il nostro mondo - Società Italiana di Fisica
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il nostro mondo Il premio Nobel per la fisica 2008 Alessandro Bettini* Dipartimento di Fisica “G. Galilei” e INFN, Università di Padova, Padova, Italia Laboratorio Subterráneo de Canfranc, Canfranc (Huesca), Spagna 1 Motivazioni e vincitori Il premio Nobel per la fisica 2008 è stato assegnato per le “Broken Symmetries”, cioè per le simmetrie violate, o “rotte”. Tutti i fisici conoscono l’importanza dei principi di simmetria, che dominano la fisica dell’ultimo secolo, e tutti i fisici sanno che la natura non segue quasi mai perfettamente una legge di simmetria, ma in generale la viola un po’. Solo una così vasta motivazione poteva comprendere i contributi, così distanti tra loro, delle due metà in cui il premio è stato diviso. Ha lasciato tuttavia perplessità l’esclusione di Nicola Cabibbo, che pose le basi teoriche del mescolamento dei quark, successivamente esteso da Kobayashi e Maskawa. Conviene comunque leggere le argomentazioni della Classe di Fisica dell’Accademia Reale Svedese delle Scienze, nella nota “Broken Symmetries” [1], all’indirizzo http://nobelprize.org/ nobel_prizes/physics/ laureates/2008/. Quando queste note saranno stampate si potranno trovare al medesimo indirizzo anche le lezioni Nobel dei premiati, la cui lettura permetterà certamente una più profonda Fig. 1 Yoichiro Nambu. visione della fisica. Una metà del premio è stata assegnata a Yoichiro Nambu (fig. 1) per la scoperta della rottura spontanea della simmetria a livello subatomico. Nambu, nato a Tokyo nel 1921, si iscrisse all’Università pochi anni prima dell’inizio della guerra mondiale. Terminati gli *e-mail: [email protected]. studi fu arruolato nell’esercito, ma ebbe la fortuna di rimanere in Giappone, impiegato nella ricerca sui radar. Finita la guerra ottenne una posizione di post-doc all’Università di Tokyo, entrando successivamente a far parte del gruppo di Sin-Itiro Tomonaga. Tomonaga stesso lo presentò ad Oppenhaimer che gli fece avere una borsa di studio a Princeton. Da Princeton, Nambu si spostò a Chicago, e il soggiorno negli Stati Uniti, invece di durare un paio di anni, è durato tutta la vita. Nambu è professore emerito dell’Istituto Enrico Fermi dell’Università di Chicago. L’altra metà del premio è stata assegnata congiuntamente a Makoto Kobayashi e a Toshihide Maskawa (fig. 2 e 3) per la scoperta di quella rottura di simmetria che porta alla predizione dell’esistenza in natura di almeno tre famiglie di quark. Entrambi sono della scuola di Nagoya. Maskawa, nato nel 1940, si diplomò a Nagoya nel 1962, dove ricevette anche il titolo di PhD nel 1967. Dopo un periodo di ricercatore associato all’Università di Nagoya divenne professore all’INS (Institute of Nuclear Studies) dell’Università di Tokyo e successivamente all’YITP (Yukawa Institute for Theoretical Physics) all’Università Sangyo di Kyoto, dove è attualmente professore emerito. Kobayashi, nato nel 1944, si diplomò nel 1967 a Nagoya, vol24 / no5-6 / anno2008 > 95 il nostro mondo Fig. 2 Toshihide Maskawa. dove ricevette anche il PhD nel 1972. Dopo un periodo di ricercatore associato all’Università di Kyoto si spostò come professore al Laboratorio Nazionale di Fisica delle Alte Energie (KEK) a Tsukuba, dove diresse l’Istituto di studi nucleari e di particelle e dove è tuttora professore emerito. 2 Simmetrie e gruppi Le leggi della fisica non cambiano al passare degli anni, né dipendono dal luogo nel quale avvengono i fenomeni. Galileo Galilei stabilì inoltre che esse obbediscono al principio di relatività, cioè non dipendono dal moto relativo, purché esso sia traslatorio uniforme. Henri Poincaré [2] stabilì nel 1905 che l’insieme di queste trasformazioni, traslazioni, rotazioni e trasformazioni di Lorentz, costituisce un gruppo, nel senso matematico del termine. Emmi Noether [3] dimostrò nel 1918 che alle proprietà di invarianza corrispondono osservabili fisici conservati. In particolare, all’invarianza sotto il gruppo di Poincaré corrispondono le conservazioni dell’energia, della quantità di moto e del momento angolare che non conoscono eccezioni. L’invarianza di Poincaré è quindi una simmetria esatta. Non tutte le simmetrie sono però esatte. La natura esprime la simmetria imperfetta a tutti i livelli. Gli esempi sono parte dell’esperienza quotidiana. Ad esempio, i nostri corpi, e quelli degli animali, sono esteriormente simmetrici per riflessione rispetto al piano verticale che ci dimezza: la parte sinistra è uguale alla destra riflessa in uno specchio. 96 < il nuovo saggiatore Fig. 3 Makoto Kobayashi. Ma non perfettamente, ci sono delle piccole differenze. Esse certamente rendono più piacevole un volto, rispetto a quello che sarebbe se fosse perfettamente simmetrico. A livello microscopico, le interazioni fondamentali sono solo parzialmente invarianti sotto l’inversione degli assi, o, in maniera equivalente, di uno di essi, come nella riflessione in uno specchio. Lo sono la lagrangiana delle interazioni forti e quella delle interazioni elettromagnetiche, ma non quella delle deboli. La simmetria quindi non è esatta, è rotta e l’osservabile “parità” non è sempre conservato. Questo tipo di rottura di simmetria, le piccole irregolarità del volto o la non invarianza di una parte della lagrangiana, si dice “esplicita”. Le interazioni deboli, che non sono invarianti né, come detto, sotto l’operazione di parità P, né per lo scambio, “coniugazione”, particella-antiparticella C, lo sono quasi per la combinazione delle due, CP. Furono Kobayashi e Maskawa a comprendere nel 1973 che l’origine della, piccolissima, violazione di CP poteva essere compresa se ci fossero stati in natura due quark in più rispetto ai quattro allora noti, estendendo ad essi la teoria del mescolamento di Cabibbo, come discuteremo in seguito. Un altro tipo importante di simmetria è quello delle simmetrie interne. La prima fu la simmetria dell’isospin, introdotta da Werner Heisenberg nel 1932 [4] per rappresentare l’invarianza delle forze nucleari per la sostituzione, nelle dovute condizioni, protone-neutrone. Il gruppo di simmetria è SU (2). Il protone e il neutrone formano assieme un doppietto di isospin. Sono quindi due stati della stessa a. bettini: il premio nobel per la fisica 2008 particella e come tali dovrebbero avere la stessa massa. In effetti ce l’hanno quasi uguale, perché la simmetria non è perfetta. Dopo la scoperta delle particelle strane, nel 1956 Shoichi Sakata [5] propose di considerare come fondamentali, oltre al protone e al neutrone, anche un barione strano, la Λ. I “sapori” degli adroni erano tre, le due componenti dell’isospin e la stranezza. Nel 1961, Murray Gell-Mann [6] e indipendentemente Yuval Ne′eman [7] proposero di estendere la simmetria (rotta) interna degli adroni al gruppo SU (3). Tre anni dopo, nel 1964 George Zweig [8] e indipendentemente Gell-Mann [9] compresero che la simmetria SU(3) si poteva comprendere come dovuta a tre componenti, chiamati “assi” da Zweig e “quark” da Gell-Mann, uno per ogni sapore. Sono chiamati rispettivamente up, down e strano, u, d e s. Hanno gli stessi numeri quantici dei barioni p, n e Λ del modello di Sakata, tranne che le loro cariche elettriche sono frazionarie, 2/3, –1/2 e –1/3, rispettivamente. Il modello a quark rivelò subito la sua utilità per spiegare in maniera semplice lo spettro degli adroni, sia barioni sia mesoni, che sia era arricchito di una miriade di elementi. La realtà fisica dei quark come componenti elementari degli adroni fu però accettata solo nel 1967, quando Jerome Friedman, Henry Kendall e Richard Taylor [10] e i loro gruppi risolsero la struttura interna del protone col fascio di elettroni di SLAC. La sua energia di 20 GeV consentiva di raggiungere un potere risolutivo di una piccola frazione di femtometro. Sappiamo oggi che esistono in totale tre “famiglie” di particelle elementari, tutte con la stessa struttura. Ciascuna contiene un quark di tipo up (cioè di carica 2/3), e uno di tipo down (carica –1/3), un leptone carico e il suo neutrino. Sono rispettivamente (u, d, e, νe), (c, s, µ, νµ) e (t, b, τ, ντ). Tre dei quark hanno massa piccola, u di circa 3 MeV, d di circa 6 MeV e s di circa 100 MeV. Gli altri tre hanno masse molto più grandi e furono quindi