il punto - Centro Studi Calamandrei

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il punto - Centro Studi Calamandrei
IL PUNTO
Le notizie di LiberaUscita
GIUGNO 2014 - n° 120
SOMMARIO
LE LETTERE DI AUGIAS
4052 - Se Francesco scavalca la sinistra
4053 - Quel silenzio sul diritto di non soffrire
ARTICOLI
4054 - Policlinico Gemelli: desistenza dalle cure non è eutanasia
4055 - Medico confessa: ho aiutato cento malati a morire
4056 - Rivolta dopo le "confessioni" di Saba
4057 - La sentenza della Corte Costituzionale sulla legge 40
4058 - Avere figli è un diritto di tutte le coppie - di Caterina Pasolini
4059 - Fecondazione: CEI contro Consulta
4060 - Diritti civili, Roma deve muoversi - di Riccardo Magi e Paolo Izzo
4061 - Un altro segno di cambiamento - di Massimo Adinolfi
4062 - La morte secondo Veronesi
DAL TERRITORIO
4063 - Santa Teresa di Spoltore: eutanasia all’italiana
4064 - Lazio: aborto, basta obiettori - di Maria Novella de Luca
4065 - Roma: approvato il registro dei testamenti biologici
4066 - Roma: LiberaUscita scrive al sindaco Marino
DALL’ESTERO
4067 - Washington: sondaggio su 19 questioni morali
4068 - Belgio: in crescita i casi di eutanasia
4069 - Quebec: approvata la legge per l’assistenza a morire
4070:- Francia: no della corte UE allo stop delle cure per Lambert
4071 - Francia: smettiamo di usare la parola “eutanasia”
4072 - Francia: assolto medico per eutanasia su 7 pazienti
4073 - Francia: l'89% dei francesi è favorevoli all’eutanasia
PER SORRIDERE…
4074 - Le vignette di Ellekappa - contro il mal di fegato..
4075 - Le vignette di Staino - il maalox di Grillo
4076 - Le vignette di Staino - mandiamo un pizzo al Padreterno?
LiberaUscita – associazione nazionale laica e apartitica per il diritto di morire con dignità
Tel: 366.4539907 – Fax: 06.5126950 – email: [email protected] – web: www.liberauscita.it
4052 - SE FRANCESCO SCAVALCA LA SINISTRA - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di mercoledì 18 giugno 2014
Caro Augias, leggo su “Repubblica” il messaggio di Papa Francesco alla comunità di
Sant’Egidio. Chiede aiuto per l’Europa ormai stanca. “Dobbiamo aiutarla a ringiovanirsi e a
ritrovarsi. Ha dimenticato la solidarietà, ha rinnegato le sue radici”. Ricorda che la cultura
dello scarto propria della modernità è “una forma di eutanasia nascosta”. Prega per giovani e
anziani, i meno considerati nelle nostre società. Tutto parte dalla preghiera che, dice
Francesco, “preserva l’uomo da tentazioni che possono essere le nostre, quelle dell’egoismo,
dell’indifferenza e del vittimismo”. Troppo spesso invece la stessa Europa serve altre logiche,
scartando “i bambini ma anche gli anziani e a causa della crisi economica anche i giovani”.
Era necessario un Papa che viene “dalla fine del mondo” per sentire parole che le pseudo
sinistre europee, egemonizzate dall’ideologia neoliberista non sono più in grado di
esprimere? E’ una sconfitta storica (e lo dico con amarezza!) per la cultura laica, egemone in
Europa negli ultimi due secoli.
Luigi Urettini – [email protected]
Risponde Corrado Augias
Era necessario un papa? Sì, anzi, era necessario precisamente questo papa. A mia memoria
diretta, che risale fino a Pio XII, nessun papa aveva mai detto cose del genere. Tutti i papi
che si sono succeduti fino a Francesco hanno dato grande rilievo al ruolo politico che un
pontefice (capo di Stato) riveste. Il ruolo politico e quello pastorale si sono mescolati e
confusi, non di rado è stato il ruolo politico a prevalere o, quanto meno, a sembrare più
evidente. Ciò che distingue Francesco dai suoi predecessori è nella netta prevalenza del
ruolo pastorale e, all'interno di questo, nel continuo richiamo che egli fa al tema - tipicamente
evangelico - degli "ultimi".
Il signor Urettini mette in relazione questo forte impegno con quello più pallido delle sinistre
europee preda, scrive, dell’ideologia liberista. Credo e spero che si tratti d'una sconfitta non
storica ma contingente. Mi aiuta a pensarlo un libro uscito un paio d'anni fa: "Guasto è il
mondo” di Tony Judt (Laterza ed.). Lo studioso lamentava la scomparsa dall'orizzonte politico
europeo di una sana "socialdemocrazia”, vale a dire quella società socialmente coesa che
s'era affermata nel continente dopo la fine della guerra.
Per qualche decennio, fecero allora da guida gli ideali keynesiani di un mercato temperato
dall'intervento dello Stato. Poi è venuto l'abbandono del modello con una società in cui i ricchi
sono più ricchi che in qualunque altra epoca della storia e i poveri sempre più poveri.
Francesco se n'è accorto, i partiti politici meno. Prima o poi comunque dovranno rimediare.
Come scrive Judt: la disuguaglianza non è solo fastidiosa moralmente: è inefficiente.
L'egoismo è scomodo perfino per gli egoisti.
Commento. D’accordo con Augias: il problema delle “sinistre” nell’epoca della globalizzazione
è anzitutto definire cos’è la sinistra. Anzi, per meglio dire alla luce del bipolarismo, cos’è il
“centrosinistra”. Papa Francesco ci indica la via: è quella della solidarietà. Alla
globalizzazione del mercato e del “capitale” deve cioè corrispondere la globalizzazione della
solidarietà, senza confini di spazio e di tempo. Così concepita, la solidarietà ha contenuti etici
e morali che vanno al di là della nostra stessa vita terrena, nel senso che aggiunge (e per i
non credenti sostituisce) alla fede nella vita eterna individuale la fede nella vita eterna
collettiva e, quindi, la speranza di un futuro per l'intera umanità. E’ un ideale per il quale vale
la pena di lottare, di rispettare le leggi, di pagare le tasse, di fare "sacrifici". (G. Sestini)
4053 - QUEL SILENZIO SUL DIRITTO DI NON SOFFRIRE - DI CORRADO AUGIAS
da: la Repubblica di domenica 22 giugno
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Caro Augias, tre mesi fa il Presidente della Repubblica mi ha inviato - consentendomi di
renderla pubblica - una lettera in cui sollecitava il Parlamento a discutere la proposta di legge
sulla legalizzazione dell'eutanasia, presentata dalla Associazione Luca Coscioni con le firme
di 70 mila cittadini. Da quel giorno 500 malati si sono suicidati o hanno tentato il suicidio:
hanno scelto una morte atroce non potendo scegliere una "morte dignitosa". Indifferenti a
questi spaventosi - e inoppugnabili – dati dell'Istat, deputati e senatori continuano a
rimpallarsi la decisione di discutere in parlamento un tema - l'eutanasia - su cui il 70% degli
italiani hanno scelto una morte atroce non potendo scegliere una "morte dignitosa".
Si viola così la Costituzione, che (articolo 71) impone al Parlamento di discutere in tempi certi
le proposte di legge del “popolo sovrano”. Io li denuncio dal punto di vista morale per
omissione di atti di ufficio. Lo faccio in memoria di mio fratello Michele, suicida nel 2004, dei
familiari di Mario Monicelli, Lucio Magri e Carlo Lizzani - che hanno firmato con me un appello
al premier Renzi, anch'esso rimasto senza risposta - e delle migliaia di italiani che ogni anno
hanno vissuto, vivono e purtroppo continueranno a vivere il dramma del suicidio di persone
care.
Carlo Troilo - [email protected]
Risponde Corrado Augias
II signor Troilo ha ragione. La lettera investe un argomento la cui drammaticità si rinnova
purtroppo ogni giorno, uno di quei temi che andrebbero discussi senza pregiudizi, badando
ad un unico fine: evitare a chi non ha più speranza patimenti inutili, assicurare al dolore
stesso una maggiore sopportabilità nella fiducia di potervi porre, di propria volontà, fine. Nel
suo libro "Il diritto di non soffrire” (Mondadori), il professor Umberto Veronesi tratta con
competenza e umanità l’argomento ponendo in rilievo come l'incertezza dei confini tra le cure
di fine vita (“lasciar morire"), il suicidio assistito ("aiutare a morire”) e l’eutanasia (“provocare il
morire”) non ha permesso finora di affrontare in modo adeguato e liberi da pregiudizio
l’enorme e delicatissimi problema. Presenta le diverse forme di “buona morte” anche
attraverso il racconto di storie eloquenti e strazianti di malati terminali come Terry Schiavo,
Giovanni Nuvoli, Piergiorgio Welby, Eluana Englaro. Tutti casi in cui si è a lungo negato
I'aiuto che avrebbe consentito di risparmiare atroci e inutili sofferenze. L’eutanasia, anche nei
pochi Paesi in cui è consentita (Olanda, Belgio e Lussemburgo), resta un atto affidato
esclusivamente a personale medico in base a una richiesta “motivata, reiterate e
consapevole”, in altre parole in base a requisiti che ne garantiscano la “legalità”.
