirette sul personale, in particolare le nuove generazioni. Fino a 10 anni fa il tasso di scolarità medio del personale in ingresso era mediamente fermo alla scuola
superiore, rari i casi di giovani dipendenti laureati. Dopo l’ingresso in azienda iniziava una crescita dovuta principalmente all’esperienza sul campo, si partiva dalla gavetta. Oggi
invece è più elevato il numero di giovani che accedono al settore dopo aver frequentato facoltà universitarie e master. A titolo di esempio, in una delle prime strutture in cui ho
operato, su 400 dipendenti vi erano solo 3 laureati, mentre ora il 20% dei giovani ha già un titolo di laurea. Questo comporta maggiori aspettative e, in alcuni casi, la pretesa di
inserirsi a determinati livelli saltando la gavetta.
La prospettiva di lavorare nel turismo – e in particolare nell’alberghiero - è più accattivante di un tempo. L’impegno e la cura nell’immagine oltre che le diverse attività di marketing
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che le catene internazionali hanno intrapreso accresce il valore del lavoro nell’hotellerie, facendone un vero e proprio nuovo “lifestyle”.
La presenza dei marchi dei gruppi alberghieri internazionali all’interno di iniziative di orientamento al lavoro realizzate dagli Atenei e più in generale un maggiore contatto tra
queste due realtà va in questa direzione e offre nuove modalità di scoperta del lavoro e dell’azienda ma comporta – naturalmente - anche il rafforzamento delle aspettative da
parte dei giovani. Il sistema aziendale è però in grado di accogliere, premiare e soddisfare i giovani che hanno investito nella loro
formazione e, se motivati, sono in grado di farsi valere.
I giovani e l’inserimento in azienda
Credo sia opportuno continuare a lavorare sulle modalità di inserimento dei giovani in azienda. Non si può negare come l’organizzazione alberghiera sia – storicamente - molto
gerarchica. Pochi a comandare e molti ad eseguire. Stiamo cambiando approccio, riducendo la verticalità offrendo ai giovani la possibilità e lo spazio per fare, sbagliare e
crescere. Questo è più semplice in un contesto di catena rispetto ad una struttura single-unit. Per quanto riguarda l’inserimento dei giovani, vi è da notare come l’apertura alle
pratiche di revenue management abbia permesso di aprire spazio per i ragazzi con un forte bagaglio di analisi economica, di conoscenza dei trend di mercato ma anche a coloro
più legati aduna formazione centrata sul marketing per l’importanza rivestita dal marchio e dal brand della struttura.
Vi è una maggiore commistione di percorsi formativi, anche per le figure professionali già inserite. L’interscambio di lavoratori provenienti dalla grande distribuzione o dalle
multinazionali non è più così sporadico.
Questo permette l’apertura di nuovi orizzonti e la possibilità di ridisegnare ruoli tradizionali in un modo nuovo che diano soddisfazione e risposta a questi ragazzi. Oggi abbiamo
vissuto una prima rivoluzione: da altri mondi a quello alberghiero. Dobbiamo però aprire nuove possibilità per chi parte dal mondo alberghiero e vuole poi inserirsi in altri mondi
professionali. Se i giovani non trovano risposte all’interno del settore, potranno sempre più sfruttare la loro esperienza per cercarla in altri business. L’alberghiero fa infatti parte
dell’industria turistica ma è molto particolare, si pensi a come, da noi, il cliente lo si abbia sempre in “casa”. La sfida però, anche per le aziende, è quella di rendere
integralmente permeabili i diversi settori: dall’alberghiero al turistico e verso gli altri business.