scoperti più tardi. Esiste un altro modo, più sottile, di violare la simmetria. Il sistema, matematicamente la sua lagrangiana, può essere perfettamente simmetrico, ma i suoi stati possono non esserlo. A livello macroscopico ciò avviene per sistemi composti da moltissimi elementi (atomi, molecole) uguali tra loro. Pensiamo, come similitudine, ad un branco di pesci (o ad uno sciame d’uccelli) tutti uguali tra loro. Supponiamo che la superficie del mare ed il suo fondo siano distanti e che il peso sia perfettamente bilanciato dalla spinta di Archimede. Allora tutte le direzioni sono equivalenti, l’ambiente è simmetrico. Eppure, un pesce del branco decide di scegliere una direzione in cui dirigersi e, dopo un po’, tutti gli altri lo imitano. La simmetria si è rotta “spontaneamente”. A meglio guardare, il processo è graduale. All’inizio sono pochi i pesci che hanno scelto la direzione in cui muoversi, localizzati in una piccola regione di spazio. Poi la scelta si propaga a tutto il gruppo muovendosi un po’ come un’onda. È l’onda di Nambu-Goldstone. Fuori di metafora, il fenomeno della rottura spontanea di simmetria è conosciuto per sistemi macroscopici da moltissimi anni. Tali sono il ferromagnetismo e la superconduttività. Sorprendentemente, la rottura spontanea di simmetria è presente anche a livello fondamentale, per sistemi quantistici “semplici” come le particelle elementari, come stabilito principalmente dai lavori di Nambu e di Goldstone all’inizio degli anni 1960. Anzi, la rottura spontanea è un aspetto essenziale del Modello Standard e, in particolare i bosoni di Nambu-Goldstone (corrispondenti all’onda dell’analogia) ne sono componenti fondamentali. 3 Le interazioni fondamentali Il Modello Standard delle interazioni fondamentali descrive in maniera rigorosamente testata tutte le interazioni fondamentali, tranne la gravitazione. È necessario qui richiamarne, sia pure sommariamente, alcuni aspetti. Si ricordi però che al tempo delle scoperte premiate, esisteva una descrizione teorica solo dell’interazione elettromagnetica. Per le altre venivano avanzati diversi tentativi di interpretazione teorica. Solo alcuni di questi si rivelarono corretti. Citeremo nel seguito alcune delle principali scoperte, ma ricordiamo che in generale le scoperte non sono istantanee, ma piuttosto sono spesso precedute da tentativi precursori che cominciano ad abbozzarle. I processi fisici fondamentali che osserviamo sono il decadimento di una particella in due o più particelle e l’urto tra due particelle che produce due o più altre particelle nello stato finale. In entrambi i casi il processo è istantaneo, rispetto ai tempi di misura. In entrambi i casi, osserviamo la scomparsa delle particelle iniziali e la comparsa di quelle finali. La funzione matematica che descrive il processo è la lagrangiana corrispondente alle interazioni in gioco. Tutte le lagrangiane d’interazione, elettromagnetica, debole e forte, contengono espressioni, chiamate correnti, che includono i campi delle particelle fermioniche, quark e leptoni. Le correnti elettromagnetica e forte sono vettoriali, cioè hanno momento angolare 1 e parità negativa, le correnti deboli hanno una componente vettoriale ed una assiale (momento angolare 1 e parità positiva). Le correnti si accoppiano con i bosoni mediatori dell’interazione, che sono tutti vettori: il fotone per l’elettromagnetismo, W +, W − e Z 0 per l’interazione debole e gli otto gluoni per l’interazione forte. Così l’interazione elettromagnetica degli elettroni è descritta _ dal prodotto della corrente e g e del campo fotonico Aµ e di _ m √a, dove α è la costante di struttura fina, proporzionale al quadrato della carica elementare. Nell’espressione scritta e è il campo dell’elettrone,_ un bispinore di Dirac, e γµ sono le matrici di Dirac. Quindi e gme è una quantità vettoriale. Esiste una corrente vettoriale per ogni quark e per ogni leptone. Le vol24 / no5-6 / anno2008 > 97 il nostro mondo correnti dei neutrini compaiono solo nelle interazioni deboli. Ad esempio la diffusione elastica di un elettrone e di un muone e- + m- → e- + m- è _ottenuta come sequenza _ _ di _ sottoprocessi descritti da √a (e gm e) Am e da √a (mgm m) Am. Caso più semplice: primo sottoprocesso: l’elettrone iniziale scompare e appaiono l’elettrone finale e un fotone; secondo sottoprocesso: il fotone viene assorbito dal muone iniziale, assieme scompaiono e compare il muone finale. Le interazioni deboli sono di gran lunga più complicate. Anzitutto ne esistono di due tipi, quelle mediate dalla Z 0, chiamate di “corrente neutra” e quelle mediate da W + e W –, dette di “corrente carica”. Nell’interazione elettromagnetica la carica delle particelle presenti prima e dopo l’emissione o assorbimento del fotone è la stessa, perché la carica si conserva e il fotone non ha carica. Altrettanto avviene per le interazioni deboli di corrente neutra. Le interazioni deboli mediate da W + e W – invece, per le medesime ragioni, cambiano la carica della particella. Ad esempio un elettrone può scomparire mentre compaiono un neutrino elettronico e una W –. Una seconda differenza importante è che esistono correnti deboli sia vettoriali sia assiali. Le prime hanno_ forma analoga alla corrente_elettromagnetica, cioè del tipo e g_me, ma anche ad esempio negmne, quelle assiali sono del tipo e gmg5e. La _ corrente vettoriale carica, ad _ esempio per l’elettrone, è negme, mentre quella assiale è negmg5e. Tutte le correnti deboli cariche sono del tipo V – A, cioè _ negm (1 - g5)e . Data questa struttura, si definiscono le proiezioni chirali degli spinori ψ di Dirac, dette rispettivamente “left” (L) e “right” (R) (1) , accoppiamento delle correnti deboli cariche è universale, cioè la stessa per tutte. È la costante di Fermi, che viene misurata in maniera precisa misurando la massa del µ e la velocità del _ decadimento m- → e- + ne + νµ . All’inizio degli anni 1960, quando erano noti solo tre sapori, la situazione era confusa perché la velocità del decadimento beta del neutrone (e di alcuni nuclei) era solo circa il 97% di quanto previsto dall’universalità e, ancor peggio, le velocità dei decadimenti di particelle strane in particelle senza stranezza erano un ordine di grandezza troppo piccole. Il problema fu risolto da Nicola Cabibbo [11] che introdusse nel 1963 il concetto di mescolamento tra i sapori (col linguaggio di oggi): la corrente debole carica adronica (quella che sappiamo oggi si accoppia con la W) è una combinazione della corrente che non cambia la stranezza, diciamola J|DS|=0 , e di quella che la cambia J|DS|=1. La combinazione si può esprimere come una rotazione attraverso un angolo, chiamato angolo di Cabibbo (3) Il punto importante è che tutte le velocità di decadimento in leptoni degli adroni e dei leptoni sono predette correttamente con lo stesso valore dell’angolo. L’universalità era così stabilita in forma nuova. Considerazioni analoghe erano state avanzate nel 1960 da M. Gell-Mann e M. Levy [12] in una nota a piè pagina. Dopo l’introduzione del concetto di quark, che come già ricordato avvenne l’anno successivo, divenne chiaro che la teoria di Cabibbo implicava che il quark di tipo down che si accoppia al quark u non è né d né s, ma il campo ottenuto dalla rotazione (4) È facile vedere che la corrente V – A, nell’esempio considerato, si può scrivere _ La corrente adronica debole carica è quindi d ’L gmuL. Veniva così stabilito il concetto di mescolamento tra quark. (2) Quindi, solo le componenti di chiralità negativa hanno interazione debole carica. La chiralità però non è in genere un osservabile. Lo sarebbe se la particella (di spin ½) avesse massa nulla. In questo limite essa coincide con l’elicità, che è la proiezione dello spin sulla direzione del moto ed è misurabile. Benché tutte le particelle di spin ½, abbiano massa, esistono situazioni in cui essa è piccola, o addirittura trascurabile, rispetto all’energia. La corrente debole carica (2) è quella che accoppia l’elettrone al suo neutrino. Altre due, del tutto analoghe, accoppiano il leptone µ al suo neutrino e il leptone τ al suo neutrino. Per i quark ci sono anche tre correnti che accoppiano un quark di tipo up e uno di tipo down. Sappiamo ora che la costante di 98 < il nuovo saggiatore 4 Rottura spontanea La rottura spontanea