Sarebbe il caso che cominciassimo a discuterne.
Commento. L’eutanasia è argomento delicatissimo e dirompente, specie nel ns. Paese, sede
dello Stato del Vaticano. Ma prima di chiedere di legiferare a questo Parlamento, basato
sulle “larghe intese”, con il rischio concreto di ritrovarci con una legge peggiore della attuale,
occorre cominciare a discuterne i contenuti, appunto come propone il ns. socio Augias e lo
stesso Presidente della Repubblica nella sua lettera a Carlo Troilo. La discussione può
iniziare in sede di Commissione, con l’audizione delle varie parti, sanitarie e non.
4054 - POLICLINICO GEMELLI: DESISTENZA DALLE CURE NON È EUTANASIA
da: Aduc salute n. 23 del 5 giugno 2014
Al Policlinico Gemelli ci sono "pazienti lasciati liberi di morire?".
"Assolutamente no: noi non abbandoniamo mai i malati, neanche nella delicatissima fase
terminale della vita, in cui accompagniamo i pazienti, valutando la loro singola situazione
caso per caso, anche con le cure palliative, quando non rispondono più ad alcuna situazione
terapeutica".
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Ad assicurarlo in una intervista all'agenzia dei vescovi italiani, smentendo il titolo apparso su
un quotidiano nazionale, è Massimo Antonelli, direttore del Centro di Rianimazione e Terapia
Intensiva del Policlinico Gemelli e direttore del Centro di Ateneo per la vita, a proposito di
un'intervista rilasciata dal collega Mario Sabatelli, responsabile del centro SLA dello stesso
policlinico.
"Un collega che si dedica con passione e dedizione ai suoi pazienti", assicura. "Quello che
più gli preme è la cura della sofferenza e il rispetto della dignità del malato". A monte di
articoli di stampa "così distorti", sostiene il professore, "c'è un fraintendimento riguardo al
termine eutanasia". "Si abusa in modo sciatto e inappropriato del termine eutanasia - spiega confondendola con un concetto che è precisamente in linea con il Codice deontologico dei
medici e con i principi fondamentali della Chiesa cattolica: la desistenza terapeutica". Di qui
l'invito ad "abbassare i toni", nel nome del "rispetto del malato, della persona che soffre e che
ha bisogno di aiuto".
Un malato grave di SLA, ha diritto di revocare il consenso al trattamento di ventilazione
artificiale?
All'Umberto I non è possibile farlo, al Gemelli sì, da dove spiegano che ''la desistenza alla
cure non va confusa con l'eutanasia''.
La scienza si divide in merito alle dichiarazioni di volontà sui trattamenti sanitari invasivi,
mentre in Italia si riaccende il dibattito sul fine vita. A scatenarlo, la denuncia
dell'Associazione Luca Coscioni che ha definito, secondo le parole di Marco Cappato, "un
atto di disinformazione grave quello realizzato dal professor Claudio Terzano del Policlinico
Umberto I di Roma, che il 12 Aprile all'Università La Sapienza, in occasione di un convegno,
ha diffuso un 'modulo sulle direttive anticipate' 'utilizzato dal percorso di area critica
Respiratoria SLA', nel quale è scritta nero su bianco la seguente frase da far firmare ai malati
di SLA: “secondo le leggi attualmente vigenti in Italia non mi sarà possibile ottenere la
sospensione della ventilazione invasiva". Tanto più che nel documento si specifica che
qualora il malato non accetti, "è inviato a domicilio".
"Non potrebbe che essere così, perché quelli sono pazienti curati in reparti specializzati in
pneumologia, quindi se rifiutano la ventilazione diventano pazienti da seguire in altro modo, a
casa chi può o in strutture idonee a erogare cure palliative", spiega professore di Medicina
Legale dell'Umberto I Enrico Marinelli, che aggiunge: "non significa metterli in mezzo a una
strada ma toglierli da un reparto destinato ad altri scopi".
In merito al consenso sottoposto alla firma dei pazienti, commenta: "informare correttamente
il paziente significa informarlo correttamente del fatto che la tracheostomia, una volta
effettuata, è una via, di fatto, senza ritorno", prosegue Marinelli, che è membro del Comitato
etico del Policlinico. "In caso di interruzione del trattamento, il paziente non sopravviverebbe''.
La questione è collegata in realtà al tema del fine vita perché in molti casi togliere un tubo di
ventilazione significa accelerare la morte del paziente, "di fatto si configurerebbe una forma di
eutanasia", conferma Marinelli. E' per questo che pochissimi professionisti, timorosi di un
nuovo caso Riccio, lo fanno. E di fronte ad una potenziale accusa di omicidio del paziente, la
maggior parte dei medici sceglie di mantenere la ventilazione assistita, anche se questo
significa limitare la possibilità di autodeterminazione del malato. A fare da contrappeso a
questa tesi, quanto dichiarato dal professor Mario Sabatelli, neurologo responsabile del
centro Sla del Policlinico Gemelli, in un'intervista rilasciata all'associazione 'Viva la Vita onlus'
e riportata oggi dal Fatto Quotidiano. "Trovo assurdo e violento che il destino di una persona
che sta vivendo un dramma così particolare, com'è vivere con un tubo in gola, debba essere
deciso da qualcuno seduto dietro a una scrivania. E’ violento, illogico, irrazionale, illegittimo.
Per questo noi abbiamo già praticato la sospensione del trattamento a pazienti sottoposti alla
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ventilazione non invasiva. E in un caso abbiamo avviato la procedura anche con un
tracheostomizzato".
La vicenda, per Cappato "fa comprendere l'importanza di assicurare effettivamente su tutto il
territorio nazionale quel pieno rispetto dell'autodeterminazione individuale". Ma mentre il
dibattito prosegue, resta, invece, ferma alla Camera la proposta di legge di iniziativa popolare
sul testamento biologico e l'eutanasia. Sottoscritta da oltre 70.000 italiani, tra cui molti
personaggi della cultura è stata depositata ma mai messa all'ordine del giorno dei lavori
parlamentari.
Commento. Ha ragione il prof. Sabatelli quando afferma che “c'è un fraintendimento riguardo
al termine eutanasia”. Seguitando, il prof. Sabatelli precisa che il codice deontologico dei
medici ed i principi fondamentali della Chiesa cattolica ammettono la “desistenza terapeutica”,
che però in taluni casi può provocare la morte del paziente, come può avvenire appunto, e
giustamente, al Policlinico Gemelli quando un malato grave di SLA revoca il consenso al
trattamento di ventilazione artificiale. Se ne deduce che la desistenza terapeutica si può
tradurre in “buona morte”, ossia in “eutanasia”, quando è voluta in casi estremi dal paziente e
comunque praticata con modalità non violente. Ergo, caro prof. Sabatelli, anche lei “abusa in
modo sciatto e inappropriato del termine eutanasia” quando afferma che “la desistenza alla
cure non va confusa con l'eutanasia''. Ciò detto, duole constatare che ormai il termine
“eutanasia” viene correntemente usato come sinonimo di “cattiva morte”, ossia “omicidio”. (G.
Sestini)
4055 - MEDICO CONFESSA: HO AIUTATO CENTO MALATI A MORIRE
da: la Repubblica di lunedì 9.6.2014
«Ho aiutato a morire mio padre, mia sorella e un centinaio di malati, non la chiamo anestesia
letale ma dolce morte, una questione di pietà».
È la confessione del medico Giuseppe Maria Saba, 87 anni, ordinario di Anestesiologia e
rianimazione all'Università di Cagliari prima e alla Sapienza di Roma poi, intervistato ieri dal
quotidiano Unione sarda.
«Basta silenzio su cose che sappiamo tutti. Parlo dei rianimatori. La dolce morte è una pratica
consolidata negli ospedali italiani». Nella sua carriera, Saba ha aiutato malati «quando te lo
chiedono e tu, medico, ti rendi conto che hanno ragione. Che senso ha prolungare un'agonia,
assistere allo strazio di dolori insopportabili che non porteranno mai a una guarigione?».
La sua testimonianza arriva dopo le parole di un primario dell'ospedale Gemelli di Roma che
nei giorni scorsi ha raccontato di aver rispettato più volte la volontà e il diritto dei pazienti
intubati a rinunciare alla ventilazione forzata. Anche se questa scelta, nel caso dei malati di
SLA, porta alla morte. Pratica comunque, ben diversa dall'eutanasia.
