Scheda: La vita nell`arte
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Scheda: La vita nell`arte
Scheda: La vita nell'arte Marcello Venusti (1515-1576), Natività, Roma, Basilica di Santa Maria Sopra Minerva Affresco della Madonna del latte, Abazia di Chiaravalle, Alseno (PC) Giovanni Segantini, L'angelo della vita, 1894 Milano Galleria d'arte moderna. Guida alla lettura delle immagini 1) L'arte cristiana, praticamente da quando esiste la Chiesa, rappresenta l'inizio della vita nella nascita di Gesù, secondo il racconto evangelico che possiamo leggere nei vangeli di Matteo e Luca. 2) Nello stesso tempo la nascita è un evento/chiave della vita perché, come abbiamo detto, nessun discorso sull'uomo può prescindere dal fatto della nascita, della morte e del loro senso. 3) E' interessante notare come già l'arte moderna e poi in modo ancor più marcato quella contemporanea abbia quasi abbandonato il tema della nascita, ma questo è verosimilmente un riflesso della perdita di orizzonte di senso tipica dei nostri tempi. Proprio per questo il bambino non più simbolo di senso, diventa un feticcio, un sorta di idolo a cui è concesso ogni capriccio. 4) Nella prima immagine si mette in scena la classica scena barocca della natività. In particolare il momento dell'”adorazione dei pastori” di cui parla Luca. La scena è infatti costruita su tre piani: sullo sfondo, che si apre dietro ad un arco del porticato della casa in cui avviene l'adorazione, vediamo alcuni pastori che ricevono da un angelo l'annuncio della nascita del Salvatore. L'essere celeste brilla di una debole luce, che illumina lo scorcio paesaggistico. Il piano successivo vede, nel centro fisico dell'icona, il piccolo avvolto in fasce, deposto sulla mangiatoia, coccolato da sua madre contemplato (in una specie d'abbraccio) dal padre Giuseppe. Gesù emana una squillante luce bianca ed è la “vera luce” che si è rivelata nel mondo, secondo il dettato di Giovanni. Il primissimo piano, a destra ed a sinistra della sacra famiglia, vediamo i pastori: uomini da una parte, donne dall'altra che portano con sé un bimbo. Davanti alla mangiatoia è deposto un bastone da viaggio con un sacco legato, segno dei doni recati dai pastori al bambino. Questi sono rappresentati silenziosi, assorti, intenti a comprendere il significato dell'evento al quale assistono e dal quale sono illuminati. Due mani (quella del pastore genuflesso a sinistra e quella del bimbo a destra) indicano con l'indice Gesù: il cuore pulsante della scena. 5) La seconda scena rappresenta una tipologia iconografica celeberrima nell'epoca gotica, che però lascia traccia pure nei secoli successivi, per poi perdere di frequenza nel periodo barocco. La scena rappresenta Gesù bambino, in braccio alla Vergine che lo allatta ad un seno. In questa icona la Madonna è vestita con i consueti colori che la tradizione le attribuisce (tunica rossa e manto blu). Porta l'aureola, è velata e coronata come una regina. I suoi capelli sono biondi, come quelli del figlio, lo sguardo penetrante guarda il fruitore, le mani invece sorreggono il bimbo e gli sfiorano il piedino destro. Il Signore Bambino è vigorosamente rappresentato nella sua corporeità, pur con qualche incertezza nell'impostazione prospettica. Come nell'icona precedente un lenzuolo ne cinge i fianchi e l'aureola reca al suo interno il simbolo della croce. La manina destra del piccolo Gesù è attaccata al seno della Madre da cui sta succhiando il latte vigorosamente, come indica la posizione della bocca, Gli occhi del bambino sono interamente rivolti verso la madre. E' impossibile parlare dell'ambientazione essendo l'immagine il nucleo centrale salvato di un affresco più ampio: la campitura rosso pompeiano e l'accenno di una volta a tenda ci fa ritenere verosimile che l'affresco rappresentasse una “sacra conversazione”. 6) L'ultima immagine che proponiamo è stata dipinta dal trentino Giovanni Segantini circa 120 anni fa. Il quadro rappresenta una donna con bambino nella quale è facile indovinare il soggetto mariano, anche se questo non compare esplicitamente nel titolo dell'opera, che non ha committenza ecclesiastica. Lo sfondo è suggestivo: fatto di un limpido cielo segnato da qualche nuvola e da una terra piatta, ma non desertica, ravvivata da un lago che rispecchia il cielo. Il primo piano del quadro è dominato da un ramo possente di un albero (il cui tronco non vediamo). Il ramo si biforca in un ramo a sinistra verde e vivo, ed in uno a destra rinsecchito. Sulla forca del ramo, in bilico dunque tra “vita” e “morte” si staglia una giovane donna bionda, vestita