di una simmetria avviene quando la lagrangiana del sistema è simmetrica, ma non lo è lo stato di minima energia cioè, come si dice, il vuoto. Quando Nambu cominciò ad occuparsi del problema situazioni del genere erano note da diversi decenni per sistemi composti da molte particelle. Ad esempio in un dominio ferromagnetico i momenti magnetici responsabili del magnetismo scelgono spontaneamente una delle due orientazioni di energia minima, rompendo la simmetria. In un superconduttore il condensato nello stato di energia minima è composto di coppie di Cooper, che hanno carica non nulla (–2) rompendo la simmetria dell’elettrodinamica. a. bettini: il premio nobel per la fisica 2008 Nel 1960 Nambu avanzò l’ipotesi ardita che la rottura spontanea di simmetria potesse aver luogo anche nelle teorie di campo delle particelle elementari. Sviluppò successivamente le idee in una serie di lavori da solo e con collaboratori [13]. Il vuoto a livello delle particelle elementari, lo stato di energia minima, è una regione di spazio in cui non sono presenti né particelle né campi di forza. Sembrerebbe a prima vista che non ci fosse nulla. Invece, l’indagine iniziata da Nambu ha mostrato che il vuoto quantistico, quando osservato a scale dell’ordine di una frazione di femtometro, è un mezzo dinamico estremamente attivo nel quale continuamente coppie particella antiparticella si formano per fluttuazione quantistica e subito si annichilano nuovamente. Un altro contributo fondamentale fu portato da Jeffrey Goldstone nel 1961 [14]. Egli dimostrò che la rottura spontanea di una simmetria esatta, cioè non esplicitamente rotta, implica l’esistenza di una o più particelle di spin zero di massa nulla, chiamata bosone di Goldstone. Oggi conosciamo la teoria dell’interazione forte che lega i quark, che non esistono liberi, a formare gli adroni. Queste sono le particelle osservate sperimentalmente. Come già osservato, le masse dei quark che costituiscono la materia ordinaria sono piccolissime, dell’ordine del per cento delle masse del protone e del neutrone. Le interazioni forti sono invarianti sotto la simmetria SU(3) dei sapori (u, d, s), che è rotta dalle differenze tra le masse dei quark. Nel limite in cui le masse dei quark si annullano, la lagrangiana si può esprimere come somma di due termini uguali, che coinvolgono rispettivamente quark “left” e quark “right”, ciascuno invariante sotto un gruppo SU(3). La simmetria complessiva è quindi SU(3) × SU(3). Questa, chiamata simmetria chirale, è però rotta sia esplicitamente, dalle masse non nulle dei quark, sia spontaneamente, dall’asimmetria del vuoto (dei sistemi adronici). Quando Nambu affrontò il problema non esistevano ancora né il concetto di quark né tanto meno la teoria della cromodinamica quantistica. Ciò nonostante, egli comprese che il pione è il bosone di Goldstone che corrisponde alla rottura spontanea appena menzionata. Come tale, se non ci fosse anche la rottura esplicita, la sua massa dovrebbe essere nulla. Sappiamo oggi che il quadrato della massa del pione è proporzionale alla somma delle masse dei quark che lo compongono, e quindi è molto piccola, qualche per cento della massa del protone al quadrato. Si noti che Nambu aveva anticipato così che il pione è una particella composta. Nambu fu in grado di giustificare, tra l’altro, una relazione fenomenologia, trovata da Goldberger e Trieman [15], tra la costante di accoppiamento assiale, la costante di decadimento del pione e la forza dell’accoppiamento del pione al nucleone. Osserviamo ancora che se la simmetria fosse esatta, nello spettro dei mesoni dovrebbero esistere sia particelle pseudoscalari, cioè di spin 0 e parità negativa, sia scalari (spin 0, parità positiva), con masse uguali. Limitiamoci per semplicità ai mesoni non strani, che contengono cioè i quark u e d. La simmetria chirale per essi è SU(2) × SU(2). Si vede che i bosoni di Goldstone corrispondenti alla sua rottura sono quattro di egual massa: tre pseudoscalari in un tripletto di isospin, e uno scalare singoletto. Il tripletto isoscalare è formato dai tre pioni. Il mesone scalare esiste, ma non era noto al tempo dei lavori in discussione. Anche se la prima evidenza sperimentale risale al 1968 [16], ci vollero molti anni per stabilirne fermamente l’esistenza. La sua massa al quadrato è di due ordini di grandezza maggiore di quella del pione. È questo l’effetto della rottura sia esplicita (masse non nulle dei quark u e d) sia spontanea (vuoto degli stati adronici asimmetrico) della simmetria chirale. Più in generale, il concetto di rottura spontanea è un elemento essenziale del Modello Standard. Nello sviluppo della teoria si parte infatti da un’espressione della lagrangiana in cui le masse sia dei fermioni sia dei bosoni vettori sono nulle. Il meccanismo che “genera” le masse fu scoperto da Peter Higgs [17] e da Robert Brout e François Engrlet [18] nel 1964. Il bosone scalare di Goldstone corrispondente è chiamato particella di Higgs. Esso rimane ad oggi ipotetico, ma ce si ne aspetta la scoperta al nuovo collisore LHC del CERN. 5 Mescolamento dei quark e violazione di CP Quando si scoprì che le interazioni deboli violano sia la parità sia la coniugazione particella-antiparticella, Lev Landau osservò nel 1957 [19] che tutti i dati disponibili erano compatibili con l’invarianza sotto l’operazione congiunta CP, cioè per inversione di parità accompagnata dalla sostituzione di tutte le particelle del sistema con le loro antiparticelle. La simmetria, in una nuova forma, sembrava essere stata ripristinata. Tuttavia nel 1964 Christenson, Cronin, Fitch e Turlay [20] scoprirono che anche la simmetria CP è violata, a livello dei per mille, nei decadimenti dei mesoni K 0. Il contributo di Kobayashi e Maskawa è la scoperta dell’origine della violazione in un coefficiente di fase presente nella matrice di mescolamento dei quark. Prima di discuterlo è necessario quindi riprendere il mescolamento dei quark. Una conseguenza immediata della teoria di Cabibbo è la _ presenza del termine d ’L gmdL’ che descrive_una corrente _ “neutra”. Esso contiene le correnti neutre d L gmsL e s L gmdL . Queste indurrebbero transizioni tra adroni con la stessa carica elettrica e diversa stranezza, transizioni che però non esistono o, meglio, sono molto fortemente soppresse. La soluzione del problema fu trovata nel 1970 da Sheldon Glashow, John Iliopoulos e Luciano Maiani (“GIM”)[21], che mostrarono che se ci fosse stato un quarto quark, di carica vol24 / no5-6 / anno2008 > 99 il nostro mondo 2/3, che fu chiamato charm, c, allora, oltre alla (4) ci sarebbe anche la combinazione ad essa ortogonale (5) _ _ Quindi , oltre al termine d ’L gmdL’, ci sarebbe anche s L’ gmsL’. Si vede facilmente che nella somma dei due le correnti neutre _ _ d L gmsL e s L gmdL si cancellano. Gli autori ipotizzarono che il quarto quark avesse massa notevolmente maggiore di quella dei quark noti, attorno ai 2 GeV. Le due relazioni (4) e (5) indicano che nelle correnti deboli adroniche cariche non compare la coppia di quark di tipo down ma la coppia “ruotata” dell’angolo di Cabibbo (6) Nel novembre del 1974 due esperimenti indipendenti, un doppio spettrometro magnetico per elettroni all’acceleratore di protoni AGS a Brookhaven [22] e MARK1 al collisore e+e– SPEAR di SLAC [23], osservarono una risonanza estremamente stretta di massa di circa 3.1 GeV, chiamata J dal primo e ψ dal secondo. Essa fu immediatamente interpretata come stato legato di un quark charm e del suo anti-quark. Il modello GIM veniva confermato sperimentalmente. Il quark charm veniva a completare la seconda “famiglia” assieme al quark strano, al leptone µ e al suo neutrino νµ che era stato scoperto all’acceleratore di Brookhaven nel 1962 da G. Damby et al. [24]. Si noti che il mescolamento dei quark può essere espresso indifferentemente o per i quark di tipo down o per quelli di tipo up. Si usa la prima alternativa perché, storicamente, quando il mescolamento fu introdotto erano noti due quark di tipo down ed uno solo di tipo up. Da un punto di vista teorico non c’erano ragioni per immaginare quark e leptoni al di là di quelli noti. Tuttavia già nel 1967 Antonino Zichichi aveva ipotizzato l’esistenza di un terzo leptone, che chiamò Heavy Lepton (HL), e del suo neutrino νHL. Zichichi e i