4056 - RIVOLTA DOPO LE "CONFESSIONI" DI SABA
da: l’Unione sarda di lunedì 9 giugno 2014
Ha scatenato un vespaio di polemiche, la "confessione" di Giuseppe Maria Saba, 87 anni, già
ordinario di Anestesiologia e Rianimazione prima all'università di Cagliari poi alla Sapienza di
Roma, che aveva ammesso di aver praticato l'eutanasia in oltre 100 casi.
I rianimatori dopo le "confessioni" del collega in pensione: "Il dolore si cura, no all'eutanasia".
Dichiarazioni fortissime quelle di Saba, che stanno facendo esplodere un caso etico, con
risvolti penali non di poco conto considerato che l'eutanasia nel nostro Paese è un reato.
"Non è anestesia letale ma dolce morte. L'ho favorita ogni volta che mi è stato possibile,
almeno un centinaio nella mia carriera. L'ho fatta anche per mio padre e mia sorella", aveva
detto il medico in una intervista esclusiva a L'Unione Sarda, domenica, firmata da Giorgio
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Pisano. "La dolce morte è una pratica consolidata in tutti gli ospedali italiani ma per ragioni di
conformismo e di riservatezza non se ne parla", aveva aggiunto.
Su L'Unione Sarda oggi in edicola le reazioni della comunità scientifica. "Sono perplesso,
Saba probabilmente si riferisce a tempi lontani, quando la terapia del dolore non garantiva i
risultati che assicura oggi", ha detto Roberto Pisano, direttore della struttura complessa di
anestesia e terapia antalgica all'ospedale Brotzu di Cagliari.
Dello stesso parere molti altri specialisti intervistati nell'articolo di Luigi Almiento, che
sentenziano: "Non pratichiamo l'eutanasia".
Commenti.
- Il prof. Saba ha detto la verità. Rispettare il diritto dei pazienti che non vogliono continuare a
soffrire inutilmente dovrebbe essere un dovere dei medici, non un reato. Un rispetto che
comporta comunque una forma di eutanasia, o dolce morte, che invece molti continuano a
classificare come “omicidio”. (G. Sestini)
- E' importante non far confusione nei termini. Il Dr. parla di "dolce morte" ma dice anche altri
la chiamano "desistenza terapeutica" non aggiunge che noi e tanti altri come noi la
chiamiamo "autodeterminazione terapeutica" poiché non dovrebbe essere, in linea di
principio, una decisione del medico. Il Prof. Saba non dice nulla che non si sappia da tempo,
più del 60% dei decessi nelle terapie intensive sono frutto di decisioni mediche. Ma lo
ringraziamo molto per le sue dichiarazioni, anche se si potrebbe dire rilasciate "in articulo
mortis", lo ringraziamo poiché sappiamo molto bene che per integralisti cattolici come Binetti
and & questi medici dovrebbero essere tutti indagati per omicidio volontario.(M. L. Cattinari)
- Normale che si scatenino polemiche. In un paese bigotto e ipocrita, si fa ma non si dice,
come tante altre cose vietate del resto. Il dottor Saba essendo un medico libero da particolari
responsabilità data l'età si è sentito di dire una scomoda verità per i "benpensanti". Purtroppo
il dolore non sempre si cura e la stessa morfina data ai pazienti terminali con patologie molto
dolorose a volte ne accelera la morte. (Sardenha – da l’Unione Sarda)
- In Italia non abbiamo libertà. Libertà di avere un lavoro, di avere una casa, di far studiare i
figli in funzione dei meriti e non dei soldi di famiglia,..Ci manca anche la libertà di decidere di
morire serenamente! Ora ci obbligano a sopravvivere anche se il ns corpo, la ns mente, la ns
anima desiderano morire! E' un diritto civile di uno stato laico. Il rapporto con la propria
religione è un fatto personale, intimo, non legge di Stato! (Enrico_47 – da l’Unione Sarda))
- Visto che un po’ di ignoranza e un po’ di disinformazione non fanno mai male ricordiamoci
tutti quanti (io per primo) che in quella zona d'ombra tra la vita e la morte ci si può solo
entrare ma non uscire. Punto. Chi può alleviare le sofferenze inutili ha il diritto e il dovere di
farlo... deontologico o meno non ha nessuna importanza. Sapete che i donatori d'organi per
poter donare devono essere ancora vivi? Se no i loro organi non servono a niente. Prof Saba
è sempre un piacere sentirla (Montasrosgia – da: l’Unione Sarda)
4057 - LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULLA LEGGE 40
Sulla Gazzetta Ufficiale di mercoledì 18 giugno è stata pubblicata la sentenza della Corte
Costituzionale n. 162 del 9 aprile che ha cancellato dalla legge 40 del 2004 il divieto di
ricorrere a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.
Si riporta qui sotto il dispositivo.
La Corte Costituzionale
1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 3,della legge 19 febbraio 2004, n. 40
(Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nella parte in cui stabilisce per la
coppia di cui all'art. 5, comma 1, della medesima legge, il divieto del ricorso a tecniche di
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procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, qualora sia stata diagnosticata una
patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili;
2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, della legge n. 40 del 2004,
limitatamente alle parole «in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3»;
3) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 9, comma 3, della legge n. 40 del 2004,
limitatamente alle parole «in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3»;
4) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 12, comma 1, della legge n. 40 del 2004, nei
limiti di cui in motivazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9
aprile 2014.
Gaetano Silvestri, Presidente; Giuseppe Tesauro, Redattore; Gabriella Melatti, Cancelliere
4058 - AVERE FIGLI È UN DIRITTO DI TUTTE LE COPPIE - DI CATERINA PASOLINI
«Da oggi cominciamo a trattare le pazienti per l’eterologa». La sentenza della Corte
Costituzionale, che ha bocciato il divieto di fecondazione con gameti esterni alla coppia, è
stata pubblicata da poche ore, e nei centri pubblici e privati, da Cattolica a Catania, già si
programma. Il divieto scritto nella legge 40, bocciata negli anni a suon di sentenze, non esiste
infatti più. Non c’è neppure un vuoto normativo secondo la Consulta, e così le prime tra quelle
novemila coppie che si stima siano interessate all’eterologa possono disdire i viaggi all’estero
e cominciare in Italia le cure ormonali. Per poi, nel giro di un paio di mesi, passare alla
fecondazione che sarà fatta tramite donazioni anonime e gratuite.
Si aspettavano da sessanta giorni le motivazioni dei giudici della Corte Costituzionale. E la
risposta è chiara: il divieto di fecondazione eterologa è incostituzionale in primo luogo perché
lede il diritto della coppia a farsi una famiglia, tutti hanno diritto ad avere figli.
«Il desiderio di avere figli è l’espressione della fondamentale e generale libertà di
autodeterminarsi e non può che essere incoercibile anche quando sia esercitata mediante la
scelta di ricorrere alla tecnica di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo»,
scrivono infatti i giudici. Quel divieto è incostituzionale perché viola il principio di uguaglianza.
Molte coppie sterili non potendo fare l’eterologa in Italia, si sono infatti rivolte negli anni a
centri esteri e questo ha prodotto «un ingiustificato, diverso trattamento delle coppie affette
dalla più grave patologia, in base alla capacità economica», spiegano gli ermellini. È
incostituzionale perché la «provenienza genetica non è un requisito della famiglia, «come
dimostra la regolamentazione dell’istituto dell’adozione». Nel documento la Consulta fa
riferimento al diritto alla salute, garantito dalla Costituzione.
Ecco allora che, scrive la Corte, «l’impossibilità di formare una famiglia con figli insieme al
partner mediante il ricorso alla fecondazione di tipo eterologo, può incidere negativamente, in
misura anche rilevante, sulla salute della coppia». «Ora, il ministero della Salute aggiorni le
Linee guida, previste dalla legge 40 e ferme dal 2008, e convochi società scientifiche,
organizzazioni civiche e associazioni di pazienti per costruire indicazioni minime necessarie,
oltre a garantire l’eterologa anche nei centri pubblici». Così dice Maria Paola Costantini,
referente di Cittadinanzattiva e avvocato difensore, insieme con Marilisa D’Amico e Massimo
Clara, delle coppie che si erano rivolte alla Corte Costituzionale. Mentre Filomena Gallo
dell’associazione Coscioni esulta: «finalmente trattamenti uguali per gli infertili e le persone
sterili».
4059 - FECONDAZIONE: CEI CONTRO CONSULTA
da: repubblica.it di mercoledì 11 giugno 2014
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Il segretario della CEI Nunzio Galantino contesta la sentenza della Corte costituzionale che
abolisce il divieto di fecondazione eterologa: "Si sta stravolgendo il rapporto tra gli esseri
umani". Ieri depositate le motivazioni della sentenza
ROMA - Le motivazioni della sentenza della Consulta che fa cadere il divieto della
fecondazione eterologa in Italia provocano la reazione della Conferenza episcopale italiana.