Tra giovani lavoratori e figure già inserite
Il rapporto tra coloro che da più anni operano in una struttura alberghiera e i giovani lavoratori, in particolare i nuovi inseriti, è molto delicato. Da un lato queste nuove figure
premono, dall’altro vi è una naturale difesa dello status quo da parte di chi è già all’interno. Qui entra in gioco il management delle risorse umane che lavora per mettere in
contatto i due mondi, che ascolta e prende in considerazione il parere dei nuovi inseriti, che gratifica chi è già all’interno dell’azienda da tempo. Tra i giovani appare opportuno
distinguere tra coloro che definiamo “hi-potential” o “key-player”. A questi soggetti dedichiamo un’attenzione maggiore. Senza dubbio i ragazzi oggi cercano risposte, risposte che
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siano logiche. Questo crea un attrito con le figure radicate da più tempo in alcune posizioni che, a volte, si nascondono dietro procedure e policy (su tutte il vecchio adagio: “si è
sempre fatto così”). L’ingresso di giovani, motivati e dalla alta formazione, rende più difficile di prima la gestione intergenerazionale. Prima erano più sporadici i casi di giovani
“curiosi”, mentre ora aumenta questa massa critica che impone, al management delle risorse umane, di far dialogare, su un terreno comune, i due gruppi, riducendo la distanza
generazionale in funzione della soddisfazione di tutti.
Dobbiamo evitare sia l’allontanamento dei giovani che l’eventuale accettazione, carica di frustrazione, di uno status quo che non convince, con le sue conseguenti negatività. E’
un settore lavorativo che entra nella vita privata, c oinvolge i sabati e le domeniche e dunque è un mestiere scelto e mantenuto solo dove c’è forte passione e motivazione a
superare anche le difficoltà intergenerazionali. Va notato peraltro, tra gli aspetti positivi, come da parte dei dipendenti già inseriti da anni, vi siano più richieste, a noi rivolte, di
aiuto nella gestione delle relazioni con i giovani. Questa comprensione dell’importanza di tale aspetto ci permette di migliorare costantemente.
Criticità nelle giovani generazioni
Per quanto riguarda i ragazzi che escono dalla scuola alberghiera, a mio avviso la principale criticità è l’inadatta formazione posseduta. Penso la scuola alberghiera stia infatti
gradualmente abdicando al suo ruolo di formatore tecnico e comportamentale dei ragazzi. Le scuole alberghiere sono meno efficaci di prima, quasi viste come un ripiego per
alcuni ragazzi. Avverto un minore orgoglio nello studiare per prepararsi alle professioni alberghiere. Paradossalmente è ora molto più facile assumere un revenue manager che un
valido chef de rang. Abbiamo forse rivolto troppa attenzione all’attività di “scouting” dei livelli più critici e forse dato meno attenzione alle figure più operative, cuore del servizio
alberghiero.
Se è vero che per un ufficio HR di catena un marketing manager importante garantisce una certa immagine nei nostri incontri internazionali, non dobbiamo tralasciare
l’investimento sul core business. Con un po’ di autocritica, a volte, ci si innamora del voler apparire come catena che offre un certo lifestyle mettendo in secondo piano l’offrire il
servizio dagli standard garantiti. Senza dubbio non veniamo aiutati dalle scuole, ma neanche dalle società interinali o di servizi. Trovare ragazzi consoni al messaggio che
vogliamo dare è una missione molto complessa, siamo sempre interessati a giovani motivati con idea di freschezza e cambiamento
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Intervista a Laura Mengoni
Area Formazione Scuola Università e ricerca
Le prospettive per un giovane nel settore alberghiero
In quanto responsabile dell’area formazione dell’intera Assolombarda, e dunque considerati tutti i settori nel loro insieme, ritengo che, per quello turistico, ed in particolare quello
alberghiero, ci siano buone prospettive per i giovani.
Forse, confrontando i settori, quello turistico arriva un po’ dopo, come prospettive, l’area tecnologica-scientifica per cui c’è una forte richiesta di periti. In quell’area vi sono ancora
molte opportunità di innovazione.
Tornando al settore turistico, la realtà milanese sta crescendo per opera dei grandi gruppi alberghieri e dei grandi tour operator. Per un giovane che vuole partire dal basso le
opportunità di sviluppo di carriera nel settore sono enormi, anche considerata la naturale vocazione dell’intero Paese.