da un vaporoso abito bianco, che regge in braccio un bimbo, coi capelli dello stesso identico colore, che si appoggia fiducioso al suo petto. Entrambi i soggetti tengono gli occhi chiusi. Il dialogo tra i due protagonisti è intensissimo ed altamente emotivo, ma tutto interiore: la donna che abbraccia con calda tenerezza la sua piccola creatura, proteggendola in un atto estatico e per certi aspetti a-temporale. Il bimbo abbandonato sul cuore della madre, il cui ritmo culla la creatura. Nulla sembra poter interferire con l'intimo dialogo di questa madre e di suo figlio, eppure si percepisce che il dialogo di vita che li lega è il motore che dà vita all'altero e respiro al creato. Piste per il lavoro sulle immagini. 1) I sentimenti che sono legati alla nascita sono in qualche modo rappresentati nella prima immagine. Gioia, meraviglia, stupore, bellezza, ma anche un certo clima di malinconia legato all'incertezza sul destino della nuova creatura. Assegna questi sentimenti ai protagonisti del quadro della Natività. 2) Sia nel quadro della Natività, che in quello della Madonna del Latte gli sguardi della Madre e del Figlio sono intrecciati in un'intimità speciale. Umanamente questo è il simbolo dell'educazione: nessuno vive senza una relazione particolare che gli dona vita (intesa come cibo, ma soprattutto come relazione che dona vita ed identità). Prova ad elencare le cose che hai imparato a fare da quelli che ti hanno educato ed i valori che ti hanno trasmesso. 3) L'atteggiamento dei pastori è lo “stupore” (Cfr, Lc. 2,18): lo si vede disegnato bene sui volti del pastore a sinistra e della donna a destra, che in una sorta d'incanto muto osservano la scena. Come se il poema della vita intonato dalla Santa Famiglia creasse un momento sospeso tra il tempo e l'eternità. Questo è sottolineato dalla luce arcana che promana dal Bambino Gesù, e che illumina il lenzuolo che l'avvolge e poi proietta lo stesso biancore sul lembo in vista della manica della camicia del pastore genuflesso a sinistra, ed a destra sul vestitino del bimbo e sulla manica della donna che l'accompagna. “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv. 1, 9): questo è il testo che il quadro intende illustrare. Rifletti sul simbolo della luce: è ciò che permette di vedere (anche gli occhi migliori, senza luce, sono inutili), ha uno splendore che rende visibili e dunque comprensibili le cose. In fondo ogni nascita è una “luce” che lascia attoniti: per la sua bellezza, dolcezza, delicatezza. Nello stesso tempo ogni nascita ha bisogno di luce, perché la vita del bimbo che viene al mondo è pura potenza: una specie di bellissima scommessa che solo il tempo dirà dove porta. Infatti chi ha avuto l'occasione di vedere i parenti che s'affollano di fronte al nido di un ospedale che accoglie i bimbi neonati, può scorgere negli atteggiamenti, nei tratti del volto un quid delle emozioni che si leggono nei volti dei pastori rappresentati dal Venusti. Prova ad interrogarti su questo mistero di vita: al di là del dato biologico, ovvio, giusto, ma nello stesso tempo anche banale, cosa si può dire di fronte al miracolo di una vita nuova? 4) Con l'aiuto del professore di religione e d'italiano commenta questa poesia ambientata presepe, raffigurato nel quadro di cui parliamo. La poesia è di David Maria Turoldo: frate/poeta che abbiamo già conosciuto lo scorso mese: SOLO DEI POVERI (I pastori dicevano tra loro “andiamo fino a Betlemme...) Lc. 2,15 Era annunziato da un angelo prima, poi dal profeta ancora nel grembo pareva rotto il grande silenzio: solo le cose eran pronte all'evento? Gerusalemme ora tutta dormiva, un sonno greve pesava sul tempio; solo dei poveri sempre in attesa videro i cieli aprirsi sul mondo. E fu la fede di questi pastori, viva da sempre nell'umile gente, viva nel piccolo resto da sempre, che vide e cielo e tempo gioire. Ma essi a Betlemme trovarono solo un bimbo in fasce, deposto sul fieno, e lei e Giuseppe ora chini in silenzio, pur se dovunque corre l'annuncio. 5) L'immagine della “Madonna del Latte” ha avuto un successo straordinario nei tre secoli successivi all'anno 1000. Anni durissimi di carestie, freddo e pestilenze, come spesso le immagini aspre della “danza macabra” e della “predica dei morti” ci fanno ricordare. Eppure in questi stessi anni i cristiani di tutta Europa, ed in particolare quelli delle aree più difficili, povere, marginali, amano far rappresentare questa immagine della Madre di Dio nell'atto di cibare il suo Figlio Divino. Un gesto, che i contadini e gli artigiani dell'epoca gotica, vedevano ripetersi ogni giorno nelle loro case. Un gesto di speranza e fiducia nel futuro. Un bambino sfamato e curato è forse quanto di umanamente più vicino alla beatitudine si possa immaginare. Non a caso nel libro dei Salmi troviamo esattamente questa metafora per indicare il rapporto fiducioso tra il fedele e Dio: “Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia.” (Sal. 130,3). 