Per il segretario generale della CEI, mons. Nunzio Galantino, c'è contraddizione tra il
"rispetto" invocato e una sentenza che "non garantisce proprio i più deboli". "Nessuno di noi è
padrone di nessuno e nemmeno i genitori sono padroni dei loro figli" afferma Galantino,
secondo il quale si sta "stravolgendo" il giusto rapporto tra gli esseri umani. Secondo
Galantino "C'è un eclatante contraddizione tra chi proclama libertà, rispetto, diritti e poi non
riconosce con chiarezza i diritti proprio di quegli esseri che non hanno possibilità di
esprimersi" come nel caso dei figli procreati attraverso la fecondazione eterologa.
Le motivazioni della Corte costituzionale erano arrivate ieri in serata: secondo i giudici "la
determinazione di avere o meno un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile" riguarda
"la sfera più intima ed intangibile della persona umana" e quindi "non può che essere
incoercibile". Il divieto, ora dichiarato illegittimo, di ricorrere all'eterologa, cioè la fecondazione
con donazione di gameti, "è privo di adeguato fondamento costituzionale".
La sentenza dello scorso 9 aprile ha cancellato una delle disposizioni più controverse della
legge 40. Per l'applicazione della sentenza ora manca solo la pubblicazione del testo in
Gazzetta Ufficiale, prevista a giorni.
Commento. Dunque, secondo mons. Galantino, segretario generale della CEI, le coppie sterili
non possono ricorrere alla fecondazione eterologa perché ciò sarebbe in contraddizione con i
diritti degli “esseri” (embrioni) che non hanno possibilità di esprimersi.
Ovviamente, tale concetto vale anche per le adozioni di esseri nati ma non ancora in grado di
parlare o comunque di intendere e volere. Ciò contro gli insegnamenti del Cristo e la politica a
favore delle famiglie tanto strombazzata dalla Chiesa.
Non solo, mons. Galantino – che appartiene allo Stato del Vaticano - pretende anche di
insegnare la Costituzione alla Consulta, composta da persone accuratamente scelte in
quanto esperte in materia costituzionale. D’altra parte, il tutto rientra nella politica della
Chiesa, la quale continua ad intromettersi costantemente nelle leggi dello Stato, memore
forse di quando era il Papa ad emanarle, senza peraltro consultare i destinatari delle stesse.
(G. Sestini)
4060 - DIRITTI CIVILI, ROMA DEVE MUOVERSI - DI RICCARDO MAGI E PAOLO IZZO
da: l’Unità di lunedì 16 giugno 2014
Da almeno cinque anni le delibere di iniziativa popolare che riguardano i cosiddetti temi
«eticamente sensibili», dalle unioni civili al registro del testamento biologico, su cui come
Radicali abbiamo raccolto migliaia di firme dei cittadini romani, giacciono in stato vegetativo
nei cassetti del Campidoglio.
Era il 2007 quando consegnammo una prima delibera di iniziativa popolare per una
regolamentazione delle Unioni civili. Dopo una lunga battaglia per il rispetto dello Statuto (che
prevede la calendarizzazione delle proposte entro sei mesi dal deposito) la delibera almeno
arrivò in aula Giulio Cesare, dove non ebbe però il voto della maggioranza dell'allora sindaco
Walter Veltroni che proprio in quei giorni ebbe un incontro con il cardinal Tarcisio Bertone
anche su quel tema, Miriam Mafai definì quel voto romano «la prima sconfitta per il Pd» che
in quei mesi stava nascendo. Oggi possiamo dire di essere ancora fermi a quel punto.
Altre due proposte, quella per l’istituzione di un registro comunale dei testamenti biologici
(depositata nel 2009 da Mina Welby, Emma Bonino, Beppino Englaro) e quella del 2012, di
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nuovo sulle Unioni civili, non vengono calendarizzate per volontà politica del presidente del
Consiglio .Mirko Coratti (PD) e del gruppo del PD, sebbene siano state sottoscritte da oltre 15
mila romani.
La presidenza dovrebbe solo prendere atto del deposito delle proposte e fissare la
discussione. Dopo il dibattito, ogni consigliere è libero di votare come meglio crede tali
proposte che da regolamento sono inemendabili e non decadono con la fine della
consiliatura. Per questo lo scorso 16 maggio ho inviato alla Presidenza dell'aula una richiesta
di autoconvocazione ai sensi del Testo Unico degli Enti locali sottoscritta a norma di legge da
un quinto del Consiglio - i colleghi della Lista Civica, di SEL e del M5S - per uscire dallo stato
di palese violazione dello Statuto.
Giovedì 5 giugno è scaduto il termine di 20 giorni previsto dalla legge entro cui il presidente
PD Coratti era tenuto a convocare tale seduta. Quello che ci allarma è, per l’ennesima volta,
la mancanza totale di rispetto della legalità da parte delle stesse istituzioni.
Nonostante la rivoluzione interna al Partito democratico, che a livello nazionale - dalle recenti
promesse di Matteo Renzi - sta tentando dei passi in avanti sulle unioni civili, la «questione
romana», intesa come PD di Roma e come rapporti con la Chiesa, resta ancora un'anomalia.
La nostra battaglia per il rispetto della legalità e per un voto sulle delibere popolari al di là
delle logiche interne ai partiti (non c'è possibilità di garanzia per i diritti fuori dal diritto,
dovrebbe essere chiaro ormai) forse potrà servire anche a sciogliere questi nodi sui diritti civili
e a sincronizzare il Partito maggioritario sul «fuso orario›› della maggioranza del Paese, che
in tutti i sondaggi è pronto per nuove riforme laiche.
Del resto non ci si può nascondere che persino l'altra sponda del Tevere si stia dimostrando
meno incline alle ingerenze secolari.
Commento. LiberaUscita, che nel 2009 ha proposto all’allora X Municipio di Roma l’istituzione
del primo registro italiano, imitato poi da centinaia di comuni, ha più volte richiesto ai sindaci
di Roma l’istituzione del registro anche nella Capitale. In passato il sindaco Alemanno ha fatto
orecchie da mercante, oggi speriamo sul sindaco Marino. Ai Governi abbiamo chiesto il ritiro
della vergognosa circolare con cui nel novembre 2010 i ministri Fazio, Sacconi e Maroni
nonché l'ineffabile Roccella avevano dichiarato che i registri "sono in realtà assolutamente
inefficaci, ovvero privi di qualunque efficacia giuridica" e che "rappresentano solo una
provocazione politica e prendono in giro il cittadino". I Governi Monti e Letta, successivi a
quello di Berlusconi che l’aveva emanata, non l’hanno presa in considerazione: speriamo ora
che il Governo Renzi, contando su un consenso maggiore, possa farlo. Non siamo invece
d’accordo nel richiedere al Parlamento di legiferare sull’eutanasia: non esiste una
maggioranza in tal senso, e c’è addirittura il rischio che sia approvata una legge contraria,
visto che ormai la parola “eutanasia” (buona morte) viene interpretata alla stregua di
“omicidio” (G. Sestini).
4061 - UN ALTRO SEGNO DI CAMBIAMENTO - DI MASSIMO ADINOLFI
da: l’unità di lunedì 16 giugno 2014
E a settembre la legge sulle unioni civili. All’assemblea nazionale di sabato (14 giugno), Renzi
ha confermato che intende procedere nella direzione indicata dapprima durante le primarie, e
poi nel discorso per la fiducia in Parlamento: la civil partnership, sul modello tedesco. Di
mezzo tra le prime dichiarazioni e quelle rese sabato scorso sta il dato elettorale, quel 40,8%
che Renzi intende considerare come «un punto di partenza per cambiare davvero l’Italia». E
fare una legge sulle unioni civili significa davvero cambiare. Farlo poi dopo il voto del 25
maggio scorso significa mettere la sordina a un bel po’ di reazioni che a inizio d’anno
punteggiarono le prese di posizioni di quello che allora era solo il nuovo segretario del Pd: i
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prudenti distinguo di Alfano, i «non possumus» di Giovanardi, i possibilismi di Schifani, i
trombonismi di Formigoni.
Nel merito, Renzi non ha indicato i contenuti dell’iniziativa parlamentare ma per il momento
c’è l’indicazione di una chiara volontà politica: su un terreno sul quale l’Italia accusa un ritardo
impressionante rispetto agli altri paesi europei, ci sarà una legge. Una legge che dia alle
coppie conviventi – ivi comprese le persone dello stesso sesso – diritti degni di un Paese
civile. Ovviamente non mancano i punti ancora controversi, a cominciare dalla possibilità per
le coppie di adottare, ma per una volta, come si dice, lasciamo che a prevalere sia il dato
politico. Cioè la direzione di marcia. Perché è vero: c’è un elenco imbarazzante di cose da
fare, e molte di queste si fanno solo se c’è una forza politica sufficiente a sostenere il peso
della mediazione necessaria e a rivendicare il passo avanti che può comportare.
