il nostro mondo - Società Italiana di Fisica

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il nostro mondo - Società Italiana di Fisica
il nostro mondo
Il premio Nobel per la
fisica 2008
Alessandro Bettini*
Dipartimento di Fisica “G. Galilei” e INFN, Università di Padova, Padova, Italia
Laboratorio Subterráneo de Canfranc, Canfranc (Huesca), Spagna
1 Motivazioni e vincitori
Il premio Nobel per la fisica 2008 è stato assegnato per le
“Broken Symmetries”, cioè per le simmetrie violate, o “rotte”.
Tutti i fisici conoscono l’importanza dei principi di simmetria,
che dominano la fisica dell’ultimo secolo, e tutti i fisici
sanno che la natura non segue quasi mai perfettamente
una legge di simmetria, ma in generale la viola un po’.
Solo una così vasta motivazione poteva comprendere i
contributi, così distanti tra loro,
delle due metà in cui il premio è
stato diviso. Ha lasciato tuttavia
perplessità l’esclusione di Nicola
Cabibbo, che pose le basi teoriche
del mescolamento dei quark,
successivamente esteso da
Kobayashi e Maskawa.
Conviene comunque leggere le
argomentazioni della Classe di
Fisica dell’Accademia Reale Svedese
delle Scienze, nella nota “Broken
Symmetries” [1], all’indirizzo
http://nobelprize.org/
nobel_prizes/physics/
laureates/2008/. Quando
queste note saranno stampate
si potranno trovare al medesimo
indirizzo anche le lezioni Nobel dei
premiati, la cui lettura permetterà
certamente una più profonda
Fig. 1 Yoichiro Nambu.
visione della fisica.
Una metà del premio è stata
assegnata a Yoichiro Nambu (fig. 1) per la scoperta della
rottura spontanea della simmetria a livello subatomico.
Nambu, nato a Tokyo nel 1921, si iscrisse all’Università pochi
anni prima dell’inizio della guerra mondiale. Terminati gli
*e-mail: [email protected].
studi fu arruolato nell’esercito, ma ebbe la fortuna di rimanere
in Giappone, impiegato nella ricerca sui radar. Finita la guerra
ottenne una posizione di post-doc all’Università di Tokyo,
entrando successivamente a far parte del gruppo di Sin-Itiro
Tomonaga.
Tomonaga stesso lo presentò ad Oppenhaimer che gli fece
avere una borsa di studio a Princeton. Da Princeton, Nambu
si spostò a Chicago, e il soggiorno negli Stati Uniti, invece di
durare un paio di anni,
è durato tutta la vita.
Nambu è professore
emerito dell’Istituto Enrico
Fermi dell’Università di
Chicago.
L’altra metà del premio
è stata assegnata
congiuntamente a Makoto
Kobayashi e a Toshihide
Maskawa (fig. 2 e 3) per la
scoperta di quella rottura
di simmetria che porta alla
predizione dell’esistenza
in natura di almeno tre
famiglie di quark.
Entrambi sono della
scuola di Nagoya.
Maskawa, nato nel 1940,
si diplomò a Nagoya
nel 1962, dove ricevette
anche il titolo di PhD nel
1967. Dopo un periodo
di ricercatore associato all’Università di Nagoya divenne
professore all’INS (Institute of Nuclear Studies) dell’Università
di Tokyo e successivamente all’YITP (Yukawa Institute for
Theoretical Physics) all’Università Sangyo di Kyoto, dove è
attualmente professore emerito.
Kobayashi, nato nel 1944, si diplomò nel 1967 a Nagoya,
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il nostro
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Fig. 2 Toshihide Maskawa.
dove ricevette anche il PhD nel 1972. Dopo un periodo di
ricercatore associato all’Università di Kyoto si spostò come
professore al Laboratorio Nazionale di Fisica delle Alte Energie
(KEK) a Tsukuba, dove diresse l’Istituto di studi nucleari e di
particelle e dove è tuttora professore emerito.
2 Simmetrie e gruppi
Le leggi della fisica non cambiano al passare degli anni, né
dipendono dal luogo nel quale avvengono i fenomeni. Galileo
Galilei stabilì inoltre che esse obbediscono al principio di
relatività, cioè non dipendono dal moto relativo, purché esso
sia traslatorio uniforme. Henri Poincaré [2] stabilì nel 1905
che l’insieme di queste trasformazioni, traslazioni, rotazioni
e trasformazioni di Lorentz, costituisce un gruppo, nel senso
matematico del termine. Emmi Noether [3] dimostrò nel 1918
che alle proprietà di invarianza corrispondono osservabili
fisici conservati. In particolare, all’invarianza sotto il gruppo
di Poincaré corrispondono le conservazioni dell’energia,
della quantità di moto e del momento angolare che non
conoscono eccezioni. L’invarianza di Poincaré è quindi una
simmetria esatta.
Non tutte le simmetrie sono però esatte. La natura esprime
la simmetria imperfetta a tutti i livelli. Gli esempi sono
parte dell’esperienza quotidiana. Ad esempio, i nostri corpi,
e quelli degli animali, sono esteriormente simmetrici per
riflessione rispetto al piano verticale che ci dimezza: la
parte sinistra è uguale alla destra riflessa in uno specchio.
96 < il nuovo saggiatore
Fig. 3 Makoto Kobayashi.
Ma non perfettamente, ci sono delle piccole differenze.
Esse certamente rendono più piacevole un volto, rispetto
a quello che sarebbe se fosse perfettamente simmetrico. A
livello microscopico, le interazioni fondamentali sono solo
parzialmente invarianti sotto l’inversione degli assi, o, in
maniera equivalente, di uno di essi, come nella riflessione in
uno specchio. Lo sono la lagrangiana delle interazioni forti
e quella delle interazioni elettromagnetiche, ma non quella
delle deboli. La simmetria quindi non è esatta, è rotta e
l’osservabile “parità” non è sempre conservato.
Questo tipo di rottura di simmetria, le piccole irregolarità del
volto o la non invarianza di una parte della lagrangiana, si
dice “esplicita”. Le interazioni deboli, che non sono invarianti
né, come detto, sotto l’operazione di parità P, né per lo
scambio, “coniugazione”, particella-antiparticella C, lo sono
quasi per la combinazione delle due, CP. Furono Kobayashi
e Maskawa a comprendere nel 1973 che l’origine della,
piccolissima, violazione di CP poteva essere compresa se ci
fossero stati in natura due quark in più rispetto ai quattro
allora noti, estendendo ad essi la teoria del mescolamento di
Cabibbo, come discuteremo in seguito.
Un altro tipo importante di simmetria è quello delle simmetrie
interne. La prima fu la simmetria dell’isospin, introdotta
da Werner Heisenberg nel 1932 [4] per rappresentare
l’invarianza delle forze nucleari per la sostituzione, nelle
dovute condizioni, protone-neutrone. Il gruppo di simmetria
è SU (2). Il protone e il neutrone formano assieme un
doppietto di isospin. Sono quindi due stati della stessa
a. bettini: il premio nobel per la fisica 2008
particella e come tali dovrebbero avere la stessa massa. In
effetti ce l’hanno quasi uguale, perché la simmetria non è
perfetta. Dopo la scoperta delle particelle strane, nel 1956
Shoichi Sakata [5] propose di considerare come fondamentali,
oltre al protone e al neutrone, anche un barione strano,
la Λ. I “sapori” degli adroni erano tre, le due componenti
dell’isospin e la stranezza. Nel 1961, Murray Gell-Mann
[6] e indipendentemente Yuval Ne′eman [7] proposero
di estendere la simmetria (rotta) interna degli adroni al
gruppo SU (3). Tre anni dopo, nel 1964 George Zweig [8]
e indipendentemente Gell-Mann [9] compresero che la
simmetria SU(3) si poteva comprendere come dovuta a tre
componenti, chiamati “assi” da Zweig e “quark” da Gell-Mann,
uno per ogni sapore. Sono chiamati rispettivamente up, down
e strano, u, d e s. Hanno gli stessi numeri quantici dei barioni
p, n e Λ del modello di Sakata, tranne che le loro cariche
elettriche sono frazionarie, 2/3, –1/2 e –1/3, rispettivamente.