suoi collaboratori progettarono e costruirono il necessario apparato sperimentale ad ADONE a Frascati [25], l’anello di accumulazione e+e– di energia più alta disponibile allora. La reazione complessiva cercata era e+e– → e+m–, che, per non violare i numeri leptonici, avrebbe + – dovuto procedere tramite uno stato intermedio HL _ HL + + seguito dai decadimenti HL → e ne e HL → m n m. La massa di HL, ora chiamato τ, è però troppo grande per essere prodotto ad ADONE e Zichichi e collaboratori poterono solo mettervi dei limiti [26]. Quando un collisore con l’energia sufficiente, SPEAR a Stanford, divenne disponibile, il leptone fu scoperto, con lo stesso metodo, da Martin Perl e collaboratori [27]. È opportuno ora discutere gli sviluppi della fisica delle particelle elementari in Giappone negli anni 1960. In quegli 100 < il nuovo saggiatore anni il lavoro sia sperimentale sia teorico in Giappone e in Occidente procedevano, in buona misura, per strade separate, senza l’interazione reciproca dei nostri giorni. La fisica teorica giapponese fu in quel periodo fortemente influenzata dal modello introdotto da Sakata nel 1956 che ho già menzionato. Un contributo importante fu dato nel 1959 da Gamba, Marshak e Okubo [28] che assunsero a ipotesi fondamentale la simmetria tra leptoni e barioni: i tre leptoni, ν, e, µ e i barioni p, n e Λ . L’idea fu ulteriormente sviluppata l’anno successivo da Ziro Maki, Masami Nakagawa, Yoshio Ohnuki e Shoischi Sakata [29]. Nel loro modello, che prese il nome di modello di Nagoya, dall’università dove lavoravano, i leptoni sono particelle semplici, mentre i tre barioni fondamentali sono composti dalla “materia B+”, che ha numero barionico e carica elettrica positiva e da un leptone. Essi sono cioè (7) Il modello aveva molti lati positivi, ma non è quello realizzato in natura. In Giappone però sopravvisse per parecchi anni. Quando però nel 1962 fu scoperto il secondo neutrino, la simmetria tra barioni e leptoni sembrava persa. Due gruppi teorici, uno di Kyoto composto da Y. Katayama, K. Matunoto, S. Tanaka e E. Yamada [30], e uno di Nagoya composto da Z. Maki M. Nakagawa e S. Sakata [31] avanzarono, per recuperarla, la proposta che i neutrini fossero mescolati. Si noti che questo avvenne prima ancora che si sapesse dei quark, e ancor meno ovviamente del loro mescolamento. I neutrini “veri” sono cioè (8) e solo il primo di questi si accoppia alla materia B+ (9) Né un gruppo né l’altro danno giustificazione alcuna dell’assenza del barione n2B +. Se però ci fosse, ipotizzano, allora ci sarebbe un quarto barione fondamentale, che il gruppo di Kyoto chiama V, con un nuovo sapore, T. È un’ipotesi analoga a quella del charm, ma motivata da ben altre considerazioni. Per entrambi i gruppi, le correnti deboli adroniche devono riprodurre, per la simmetria tra barioni e leptoni, le correnti leptoniche. La corrente barionica dovrà quindi essere [31] (10) Gli autori notano che questa espressione è identica alla modifica della corrente barionica suggerita da Gell-Mann e Levy [12], aggiungendo che essa trova nel modello di Nagoya a. bettini: il premio nobel per la fisica 2008 una giustificazione. Sappiamo oggi che sia i neutrini sia i quark sono mescolati, ma con angoli di mescolamento grandi per i primi, piccoli per i secondi. Un fatto ancora oggi poco noto in Occidente è che la scoperta del charm avvenne in realtà nel 1971, tre anni prima di quella della J/ψ, da parte di Kiyoshi Niu [32], allora a Tokyo e successivamente a Nagoya. In quegli anni in Giappone i raggi cosmici venivano ancora impiegati nella ricerca di frontiera, mentre in Occidente si lavorava agli acceleratori. Era questa una conseguenza degli scarsi investimenti in ricerca di base. L’ovvio svantaggio è che non è possibile controllare i raggi cosmici primari. Tuttavia essi potevano produrre eventi, con probabilità ragionevoli, ad energie, anche di parecchi TeV, allora non disponibili agli acceleratori. A questo scopo Niu e collaboratori avevano realizzato grandi progressi nella tecnica delle emulsioni nucleari, costruendo rivelatori, le “Emulsion Chamber”, composti da “sandwich” di emulsioni e materiale plastico trasparente e di ottime proprietà ottiche per il tracciamento delle particelle cariche e di emulsioni e piombo per la misura dell’energia dei gamma, e quindi dei π0. In un’esposizione in un volo ad alta quota, Niu e collaboratori osservarono un evento straordinario. Esso mostrava al di là di ogni dubbio la produzione associata, tramite interazione forte, di due particelle instabili, che decadevano in tempi di una frazione di picosecondo, e quindi per interazione debole. L’analisi dell’evento permise di determinare la massa di una delle due particelle. A seconda che la particella carica del suo decadimento fosse un pione o un protone, la particella poteva essere un mesone di massa 1.8 GeV o un barione di massa 2.9 GeV, con incertezze del 30%. Non poteva quindi essere una particella strana. Niu aveva scoperto un uovo tipo di adrone. Era il charm, con la massa prevista da Glashow, Iliopoulos e Maiani, ma fu chiamato X. La scoperta fu presentata alla 12a Conferenza Internazionale sui Raggi Cosmici nel 1971 e sulla rivista giapponese “Progress of Theoretical Physics” [32]. Immediatamente dopo la scoperta, S. Ogawa che guidava il ramo di Hiroshima della scuola di pensiero di Sakata, mise in evidenza che la nuova particella poteva contenere un quarto tipo di quark [33], che avrebbe potuto essere il charm. Il lavoro giunse a “Progress of Theoretical Physics” nell’agosto del 1971, ma fu pubblicato dopo qualche mese. Riuscì invece ad essere pubblicato immediatamente di seguito a quello di Niu un altro articolo teorico di interpretazione, di Ziro Maki e Toshihide Maskawa [34] di Nagoya. Essi ricordano che storicamente “il concetto di un quarto barione fondamentale fu introdotto nel 1962 dai gruppi di Nagoya e di Kyoto”, come abbiamo già menzionato. Osservano che siffatta estensione del modello di Nagoya con simmetria leptoni-barioni a quattro barioni fondamentali fornisce una naturale interpretazione dell’evento di Niu. Tuttavia essi non menzionano il charm. Dopo la scoperta di Niu, i gruppi sperimentali giapponesi cercarono attivamente eventi simili in esposizioni di camere ad emulsioni ad alta quota. Nel 1974, l’anno della scoperta della J/ψ, si erano trovati 20 decadimenti, che furono presentati l’anno successivo alla 14a Conferenza Internazionale sui Raggi Cosmici a Monaco [35]. Essi avevano tutte le caratteristiche previste per il charm. È chiaro quindi che il gruppo teorico di Nagoya nel 1971 era convinto dell’esistenza di un quarto barione fondamentale. Ciò favorì in loro l’idea che ce ne potessero essere altri. Nel 1972 Kobayashi e Maskawa [36] indagarono sulla possibilità di trovare una spiegazione della violazione di CP nell’ambito della teoria delle interazioni deboli. Ragionavano nel modello di Nagoya, cioè i barioni invece dei quark come particelle fondamentali. Una prima conclusione della loro analisi fu che ciò non era possibile con solo i quattro noti. Era necessario introdurre nuovi campi. Discussero due possibilità: un campo scalare o sei barioni in totale (cioè sei quark). La matematica della seconda possibilità, tradotta in termini di quark, è semplice. La matrice di mescolamento è una matrice unitaria. Se ci sono quattro quark, e quindi due di tipo down che si mescolano, la matrice è 2 × 2 e ha 4 elementi reali indipendenti. Si dimostra che tre di questi sono fattori di fase. Essi possono essere eliminati ridefinendo le funzioni d’onda. La matrice rimanente è reale, la rotazione in un piano, di Cabibbo. Se ci sono 6 quark, e quindi tre di tipo down che si mescolano, la matrice è 3 × 3 e ha 9 elementi reali indipendenti. Tre di questi si possono considerare come gli angoli di Eulero di una rotazione degli assi in tre dimensioni (uno di questi è l’angolo di Cabibbo). Gli altri 6 sono fattori complessi di fase. Se ne possono eliminare 5 ridefinendo le funzioni d’onda. Ma uno rimane. E tanto basta per avere violazione di CP. L’estensione a sei quark della teoria di Cabibbo completata col quarto quark di Glashow, Iliopoulos e Maiani, forniva quindi un’interpretazione della violazione di CP osservata nei mesoni K 0. Il quinto quark fu scoperto in uno stato