Nello stilare l’elenco, Renzi ha messo in fila: la riforma della legge elettorale, la riforma della
pubblica amministrazione, la riforma della giustizia, la riforma del servizio pubblico
radiotelevisivo, la sfida educativa, una nuova legge sulle infrastrutture, un nuovo impegno
europeo sull’immigrazione, norme di semplificazione fiscale, e sicuramente dell’altro ancora.
Su tutti questi punti non è difficile immaginare linee di resistenza più o meno robuste. Quel
che però verrà giudicato non più accettabile è che non ci si assuma la responsabilità di
affrontare tutti questi nodi per il prevalere di opposizioni esplicite o striscianti, veti incrociati,
corporativismi.
Questo non significa affatto che, in tutte queste materie, qualunque legge è meglio di
nessuna legge, o che avrà il pregio di chiamarsi riforma qualunque intervento legislativo
modifichi le cose, in qualunque direzione vada. Per questo, ci vorranno il partito e i gruppi
parlamentari, le sedi di elaborazione, di discussione e di confronto, la congruenza fra gli ideali
di una sinistra democratica, ben ancorata al socialismo europeo, e l’attività parlamentare e di
governo. Ma il voto di maggio offre a tutti una cartina di tornasole su cui valutare l’impegno
del partito democratico, della maggioranza e del governo di qui alle prossime elezioni. Renzi
ne è assolutamente consapevole.
Ma questa situazione offre forse anche l’opportunità per una piccola considerazione di
sistema. Renzi ha in Parlamento la stessa maggioranza uscita dalle urne un anno fa. Il
risultato alle Europee non gli ha portato un solo voto in più nel Parlamento nazionale. E
tuttavia la sua forza è enormemente accresciuta, così come la sua legittimazione a
governare. Vale a dire: i numeri contano, ma torna a contare anche la politica. In fondo, il
tema delle unioni civili è un tema delicato, che smuove sensibilità profonde, ma che tocca
anche diritti sacrosanti per troppo tempo calpestati e negletti. Su una simile materia, anche
quando si sono profilati almeno idealmente schieramenti parlamentari sufficientemente ampi,
non si è avuta in passato la forza di fare una legge.
Ora che al governo continua ad esservi una coalizione che include pezzi di centrodestra, i
quali hanno comunque un peso determinante in un ramo del Parlamento, l’investimento
compiuto dal Paese con quella cifra, il 40,8%, che all’improvviso ha quasi raddoppiato la
dimensione elettorale del partito di maggioranza, contiene un mandato politico tanto chiaro e
forte da obbligare Renzi a sfogliare con rapidità e determinazione i petali delle riforme, anche
su terreni controversi.
Certo, conta anche una diversa maturità del Paese. Contano i pronunciamenti della Corte
Costituzionale. Quando essa ad esempio interviene, come è accaduto di recente con una
sentenza storica, per dichiarare illegittima la norma che annulla le nozze nel caso in cui uno
dei due coniugi cambi sesso, è chiaro che sancisce nel più formale dei modi il cambiamento
avvenuto. Quell’uomo e quella donna rimarranno legati dal vincolo matrimoniale nonostante
la coppia sarà formata da due individui dello stesso sesso: come è possibile allora non
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includere d’ora in poi nel nostro ordinamento giuridico le nozze gay? La sentenza fa rilevare
peraltro proprio l’assenza di alcun’altra forma di vincolo che, nella nuova condizione
intervenuta, tuteli i diritti e gli obblighi della coppia. Come dire: il Parlamento deve legiferare e
darci quell’altra forma di vincolo che finora non si è riusciti a configurare giuridicamente,
limitandosi al più a riconoscere situazioni di fatto nei registri comunali (e non senza inciampi
anche in quei casi).
Tutto questo, si diceva, conta. Ma ancora di più conta il fatto che adesso c’è una forza politica
che ha titoli sufficienti non solo per fare la legge, ma per intestarsi finalmente questa battaglia
come una battaglia di progresso. O forse, visto che c’è ancora timidezza ad usare (o tornare
ad usare) la parola «progresso», per uscire finalmente da una storica arretratezza.
4062 - LA MORTE SECONDO VERONESI
Estratto dall’intervista di Antonio Gnoli – da: “la Repubblica” di domenica 22 giugno 2014
….omissis…
-Come vive la morte di un altro?
“E’ una domanda terribile”.
- Provi a dare una risposta.
“La morte è una necessità biologica. Ma è cambiato profondamente il ns. modo di morire”.
- Cosa intende dire?
“E’ cambiata la percezione che abbiamo della morte. Nella cascina in cui vivevo da bambino
capitava di veder morire un nonno o lo zio e accorgersi dell’affetto con cui i famigliari e gli
amici circondavano quella persona. La morte era considerata un evento naturale. Oggi, ma
ormai da molto tempo, non è più così. Si muore nell’asettico spazio di un ospedale o di una
clinica. La morte è evento anonimo, l’insensibile terra di nessuno, come un po’ sono diventate
le nostre vite”.
- C’è un diritto di morire?
“ Dovrebbe esserci, alla stregua degli altri diritti civili. Si Chiama eutanasia”.
- La condivide?
“Si, fa parte dell’autodeterminazione. La decisione di quando andarsene è prima di tutto nella
mente del paziente”.
- Com’è il suo rapporto col paziente?
“ Non può esserci rapporto se non c’è dialogo. E non c’è dialogo se il medico non sa porsi in
ascolto”.
- Cos’è il potere di un medico?
“E’ avere in mano la vita di un altro.. Alcuni ne fanno lo strumento della propria edificazione. E
poi c’è il potere che nasce dal riconoscimento, quando sai di aver guarito l’altro. Il guaio è,
quando le cose non vanno bene, che il medico a volte sparisce”.
- C’è un’alternativa?
“Condividere con il malato sofferenza e gioia”.
-Sembra più l’atteggiamento di un cristiano che di un laico. “Ci sono valori e sentimenti comuni, che il dolore e la sofferenza provocano”.
- Con quale effetto?
“ Ho imparato che occorre stare nelle cose con empatia. Mi può capitare che di fronte a una
tragedia possa perfino piangere di nascosto.”.
- Ma stare così a lungo sul fronte di queste devastazioni non genera un’abitudine
all’indifferenza?
“Non so cosa voglia dire abitudine di fronte a un uomo o a una donna che muoiono. So che il
mio comportamento è ‘schizofrenico’. Ho un lato rassicurante. So bene di non poter avere
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l’aria affranta o distrutta quando dialogo con un malato terminale. Dall’altro, c’è una parte
nascosta di me che dice che la vita è una fregatura, una sofferenza”.
- E come reagisce?
“ La prima cosa persa fu la fede. Alcune notti mi sveglio ancora con certi volti che non riesco
a dimenticare. In quegli occhi della disperazione mi pare di leggere la disperazione
dell’umanità. La vita, per definizione, non ha un gran senso. C’è troppo dolore. Ma è un
dolore che ha una forma, non è alienante”.
- Cos’è il dolore?
“un’espressione del corpo e della mente. Non c’è nulla di buono nel dolore. Non tempra, non
eleva; anzi fa perdere lucidità e quindi va combattuto sempre”.
- Non basta Dio per affrontarlo?
“ Decisamente no. Non c’è valore catartico nel dolore”.
- E i suoi valori quali sono?
“ Penso sia importante fare bene il proprio lavoro. E poi c’è la famiglia. Ho una moglie e sette
figli. Sono un buon antidoto al pessimismo”.
…omissis…
Umberto Veronesi
4063 - SANTA TERESA DI SPOLTORE: EUTANASIA ALL’ITALIANA
da: Aduc avvertenze n. 25/2014 di martedì 24 giugno 2014
Aveva calcolato tutto: l'omicidio, il biglietto, la telefonata alla figlia, la corsa verso il fiume e il
suicidio finale. Un gesto estremo organizzato con estrema lucidità, quello di Domenico
Ranalli, l'uomo di 89 anni che, a Santa Teresa di Spoltore, nel Pescarese, ha prima colpito
alla testa con un martello la moglie, Eleonora Pierfelice (85), morta poco dopo in ospedale, e
poi si è suicidato buttandosi nel fiume Pescara. A far scattare il clic nella testa dell'anziano
forse la malattia neurologica degenerativa della donna.
In base alla ricostruzione dei Carabinieri, l'uomo attorno alle 7,00 del mattino colpisce la
moglie alla testa con il martello, in camera da letto; poi, verso le 7,30, probabilmente già nei
pressi del fiume, raggiunto dal parcheggio di un centro commerciale di Villanova di Cepagatti
(Pescara), telefona alla figlia per riferire dell'accaduto e per annunciare il suo suicidio. A quel
punto pianta a terra un paletto, si fissa al paletto per evitare di essere trasportato dalla
corrente, lega insieme un braccio e una gamba per evitare di potersi muovere e si butta in
acqua.
A lanciare l'allarme è stata proprio la figlia dei due coniugi, una casalinga che vive nei pressi.