Il modello a quark rivelò subito la sua utilità per spiegare
in maniera semplice lo spettro degli adroni, sia barioni sia
mesoni, che sia era arricchito di una miriade di elementi. La
realtà fisica dei quark come componenti elementari degli
adroni fu però accettata solo nel 1967, quando Jerome
Friedman, Henry Kendall e Richard Taylor [10] e i loro gruppi
risolsero la struttura interna del protone col fascio di elettroni
di SLAC. La sua energia di 20 GeV consentiva di raggiungere
un potere risolutivo di una piccola frazione di femtometro.
Sappiamo oggi che esistono in totale tre “famiglie” di
particelle elementari, tutte con la stessa struttura. Ciascuna
contiene un quark di tipo up (cioè di carica 2/3), e uno di tipo
down (carica –1/3), un leptone carico e il suo neutrino. Sono
rispettivamente (u, d, e, νe), (c, s, µ, νµ) e (t, b, τ, ντ). Tre dei
quark hanno massa piccola, u di circa 3 MeV, d di circa 6 MeV
e s di circa 100 MeV. Gli altri tre hanno masse molto più grandi
e furono quindi scoperti più tardi.
Esiste un altro modo, più sottile, di violare la simmetria. Il
sistema, matematicamente la sua lagrangiana, può essere
perfettamente simmetrico, ma i suoi stati possono non
esserlo. A livello macroscopico ciò avviene per sistemi
composti da moltissimi elementi (atomi, molecole) uguali tra
loro. Pensiamo, come similitudine, ad un branco di pesci (o
ad uno sciame d’uccelli) tutti uguali tra loro. Supponiamo che
la superficie del mare ed il suo fondo siano distanti e che il
peso sia perfettamente bilanciato dalla spinta di Archimede.
Allora tutte le direzioni sono equivalenti, l’ambiente è
simmetrico. Eppure, un pesce del branco decide di scegliere
una direzione in cui dirigersi e, dopo un po’, tutti gli altri lo
imitano. La simmetria si è rotta “spontaneamente”. A meglio
guardare, il processo è graduale. All’inizio sono pochi i pesci
che hanno scelto la direzione in cui muoversi, localizzati
in una piccola regione di spazio. Poi la scelta si propaga a
tutto il gruppo muovendosi un po’ come un’onda. È l’onda
di Nambu-Goldstone. Fuori di metafora, il fenomeno della
rottura spontanea di simmetria è conosciuto per sistemi
macroscopici da moltissimi anni. Tali sono il ferromagnetismo
e la superconduttività.
Sorprendentemente, la rottura spontanea di simmetria è
presente anche a livello fondamentale, per sistemi quantistici
“semplici” come le particelle elementari, come stabilito
principalmente dai lavori di Nambu e di Goldstone all’inizio
degli anni 1960. Anzi, la rottura spontanea è un aspetto
essenziale del Modello Standard e, in particolare i bosoni di
Nambu-Goldstone (corrispondenti all’onda dell’analogia) ne
sono componenti fondamentali.
3 Le interazioni fondamentali
Il Modello Standard delle interazioni fondamentali descrive
in maniera rigorosamente testata tutte le interazioni
fondamentali, tranne la gravitazione. È necessario qui
richiamarne, sia pure sommariamente, alcuni aspetti. Si ricordi
però che al tempo delle scoperte premiate, esisteva una
descrizione teorica solo dell’interazione elettromagnetica. Per
le altre venivano avanzati diversi tentativi di interpretazione
teorica. Solo alcuni di questi si rivelarono corretti. Citeremo
nel seguito alcune delle principali scoperte, ma ricordiamo
che in generale le scoperte non sono istantanee, ma
piuttosto sono spesso precedute da tentativi precursori che
cominciano ad abbozzarle.
I processi fisici fondamentali che osserviamo sono il
decadimento di una particella in due o più particelle e l’urto
tra due particelle che produce due o più altre particelle
nello stato finale. In entrambi i casi il processo è istantaneo,
rispetto ai tempi di misura. In entrambi i casi, osserviamo
la scomparsa delle particelle iniziali e la comparsa di quelle
finali. La funzione matematica che descrive il processo è la
lagrangiana corrispondente alle interazioni in gioco.
Tutte le lagrangiane d’interazione, elettromagnetica, debole
e forte, contengono espressioni, chiamate correnti, che
includono i campi delle particelle fermioniche, quark e
leptoni. Le correnti elettromagnetica e forte sono vettoriali,
cioè hanno momento angolare 1 e parità negativa, le
correnti deboli hanno una componente vettoriale ed una
assiale (momento angolare 1 e parità positiva). Le correnti
si accoppiano con i bosoni mediatori dell’interazione, che
sono tutti vettori: il fotone per l’elettromagnetismo, W +, W − e
Z 0 per l’interazione debole e gli otto gluoni per l’interazione
forte.
Così l’interazione elettromagnetica
degli elettroni è descritta
_
dal
prodotto
della
corrente
e
g
e
del
campo fotonico Aµ e di
_
m
√a, dove α è la costante di struttura fina, proporzionale al
quadrato della carica elementare. Nell’espressione scritta e
è il campo dell’elettrone,_ un bispinore di Dirac, e γµ sono le
matrici di Dirac. Quindi e gme è una quantità vettoriale. Esiste
una corrente vettoriale per ogni quark e per ogni leptone. Le
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il nostro
mondo
correnti dei neutrini compaiono solo nelle interazioni deboli.
Ad esempio la diffusione elastica di un elettrone e di un
muone e- + m- → e- + m- è _ottenuta
come sequenza
_ _ di
_
sottoprocessi descritti da √a (e gm e) Am e da √a (mgm m) Am.
Caso più semplice: primo sottoprocesso: l’elettrone iniziale
scompare e appaiono l’elettrone finale e un fotone; secondo
sottoprocesso: il fotone viene assorbito dal muone iniziale,
assieme scompaiono e compare il muone finale.
Le interazioni deboli sono di gran lunga più complicate.
Anzitutto ne esistono di due tipi, quelle mediate dalla Z 0,
chiamate di “corrente neutra” e quelle mediate da W + e W –,
dette di “corrente carica”. Nell’interazione elettromagnetica
la carica delle particelle presenti prima e dopo l’emissione
o assorbimento del fotone è la stessa, perché la carica si
conserva e il fotone non ha carica. Altrettanto avviene
per le interazioni deboli di corrente neutra. Le interazioni
deboli mediate da W + e W – invece, per le medesime ragioni,
cambiano la carica della particella. Ad esempio un elettrone
può scomparire mentre compaiono un neutrino elettronico e
una W –.
Una seconda differenza importante è che esistono correnti
deboli sia vettoriali sia assiali. Le prime hanno_ forma analoga
alla corrente_elettromagnetica, cioè del tipo e g_me, ma anche
ad esempio negmne, quelle assiali sono del tipo e gmg5e.
La
_ corrente vettoriale carica, ad
_ esempio per l’elettrone, è
negme, mentre quella assiale è negmg5e.
Tutte
le correnti deboli cariche sono del tipo V – A, cioè
_
negm (1 - g5)e .
Data questa struttura, si definiscono le proiezioni chirali degli
spinori ψ di Dirac, dette rispettivamente “left” (L) e “right” (R)
(1)
,
accoppiamento delle correnti deboli cariche è universale, cioè
la stessa per tutte. È la costante di Fermi, che viene misurata
in maniera precisa misurando
la massa del µ e la velocità del
_
decadimento m- → e- + ne + νµ .