legato quarkantiquark nel 1977 [37], il sesto dall’esperimento CDF al Tevatron nel 1995 [38]. La violazione di CP fu studiata nei dettagli, oltre che nei decadimenti dei K 0, anche in quelli dei mesoni B 0. A questo fine furono costruiti due collisori e+e– ad alta luminosità operanti all’energia ideale per la produzione di coppie _ 0 0 B B , uno, PEP2 a SLAC in California, l’altro, KEKB, a KEK in Giappone. Entrarono in funzione nel 1999 con gli esperimenti BABAR [39], con grande partecipazione italiana, e BELLE [40]. Fornirono una serie di test di alta precisione che mostrano, almeno sinora, perfetto accordo con il Modello Standard e, in particolare, con la matrice di mescolamento di Cabibbo, Kobayashi e Maskawa. vol24 / no5-6 / anno2008 > 101 Bibliografia [1] The Royal Swedish Academy of Sciences, “Broken Symmetries, Scientific background on the Nobel Prize in Physics 2008”, 7 October 2008. [2] H. Poincaré, “Sur la dynamique de l’électron”, Acad. Sci. Paris, 140 (1905) 1504; Rendiconti del Circolo Matematico di Palermo, 21 (1906) 494. [3] E. Noether, “Invariante Variationprobleme”, Nachr. d. Koenig. Gessellschaft d. Wiss. zu Göttingen (1918) 235. [4] W. Heisenberg, “Über de Bau der Atomkerne I”, Z. Phys., 77 (1932) 1. [5] S. Sakata, “On a composite model for the new particles”, Progr. Theor. Phys., 16 (1956) 686. [6] M. Gell-Mann, “The eightfold way: a theory of strong interaction symmetry”, (1961), non pubblicato. [7] Y. Ne’eman, “Derivation of strong interactions from gauge invariance”, Nucl. Phys., 26 (1961) 222. [8] G. Zweig, “An SU(3) model for strong interaction symmetry and its breaking”, CERN Report 8419/TH 412 (1964), non pubblicato. [9] M. Gell-Mann, “A schematic model of baryons and mesons”, Phys. Lett., 8 (1964) 214. [10] M. Breindenbach et al. “Observed behaviour of highly inelastic electron-proton scattering”, Phys. Rev. Lett., 23 (1969) 935. [11] N. Cabibbo, “Unitary symmetry and leptonic decays”, Phys Rev. Lett., 10 (1963) 531. [12] M. Gell-Mann e M. Levy, “The axial vector current in the theory of beta decay”, Il Nuovo Cimento, 16 (1960) 705. [13] Y. 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Alles-Borelli et al., “Limits on the electromagnetic production of heavy leptons”, Lett. Nuovo Cimento, 4 (1970) 1156; M. Bernardini et al., “Limits on the mass of heavy leptons”, Il Nuovo Cimento A, 17 (1973) 383. [27] M. L. Perl et al., “Evidence for anomalous lepton production in e+e– annihilation”, Phys. Rev. Lett., 35 (1975) 1489. [28] A. Gamba, R. E. Marshak e S. Okubo, Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A., 45 (1959) 881. [29] Z. Maki, M. Nakagawa, Y. Ohnuki e S. Sakata, “A unified model for elementary particles”, Progr. Theor. Phys., 23 (1960) 1174. [30] Y. Katayama, K. Matunoto, S. Tanaka e E. Yamada, “Possible unified models of elementary particles with two neutrinos”, Progr. Theor. Phys., 28 (1962) 675. [31] Z. Maki. M. Nakagawa e S. Sakata, “Remarks on the unified model of elementary particles”, Progr. Theor. Phys., 28 (1962) 870. [32] K. Niu, E. Mikumo e Y. Maeda, “A possible decay in flight of a new type of particle”, Progr. Theor. Phys., 46 (1971) 1644. [33] T. Hayashi et al., “A possible interpretation of the new event in the cosmic ray experiment”, Progr. Theor. Phys., 47 (1972) 280. [34] Z. Maki e T. Maskawa. “Fundamental quartets and chiral U(4)×U(4)”, Progr. Theor. Phys., 46 (1971) 1647. [35] K. Hoshino et al., Proceedings of the 14th International Cosmic Rays Conference, 7 (1975) 2442. [36] M. Kobayashi e T. Maskawa, “CP-violation in the renormalizable theory of weak interactions”, Progr. Theor. Phys., 49 (1972) 652. [37] S. W. Herb et al., “Observation of a dimuon resonance at 9.5 GeV in 400 GeV proton-nucleus collisions”, Phys. Rev. Lett., 39 (1977) 252. [38] T. Abe et al., “Observation of top quark production in collisions”, Phys. Rev. Lett., 74 (1995) 263. [39] B. Aubert et al., “Measurement of the CP-violating Asymmetry Amplitude sin 2β”, Phys. Rev. Lett., 89 (2002) 201802. [40] K. Abe et al. “An Improved Measurement of Mixing-induced CP violation in the Neutral B Meson System”, Phys. Rev. D, 66 (2002) 071102. Alessandro Bettini Professore ordinario di Fisica Generale presso l’Università di Padova dal 1981, ha ricoperto incarichi di responsabilità nell’INFN dal 1978 al 2003, come Presidente della seconda Commissione Scientifica Nazionale, Direttore della Sezione di Padova, Membro della Giunta Esecutiva, Vicepresidente dell’Istituto, e Direttore del Laboratorio Nazionale del Gran Sasso. È stato membro del Super-Proton-Syncroton Committee del CERN (1987-89) e di ECFA (1997-2003), vice-presidente del Mega Science Forum (1996-98) e del Global Science Forum dell’OCSE dal 1999, Presidente del Particle and Nuclear Astrophysics and Gravitation International Committee della IUPAP (1998-2005). Dal 2008 è Direttore del Laboratorio Sotterraneo di Canfranc (Spagna). Fisico sperimentale di particelle elementari ha condotto e diretto esperimenti presso il CERN e LNGS. Ha dato contributi alla spettroscopia degli adroni, in particolare con la scoperta della prima risonanza scalare, allo studio delle annichilazioni di antiprotoni, alla fisica del charm, dei bosoni vettori e del neutrino. È autore o coautore di più di 150 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali con referendari, di tre volumi di fisica generale pubblicati da Zanichelli e di uno di particelle elementari pubblicato da Cambridge University Press. È socio dell’Accademia Galileiana di Scienze Lettere e Arti e della Società Italiana di Fisica, di cui è consigliere. 102 < il nuovo saggiatore il nostro mondo Torino ospiterà dal 2 al 7 luglio 2010, nella splendida cornice del Lingotto, la prossima edizione di ESOF – Euroscience Open Forum, diventando Città Europea della Scienza (www. esof2010.org). ESOF è un meeting europeo biennale, dedicato alla ricerca e all’innovazione scientifica ideato da Euroscience (www. euroscience.org), organizzazione che riunisce membri di 40 Paesi europei. ESOF coinvolge scienziati di tutte le discipline, ricercatori del settore pubblico e privato, insegnanti e studenti, esponenti del mondo politico ed industriale, appassionati di scienza, operatori dei mezzi di comunicazione e semplici cittadini. È un’occasione di incontro unica in Europa 1) per presentare e discutere le frontiere della ricerca scientifica e tecnologica, la relazione tra scienza e società e le politiche a sostegno della ricerca scientifica (Conference Programme), 2) per sviluppare programmi mirati ai giovani (Career Programme), 3) per iniziative rivolte al grande pubblico di diffusione della cultura scientifica (“Science in the City” Programme), 4) per interagire con il mondo in diretta free streaming (webESOF Programme). La selezione della città che organizza ESOF avviene da parte di Euroscience sulla base dei dossier presentati dalle città che partecipano alla gara di assegnazione. La candidatura di Torino ha vinto la durissima competizione con Parigi, Copenhagen e Breslavia ed è con grande orgoglio che abbiamo ottenuto un successo che contiamo si trasformi in un momento importante per la presentazione non solo 1 di Torino ma dell’Italia su un prestigioso palcoscenico scientifico internazionale e per il rilancio di una cultura, quella scientifica, il cui valore strategico e la cui necessità sono ormai riconosciuti universalmente. Speriamo quindi in una forte risposta della comunità scientifica e culturale italiana con proposte innovative e di qualità alla call for proposals che sarà aperta da dicembre 2008 e un’ampia partecipazione a ESOF2010 a Torino. ESOF2010 è organizzato dall’Associazione TopESOF – Torino per ESOF2010 costituita da Centro Agorà Scienza dell’Università di Torino, Compagnia di San Paolo e Centroscienza Onlus. La prima edizione di ESOF si è svolta nel 2004 a Stoccolma (www.esof2004.org), mentre quella del 2006 è stata ospitata da Monaco di Baviera (www.esof2006.org). La terza edizione si è svolta a Barcellona dal 18 al 22 luglio 2008 ed è stata un grande successo di pubblico: ha visto l’adesione di circa 5000 partecipanti alla sola conferenza, raddoppiati rispetto all’edizione del 2006. Anche la presenza dei media è cresciuta rispetto all’edizione precedente, circa 600 erano quelli presenti nei giorni del Forum, a