Questo è avvalorato anche dal fatto che i grandi gruppi non hanno ancora completamente esaurito la loro forza di penetrazione in Italia, sebbene l’area milanese rappresenti
un’area a forte presenza di catene. Queste ultime stanno trainando ed influenzando l’intera offerta alberghiera. Grandi passi avanti fatti negli ultimi anni e molti ancora da fare,
però, anche per le grandi catene. C’è bisogno di rinnovare il collegamento con l’Università e con le scuole secondarie per costruire nuove figure professionali complete a 360°. È
necessario formare ragazzi che conoscano tutti gli aspetti del settore ospitalità e che siano in grado di interfacciarsi con le diverse aree operative. Entrando dal basso, a mio
avviso, non ci sono limiti alle opportunità di sviluppo e crescita che questo settore può offrire anche grazie alla trasversalità, in aumento, con gli altri settori produttivi.
Tra competenze e conoscenza
Per un giovane che cerca di inserirsi nel mondo del turismo, l’esperienza è valutata come prioritaria rispetto al titolo di studio poiché vi sono alcuni gap che il mondo della
formazione deve recuperare. Non parlo della conoscenza in senso stretto, che i ragazzi sembrano mediamente possedere, quanto invece di competenze. Una volte acquisite una
serie di competenze di base, vi sono poi tutti gli strumenti per riuscire a coprire eventuali lacune ed apprendere – e migliorare - in autonomia. Le aziende cercano infatti nei
ragazzi una serie di competenze che permettano loro, in tempi brevi, di riuscire ad applicare le conoscenze apprese. In questo senso stiamo provando a lavorare sulle
metodologie didattiche su diversi fronti, dal tavolo aperto con le Università di Milano, ad un dialogo con più istituti scolastici. All’interno delle nostre attività abbiamo previsto una
serie di stage degli insegnanti all’interno delle aziende al fine di agevolare un aggiornamento dei docenti sul modo di lavorare oggi. Si tratta di ripensare le modalità di
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insegnamento, di comunicazione, di lavoro di gruppo. C’è da lavorare ancora molto per eliminare le difficoltà che mediamente un giovane oggi ha nell’orientarsi rispetto al suo
futuro, alla sua carriera. Non mi riferisco alle informazioni sulle opportunità professionali, quanto alla conoscenza di sé stessi, alla comprensione delle proprie attitudini. Un lavoro
del genere, di recupero di consapevolezza, può essere realizzato anche durante le esperienze di stage, migliorando il progetto formativo al fine di permettere anche al ragazzo di
autovalutare la propria esperienza. Le competenze andrebbero inoltre in qualche modo certificate, in modo che siano riconoscibili dalle stesse aziende.
La circolarità della conoscenza nel dialogo scuola-aziende
Se possiamo definire fisiologica la ridotta produttività iniziale dei ragazzi, appare opportuno lavorare con urgenza sulla formazione dei giovani perché sia resa meno teorica. Le
aziende non devono però pretendere di imporre al sistema formativo il “cosa fare” quanto invece comunicare i propri bisogni, informare sui trend e le dinamiche in atto. Sarà poi
compito delle scuole rendere la formazione più flessibile, in grado di adattarsi ai cambiamenti rapidi del mercato. Il punto nodale sta nella costanza del dialogo tra aziende e
mondo della formazione. Non ci si può accontentare di episodiche occasioni ma bisogna impostare una vera e propria co-progettazione che permetta una “circolarità della
conoscenza”. Dall’applicazione in azienda di quanto appreso nelle scuole e nelle università, la conoscenza può e deve tornare nelle
scuole stesse connotata dalla pratica generando un circolo virtuoso funzionale ed utile alla crescita dell’intero comparto.
Intervista a Massimiliano Sarti
Caporedattore – JOB IN TOURISM
L’appeal del lavoro nel settore alberghiero
Premettendo come, attraverso il mio lavoro in Job in Tourism, riesca a confrontarmi più con i general manager, i direttori di risorse umane ed i professionisti già attivi nel settore
turistico che con i ragazzi che entrano nel mondo del lavoro, ritengo che un giovane venga ancora spinto dalle classiche motivazioni. L’ambiente interessante e stimolante, la
possibilità di viaggiare in un ambiente multiculturale, un lavoro poco routinario che presenta situazioni particolari nel quotidiano: credo siano ancora queste le spinte motivazionali
per un giovane a studiare turismo e cercare di inserirsi in questo mondo. Nelle mansioni dell’hotellerie l’aspetto non routinario è particolarmente importante. Dobbiamo avvicinare i
giovani a questo mestiere, e non solo nell’area cucina, in cui sono forti le passioni individuali, anche avvalorate dai nuovi “star chef”.