All’inizio degli anni 1960, quando erano noti solo tre sapori,
la situazione era confusa perché la velocità del decadimento
beta del neutrone (e di alcuni nuclei) era solo circa il 97% di
quanto previsto dall’universalità e, ancor peggio, le velocità
dei decadimenti di particelle strane in particelle senza
stranezza erano un ordine di grandezza troppo piccole. Il
problema fu risolto da Nicola Cabibbo [11] che introdusse nel
1963 il concetto di mescolamento tra i sapori (col linguaggio
di oggi): la corrente debole carica adronica (quella che
sappiamo oggi si accoppia con la W) è una combinazione
della corrente che non cambia la stranezza, diciamola
J|DS|=0 , e di quella che la cambia J|DS|=1. La combinazione si
può esprimere come una rotazione attraverso un angolo,
chiamato angolo di Cabibbo
(3)
Il punto importante è che tutte le velocità di decadimento
in leptoni degli adroni e dei leptoni sono predette
correttamente con lo stesso valore dell’angolo. L’universalità
era così stabilita in forma nuova. Considerazioni analoghe
erano state avanzate nel 1960 da M. Gell-Mann e M. Levy [12]
in una nota a piè pagina.
Dopo l’introduzione del concetto di quark, che come già
ricordato avvenne l’anno successivo, divenne chiaro che la
teoria di Cabibbo implicava che il quark di tipo down che si
accoppia al quark u non è né d né s, ma il campo ottenuto
dalla rotazione
(4)
È facile vedere che la corrente V – A, nell’esempio considerato,
si può scrivere
_
La corrente adronica debole carica è quindi d ’L gmuL. Veniva
così stabilito il concetto di mescolamento tra quark.
(2)
Quindi, solo le componenti di chiralità negativa hanno
interazione debole carica. La chiralità però non è in genere
un osservabile. Lo sarebbe se la particella (di spin ½) avesse
massa nulla. In questo limite essa coincide con l’elicità,
che è la proiezione dello spin sulla direzione del moto ed
è misurabile. Benché tutte le particelle di spin ½, abbiano
massa, esistono situazioni in cui essa è piccola, o addirittura
trascurabile, rispetto all’energia.
La corrente debole carica (2) è quella che accoppia l’elettrone
al suo neutrino. Altre due, del tutto analoghe, accoppiano il
leptone µ al suo neutrino e il leptone τ al suo neutrino. Per i
quark ci sono anche tre correnti che accoppiano un quark di
tipo up e uno di tipo down. Sappiamo ora che la costante di
98 < il nuovo saggiatore
4 Rottura spontanea
La rottura spontanea di una simmetria avviene quando la
lagrangiana del sistema è simmetrica, ma non lo è lo stato di
minima energia cioè, come si dice, il vuoto. Quando Nambu
cominciò ad occuparsi del problema situazioni del genere
erano note da diversi decenni per sistemi composti da
molte particelle. Ad esempio in un dominio ferromagnetico
i momenti magnetici responsabili del magnetismo scelgono
spontaneamente una delle due orientazioni di energia
minima, rompendo la simmetria. In un superconduttore il
condensato nello stato di energia minima è composto di
coppie di Cooper, che hanno carica non nulla (–2) rompendo
la simmetria dell’elettrodinamica.
a. bettini: il premio nobel per la fisica 2008
Nel 1960 Nambu avanzò l’ipotesi ardita che la rottura
spontanea di simmetria potesse aver luogo anche nelle
teorie di campo delle particelle elementari. Sviluppò
successivamente le idee in una serie di lavori da solo e con
collaboratori [13].
Il vuoto a livello delle particelle elementari, lo stato di energia
minima, è una regione di spazio in cui non sono presenti
né particelle né campi di forza. Sembrerebbe a prima vista
che non ci fosse nulla. Invece, l’indagine iniziata da Nambu
ha mostrato che il vuoto quantistico, quando osservato a
scale dell’ordine di una frazione di femtometro, è un mezzo
dinamico estremamente attivo nel quale continuamente
coppie particella antiparticella si formano per fluttuazione
quantistica e subito si annichilano nuovamente.
Un altro contributo fondamentale fu portato da Jeffrey
Goldstone nel 1961 [14]. Egli dimostrò che la rottura
spontanea di una simmetria esatta, cioè non esplicitamente
rotta, implica l’esistenza di una o più particelle di spin zero di
massa nulla, chiamata bosone di Goldstone.
Oggi conosciamo la teoria dell’interazione forte che lega i
quark, che non esistono liberi, a formare gli adroni. Queste
sono le particelle osservate sperimentalmente. Come già
osservato, le masse dei quark che costituiscono la materia
ordinaria sono piccolissime, dell’ordine del per cento delle
masse del protone e del neutrone. Le interazioni forti sono
invarianti sotto la simmetria SU(3) dei sapori (u, d, s), che è
rotta dalle differenze tra le masse dei quark. Nel limite in cui le
masse dei quark si annullano, la lagrangiana si può esprimere
come somma di due termini uguali, che coinvolgono
rispettivamente quark “left” e quark “right”, ciascuno
invariante sotto un gruppo SU(3). La simmetria complessiva
è quindi SU(3) × SU(3). Questa, chiamata simmetria chirale, è
però rotta sia esplicitamente, dalle masse non nulle dei quark,
sia spontaneamente, dall’asimmetria del vuoto (dei sistemi
adronici).
Quando Nambu affrontò il problema non esistevano
ancora né il concetto di quark né tanto meno la teoria della
cromodinamica quantistica. Ciò nonostante, egli comprese
che il pione è il bosone di Goldstone che corrisponde alla
rottura spontanea appena menzionata. Come tale, se non ci
fosse anche la rottura esplicita, la sua massa dovrebbe essere
nulla. Sappiamo oggi che il quadrato della massa del pione
è proporzionale alla somma delle masse dei quark che lo
compongono, e quindi è molto piccola, qualche per cento
della massa del protone al quadrato. Si noti che Nambu aveva
anticipato così che il pione è una particella composta.
Nambu fu in grado di giustificare, tra l’altro, una relazione
fenomenologia, trovata da Goldberger e Trieman [15],
tra la costante di accoppiamento assiale, la costante di
decadimento del pione e la forza dell’accoppiamento del
pione al nucleone.
Osserviamo ancora che se la simmetria fosse esatta, nello
spettro dei mesoni dovrebbero esistere sia particelle
pseudoscalari, cioè di spin 0 e parità negativa, sia scalari
(spin 0, parità positiva), con masse uguali. Limitiamoci per
semplicità ai mesoni non strani, che contengono cioè i quark
u e d. La simmetria chirale per essi è SU(2) × SU(2). Si vede
che i bosoni di Goldstone corrispondenti alla sua rottura
sono quattro di egual massa: tre pseudoscalari in un tripletto
di isospin, e uno scalare singoletto. Il tripletto isoscalare è
formato dai tre pioni. Il mesone scalare esiste, ma non era
noto al tempo dei lavori in discussione. Anche se la prima
evidenza sperimentale risale al 1968 [16], ci vollero molti
anni per stabilirne fermamente l’esistenza. La sua massa al
quadrato è di due ordini di grandezza maggiore di quella del
pione. È questo l’effetto della rottura sia esplicita (masse non
nulle dei quark u e d) sia spontanea (vuoto degli stati adronici
asimmetrico) della simmetria chirale.
Più in generale, il concetto di rottura spontanea è un
elemento essenziale del Modello Standard. Nello sviluppo
della teoria si parte infatti da un’espressione della lagrangiana
in cui le masse sia dei fermioni sia dei bosoni vettori sono
nulle. Il meccanismo che “genera” le masse fu scoperto da
Peter Higgs [17] e da Robert Brout e François Engrlet [18]
nel 1964. Il bosone scalare di Goldstone corrispondente è
chiamato particella di Higgs. Esso rimane ad oggi ipotetico,
ma ce si ne aspetta la scoperta al nuovo collisore LHC del
CERN.