6) Ti invitiamo a riflettere su questa immagine per indicare il valore dell'educazione. Questa parola deriva dal latino e-ducere che vuol dire “tirar fuori, far crescere” ed è l'attività propria di ogni uomo che si pone di fronte alle giovani generazioni, mettendosi al loro servizio: chi educa “si abbassa” al livello piccolo dell'educato e lo aiuta a vivere e crescere. Questa è la condizione della mamma che fa vivere, perché dà alla luce, ma fa anche vivere perché nutre e si prende cura. Senza queste attenzioni nessun uomo vive, e neppure il Dio cristiano, facendosi uomo, si è sottratto a questa dinamica. Cosa pensi di questo? Che emozioni e idee ti suggerisce la vista di una mamma che allatta? Cosa pensi si possa dire di un DioBambino? 7) L'immagine della Madonna del Latte è però anche simbolo efficace della fede. Quale tipo di affidamento è infatti più radicale di un bambino con i suoi genitori? Quando, quindi, si dice “fede” si indica questo atteggiamento: l'uomo amato si può abbandonare all'abbraccio di un Dio che, come ebbe a dire Papa Giovanni Paolo I è “padre” ma è anche “madre” nell'Angelus del 10 settembre 1978. Ma questo è stato anche l'atteggiamento del Dio annunciato da Cristo! Lui si è fidato così radicalmente dell'uomo da affidarvisi (nella persona della Madre, ma poi anche in quella dei suoi aguzzini) per poter portare il germe divino nel cuore dell'umanità. Per permettere all'uomo di essere figlio e fratello di Dio. In questo senso l'immagine della Madonna del Latte è vigorosamente teologica ed indica il mistero di vita e di morte (il lenzuolo è pur sempre anche un sudario) che sta alla base del racconto cristiano su cui si radica la fede della Chiesa. Ancora una volta ciò che è radicalmente umano viene assunto da Dio per farlo brillare in tutta la sua bellezza e verità e mostrarne così il senso, come occasione di speranza. Prova a dire con parole tue il rapporto tra uomo e Dio nel cristianesimo. Distingui tra questa impostazione teologica e quella classica del Dio “onnipotente/onnisciente...” eccetera che mutuiamo dalla tradizione greca. 8) Lo stesso mistero di vita e morte viene messo in gioco pure nel quadro di Segantini. La donna ed il suo bambino stanno, come abbiamo visto, proprio alla biforcazione tra il ramo secco e quello verde: tra il rigoglio ed il deserto. E la vita è esattamente questo iato: questo spazio minuto, di fronte all'eternità, ma assolutamente unico che consiste nell'essere al mondo di ciascuno. Per questo la vita di ogni persona è segnata da un “nome” con il quale si viene “chiamati”. Non c'è umanità senza vocazione, infatti, non c'è vita senza un nome. Noi non siamo materia biologica: ma Mario, Luigi, Francesco, Luisa, Bianca... Nessuna analisi strumentale riuscirà mai a dare ragione di questo fatto nato con l'uomo ed eternamente replicato ad ogni venuta alla luce: un nome ci identifica. 9) Questa dinamica è abbondantemente presente nella tradizione biblica, nella quale troviamo la classica scansione narrativa: “diede alla luce un figlio e gli diede nome...”. Classicamente possiamo citare Isaia 7,14, ovvero la profezia dell'”Emmanuele”, che sta alla base dell'interpretazione cristiana dell'identità di Gesù, prefigurata nell'Antico Testamento. Oppure il “sogno di Giuseppe” (Mt. 1,21) a proposito del nome di Gesù (che significa “Dio-salva” ed indica la missione del bambino che deve nascere). La storia della letteratura è piena di “nomi” dati per ragioni ben precise: un lavoro interessante e divertente può essere scoprire perché Renzo e Lucia de “I promessi sposi” abbiano chiamato “Maria” la loro primogenita o perché Harry e Ginny Potter abbiano chiamato “Albus Severo” il loro primo figlio. Ma questa è la storia di tutti: in un modo o in un altro dietro un nome c'è un perché. Ed un perché che indica un senso. 10) Racconta la storia dei nomi e dei volti e confrontala con la tendenza contemporanea ad eliminare l'identità per confonderla nella massa (cerca e commenta, ad esempio, il quadro del pittore surrealista francese René Magritte intitolato “Golconda” (1953). La tradizione cristiana ha invece sempre al centro l'uomo concreto, storico, la persona: unica ed irripetibile creatura amata e salvata da Dio.