Raccapricciante la scena che i soccorritori hanno trovato nell'abitazione: la donna era in
camera da letto, con la testa sfondata. All'arrivo del 118 l'anziana respirava ancora, ma è
morta poco dopo in ospedale per le gravissime lesioni. Nel frattempo i militari dell'Arma della
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stazione di Spoltore e della Compagnia di Pescara, agli ordini del capitano Claudio Scarponi,
hanno avviato le ricerche dell'uomo, individuando la sua automobile nel parcheggio del centro
commerciale. Poco dopo, in acqua, è stato rinvenuto il corpo dell'anziano. Sul posto gli uomini
della Misericordia di Pescara e, per il recupero, i Vigili del fuoco del comando provinciale.
Nell'abitazione l'uomo ha lasciato un biglietto, scritto in modo confuso, in cui spiega ciò che
aveva in mente e in cui chiede scusa per il suo gesto. Un gesto, quello dell'anziano,
probabilmente compiuto perché non sopportava più l'idea di vedere la donna, compagna di
una vita, logorata dalla malattia e dall'età. Insieme al biglietto c'erano dei soldi. Nei due luoghi
in cui si è consumata la tragedia sono arrivati i nipoti e i parenti degli anziani, oltre al sindaco
di Spoltore, Luciano Di Lorito ("mai più queste tragedie").
Stupore e dolore in città per la morte dei due coniugi, molto conosciuti a Santa Teresa. Sul
posto il pm Anna Rita Mantini. Il martello trovato in camera da letto è stato posto sotto
sequestro, così come la corda e il materiale rinvenuto nei pressi del fiume.
4064 - LAZIO: ABORTO, BASTA OBIETTORI - DI MARIA NOVELLA DE LUCA
da: repubblica.it di mercoledì 25 giugno 2014
L'obiezione di coscienza? Riguarda soltanto l'atto tecnico dell'interruzione volontaria di
gravidanza, ma non il prima e il dopo intervento. E poi: nessun medico potrà d'ora in poi
rifiutare ad una donna la prescrizione di un contraccettivo, pillola del giorno dopo e spirali
comprese.
Nel Lazio delle liste d'attesa infinite, della legge 194 disattesa e abbandonata, dove
l'obiezione di coscienza ha raggiunto livelli mai visti tra ginecologi, anestesisti e infermieri, le
nuove linee guida sul funzionamento dei consultori familiari potrebbero scardinare una
situazione da anni ai limiti dello scandalo. Con un decreto varato senza clamore, ma che di
certo farà discutere, il presidente Nicola Zingaretti ridefinisce, delimita e restringe per i medici
dei consultori il "diritto" a non applicare la legge sull'aborto.
Il decreto, infatti, se da una parte impone a chi lavora nei servizi territoriali l'obbligo di
prescrivere tutte le forme di contraccezione, e senza potersi appellare ad alcuno scudo
"morale" nemmeno per la pillola del giorno dopo, dall'altra ricorda ai medici i loro doveri verso
la legge 194.
"In merito all'esercizio dell'obiezione di coscienza, si ribadisce come questa riguardi l'attività
degli operatori impegnati esclusivamente nel trattamento dell'interruzione volontaria di
gravidanza. Il personale del consultorio familiare (invece) non è coinvolto direttamente nella
effettuazione di tale pratica, bensì solo nell'attività di certificazione...".
Dunque, è il senso delle nuove linee guida, quei medici che intervengono soltanto nella fase
preliminare all'intervento, quando devono cioè certificare lo stato di gravidanza e la richiesta
della donna di poter abortire, non avrebbero diritto a dichiararsi obiettori, come chi invece
l'aborto lo esegue materialmente.
Rifiutare dunque il rilascio di quei fondamentali documenti sarebbe, di fatto, un abuso.
Naturalmente il decreto, in questa parte, non impone nulla, ma di certo fa capire che nel Lazio
devastato dalle politiche contro la 194 di Storace prima e della Polverini poi, l'aria è cambiata.
Il punto è delicato. Perché nell'articolo 9 della legge si fa riferimento specifico al diritto
all'obiezione anche nella fase della certificazione, eppure la stessa 194 ribadisce poi che i
medici non possono astenersi dall'assistere la donna prima e dopo l'intervento.
Un crinale scivoloso e soggetto a più interpretazioni.
Spiega Cecilia D'Elia, consulente di Nicola Zingaretti sui temi legati ai diritti e alle pari
opportunità: "Il decreto è vincolante per tutto ciò che riguarda la contraccezione, compresa la
pillola del giorno dopo, che molti medici ancora si rifiutano di prescrivere, ritenendola a torto
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un farmaco abortivo. È invece un atto di indirizzo per quanto riguarda l'interruzione volontaria
di gravidanza. Si ricorda, cioè, ai medici che l'obiezione di coscienza è sì tutelata dalla legge,
ma non può essere estesa anche alla parte della certificazione a cui sono tenuti appunto i
ginecologi dei consultori".
In ogni caso è proprio un cambiamento di rotta. E non è escluso che altri presidenti di regioni
possano seguire la strada tracciata dal Lazio. L'applicazione della legge 194 torna cioè al
centro delle politiche sanitarie, anche se per adesso soltanto nei consultori.Negli ospedali,
invece, dove materialmente si effettuano gli aborti, la situazione continua ad essere grave.
Nel Lazio, come in molte zone del Sud, l'obiezione dei ginecologi è ormai quasi del 90%.
Questo vuol dire per le donne dover migrare da un ospedale all'altro alla ricerca di un reparto
che garantisca il servizio. E non sono poche quelle che, più fragili o più sole e respinte dal
servizio pubblico, finiscono tra le ombre dell'aborto clandestino.
Nicola Zingaretti
4065 - ROMA: APPROVATO IL REGISTRO DEI TESTAMENTI BIOLOGICI
Roma, 26 giugno 2014– L’Assemblea capitolina ha approvato una delibera di iniziativa
popolare che istituisce il Registro comunale delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Nelle
dichiarazioni il cittadino potrà scegliere a quali cure sanitarie intende sottoporsi in caso di
malattia grave e irreversibile.
Commentando l’approvazione della delibera il sindaco Ignazio Marino ha dichiarato: “E’un
risultato importante che mi vede impegnato da molti anni. Come chirurgo, che spesso si è
confrontato con situazioni di fine vita, oltre che come sindaco, sono convinto che ognuno
debba avere la libertà di scegliere quali terapie accettare e quali rifiutare: con la certezza che
se una persona vuole ricevere tutti i trattamenti esistenti deve avere ogni garanzia che ciò
avverrà. Allo steso modo, chi ritiene di rinunciare a un trattamento o a un intervento chirurgico
che giudica sproporzionato deve potervi liberamente rinunciare. E’ noto che la grande
maggioranza degli italiani sia favorevole ad una legge sul testamento biologico. In attesa che
il Parlamento colmi questo vuoto normativo, in discussione da oltre cinque legislature, il
Campidoglio farà la sua parte permettendo ai cittadini di depositare le proprie dichiarazioni
anticipate di trattamento in tutti gli uffici decentrati. Ringrazio i promotori della delibera
popolare e l'Assemblea capitolina per aver permesso questo passo di civiltà”.
Nel riportare il comunicato ufficiale del Comune di Roma, desideriamo sottolineare
l'importanza che a Roma, capitale d'Italia e dello Stato del Vaticano, sia stato istituito il
registro dei biotestamenti. Con l'occasione ricordiamo che il primo registro italiano è stato
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istituito dall'allora X Municipio di Roma nel marzo 2009 su proposta avanzata da LiberaUscita
nel corso di un convegno indetto dal Municipio nel novembre 2008 sul tema "Ai confini della
vita. Il testamento biologico come ultima speranza”, proposta che fu accolta dall'allora
Presidente Sandro Medici e dalla delegata ai servizi sociali, Mina Welby.
Successivamente LiberaUscita aveva aderito alla raccolta di circa 9.000 firme a suo tempo
organizzata dall'Associazione Coscioni e inviata all'ex sindaco Alemanno, pur sapendo che
non sarebbe stata da lui presa in considerazione (come è avvenuto)..
Il 16 giugno 2013, nel corso dell’undicesimo meeting della Federazione europea delle
associazioni per il diritto di morire con dignità, svoltosi a Roma e organizzato da LiberaUscita,
era stato diramato il seguente comunicato stampa;
TESTAMENTO BIOLOGICO: GOVERNO RITIRI CIRCOLARE CONTRO REGISTRI
COMUNALI
"In attesa di una legge che consenta di morire con dignità, per l'immediato al nuovo governo
chiediamo di ritirare la circolare del 19 novembre del 2010 firmata da tre ministri e che
dichiarava illegittimi i registri comunali per la raccolta dei testamenti biologici e gli stessi
testamenti. Al nuovo sindaco di Roma, Ignazio Marino, chiediamo che istituisca quanto prima
un registro per il deposito dei testamenti biologici, come richiesto dalle migliaia di cittadini che
hanno firmato l'appello". Lo ha dichiarato questa mattina Maria Laura Cattinari, presidente
dell'associazione "Libera uscita" nel corso della conferenza stampa organizzata presso l'Hotel
Mediterraneo di Roma in occasione dell'undicesimo meeting della Federazone europea delle
associazioni per il diritto di morire con dignità.