5 Mescolamento dei quark e violazione di CP
Quando si scoprì che le interazioni deboli violano sia la
parità sia la coniugazione particella-antiparticella, Lev
Landau osservò nel 1957 [19] che tutti i dati disponibili erano
compatibili con l’invarianza sotto l’operazione congiunta CP,
cioè per inversione di parità accompagnata dalla sostituzione
di tutte le particelle del sistema con le loro antiparticelle.
La simmetria, in una nuova forma, sembrava essere stata
ripristinata. Tuttavia nel 1964 Christenson, Cronin, Fitch e
Turlay [20] scoprirono che anche la simmetria CP è violata, a
livello dei per mille, nei decadimenti dei mesoni K 0.
Il contributo di Kobayashi e Maskawa è la scoperta
dell’origine della violazione in un coefficiente di fase presente
nella matrice di mescolamento dei quark. Prima di discuterlo
è necessario quindi riprendere il mescolamento dei quark.
Una conseguenza immediata
della teoria di Cabibbo è la
_
presenza del termine d ’L gmdL’ che descrive_una corrente
_
“neutra”. Esso contiene le correnti neutre d L gmsL e s L gmdL .
Queste indurrebbero transizioni tra adroni con la stessa carica
elettrica e diversa stranezza, transizioni che però non esistono
o, meglio, sono molto fortemente soppresse.
La soluzione del problema fu trovata nel 1970 da Sheldon
Glashow, John Iliopoulos e Luciano Maiani (“GIM”)[21], che
mostrarono che se ci fosse stato un quarto quark, di carica
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il nostro
mondo
2/3, che fu chiamato charm, c, allora, oltre alla (4) ci sarebbe
anche la combinazione ad essa ortogonale
(5)
_
_
Quindi , oltre al termine d ’L gmdL’, ci sarebbe anche s L’ gmsL’. Si
vede
facilmente
che nella somma dei due le correnti neutre
_
_
d L gmsL e s L gmdL si cancellano. Gli autori ipotizzarono che il
quarto quark avesse massa notevolmente maggiore di quella
dei quark noti, attorno ai 2 GeV.
Le due relazioni (4) e (5) indicano che nelle correnti deboli
adroniche cariche non compare la coppia di quark di tipo
down
ma la coppia “ruotata” dell’angolo di Cabibbo
(6)
Nel novembre del 1974 due esperimenti indipendenti, un
doppio spettrometro magnetico per elettroni all’acceleratore
di protoni AGS a Brookhaven [22] e MARK1 al collisore e+e–
SPEAR di SLAC [23], osservarono una risonanza estremamente
stretta di massa di circa 3.1 GeV, chiamata J dal primo e ψ dal
secondo. Essa fu immediatamente interpretata come stato
legato di un quark charm e del suo anti-quark. Il modello GIM
veniva confermato sperimentalmente.
Il quark charm veniva a completare la seconda “famiglia”
assieme al quark strano, al leptone µ e al suo neutrino νµ
che era stato scoperto all’acceleratore di Brookhaven nel
1962 da G. Damby et al. [24]. Si noti che il mescolamento dei
quark può essere espresso indifferentemente o per i quark di
tipo down o per quelli di tipo up. Si usa la prima alternativa
perché, storicamente, quando il mescolamento fu introdotto
erano noti due quark di tipo down ed uno solo di tipo up.
Da un punto di vista teorico non c’erano ragioni per
immaginare quark e leptoni al di là di quelli noti. Tuttavia
già nel 1967 Antonino Zichichi aveva ipotizzato l’esistenza di
un terzo leptone, che chiamò Heavy Lepton (HL), e del suo
neutrino νHL. Zichichi e i suoi collaboratori progettarono e
costruirono il necessario apparato sperimentale ad ADONE a
Frascati [25], l’anello di accumulazione e+e– di energia più alta
disponibile allora. La reazione complessiva cercata era
e+e– → e+m–, che, per non violare i numeri leptonici, avrebbe
+
–
dovuto procedere tramite uno stato intermedio HL
_ HL
+
+
seguito dai decadimenti HL → e ne e HL → m n m. La
massa di HL, ora chiamato τ, è però troppo grande per essere
prodotto ad ADONE e Zichichi e collaboratori poterono
solo mettervi dei limiti [26]. Quando un collisore con
l’energia sufficiente, SPEAR a Stanford, divenne disponibile,
il leptone fu scoperto, con lo stesso metodo, da Martin Perl e
collaboratori [27].
È opportuno ora discutere gli sviluppi della fisica delle
particelle elementari in Giappone negli anni 1960. In quegli
100 < il nuovo saggiatore
anni il lavoro sia sperimentale sia teorico in Giappone e
in Occidente procedevano, in buona misura, per strade
separate, senza l’interazione reciproca dei nostri giorni.
La fisica teorica giapponese fu in quel periodo fortemente
influenzata dal modello introdotto da Sakata nel 1956 che ho
già menzionato. Un contributo importante fu dato nel 1959
da Gamba, Marshak e Okubo [28] che assunsero a ipotesi
fondamentale la simmetria tra leptoni e barioni: i tre leptoni,
ν, e, µ e i barioni p, n e Λ .
L’idea fu ulteriormente sviluppata l’anno successivo da
Ziro Maki, Masami Nakagawa, Yoshio Ohnuki e Shoischi
Sakata [29]. Nel loro modello, che prese il nome di modello
di Nagoya, dall’università dove lavoravano, i leptoni sono
particelle semplici, mentre i tre barioni fondamentali sono
composti dalla “materia B+”, che ha numero barionico e carica
elettrica positiva e da un leptone. Essi sono cioè
(7)
Il modello aveva molti lati positivi, ma non è quello realizzato
in natura. In Giappone però sopravvisse per parecchi anni.
Quando però nel 1962 fu scoperto il secondo neutrino, la
simmetria tra barioni e leptoni sembrava persa. Due gruppi
teorici, uno di Kyoto composto da Y. Katayama, K. Matunoto,
S. Tanaka e E. Yamada [30], e uno di Nagoya composto
da Z. Maki M. Nakagawa e S. Sakata [31] avanzarono, per
recuperarla, la proposta che i neutrini fossero mescolati. Si
noti che questo avvenne prima ancora che si sapesse dei
quark, e ancor meno ovviamente del loro mescolamento. I
neutrini “veri” sono cioè
(8)
e solo il primo di questi si accoppia alla materia B+
(9)
Né un gruppo né l’altro danno giustificazione alcuna
dell’assenza del barione n2B +. Se però ci fosse, ipotizzano,
allora ci sarebbe un quarto barione fondamentale, che
il gruppo di Kyoto chiama V, con un nuovo sapore, T. È
un’ipotesi analoga a quella del charm, ma motivata da ben
altre considerazioni.
Per entrambi i gruppi, le correnti deboli adroniche devono
riprodurre, per la simmetria tra barioni e leptoni, le correnti
leptoniche. La corrente barionica dovrà quindi essere [31]
(10)
Gli autori notano che questa espressione è identica alla
modifica della corrente barionica suggerita da Gell-Mann e
Levy [12], aggiungendo che essa trova nel modello di Nagoya
a. bettini: il premio nobel per la fisica 2008
una giustificazione. Sappiamo oggi che sia i neutrini sia i
quark sono mescolati, ma con angoli di mescolamento grandi
per i primi, piccoli per i secondi.
Un fatto ancora oggi poco noto in Occidente è che la
scoperta del charm avvenne in realtà nel 1971, tre anni prima
di quella della J/ψ, da parte di Kiyoshi Niu [32], allora a Tokyo
e successivamente a Nagoya. In quegli anni in Giappone
i raggi cosmici venivano ancora impiegati nella ricerca di
frontiera, mentre in Occidente si lavorava agli acceleratori. Era
questa una conseguenza degli scarsi investimenti in ricerca
di base. L’ovvio svantaggio è che non è possibile controllare i
raggi cosmici primari. Tuttavia essi potevano produrre eventi,
con probabilità ragionevoli, ad energie, anche di parecchi TeV,
allora non disponibili agli acceleratori. A questo scopo Niu e
collaboratori avevano realizzato grandi progressi nella tecnica
delle emulsioni nucleari, costruendo rivelatori, le “Emulsion
Chamber”, composti da “sandwich” di emulsioni e materiale
plastico trasparente e di ottime proprietà ottiche per il
tracciamento delle particelle cariche e di emulsioni e piombo
per la misura dell’energia dei gamma, e quindi dei π0.