testimonianza di un sempre maggior interesse verso ESOF, diventato un appuntamento imperdibile nel panorama scientifico europeo. ESOF2008 è stata un’importante opportunità per presentare alla comunità internazionale presente a Barcellona l’edizione 2010 di ESOF, che verrà ospitata a Torino. Uno degli obiettivi principali di ESOF è quello di contribuire ad avvicinare i giovani alla scienza, una delle prime azioni di coinvolgimento promosse da TopESOF è stata proprio rivolta a loro. Il 30 aprile 2008 è stato bandito in collaborazione con La Stampa il concorso “Prendi il bus della scienza: destinazione Barcellona”, riservato agli studenti dei primi due anni di un’Università piemontese. I 40 vincitori del concorso (vedi fig. 1) hanno avuto l’opportunità di vincere un viaggio a Barcellona per partecipare a ESOF2008, seguendo le conferenze in programma ed essendo coinvolti nelle attività che ESOF2010 ha organizzato durante ESOF2008. I 40 ragazzi hanno contribuito a dare una forte visibilità a ESOF2010, offrendosi fra l’altro di far compilare il questionario, presente anche on line sul sito di ESOF2010, redatto allo scopo di raccogliere suggerimenti e consigli per vol24 / no5-6 / anno2008 > 103 la prossima edizione di ESOF a Torino. I partecipanti di ESOF2008 hanno avuto la possibilità di compilare il questionario anche all’interno dello stand di ESOF2010, più di 400 persone hanno lasciato i loro suggerimenti. Lo stand di ESOF2010 (fig. 2) ha raccolto numerosi consensi tra i visitatori e gli addetti ai lavori: l’uso di colori brillanti, di cubotti colorati che richiamano lo slogan di ESOF2010 “Passion for Science”, che a sua volta si ispira alla tavola degli elementi di Mendeleev, la costante presenza dei 40 ragazzi vincitori del concorso ad animare lo stand, lo ha reso uno dei più visitati dal pubblico. ESOF2010, attraverso il suo stand, ha dato un arrivederci a Torino 2010 e ha confermato l’immagine radicata nella sua storia di una città-laboratorio aperta alla ricerca e all’innovazione scientifica. I prossimi appuntamenti: Entro il mese di dicembre 2008 saranno pubblicati sul sito www.esof2010.org i temi dell’edizione 2010 di ESOF e la call for proposals per le sessioni del Conference Programme, per le attività del “Science in the City” Programme e del Career Programme. Nell’ambito del programma di“La Fête de Science en France” e nel quadro della comunicazione al grande pubblico dell’ esperimento ALICE, è stata rappresentata al CERN nel Globe de la Science et de l’Innovation la realizzazione teatrale di Marco Monteno “Arlequin et la couleur des quarks”. Si tratta di una favola poetica e divertente che invita a entrare nell’universo della fisica quantistica e dell’esperimento ALICE. L’autore è un ricercatore dell’INFN di Torino, si occupa di fisica nucleare delle alte energie e collabora con ALICE, un esperimento che studia le collisioni di ioni pesanti a LHC, allo scopo di rivelare uno stato della materia primordiale denominato plasma di quark e di gluoni. 104 < il nuovo saggiatore 2 Sul sito è inoltre possibile iscriversi alla newsletter di ESOF2010 per ricevere regolarmente aggiornamenti sull’evento. Enrico Predazzi, Andrea De Bortoli Centro Agorà Scienza - Università di Torino il nostro mondo premio sergio fubini 2008 Il Premio Sergio Fubini è stato istituito dall’INFN per premiare le tre migliori tesi di dottorato del 2007-2008. I vincitori hanno ottenuto il premio in una cerimonia, presso la presidenza INFN, da parte del presidente INFN in presenza della Commissione scientifica teorica dell’INFN. Sergio Fubini è stato un grande fisico teorico. La sua visione d’insieme lo ha portato a molte applicazioni di modelli teorici. Negli anni 1960 ha dato una base a concetti di matrice S come le singolatità di Regge. Successivamente ha fornito una formulazione algebrica alla algebra delle correnti che ha giocato un ruolo importante per la nascita del modello duale. Quindi Fubini ha fattorizzato, insieme a Veneziano, la matrice S del modello di Veneziano convergendo verso una teoria di campo con infinite componenti aprendo cosi la strada a quello che sarebbe diventata la teoria delle corde (o stringhe). Ovunque abbia lavorato, Fubini ha lasciato un profondo segno sugli studenti e sulle istituzioni come le Università di Torino e Padova, in Italia, e su MIT e CERN. Il Premio Sergio Fubini 2008 è stato indetto dalla Presidenza INFN come riconoscimento di possibili tre migliori tesi di dottorato discusse nel periodo dal 15 aprile 2007 al 15 aprile 2008 su argomenti di interesse della Commissione scientifica teorica dell’INFN (fisica teorica in senso lato). Ogni anno vi sono oltre 70 tesi di dottorato nel settore. Il vincitore ottiene un attestato e un premio di 2000,00 euro. La selezione delle tesi migliori è stata fatta da una Commissione formata nel 2008 da Silvia Penati (presidente), Marco Radici, e Massimo Pietroni (segretario). La Commissione, che per alcune tesi si è avvalsa di referee esterni, ha ricevuto varie proposte di cui ha sottolineato l’elevato livello scientifico che ha portato a varie pubblicazioni. Nella disamina delle tesi ha tenuto conto, oltre alla chiarezza della presentazione, ai risultati scientifici e al potenziale di sviluppo della ricerca nel settore. Le tre tesi giudicate le migliori per il Premio INFN Sergio Fubini 2008 sono, in ordine alfabetico di autore: − Dr. Giuseppe Florio, Decoherence and entanglement in quantum information processing − Dr. Stefano Gandolfi, The auxiliary field diffusion Monte Carlo method for nuclear physics and nuclear astrophysics − Dr. Salvatore Mansi, Geometric aspects of N=2 supergravity La premiazione è avvenuta a Roma il 22 settembre 2008 presso la Presidenza INFN in occasione della riunione della Commissione scientifica teorica dell’INFN. Il Premio è stato consegnato dal Prof. Roberto Petronzio, presidente dell’INFN, dopo i seminari dei vincitori. Il Premio annuale Sergio Fubini, istituito dalla Commissione scientifica teorica INFN nel 2005, è diventato un Premio dell’INFN dallo scorso anno. Successivamente l’INFN ha istituito altri Premi annuali per le linee di ricerca sperimentali. Giuseppe Marchesini Università di Milano-Bicocca e INFN Progetto Lauree Scientifiche: Borse SIF Come già fatto nell’anno accademico 2006-2007, la SIF – Società Italiana di Fisica – d’intesa con il MIUR, nell’ambito del progetto “Lauree Scientifiche”, ha assegnato 42 borse di studio, del valore di 4000 euro, a studenti che si sono immatricolati nell’anno accademico 2008-2009 ad un corso di Laurea della Classe di “Scienze e Tecnologie Fisiche” – Classe 25 DM509 e Classe L-30 DM270. L’assegnazione è avvenuta, a seguito di una selezione su base nazionale, effettuata attraverso una prova scritta diretta a verificare le conoscenze scientifiche, con particolare riferimento alla Fisica. Le borse sono annuali e rinnovabili di anno in anno per tutta la durata del corso triennale di studi a condizione di aver superato tutti gli esami previsti per l’anno di fruizione della borsa e per gli anni precedenti entro il 31 dicembre con la media, pesata con i crediti relativi agli insegnamenti, di almeno 27/30 e voto minimo di almeno 24/30. I partecipanti al concorso sono stati 486 su 603 che avevano presentato la domanda. La selezione per determinare i vincitori delle 42 borse si è svolta il 15 Ottobre 2008 contemporaneamente nelle varie Sedi universitarie italiane in cui era presente un corso di Laurea delle sopra citate classi. La prova scritta è durata 3 ore e si è articolata in 35 quesiti a risposta multipla, con una sola risposta esatta tra le quattro indicate. Le fasi di preparazione e di correzione degli elaborati si sono svolte a Bologna presso la sede della SIF e sono state curate da una Commissione, nominata il 21 Settembre 2008 dal Consiglio di Presidenza della Società Italiana di Fisica e composta da Vincenzo Grasso (Presidente), Anna Cavallini, Josette Imme’, Letteria Silipigni e Rosa Maria Sperandeo Mineo. I 35 quesiti, sorteggiati tra quelli proposti da ogni Commissario, hanno riguardato argomenti di Fisica, Chimica, Matematica e Logica normalmente svolti nella maggioranza degli Istituti di Istruzione Secondaria Superiore; sono stati formulati in modo da permettere ai concorrenti di potersi confrontare non solo su un bagaglio