Nel corso dell'incontro sono intervenuti anche il presidente della Federazione europea RtDE,
Ayke Smook, e la presidente mondiale di WFRtDS, Faye Girsh.
"Il Consiglio d'Europa ci ha riconosciuto come organizzazione non governativa" ha annunciato
Smook. Ed ha aggiunto: "In molti paesi europei le nostre associazioni stanno lavorando per
avere il diritto di morire con dignità. I sondaggi indicano che sempre più cittadini richiedono
libertà di scelta, nella considerazione che non tutti gli individui sono in grado di sopportare il
peso della sofferenza".
Il 7 luglio 2013, dopo l'elezione del sindaco Marino, LiberaUscita ha lanciato una propria
petizione tramite "change.org". Si riporta qui sotto il messaggio inviato a tutti i soci.
PETIZIONE LIBERAUSCITA
Ciao!
Ho lanciato la petizione "Ignazio Marino, sindaco di Roma: Istituire il registro comunale delle
dichiarazioni anticipate di volontà." e ho bisogno del tuo aiuto per diffonderla.
Puoi prenderti 30 secondi per firmare? Ecco il link:
http://www.change.org/it/petizioni/ignazio-marino-sindaco-di-roma-istituire-il-registrocomunale-delle-dichiarazioni-anticipate-di-volontà
Ecco il testo:
TUTTI abbiamo il diritto di decidere sui trattamenti sanitari nei nostri confronti. Ma se
diventiamo incapaci di intendere e volere, chi decide per noi? Chiediamo soltanto che il
Comune di Roma, capitale d'Italia, consenta ai suoi cittadini di depositare formalmente le loro
volontà anticipate, autenticandone la sottoscrizione.
In data 21.1.2014 Mina Welby e Maria Laura Cattinari, rispettivamente co-presidente
dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica e presidente
dell’Associazione Libera Uscita hanno inviato una petizione al sindaco di Roma Ignazio
Marino, al Presidente del Consiglio comunale di Roma, Mirko Coratti, e a tutti i consiglieri
comunali capitolini con oggetto: istituzione del registro dei testamenti biologici.
PETIZIONE ASSOCIAZIONE COSCIONI- LIBERAUSCITA
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Richiamando lo statuto comunale che “prevede la calendarizzazione entro sei mesi dal
deposito” delle delibere di iniziativa popolare, Mina Welby e Maria L. Cattinari esortano
l’assemblea romana a portare in discussione quanto prima una proposta di delibera, firmata
in solo due mesi da ben 8200 cittadini romani, riguardante l’istituzione di un registro per le
disposizioni anticipate dei trattamenti sanitari (DAT) depositata al Comune di Roma circa
cinque anni fa, il 24 aprile 2009.
Scrivono nella missiva:
“Riteniamo doveroso onorare la volontà di 8.200 cittadini romani, lamentando che il
precedente Sindaco non aveva mantenuto la sua promessa di chiamare a colloquio il
comitato promotore. Riponiamo fiducia nelle dichiarazioni del Presidente del Consiglio
Comunale, Mirko Coratti, che prima della Sua elezione disse: “Qualora venissi eletto
Presidente dell’aula farò rispettare alla lettera lo Statuto e il Regolamento. In questa fase
storica la partecipazione popolare e il confronto con i cittadini permettono di dare
un’immagine positiva della politica e dell’amministrazione””.
4066 – ROMA: LIBERAUSCITA SCRIVE AL SINDACO MARINO
Caro Sindaco,a nome di tutti i soci di LiberaUscita un sincero GRAZIE per aver
coerentemente portato avanti e ottenuto dal Consiglio comunale l'istituzione del registro dei
testamenti biologici. Il fatto che la Capitale d'Italia e dello Stato Vaticano, come già avvenuto
in centinaia di comuni e province, abbia consentito a tutti i cittadini romani - dopo
l'inqualificabile silenzio del precedente sindaco Alemanno - di poter depositare le loro
dichiarazioni sui trattamenti sanitari ai quali vogliono o meno essere sottoposti qualora
divengano incapaci di intendere e volere costituisce un ennesimo ma importante passo in
avanti sulla strada dei diritti umani. Rappresenta altresì una autorevole e chiara smentita della
vergognosa circolare emanata nel novembre 2010 con cui i ministri Fazio, Sacconi e Maroni,
allo scopo di impedirne la diffusione, avevano dichiarato che "i registri sono una presa in
giro", che "sono in realtà assolutamente inefficaci" e che "rappresentano solo una
provocazione politica e prendono in giro il cittadino". Con l'occasione ti chiediamo di voler
disporre affinché ci siano trasmesse, via email, il testo della delibera e le disposizioni
attuative, da diffondere e conservare nel ns. archivio.
Cordiali saluti.
Giampietro Sestini
Segretario
4067 - WASHINGTON: SONDAGGIO SU 19 QUESTIONI MORALI
La Federazione mondiale per il diritto di morire con dignità ci ha inviato la sottoriportata news,
dalla quale si evince in particolare che da un sondaggio condotto da Gallup su 19 questioni
morali, il 52% degli americani si è dichiarato a favore del suicidio assistito. Tale maggioranza
è stata raggiunta grazie al voto dei Democratici.
May 30 (UPI) --While nine out of 10 adults in the United States say birth control is acceptable,
only 7 percent believe adultery is okay, a Gallup poll released Friday said. Gallup asked
respondents about 19 moral issues.
The poll found majorities ranging from 57 percent (the use of animals for medical tests) to 69
percent (divorce) on many issues, including pre-marital sex, out-of-wedlock birth, homosexual
relationships, stem-cell research and the death penalty.
The public is split on doctor-assisted suicide, with only 52 percent finding it acceptable, and
abortion, where 42 percent find it acceptable and neither side has a majority.
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Gallup figures for moral acceptability of doctor-assisted suicide by party ideology:
Republicans 40 %, Independents 54 %, Democrats 63 %.
4068 - BELGIO: IN CRESCITA I CASI DI EUTANASIA
da: Aduc avvertenze n. 23 del 28 maggio 2014
Cinque casi di eutanasia al giorno. E' il nuovo record registrato in Belgio, che con 1.816 'morti
assistite' nel 2013, pari a 150 al mese ovvero 5 al giorno, ha segnato un aumento del +26,8%
rispetto al 2012. Due anni fa erano state registrate, infatti, 1.432 eutanasie.
E' quanto emerge da un rapporto anticipato dalla stampa belga.
4069 - QUEBEC: APPROVATA LA LEGGE PER L’ASSISTENZA A MORIRE
da World right-to-die news list – di Helene Bolduc – traduzione per L. U. di A. Bonfiglioli
Il 5 giugno l’Assemblea Nazionale del Quebec ha convertito in legge, con 94 voti a favore e
22 contrari, il progetto n. 52 sull’assistenza medica nel fine vita. Tale assistenza diventa così
una scelta per i cittadini adulti del Quebec capaci di intendere e di volere affetti di malattie
inguaribili in fasi terminali o che provocano un declino irreversibile o un’intollerabile
sofferenza fisica o psicologica.
Probabilmente si manifesteranno difficoltà legali per l’applicazione di questa nuova legge, ma
si deve comunque riconoscere il coraggio del popolo del Quebec e dei loro rappresentanti, i
quali hanno preferito accettare la sfida di una decisione presa nel rispetto di tutte le opinioni al
di là di ogni differenza ideologica o di partito piuttosto che scaricare sui tribunali la
responsabilità di stabilire il delicato equilibrio tra i principi generali del rispetto della vita, la
dignità dell’individuo e l’autonomia dell’individuo stesso.
4070 - FRANCIA: NO DELLA CORTE UE ALLO STOP DELLE CURE PER LAMBERT
da: repubblica.it di mercoledì 25 giugno 2014
Strasburgo - Oggi la Corte di Strasburgo è intervenuta, nel quadro della procedura che le
permette di imporre agli Stati misure urgenti e provvisorie "in via eccezionale" e solo nel caso
di "rischio concreto di danni a persone gravi e irreparabili".
Non verranno interrotte le cure per Vincent Lambert, l'infermiere tetraplegico al centro di un
forte dibattito sull'eutanasia in Francia. Lo ha deciso la Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo
che ha stabilito, su richiesta dei genitori di Lambert, la sospensione della sentenza del
Consiglio di Stato francese, che aveva autorizzato l'interruzione dell'alimentazione artificiale
dopo aver sentito il parere del procuratore che si fondava sulla "irreversibilità delle lesioni"
cerebrali diagnosticate da tre esperti di neuroscienze. La Corte europea ha inoltre posto il
divieto di spostare Lambert dall'ospedale in cui è ricoverato. Secondo fonti del giornale
Figaro, il divieto di trasferire Lambert dall'ospedale di Reims risponde al timore dei genitori
che la moglie, favorevole alla 'dolce morte', decida il suo trasferimento nel vicino Belgio, dove
l'eutanasia è legale.