In un’esposizione in un volo ad alta quota, Niu e collaboratori
osservarono un evento straordinario. Esso mostrava al di là
di ogni dubbio la produzione associata, tramite interazione
forte, di due particelle instabili, che decadevano in tempi di
una frazione di picosecondo, e quindi per interazione debole.
L’analisi dell’evento permise di determinare la massa di una
delle due particelle. A seconda che la particella carica del
suo decadimento fosse un pione o un protone, la particella
poteva essere un mesone di massa 1.8 GeV o un barione
di massa 2.9 GeV, con incertezze del 30%. Non poteva
quindi essere una particella strana. Niu aveva scoperto un
uovo tipo di adrone. Era il charm, con la massa prevista da
Glashow, Iliopoulos e Maiani, ma fu chiamato X. La scoperta
fu presentata alla 12a Conferenza Internazionale sui Raggi
Cosmici nel 1971 e sulla rivista giapponese “Progress of
Theoretical Physics” [32].
Immediatamente dopo la scoperta, S. Ogawa che guidava il
ramo di Hiroshima della scuola di pensiero di Sakata, mise in
evidenza che la nuova particella poteva contenere un quarto
tipo di quark [33], che avrebbe potuto essere il charm. Il
lavoro giunse a “Progress of Theoretical Physics” nell’agosto
del 1971, ma fu pubblicato dopo qualche mese.
Riuscì invece ad essere pubblicato immediatamente
di seguito a quello di Niu un altro articolo teorico di
interpretazione, di Ziro Maki e Toshihide Maskawa [34] di
Nagoya. Essi ricordano che storicamente “il concetto di un
quarto barione fondamentale fu introdotto nel 1962 dai
gruppi di Nagoya e di Kyoto”, come abbiamo già menzionato.
Osservano che siffatta estensione del modello di Nagoya con
simmetria leptoni-barioni a quattro barioni fondamentali
fornisce una naturale interpretazione dell’evento di Niu.
Tuttavia essi non menzionano il charm.
Dopo la scoperta di Niu, i gruppi sperimentali giapponesi
cercarono attivamente eventi simili in esposizioni di
camere ad emulsioni ad alta quota. Nel 1974, l’anno della
scoperta della J/ψ, si erano trovati 20 decadimenti, che
furono presentati l’anno successivo alla 14a Conferenza
Internazionale sui Raggi Cosmici a Monaco [35]. Essi avevano
tutte le caratteristiche previste per il charm.
È chiaro quindi che il gruppo teorico di Nagoya nel 1971 era
convinto dell’esistenza di un quarto barione fondamentale.
Ciò favorì in loro l’idea che ce ne potessero essere altri.
Nel 1972 Kobayashi e Maskawa [36] indagarono sulla
possibilità di trovare una spiegazione della violazione di CP
nell’ambito della teoria delle interazioni deboli. Ragionavano
nel modello di Nagoya, cioè i barioni invece dei quark come
particelle fondamentali. Una prima conclusione della loro
analisi fu che ciò non era possibile con solo i quattro noti. Era
necessario introdurre nuovi campi. Discussero due possibilità:
un campo scalare o sei barioni in totale (cioè sei quark).
La matematica della seconda possibilità, tradotta in termini di
quark, è semplice. La matrice di mescolamento è una matrice
unitaria. Se ci sono quattro quark, e quindi due di tipo down
che si mescolano, la matrice è 2 × 2 e ha 4 elementi reali
indipendenti. Si dimostra che tre di questi sono fattori di fase.
Essi possono essere eliminati ridefinendo le funzioni d’onda.
La matrice rimanente è reale, la rotazione in un piano, di
Cabibbo.
Se ci sono 6 quark, e quindi tre di tipo down che si mescolano,
la matrice è 3 × 3 e ha 9 elementi reali indipendenti. Tre di
questi si possono considerare come gli angoli di Eulero di una
rotazione degli assi in tre dimensioni (uno di questi è l’angolo
di Cabibbo). Gli altri 6 sono fattori complessi di fase. Se ne
possono eliminare 5 ridefinendo le funzioni d’onda. Ma uno
rimane. E tanto basta per avere violazione di CP.
L’estensione a sei quark della teoria di Cabibbo completata
col quarto quark di Glashow, Iliopoulos e Maiani, forniva
quindi un’interpretazione della violazione di CP osservata nei
mesoni K 0.
Il quinto quark fu scoperto in uno stato legato quarkantiquark nel 1977 [37], il sesto dall’esperimento CDF al
Tevatron nel 1995 [38].
La violazione di CP fu studiata nei dettagli, oltre che nei
decadimenti dei K 0, anche in quelli dei mesoni B 0. A questo
fine furono costruiti due collisori e+e– ad alta luminosità
operanti
all’energia ideale per la produzione di coppie
_
0 0
B B , uno, PEP2 a SLAC in California, l’altro, KEKB, a KEK in
Giappone. Entrarono in funzione nel 1999 con gli esperimenti
BABAR [39], con grande partecipazione italiana, e BELLE [40].
Fornirono una serie di test di alta precisione che mostrano,
almeno sinora, perfetto accordo con il Modello Standard e,
in particolare, con la matrice di mescolamento di Cabibbo,
Kobayashi e Maskawa.
vol24 / no5-6 / anno2008 >
101
Bibliografia
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Scientific background on the Nobel Prize in Physics 2008”, 7 October
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[37] S. W. Herb et al., “Observation of a dimuon resonance at 9.5 GeV in
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[38] T. Abe et al., “Observation of top quark production in collisions”,
Phys. Rev. Lett., 74 (1995) 263.
[39] B. Aubert et al., “Measurement of the CP-violating Asymmetry
Amplitude sin 2β”, Phys. Rev. Lett., 89 (2002) 201802.
[40] K. Abe et al. “An Improved Measurement of Mixing-induced CP
violation in the Neutral B Meson System”, Phys. Rev. D, 66 (2002)
071102.
Alessandro Bettini
Professore ordinario di Fisica Generale presso l’Università di Padova dal 1981, ha ricoperto incarichi di responsabilità nell’INFN dal 1978
al 2003, come Presidente della seconda Commissione Scientifica Nazionale, Direttore della Sezione di Padova, Membro della Giunta
Esecutiva, Vicepresidente dell’Istituto, e Direttore del Laboratorio Nazionale del Gran Sasso. È stato membro del Super-Proton-Syncroton
Committee del CERN (1987-89) e di ECFA (1997-2003), vice-presidente del Mega Science Forum (1996-98) e del Global Science Forum
dell’OCSE dal 1999, Presidente del Particle and Nuclear Astrophysics and Gravitation International Committee della IUPAP (1998-2005).
Dal 2008 è Direttore del Laboratorio Sotterraneo di Canfranc (Spagna).
Fisico sperimentale di particelle elementari ha condotto e diretto esperimenti presso il CERN e LNGS. Ha dato contributi alla spettroscopia
degli adroni, in particolare con la scoperta della prima risonanza scalare, allo studio delle annichilazioni di antiprotoni, alla fisica del
charm, dei bosoni vettori e del neutrino.
È autore o coautore di più di 150 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali con referendari, di tre volumi di fisica generale
pubblicati da Zanichelli e di uno di particelle elementari pubblicato da Cambridge University Press.
È socio dell’Accademia Galileiana di Scienze Lettere e Arti e della Società Italiana di Fisica, di cui è consigliere.