comune di conoscenze indipendente dal particolare corso di studi frequentato ma anche sulla capacità individuale di sviluppare un ragionamento scientifico. Relativamente al questionario, allo scopo di penalizzare, in media, la strategia della risposta casuale per i quesiti di cui non si conosce quella esatta, la Commissione ha attribuito i seguenti punteggi: › 0 per la risposta non data › 0.75 per la risposta esatta › -0.25 per la risposta sbagliata Il numero di idonei, cioè di concorrenti con un punteggio maggiore o uguale al 75% del punteggio massimo conseguibile (che era di 26.25), è stato di 123. Il sovrapporsi con l’elenco di vincitori alla Scuola Superiore di Catania e all’Università degli Studi di Milano Bicocca ha determinato due rinunce allungando la classifica dei vincitori fino al quarantaquattresimo classificato della graduatoria degli idonei il cui punteggio è stato di 22.00. A tutt’oggi, l’86% dei vincitori delle borse vinte nella selezione dell’anno accademico 2006-2007 ha ottenuto la proroga a testimonianza della validità e della selezione effettuata e dello stimolo, fornito ai più meritevoli, a proseguire con regolarità i propri studi universitari. Il bando del suddetto concorso, i 35 quesiti e le rispettive soluzioni, le graduatorie degli idonei e dei vincitori, sono disponibili all’indirizzo http://www.sif.it Vincenzo Grasso Università di Messina vol24 / no5-6 / anno2008 > 105 in ricordo di Frederick Seitz Il due marzo scorso è morto Frederick Seitz, fondatore della moderna Fisica dello Stato Solido. Riteniamo utile ancorché doveroso ricordare brevemente le sue attività scientifiche e organizzative, connesse con lo sviluppo della Fisica dei Solidi nell’Italia degli anni ’50-’60. Frederick Seitz era nato a San Francisco il 4 Luglio 1911. Era cresciuto in un quartiere abitato prevalentemente da italo-americani di ascendenza ligure, chiamato infatti Nuova Liguria. I suoi compagni di giochi erano figli di piccoli commercianti o impiegati che costituivano la modesta borghesia di Nuova Liguria senza alcuna importanza sociale, politica o amministrativa nella società californiana, all’epoca in prorompente sviluppo(1). Fu forse questa contiguità di giochi e frequentazioni che suscitò nel giovane Frederick la curiosità di approfondire i rapporti tra la società italo-americana e quella del loro paese di origine. Nei primi anni del dopo-guerra, F. Seitz era già divenuto un fisico famoso che aveva contribuito a fondare su basi quantomeccaniche la Fisica dei Solidi. Il suo libro “Modern Theory of Solids”, apparso nel 1940, era stato per molti decenni la bibbia sulla quale si erano formate generazioni di ricercatori. Nel periodo bellico aveva lavorato al “Progetto Manhattan”, particolarmente allo sviluppo metallurgico del silicio (allora usato per i rivelatori a cristallo per microonde, ma in seguito divenuto il materiale elettivo per la moderna elettronica a stato solido). La vastità dei suoi interessi e la sua capacità di coordinare attività molto diversificate lo avevano portato a stabilire rapporti di familiarità (1) Unica eccezione, tuttavia di grande rilevanza, era costituita da Amedeo Pietro Giannini (San Josè 1870, San Mateo 1949), che aveva fondato nel 1904 la Bank of Italy, trasformata nel 1928 nella Bank of America, una delle più grandi banche commerciali degli Stati Uniti, che ebbe un ruolo essenziale nello sviluppo agricolo e industriale della California. (2) Tra gli altri: E. Fermi, E. Segrè, G. C. Wick, B. Rossi, U. Fano, F. Rasetti. (3) F. Seitz: “Reminescence of a half century of solid state science with Italian links”, in: “The origin of SolidState Physics in Italy, 1945-1960”, a cura di G. Giuliani, Società Italiana di Fisica, Atti di Conferenze, Vol.13 (Editrice Compositori, Bologna) 1987, p. 215. 106 < il nuovo saggiatore il nostro mondo e amicizia con molti illustri fisici della sua epoca, in particolare con alcuni dei fisici italiani che si erano rifugiati negli Stati uniti per sfuggire alle leggi razziali del 1938 (2). Egli non riusciva tuttavia a capacitarsi del perché in quel periodo la Fisica in Italia si presentasse unicamente come Fisica delle particelle elementari e in parte come Fisica nucleare, rinunciando a contribuire al vertiginoso sviluppo della tecnologia e dell’elettronica a stato solido che si ebbe in seguito all’invenzione del transistor (1948) e del transistor a giunzione (1949). Nel 1960 fu sviluppato il MOS (transistor ad effetto campo a struttura planare) che ha costituito la base per i circuiti integrati. Nel 1954 fu inoltre inventato il MASER e nel 1958 il LASER (nel 1960 evoluto nel laser a semiconduttore che poi ha dato origine, tra l’altro, agli ubiqui LED ). Ma anche in altri aspetti fondamentali della Fisica dello Stato Solido il contributo italiano in quel periodo era pressoché inesistente. Nel 1957 la teoria BCS della superconduttività aveva spiegato un fenomeno che aveva resistito ai tentativi di interpretazione dei più illustri fisici teorici per quasi mezzo secolo e che poi ha permesso (tra le molte altre applicazioni) di produrre campi magnetici di svariate decine di Tesla. Un grande sviluppo aveva anche avuto lo studio degli stati elettronici nei Solidi che aveva portato tra l’altro alla teoria e alla tecnologia dei semiconduttori. Il Seitz, che aveva dato contributi importanti a tale teoria, aveva preconizzato questi sviluppi e si domandava che cosa avrebbe potuto fare per “esportare” in Italia questo tipo di Fisica. L’occasione gli si presentò con la comparsa del giovane Fausto Fumi al Carnegie Institute of Technology, di cui Seitz era direttore delle ricerche, con una borsa Fullbright. Scrive F. Seitz (3): “One must give very special recognition to Fausto for being the adventuresome Columbus of solid state physics and coming essentially alone to the United States”. Fumi seguì Seitz all’Università dell’Illinois nel 1949, prima di rientrare in Italia a Milano, stabilendo proficui contatti con l’Università di Pavia dove si trovavano gli (allora giovani) scriventi. F. Seitz venne spesso in Italia in quegli anni, facendo conferenze e seminari, suggerendo esperimenti, favorendo il soggiorno di ricercatori italiani nelle Università americane, in particolare all’Università dell’Illinois dove alcuni di noi hanno potuto ricoprire posizioni di ricerca superiori a quelle che ci competevano come giovani ricercatori. Nel 1957 F. Seitz collaborò all’organizzazione della prima Scuola italiana di Fisica dello Stato Solido a Varenna (diretta da F. Fumi). Subito dopo ci fece avere contratti con i Servizi Americani (AFOSR), passaggi gratuiti per e da gli Stati Uniti, e in ogni caso un sostegno scientifico, psicologico e morale che servì a superare le inevitabili difficoltà associate all’inizio di una attività di ricerca in un settore per noi nuovo e molto diversificato. Insieme ad altri illustri scienziati che frequentarono in quegli anni le Università di Milano e Pavia – tra gli altri Sir Nevill Mott, J. Robert Schrieffer, Alfred Kastler, Jacques Friedel, Tom Morgan – ci fece sentire partecipi dello sviluppo che stava avendo la Fisica dello Stato Solido negli anni ‘50-‘60 . Passiamo ora a descrivere sommariamente alcuni risultati scientifici di grande rilievo ottenuti dal Seitz nella sua lunga carriera. Egli per primo ha applicato le proprietà dei gruppi spaziali alla classificazione degli stati quantici dei cristalli ricavando principi di validità generale sulla sequenza dei livelli elettronici e sviluppando il formalismo matematico di base. Con E. P. Wigner (il suo maestro a Princeton) ha applicato concretamente per primo il concetto delle bande di energia sviluppando un metodo per calcolarle (in seguito chiamato di Wigner e Seitz), che è diventato il fondamento di tutti i metodi moderni per il calcolo della struttura a bande. In tal modo ha risolto il problema della coesione dei metalli, un problema che non era risolubile con la teoria del legame chimico né con la teoria degli elettroni indipendenti a causa dell’importanza degli effetti di correlazione. Un altro settore cui il Seitz ha contribuito in maniera rilevante è quello dell’interazione radiazione-materia sia nei cristalli perfetti con le transizioni tra stati elettronici che negli stati di impurezza, contribuendo alla spiegazione del fenomeno