Se torniamo indietro di qualche anno, queste motivazioni citate, benché come detto ancora valide, siano un po’ più deboli. Anche l’aspetto economico sembra essere meno
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motivante, con un livello medio retributivo spesso ritenuto non premiante o comunque non sufficiente ad accettare l’elasticità e i sacrifici che lavorare in questo tipo di aziende
comporta.Per quanto riguarda le aspettative che giovani ripongono nel lavoro in questo settore, i direttori sostengono che i giovani abbiano troppe pretese, che dovrebbero
imparare a “tirarsi su le maniche”. È però altrettanto vero come non tutte le imprese diano reali opportunità di crescita, e questo aspetto può essere un discrimine tra buona e
cattiva impresa. Si prosegue perché si ama questo lavoro, altrimenti il contesto attuale offre una serie di elementi profondamente scoraggianti. Non è facile reclutare persone
disposte a lavorare nel weekend motivandole con la sola passione.
Per quanto riguarda l’eventuale permeabilità del settore turistico con altri settori, vedo possibilità per chi arriva da altri comparti e con esperienza in aree quali finanza e controllo,
HR, ma è, al momento, decisamente più difficile il contrario. È diffusa l’impressione che vi sia – ancora –carenza di una vera e propria classe manageriale nell’hotellerie. A questo
si aggiunge come, in alcuni casi, in particolare per le imprese a conduzione familiare, si impedisca lo sviluppo di potenzialità dei giovani anche a causa della questione
intergenerazionale, a partire da semplice gelosia tra il titolare ed i giovani appena entrati in aziendaTra formazione ed inserimento lavorativo.
Volendo migliorare l’attuale scenario del mercato di lavoro ed in particolare l’accesso delle giovani generazioni al primo impiego, è opportuno lavorare sulla distanza tra il fronte
formativo (scuole, in particolare) e quello aziendale. Manca forse un percorso accademico alberghiero ben strutturato in Italia. In questo contesto ad alto tasso di cambiamento ci
troviamo con professori che hanno lavorato anni fa. L’insegnamento può essere obsoleto già in partenza, a partire da programmi e libri. Manca inoltre una reale opportunità di
esperienza pratica. Gli stage sono troppo brevi e la riforma della terza area non sembra stia risolvendo la questione. D’altra parte, anche le aziende devono strutturarsi per
accogliere i cosiddetti giovani ad alto potenziale che pretendono di poter fare un significativo percorso di crescita. Dobbiamo comunque registrare come, in alcuni casi, si assista a
delle richieste esagerate da parte delle aziende nei confronti dei giov ani. Offrire 1000 euro al mese per una disponibilità di 7 giorni su 7, con meno di 25 anni, 5 lingue, uno o più
titoli di lauree aumenta la distanza tra domanda ed offerta di lavoro. In questi anni – al netto della crisi attuale - ho registrato una contrazione nell’offerta di lavoro. Questo ha però
accelerato alcuni cambiamenti nelle quantità e nei modi dei processi di dialogo tra aziende e giovani diplomati, e dunque nei processi di inserimento di questi ultimi nelle prime.
In particolare l’aumento del numero di canali possibili, l’utilizzo più strutturato di internet aumenta la velocità ed il collegamento diretto tra chi cerca lavoro e coloro che si occupano
di selezione.
Alcuni consigli per le nuove generazioni
Ad un giovane che, in uscita dalle scuole secondarie, volesse entrare nell’industria turistica, in particolare quella alberghiera, consiglierei di avere innanzitutto molta pazienza. Non
devono pretendere fin da subito mansioni e responsabilità di un certo tipo. C’è tempo e spazio per farsi valere.Ciò detto, anche se si tratta di classici consigli, è sempre opportuno
fare più esperienze possibili, soprattutto all’estero per conoscere lingue. E non solo l’inglese, poiché più si sale gerarchicamente, meno è sufficiente una sola lingua.