102 < il nuovo saggiatore
il nostro mondo
Torino ospiterà dal 2 al 7 luglio 2010, nella splendida cornice
del Lingotto, la prossima edizione di ESOF – Euroscience
Open Forum, diventando Città Europea della Scienza (www.
esof2010.org).
ESOF è un meeting europeo biennale, dedicato alla ricerca
e all’innovazione scientifica ideato da Euroscience (www.
euroscience.org), organizzazione che riunisce membri di
40 Paesi europei.
ESOF coinvolge scienziati di tutte le discipline, ricercatori del
settore pubblico e privato, insegnanti e studenti, esponenti
del mondo politico ed industriale, appassionati di scienza,
operatori dei mezzi di comunicazione e semplici cittadini.
È un’occasione di incontro unica in Europa 1) per presentare
e discutere le frontiere della ricerca scientifica e tecnologica,
la relazione tra scienza e società e le politiche a sostegno
della ricerca scientifica (Conference Programme), 2) per
sviluppare programmi mirati ai giovani (Career Programme),
3) per iniziative rivolte al grande pubblico di diffusione della
cultura scientifica (“Science in the City” Programme), 4) per
interagire con il mondo in diretta free streaming (webESOF
Programme).
La selezione della città che organizza ESOF avviene da parte
di Euroscience sulla base dei dossier presentati dalle città
che partecipano alla gara di assegnazione. La candidatura
di Torino ha vinto la durissima competizione con Parigi,
Copenhagen e Breslavia ed è con grande orgoglio che
abbiamo ottenuto un successo che contiamo si trasformi
in un momento importante per la presentazione non solo
1
di Torino ma dell’Italia su un prestigioso palcoscenico
scientifico internazionale e per il rilancio di una cultura, quella
scientifica, il cui valore strategico e la cui necessità sono ormai
riconosciuti universalmente.
Speriamo quindi in una forte risposta della comunità
scientifica e culturale italiana con proposte innovative e di
qualità alla call for proposals che sarà aperta da dicembre
2008 e un’ampia partecipazione a ESOF2010 a Torino.
ESOF2010 è organizzato dall’Associazione TopESOF
– Torino per ESOF2010 costituita da Centro Agorà Scienza
dell’Università di Torino, Compagnia di San Paolo e
Centroscienza Onlus.
La prima edizione di ESOF si è svolta nel 2004 a Stoccolma
(www.esof2004.org), mentre quella del 2006 è stata
ospitata da Monaco di Baviera (www.esof2006.org).
La terza edizione si è svolta a Barcellona dal 18 al 22 luglio
2008 ed è stata un grande successo di pubblico: ha visto
l’adesione di circa 5000 partecipanti alla sola conferenza,
raddoppiati rispetto all’edizione del 2006.
Anche la presenza dei media è cresciuta rispetto all’edizione
precedente, circa 600 erano quelli presenti nei giorni del
Forum, a testimonianza di un sempre maggior interesse verso
ESOF, diventato un appuntamento imperdibile nel panorama
scientifico europeo.
ESOF2008 è stata un’importante opportunità per presentare
alla comunità internazionale presente a Barcellona l’edizione
2010 di ESOF, che verrà ospitata a Torino.
Uno degli obiettivi principali di ESOF è quello di contribuire
ad avvicinare i giovani alla scienza, una delle prime azioni di
coinvolgimento promosse da TopESOF è stata proprio rivolta
a loro. Il 30 aprile 2008 è stato bandito in collaborazione
con La Stampa il concorso “Prendi il bus della scienza:
destinazione Barcellona”, riservato agli studenti dei primi due
anni di un’Università piemontese.
I 40 vincitori del concorso (vedi fig. 1) hanno avuto
l’opportunità di vincere un viaggio a Barcellona per
partecipare a ESOF2008, seguendo le conferenze in
programma ed essendo coinvolti nelle attività che ESOF2010
ha organizzato durante ESOF2008.
I 40 ragazzi hanno contribuito a dare una forte visibilità
a ESOF2010, offrendosi fra l’altro di far compilare il
questionario, presente anche on line sul sito di ESOF2010,
redatto allo scopo di raccogliere suggerimenti e consigli per
vol24 / no5-6 / anno2008 >
103
la prossima edizione di ESOF a Torino.
I partecipanti di ESOF2008 hanno avuto la possibilità di
compilare il questionario anche all’interno dello stand
di ESOF2010, più di 400 persone hanno lasciato i loro
suggerimenti.
Lo stand di ESOF2010 (fig. 2) ha raccolto numerosi consensi
tra i visitatori e gli addetti ai lavori: l’uso di colori brillanti,
di cubotti colorati che richiamano lo slogan di ESOF2010
“Passion for Science”, che a sua volta si ispira alla tavola degli
elementi di Mendeleev, la costante presenza dei 40 ragazzi
vincitori del concorso ad animare lo stand, lo ha reso uno dei
più visitati dal pubblico. ESOF2010, attraverso il suo stand, ha
dato un arrivederci a Torino 2010 e ha confermato l’immagine
radicata nella sua storia di una città-laboratorio aperta alla
ricerca e all’innovazione scientifica.
I prossimi appuntamenti:
Entro il mese di dicembre 2008 saranno pubblicati sul sito
www.esof2010.org i temi dell’edizione 2010 di ESOF e la
call for proposals per le sessioni del Conference Programme,
per le attività del “Science in the City” Programme e del
Career Programme.
Nell’ambito del programma di“La Fête de Science
en France” e nel quadro della comunicazione al
grande pubblico dell’ esperimento ALICE, è stata
rappresentata al CERN nel Globe de la Science
et de l’Innovation la realizzazione teatrale di
Marco Monteno “Arlequin et la couleur des
quarks”.
Si tratta di una favola poetica e divertente
che invita a entrare nell’universo della fisica
quantistica e dell’esperimento ALICE.
L’autore è un ricercatore dell’INFN di Torino, si
occupa di fisica nucleare delle alte energie e
collabora con ALICE, un esperimento che studia
le collisioni di ioni pesanti a LHC, allo scopo di
rivelare uno stato della materia primordiale
denominato plasma di quark e di gluoni.
104 < il nuovo saggiatore
2
Sul sito è inoltre possibile iscriversi alla newsletter di
ESOF2010 per ricevere regolarmente aggiornamenti
sull’evento.
Enrico Predazzi, Andrea De Bortoli
Centro Agorà Scienza - Università di Torino
il nostro mondo
premio sergio fubini 2008
Il Premio Sergio Fubini è stato istituito dall’INFN per premiare le tre migliori tesi di dottorato del 2007-2008. I vincitori hanno
ottenuto il premio in una cerimonia, presso la presidenza INFN, da parte del presidente INFN in presenza della Commissione
scientifica teorica dell’INFN.
Sergio Fubini è stato un grande fisico teorico. La sua visione d’insieme
lo ha portato a molte applicazioni di modelli teorici. Negli anni 1960
ha dato una base a concetti di matrice S come le singolatità di Regge.
Successivamente ha fornito una formulazione algebrica alla algebra
delle correnti che ha giocato un ruolo importante per la nascita del
modello duale. Quindi Fubini ha fattorizzato, insieme a Veneziano, la
matrice S del modello di Veneziano convergendo verso una teoria di
campo con infinite componenti aprendo cosi la strada a quello che
sarebbe diventata la teoria delle corde (o stringhe). Ovunque abbia
lavorato, Fubini ha lasciato un profondo segno sugli studenti e sulle
istituzioni come le Università di Torino e Padova, in Italia, e su MIT e
CERN.