della fluorescenza. In questo contesto ha introdotto il cosiddetto metodo delle coordinate configurazionali (una modellizzazione del teorema adiabatico) che attraverso l’accoppiamento degli stati elettronici con i modi vibrazionali spiega la differenza di frequenza tra l’assorbimento e l’emissione (Stoke’s shift) e le relative probabilità di transizione. Tale metodo gli ha consentito di interpretare lo spettro di emissione degli alogenuri alcalini drogati con tallio, che costituiscono una classe di materiali importanti per la rivelazione delle radiazioni. Da segnalare sono anche i suoi contributi alla comprensione della struttura elettronica associata ai difetti reticolari e delle proprietà ottiche dei centri di colore. Un aspetto rilevante della personalità del Seitz è stata la grande generosità che lo ha spinto a dedicare molto del suo tempo alla formazione dei giovani e alla creazione di una scuola di Fisica dei Solidi all’Università dell’Illinois, per molti anni un punto di riferimento a livello mondiale in questo settore. F. Seitz ha avuto una messe di riconoscimenti che sarebbe troppo lungo elencare, tra gli altri la Presidenza dell’Accademia americana delle Scienze, la medaglia Franklin (1965), la medaglia Compton (1970), il più ambito riconoscimento dell’Institute of Physics americano, e Lauree Honoris Causa da 32 Università. Ma il più grande dei riconoscimenti è la stima dei suoi colleghi e l’affetto dei suoi allievi. Tutti quelli che lo hanno conosciuto, e gli scriventi in particolare, non dimenticheranno mai la sua grande bontà, il suo sorriso da cui traspariva comprensione e simpatia, le sue frasi semplici ma sempre dense di significato. A lui abbiamo voluto bene come a un padre e un amico e il suo ricordo ci accompagnerà per il resto della nostra vita. Giuseppe Franco Bassani Scuola Normale Superiore, Pisa Gianfranco Chiarotti Università di Roma “Tor Vergata” Venzo De Sabbata mai a scapito della fisica e dei metodi sperimentali impiegati a rivelarla. Egli diceva sempre che una buona fisica si deve fare e teoricamente e sperimentalmente senza mai eccedere nel formalismo matematico. Questo insegnamento, da lui rigorosamente applicato alla fisica della Gravità, ha formato molti ricercatori che ora sono impegnati nella ricerca. Per questo dobbiamo essergli riconoscenti per la sua opera scientifica e didattica a favore della fisica italiana. Pierluigi Fortini Università di Ferrara All’età di 84 anni è venuto a mancare il Professor Venzo De Sabbata. Ha svolto la sua attività di ricerca assieme all’insegnamento di Relatività Generale presso le Università di Bologna e di Ferrara. La sua attività ha riguardato la fisica della Gravitazione e la Relatività Generale ove ha apportato notevoli contributi sia nel campo teorico che in quello sperimentale (ricerca delle onde gravitazionali). De Sabbata ha svolto la parte teorica in collaborazione con illustri studiosi della materia. In particolare ricordo qui la collaborazione con l’allievo di Einstein, il Professor Nathan Rosen, con cui ha realizzato sviluppi tendenti a cercare una generalizzazione della Relatività Generale (teoria bimetrica della gravità). In questo contesto di collaborazioni internazionali va inserita l’organizzazione, con cadenza annuale, di corsi relativi alla teoria della gravità e alla sua parte sperimentale. I corsi avevano luogo presso il Centro Ettore Majorana di Erice, nel quadro della International School of Cosmology and Gravitation “Peter G. Bergmann” di cui De Sabbata divenne il direttore. In particolare va appunto ricordato un interessante corso della Scuola sulla generalizzazione della Relatività Generale al campo complesso. Con riferimento alla parte sperimentale, De Sabbata va citato per il suo lavoro per rivelare le onde gravitazionali. Infatti egli propugnò l’uso di un interferometro che doveva essere confrontato con l’uso di una antenna gravitazionale di tipo Weber. Egli ne era così persuaso da convincere della sua idea il CNR per finanziargli uno studio sulla possibilità di usare un tale interferometro, in un momento in cui il parlare di onde gravitazionali era considerato quasi fantascientifico. Non va taciuto il grande impegno didattico che il Professor De Sabbata profuse nell’educare i giovani al concetto fondamentale che la Relatività Generale era innanzi tutto una scienza sperimentale. I suoi corsi partivano sempre da quanto era già stato appurato sperimentalmente per giungere alla proposta di ulteriori prove sperimentali. Così in generale tutti i suoi lavori sono improntati ad un formalismo molto raffinato, quale appunto è la matematica della teoria einsteiniana, però Beatrice Palma-Vittorelli Maria Beatrice Palma-Vittorelli, Emeritus Professor of Physics at the University of Palermo and Emeritus Fellow of the Società Italiana di Fisica, passed peacefully away on August 1st, 2008. She was born in Roma (1930), did University studies in Palermo and post-doc work at MIT (Strandberg) and Harvard (van Vleck). Back in Palermo, she joined forces with her colleague and husband M. U. Palma and devoted decades of strenuous efforts to research and to basic and advanced teaching. This was aimed (under Bruno Rossi’s and Edoardo Amaldi’s encouragement) at spotting and educating promising students, to be later trained elsewhere in diverse fields and attracted back in Palermo, to help diversifying research activities there. New research fields so promoted, adding to established work on condensed matter and magnetic resonances include biophysics, quantum electrodynamics, statistical simulations of molecular dynamics, physics teaching, optoelectronics and (with Bruno Rossi’s fundamental help), astrophysics and the revival of the historical astronomical observatory. All that generated the conditions for establishing in Palermo two new institutes by the physical sciences branch of CNR. In addition to science, she took a relentless loving care of her two children and of her family, and opened cheerfully her home to visitors, colleagues, students and a wide, sometimes memorable, spectrum of friends. Her group and herself had solved some “standing problems” in solid state physics. This had required designing and building instrumentation of unprecedented quality, and providing support for establishing in Palermo a complete line of cryogenic facilities. Results included: 1) Highlighting the key relation between phonon and optical spectra in paramagnetic crystals. 2) Sorting out the cascade of photostimulated electronic and ionic processes in Silver Halide crystals, and the way to govern it. 3) Evidencing a novel type of phase transition, concerning the dynamics of a subsystem of protons within the frame of much heavier atoms. Then, her interests shifted towards macromolecule and protein physics. These studies (combining molecular dynamics simulations, static and dynamic light scattering, and CD experiments) have greatly contributed to the time and space multiscale view of the interplay among protein conformation, dynamics, aggregation, crystallization, and the solvent’s statistical mechanics. They have also shown that very often nucleation processes of protein aggregates and crystals share unsuspected universality features, stemming from the universal scaling properties of critically divergent fluctuations. This allows in-depth understanding of the underlying fundamental physics, and related predictive power and control of nucleation. Significantly, the last full paper she has contributed and co-authored is just in press, still to appear on Faraday Discussions, with the record of a long, interesting discussion by many participants. The above list shows Beatrice’s extraordinary commitment and achievements in research, teaching, organization and family life. This is all the more true if the point of departure and the environmental conditions of her whole enterprise are taken into account. But Beatrice was extraordinary. In her drive to let things happen, she reconciled her spirit of hard worker with that of gran Signora; her razor-sharp logics with her sudden flashes of imagination; her bent towards personal understanding and forgiving with her proverbial rigidity in ethical matters. We are missing her dearly. Lorenzo Cordone University of Palermo vol24 / no5-6 / anno2008 > 107