Se consideriamo che cambiare lavoro all’inizio della propria carriera, nel settore turistico, venga visto come un qualcosa di imprescindibile, ritengo sia possibile identificare,
accanto ad un percorso che preveda il cambiare molti ruoli e posti di lavoro nei primi anni, un percorso alternativo che preveda invece di entrare in una struttura di catena e
cambiare all’interno di questa (dunque da un percorso per crescita esterna ad uno per crescita interna). Entrambe le strade rappresentano una possibile chiave di successo.
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Intervista a Renato G., 26 anni,
Receptionist, Hotel di Catena a Milano
Il mio approccio e il mio presente nel settore alberghiero
Ho iniziato il mio percorso formativo scegliendo, come scuola superiore, l’istituto tecnico per geometri. Ma ho capito subito che non funzionava e, grazie ad un familiare, ho fatto
una prima stagione estiva in albergo. Ho deciso di cambiare scuola e dunque di passare ad un professionale turistico. Con il campo aperto davanti a me, ho iniziato a fare una
serie di esperienze diverse: animazione in villaggio, desk in aeroporto, agenzie di viaggio per poi arrivare in albergo. Sono arrivato con una forte curiosità nei confronti di
un nuovo settore e, dopo 6 positivi anni di lavoro all’estero, sono tornato in Italia lo scorso anno. Grazie all’alternanza di ruoli e paesi in cui ho lavorato, sono subito riuscito ad
inserirm i. Nel mio personale bilancio, tra aspetti positivi e negativi, attualmente mi ritengo molto soddisfatto della mia condizione lavorativa. Forse cambierei qualche aspetto
organizzativo in azienda. Ad esempio ricordo come all’estero vi fosse un maggior rispetto di turni ed orari, più uguali per tutti. I punti di forza, e quindi i vantaggi del lavorare nel
settore alberghiero, sono dati dal sapersi muovere per viaggiare, sapersi organizzare, ampliare le proprie conoscenzeprofessionali e culturali, ma anche il costante contatto
umano con altre persone ed il poter parlare altre lingue. Per quanto riguarda invece le difficoltà, e quindi i vincoli, i punti critici, ritengo non siano così diversi da quelli degli altri
settori.
La questione dell’inserimento lavorativo
Posso dire che, nel mio piccolo, alle riunioni ho avuto l’opportunità di dire la mia e questa è stata ascoltata. Questo permette di lavorare ed esser contenti, più felici e motivati, e si
rende al massimo. Il rapporto con i colleghi è positivo, il mio inserimento è stato veloce. Fondamentale per il mio inserimento è stato il ruolo del capo ricevimento. Posso dire che
anche altre figure, quale il revenue manager, sono state disponibili a spiegarmi alcuni aspetti del loro lavoro. In una delle mie prime esperienze nell’alberghiero, di tipo
familiare, vivevo però una condizione particolarmente negativa. In quel contesto gli errori venivano tutti scaricati sul personale, era palese come il turnover in quella struttura
fosse notevole.Al momento invece, poiché mi trovo bene, penso resterò nell’azienda per la quale lavoro. Da quando sono entrato a far parte di questo gruppo sono infatti riuscito
a migliorare la mia condizione lavorativa, cambiando il mio contratto e la remunerazione. Per migliorare ulteriormente il rapporto tra giovani generazioni e industria turistica
lavorerei sulle leggi che portano i giovani, magari laureati, ad essere assunti a tre mesi, solo temporaneamente. Questa precarietà diffusa nel settore non invoglia i giovani ad
entrare. In particolare in alcune aree, ad elevata disoccupazione, le aziende hanno la possibilità di giocare al ribasso, con condizioni salariali e contrattuali molto penalizzanti per
un giovane. Sanno che prima o poi qualcuno accetterà.