Il Premio Sergio Fubini 2008 è stato indetto dalla Presidenza INFN come
riconoscimento di possibili tre migliori tesi di dottorato discusse nel
periodo dal 15 aprile 2007 al 15 aprile 2008 su argomenti di interesse
della Commissione scientifica teorica dell’INFN (fisica teorica in senso
lato). Ogni anno vi sono oltre 70 tesi di dottorato nel settore. Il vincitore
ottiene un attestato e un premio di 2000,00 euro. La selezione delle tesi
migliori è stata fatta da una Commissione formata nel 2008 da Silvia
Penati (presidente), Marco Radici, e Massimo Pietroni (segretario). La
Commissione, che per alcune tesi si è avvalsa di referee esterni, ha
ricevuto varie proposte di cui ha sottolineato l’elevato livello scientifico
che ha portato a varie pubblicazioni. Nella disamina delle tesi ha tenuto
conto, oltre alla chiarezza della presentazione, ai risultati scientifici e al
potenziale di sviluppo della ricerca nel settore. Le tre tesi giudicate le
migliori per il Premio INFN Sergio Fubini 2008 sono, in ordine alfabetico
di autore:
− Dr. Giuseppe Florio, Decoherence and entanglement in quantum
information processing
− Dr. Stefano Gandolfi, The auxiliary field diffusion Monte Carlo method for
nuclear physics and nuclear astrophysics
− Dr. Salvatore Mansi, Geometric aspects of N=2 supergravity
La premiazione è avvenuta a Roma il 22 settembre 2008 presso la
Presidenza INFN in occasione della riunione della Commissione
scientifica teorica dell’INFN. Il Premio è stato consegnato dal Prof.
Roberto Petronzio, presidente dell’INFN, dopo i seminari dei vincitori.
Il Premio annuale Sergio Fubini, istituito dalla Commissione scientifica
teorica INFN nel 2005, è diventato un Premio dell’INFN dallo scorso
anno. Successivamente l’INFN ha istituito altri Premi annuali per le linee
di ricerca sperimentali.
Giuseppe Marchesini
Università di Milano-Bicocca e INFN
Progetto Lauree Scientifiche: Borse SIF
Come già fatto nell’anno accademico 2006-2007, la SIF – Società
Italiana di Fisica – d’intesa con il MIUR, nell’ambito del progetto “Lauree
Scientifiche”, ha assegnato 42 borse di studio, del valore di 4000 euro, a
studenti che si sono immatricolati nell’anno accademico 2008-2009 ad
un corso di Laurea della Classe di “Scienze e Tecnologie Fisiche” – Classe
25 DM509 e Classe L-30 DM270. L’assegnazione è avvenuta, a seguito di
una selezione su base nazionale, effettuata attraverso una prova scritta
diretta a verificare le conoscenze scientifiche, con particolare riferimento
alla Fisica.
Le borse sono annuali e rinnovabili di anno in anno per tutta la durata
del corso triennale di studi a condizione di aver superato tutti gli esami
previsti per l’anno di fruizione della borsa e per gli anni precedenti
entro il 31 dicembre con la media, pesata con i crediti relativi agli
insegnamenti, di almeno 27/30 e voto minimo di almeno 24/30.
I partecipanti al concorso sono stati 486 su 603 che avevano presentato
la domanda.
La selezione per determinare i vincitori delle 42 borse si è svolta il
15 Ottobre 2008 contemporaneamente nelle varie Sedi universitarie
italiane in cui era presente un corso di Laurea delle sopra citate classi.
La prova scritta è durata 3 ore e si è articolata in 35 quesiti a risposta
multipla, con una sola risposta esatta tra le quattro indicate.
Le fasi di preparazione e di correzione degli elaborati si sono
svolte a Bologna presso la sede della SIF e sono state curate da
una Commissione, nominata il 21 Settembre 2008 dal Consiglio di
Presidenza della Società Italiana di Fisica e composta da Vincenzo Grasso
(Presidente), Anna Cavallini, Josette Imme’, Letteria Silipigni e Rosa Maria
Sperandeo Mineo.
I 35 quesiti, sorteggiati tra quelli proposti da ogni Commissario,
hanno riguardato argomenti di Fisica, Chimica, Matematica e Logica
normalmente svolti nella maggioranza degli Istituti di Istruzione
Secondaria Superiore; sono stati formulati in modo da permettere ai
concorrenti di potersi confrontare non solo su un bagaglio comune di
conoscenze indipendente dal particolare corso di studi frequentato
ma anche sulla capacità individuale di sviluppare un ragionamento
scientifico.
Relativamente al questionario, allo scopo di penalizzare, in media, la
strategia della risposta casuale per i quesiti di cui non si conosce quella
esatta, la Commissione ha attribuito i seguenti punteggi:
›
0
per la risposta non data
›
0.75 per la risposta esatta
› -0.25 per la risposta sbagliata
Il numero di idonei, cioè di concorrenti con un punteggio maggiore
o uguale al 75% del punteggio massimo conseguibile (che era di
26.25), è stato di 123. Il sovrapporsi con l’elenco di vincitori alla Scuola
Superiore di Catania e all’Università degli Studi di Milano Bicocca ha
determinato due rinunce allungando la classifica dei vincitori fino al
quarantaquattresimo classificato della graduatoria degli idonei il cui
punteggio è stato di 22.00.
A tutt’oggi, l’86% dei vincitori delle borse vinte nella selezione dell’anno
accademico 2006-2007 ha ottenuto la proroga a testimonianza della
validità e della selezione effettuata e dello stimolo, fornito ai più
meritevoli, a proseguire con regolarità i propri studi universitari.
Il bando del suddetto concorso, i 35 quesiti e le rispettive soluzioni, le
graduatorie degli idonei e dei vincitori, sono disponibili all’indirizzo
http://www.sif.it
Vincenzo Grasso
Università di Messina
vol24 / no5-6 / anno2008 >
105
in ricordo di
Frederick Seitz
Il due marzo scorso è morto Frederick Seitz,
fondatore della moderna Fisica dello Stato
Solido. Riteniamo utile ancorché doveroso
ricordare brevemente le sue attività scientifiche e
organizzative, connesse con lo sviluppo della Fisica
dei Solidi nell’Italia degli anni ’50-’60.
Frederick Seitz era nato a San Francisco il 4
Luglio 1911. Era cresciuto in un quartiere
abitato prevalentemente da italo-americani di
ascendenza ligure, chiamato infatti Nuova Liguria.
I suoi compagni di giochi erano figli di piccoli
commercianti o impiegati che costituivano la
modesta borghesia di Nuova Liguria senza alcuna
importanza sociale, politica o amministrativa nella
società californiana, all’epoca in prorompente
sviluppo(1).
Fu forse questa contiguità di giochi e
frequentazioni che suscitò nel giovane Frederick
la curiosità di approfondire i rapporti tra la società
italo-americana e quella del loro paese di origine.
Nei primi anni del dopo-guerra, F. Seitz era già
divenuto un fisico famoso che aveva contribuito
a fondare su basi quantomeccaniche la Fisica dei
Solidi. Il suo libro “Modern Theory of Solids”, apparso
nel 1940, era stato per molti decenni la bibbia sulla
quale si erano formate generazioni di ricercatori.
Nel periodo bellico aveva lavorato al “Progetto
Manhattan”, particolarmente allo sviluppo
metallurgico del silicio (allora usato per i rivelatori
a cristallo per microonde, ma in seguito divenuto
il materiale elettivo per la moderna elettronica a
stato solido). La vastità dei suoi interessi e la sua
capacità di coordinare attività molto diversificate lo
avevano portato a stabilire rapporti di familiarità
(1)
Unica eccezione, tuttavia di grande rilevanza, era costituita da Amedeo Pietro Giannini (San Josè
1870, San Mateo 1949), che aveva fondato nel 1904
la Bank of Italy, trasformata nel 1928 nella Bank of
America, una delle più grandi banche commerciali
degli Stati Uniti, che ebbe un ruolo essenziale nello
sviluppo agricolo e industriale della California.