Una famiglia divisa. Non si ferma quindi la battaglia che divide da mesi la famiglia e
l'ospedale di Reims. Lambert, 38 anni, alimentato artificialmente dal 2008 dopo un incidente
di motocicletta, è diventato il simbolo del dibattito sull'eutanasia in Francia. I medici, con
l'accordo della moglie e di una parte dei parenti, hanno chiesto di interrompere le cure in base
alla legge Leonetti del 2005, che vieta l'accanimento terapeutico. I genitori di Vincent, ferventi
cattolici, sono sempre stati contrari ad applicare "l'eutanasia passiva" sul figlio.
Le reazioni. "Sono sconcertato da una decisione che significa un accanimento su un corpo
che non ne può più - ha detto François Lambert, nipote di Vincent - . Mi auguro che tutta la
procedura sia veloce perché la sofferenza di Lambert è costante e crescente". Di tutt'altro
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parere il legale dei genitori di Lambert. "Non sta male, non rischia di morire da un momento
all'altro, non sta soffrendo - ha detto l'avvocato Jean Paillot - . Dalla nostra prospettiva, non
c'è alcun motivo per smettere di alimentarlo e idratarlo", ha aggiunto.
Cosa succede negli altri paesi. L'eutanasia è vietata in Francia e in molti Stati, mentre è
legale in Belgio, Paesi Bassi e Svizzera. Durante la campagna elettorale il futuro presidente
François Hollande aveva promesso di introdurre una norma per autorizzare 'la dolce morte',
ma per ora l'unica normativa vigente è ancora la legge Leonetti del 2005 che si limita a
stabilire che le cure non devono essere caratterizzate da "un'eccessiva ostinazione". In Italia,
a cinque anni dalla morte di Eluana Englaro, non esiste ancora una legge sul testamento
biologico. Chi aiuta un malato terminale a morire rischia fino a 12 anni di carcere.
Vincent Lambert
4071 - FRANCIA: SMETTIAMO DI USARE LA PAROLA “EUTANASIA”
da: Aduc salute n. 26/2014 del 26 giugno 2014
L'ex ministro francese degli Esteri, Bernard Kouchner, chiede di smettere di utilizzare la
parola eutanasia, che a suo avviso contiene al suo interno il termine "nazismo", e di coniare
un termine più "dolce". In francese, la pronuncia della seconda parte della parola 'euthanasie'
(eutanasia) ricorda quella di 'nazi' (nazista).
"Vorrei che eutanasia non venisse più usata - ha detto a France Inter Kouchner, che fu tra i
fondatori dell'ong Medici senza frontiere - Per cominciare perché contiene il termine
'nazismo', e non è bello. E poi perché si ha l'impressione di un'aggressione, che si vogliano
forzare le persone, come per la parola 'ingerenza' – e ha aggiunto - La vita appartiene alla
persona che vive. Bisogna usare parole dolci".
Commento. Kouchner ha perfettamente ragione. Fino a quando la parola “eutanasia” verrà
usata e intesa come sinonimo di “omicidio” sarà difficile se non impossibile legalizzarla. A
parte il fatto che la parola contenga o meno un riferimento francese al nazismo,il significato
letterale di “eutanasia” è “buona morte”, ossia l’esatto contrario di “omicidio”. Purtroppo, la
ragione non vale quando un’organizzazione mondiale come la Chiesa cattolica antepone il
dogma alla ragione. (G. Sestini)
4072 - FRANCIA: ASSOLTO MEDICO PER EUTANASIA SU 7 PAZIENTI
da: Aduc salute n° 26/2014 del 26 giugno 20143
In Francia una nuova sentenza, la seconda in neppure 24 ore, potrebbe orientare
l'ordinamento giuridico in senso più favorevole all'eutanasia. La Corte d'Assise di Pau,
capoluogo dei Pirenei Atlantici, ha "assolto da tutte le imputazioni" Nicolas Bonnemaison,
medico di 53 anni, accusato di aver volontariamente avvelenato sette pazienti fra il marzo
2010 e il luglio 2011. Le vittime erano tutte in età avanzata e malati terminali e Bonnemaison,
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scoperto e denunciato da alcuni infermieri, era stato licenziato dal suo posto nel pronto
soccorso dell'ospedale di Bayonne. La nuova sentenza fa seguito a quella con cui martedì il
Consiglio di Stato francese aveva disposto l'interruzione delle terapie che tenevano
artificialmente in vita dal 2008 il 38enne tetraplegico Vincent Lambert, ridotto da un
gravissimo incidente stradale in stato semi-vegetativo irreversibile: decisione, quest'ultima,
peraltro immediatamente bloccata dalla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo di Strasburgo,
cui si sono rivolti il padre, la madre, un fratello e una sorella di Lambert, cattolici ultra-convinti,
ottenendone l'ordine di sospensione nelle more di un approfondimento istruttorio.
A Pau la decisione che ha mandato assolto Bonnemaison è stata accolta con sollievo
dall'interessato che, sopraffatto dall'emozione, non è riuscito a profferire parola: si è limitato a
sorridere e a stringere forte la mano di uno dei propri difensori, Benoit Ducos-Ader. "Qui non
ci sono eroi e non ci sono martiri", ha commentato dal canto proprio l'avvocato. "Questa è una
sentenza enorme". Applausi scroscianti dall'aula gremita di folla, che ha sempre seguito con
passione e partecipazione il processo, iniziato l'11 giugno scorso. La stessa pubblica accusa
nelle argomentazioni finali aveva assunto un atteggiamento benevolo nei confronti del
'medico pietoso' per il quale, anziché l'ergastolo, si era limitata a chiedere una condanna
quasi simbolica a cinque anni di carcere, per di più con la condizionale. "Lei non è un
assassino né un avvelenatore nel senso comune che si attribuisce a termini del genere",
aveva riconosciuto il pm Marc Mariee. "Lei ha agito da medico, ma è da medico che ha
sbagliato".
Lo stesso imputato non si è mai sottratto alle sue responsabilità, riconoscendo di aver
somministrato sistematicamente forti dosi di potenti anestetici ai pazienti affidati alle sue cure,
cinque donne e due uomini, ma solo perché ciò rientrava nel "dovere di un medico di
accompagnare il malato fino alla fine", risparmiandogli sofferenze inutili.
Molti parenti delle vittime durante il dibattimento, e persino prima, si sono schierati
apertamente dalla parte di Bonnemaison, cui nondimeno è stato finora proibito d'incontrarli:
ma, "se vogliono parlare con me", ha mormorato, "io sono sempre a loro disposizione".
Soddisfatto anche Jean Leonetti, il deputato conservatore promotore a suo tempo della legge
sul fine vita, che ne porta il nome, vigente dal 2005: "Nessuno ha voglia di vedere il dottor
Bonnemaison in prigione", aveva dichiarato ieri Leonetti, che in udienza era stato sentito
come testimone e che si era espresso a sostegno dell'accusato, al pari del resto del socialista
Bernard Kouchner, ex ministro della Sanità francese. L'attuale normativa, pur vietando
l'eutanasia in senso stretto, è nella sostanza contraria all'accanimento terapeutico. Come ha
chiosato lo stesso Leonetti, adesso però ci sono "domande da porsi".
4073 - FRANCIA: L'89% DEI FRANCESI E’ FAVOREVOLI ALL’EUTANASIA
da: Aduc salute n. 26/2014 del 26 giugno 2014
L'89% dei francesi, quasi nove persone su dieci, si dicono favorevoli a una legge che autorizzi
l'eutanasia in Francia, secondo un sondaggio BVA pubblicato oggi dal quotidiano Le Parisien.
Sono le persone con più di 65 anni le più numerose a pronunciarsi in favore di un'evoluzione
della legge, con una percentuale che sfiora il 98%. Nel caso in cui il malato non fosse in
condizione di esprimere le proprie volontà, a intervenire nella decisione di eutanasia
dovrebbero essere la famiglia per il 53% dei francesi, i medici per il 41% e solo per il 6% un
giudice. Il sondaggio è stato realizzato ieri su un campione rappresentativo di 979 persone
con più di 18 anni.
Lo studio arriva il giorno dopo la sentenza della Corte d'Assise di Pau che ha assolto il dottor
Nicolas Bonnemaison, accusato di aver aiutato a morire sette pazienti in fin di vita
dell'ospedale di Bayonne.
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4074 - LE VIGNETTE DI ELLEKAPPA - CONTRO IL MAL DI FEGATO..
4075 - LE VIGNETTE DI STAINO - IL MAALOX DI GRILLO
4076 - LE VIGNETTE DI STAINO - MANDIAMO UN PIZZO AL PADRETERNO?
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