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Un consiglio per i giovani
Tornando indietro, alla luce della mansione che svolgo, non cambierei il mio percorso formativo. In Italia è stato soddisfacente ma, tre giorni dopo la maturità, sono partito ed ho
iniziato a girare. In paesi in cui la mia padronanza linguistica non era completa, ho fatto lavori non a contatto con il pubblico nei primi momenti. Ritengo fondamentale ampliare il
proprio bagaglio all’estero per poi poter rientrare a lavorare in Italia. Non si può pretendere di fare il lavoro dei propri sogni dietro casa. Lo stage può essere un primo passo in
questo senso, l’occasione per iniziare a muoversi ed a cogliere le opportunità. Ho comunque delle sensazioni positive per il settore alberghiero nel futuro. Vi sono possibilità di
crescita in aziende che investono sui giovani, mi sento fortunato.
Intervista a Simona G., 25 anni,
Back-office, Hotel di Catena a a Milano
l mio approccio e il mio presente nel settore alberghiero
Provengo da una laurea triennale in traduzione ed interpretariato, corollata da un corso finanziato dalla Regione Puglia. Dopo alcuni colloqui ho iniziato a lavorare per una
compagnia aerea e, dopo altre esperienze, sono approdata al settore alberghiero. A favore di questa scelta vi è la possibilità di “rivendere” – credo - facilmente in altre strutture
l’esperienza fatta in quest’albergo. Personalmente vedo infatti più complessa la crescita interna se non all’interno di catene alberghiere grandi ed internazionali.
Purtroppo il turismo soffre di stipendi bassi rispetto a d altri settori, spesso contratti a tempo determinato se non stagionali che accentuano la necessità di cambiare struttura. La
precarietà del settore turistico per ora non mi pesa, ma in futuro potrebbe impattare. Facendo un bilancio complessivo, al momento non mi ritengo particolarmente soddisfatta.
Non mi vedo in una situazione drammatica ma, confrontandomi con amici che lavorano in altri comparti del settore turistico, lo stipendio è la questione più critica. Potendo
scegliere, forse, proverei a lavorare come travel manager all’interno di una multinazionale
Il rapporto tra le giovani generazioni e l’industria turistica
Personalmente, nel valutare il rapporto tra le giovani generazioni e l’industria turistica, in particolare quella alberghiera, ritengo come la casistica sia molto ampia. In alcuni casi
assistiamo ad un rapporto collaborativo, in altre più complicato. Mettendomi dall’altra parte, non sempre c’è così tanto tempo da dedicare a formare le altre perone durante il turno
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di lavoro. In parte capisco come non sempre i capi ci possano dare retta. Da una parte chi arriva per ultimo deve essere una spugna, dall’altra serve collaborazione e formazione.
In un mio bilancio complessivo vedo comunque una buona disponibilità, ascolto e dialogo. Al momento non ho mai potuto “proporre” perché non saprei ancora come muovermi,
però ogni volta che ho chiesto, ho ottenuto sempre delle risposte. Un’ultima nota va, a mio avviso, al malcontento che posso riscontrare in termini di prospettive di carriera rispetto
alle altre generazioni: purtroppo è un settore che ci piace molto, ma non ci soddisfa altrettanto. Vi è senza dubbio un pieno rispetto per la persona ma non si ha l’impressione che
tutta questa gavetta, tutto l’impegno, porterà poi a dei risultati.
Cosa suggerirei ad un giovane in uscita dalle scuole secondarie.
Personalmente, alla luce della mia seppur breve esperienza, ad un giovane che, in uscita dalle scuole secondarie, volesse entrare nell’industria turistica suggerirei di pensarci
bene.
Purtroppo a livello internazionale non ho ancora esperienze da poter vantare e quindi non posso fare particolari confronti ma a chi non è fortemente motivato quasi quasi
suggerirei di cambiare settore. Per chi invece desidera proseguire, al fine di trovare un proprio spazio lavorativo soddisfacente, suggerei di specializzarsi in alcune attività (ad
esempio attività legate alla gestione dei gruppi oppure nell’area meeting)
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