(2)
Tra gli altri: E. Fermi, E. Segrè, G. C. Wick, B. Rossi,
U. Fano, F. Rasetti.
(3)
F. Seitz: “Reminescence of a half century of solid
state science with Italian links”, in: “The origin of SolidState Physics in Italy, 1945-1960”, a cura di G. Giuliani,
Società Italiana di Fisica, Atti di Conferenze, Vol.13
(Editrice Compositori, Bologna) 1987, p. 215.
106 < il nuovo saggiatore
il nostro
mondo
e amicizia con molti illustri fisici della sua epoca, in
particolare con alcuni dei fisici italiani che si erano
rifugiati negli Stati uniti per sfuggire alle leggi
razziali del 1938 (2).
Egli non riusciva tuttavia a capacitarsi del perché
in quel periodo la Fisica in Italia si presentasse
unicamente come Fisica delle particelle elementari
e in parte come Fisica nucleare, rinunciando a
contribuire al vertiginoso sviluppo della tecnologia
e dell’elettronica a stato solido che si ebbe in
seguito all’invenzione del transistor (1948) e
del transistor a giunzione (1949). Nel 1960 fu
sviluppato il MOS (transistor ad effetto campo a
struttura planare) che ha costituito la base per i
circuiti integrati. Nel 1954 fu inoltre inventato il
MASER e nel 1958 il LASER (nel 1960 evoluto nel
laser a semiconduttore che poi ha dato origine, tra
l’altro, agli ubiqui LED ). Ma anche in altri aspetti
fondamentali della Fisica dello Stato Solido il
contributo italiano in quel periodo era pressoché
inesistente.
Nel 1957 la teoria BCS della superconduttività
aveva spiegato un fenomeno che aveva resistito
ai tentativi di interpretazione dei più illustri
fisici teorici per quasi mezzo secolo e che poi
ha permesso (tra le molte altre applicazioni) di
produrre campi magnetici di svariate decine di
Tesla. Un grande sviluppo aveva anche avuto lo
studio degli stati elettronici nei Solidi che aveva
portato tra l’altro alla teoria e alla tecnologia dei
semiconduttori.
Il Seitz, che aveva dato contributi importanti a
tale teoria, aveva preconizzato questi sviluppi
e si domandava che cosa avrebbe potuto fare
per “esportare” in Italia questo tipo di Fisica.
L’occasione gli si presentò con la comparsa del
giovane Fausto Fumi al Carnegie Institute of
Technology, di cui Seitz era direttore delle ricerche,
con una borsa Fullbright. Scrive F. Seitz (3):
“One must give very special recognition to Fausto for
being the adventuresome Columbus of solid state
physics and coming essentially alone to the United
States”.
Fumi seguì Seitz all’Università dell’Illinois nel 1949,
prima di rientrare in Italia a Milano, stabilendo
proficui contatti con l’Università di Pavia dove
si trovavano gli (allora giovani) scriventi. F. Seitz
venne spesso in Italia in quegli anni, facendo
conferenze e seminari, suggerendo esperimenti,
favorendo il soggiorno di ricercatori italiani nelle
Università americane, in particolare all’Università
dell’Illinois dove alcuni di noi hanno potuto
ricoprire posizioni di ricerca superiori a quelle che
ci competevano come giovani ricercatori.
Nel 1957 F. Seitz collaborò all’organizzazione della
prima Scuola italiana di Fisica dello Stato Solido a
Varenna (diretta da F. Fumi). Subito dopo ci fece
avere contratti con i Servizi Americani (AFOSR),
passaggi gratuiti per e da gli Stati Uniti, e in ogni
caso un sostegno scientifico, psicologico e morale
che servì a superare le inevitabili difficoltà associate
all’inizio di una attività di ricerca in un settore per
noi nuovo e molto diversificato. Insieme ad altri
illustri scienziati che frequentarono in quegli anni
le Università di Milano e Pavia – tra gli altri Sir Nevill
Mott, J. Robert Schrieffer, Alfred Kastler, Jacques
Friedel, Tom Morgan – ci fece sentire partecipi dello
sviluppo che stava avendo la Fisica dello Stato
Solido negli anni ‘50-‘60 .
Passiamo ora a descrivere sommariamente alcuni
risultati scientifici di grande rilievo ottenuti dal
Seitz nella sua lunga carriera. Egli per primo ha
applicato le proprietà dei gruppi spaziali alla
classificazione degli stati quantici dei cristalli
ricavando principi di validità generale sulla
sequenza dei livelli elettronici e sviluppando
il formalismo matematico di base. Con E. P.
Wigner (il suo maestro a Princeton) ha applicato
concretamente per primo il concetto delle bande
di energia sviluppando un metodo per calcolarle
(in seguito chiamato di Wigner e Seitz), che è
diventato il fondamento di tutti i metodi moderni
per il calcolo della struttura a bande. In tal modo
ha risolto il problema della coesione dei metalli,
un problema che non era risolubile con la teoria
del legame chimico né con la teoria degli elettroni
indipendenti a causa dell’importanza degli effetti
di correlazione.
Un altro settore cui il Seitz ha contribuito in
maniera rilevante è quello dell’interazione
radiazione-materia sia nei cristalli perfetti con
le transizioni tra stati elettronici che negli stati
di impurezza, contribuendo alla spiegazione del
fenomeno della fluorescenza. In questo contesto
ha introdotto il cosiddetto metodo delle coordinate
configurazionali (una modellizzazione del teorema
adiabatico) che attraverso l’accoppiamento degli
stati elettronici con i modi vibrazionali spiega
la differenza di frequenza tra l’assorbimento e
l’emissione (Stoke’s shift) e le relative probabilità
di transizione. Tale metodo gli ha consentito di
interpretare lo spettro di emissione degli alogenuri
alcalini drogati con tallio, che costituiscono una
classe di materiali importanti per la rivelazione
delle radiazioni.
Da segnalare sono anche i suoi contributi alla
comprensione della struttura elettronica associata
ai difetti reticolari e delle proprietà ottiche dei
centri di colore.
Un aspetto rilevante della personalità del Seitz
è stata la grande generosità che lo ha spinto a
dedicare molto del suo tempo alla formazione
dei giovani e alla creazione di una scuola di Fisica
dei Solidi all’Università dell’Illinois, per molti
anni un punto di riferimento a livello mondiale
in questo settore. F. Seitz ha avuto una messe
di riconoscimenti che sarebbe troppo lungo
elencare, tra gli altri la Presidenza dell’Accademia
americana delle Scienze, la medaglia Franklin
(1965), la medaglia Compton (1970), il più ambito
riconoscimento dell’Institute of Physics americano,
e Lauree Honoris Causa da 32 Università. Ma il
più grande dei riconoscimenti è la stima dei suoi
colleghi e l’affetto dei suoi allievi. Tutti quelli che lo
hanno conosciuto, e gli scriventi in particolare, non
dimenticheranno mai la sua grande bontà, il suo
sorriso da cui traspariva comprensione e simpatia,
le sue frasi semplici ma sempre dense di significato.
A lui abbiamo voluto bene come a un padre e un
amico e il suo ricordo ci accompagnerà per il resto
della nostra vita.
Giuseppe Franco Bassani
Scuola Normale Superiore, Pisa
Gianfranco Chiarotti
Università di Roma “Tor Vergata”
Venzo De Sabbata
mai a scapito della fisica e dei metodi sperimentali
impiegati a rivelarla. Egli diceva sempre
che una buona fisica si deve fare e teoricamente
e sperimentalmente senza mai eccedere nel
formalismo matematico.
Questo insegnamento, da lui rigorosamente
applicato alla fisica della Gravità, ha formato molti
ricercatori che ora sono impegnati nella ricerca.
Per questo dobbiamo essergli riconoscenti per la
sua opera scientifica e didattica a favore della fisica
italiana.
Pierluigi Fortini
Università di Ferrara
All’età di 84 anni è venuto a mancare il Professor
Venzo De Sabbata.
Ha svolto la sua attività di ricerca assieme
all’insegnamento di Relatività Generale presso le
Università di Bologna e di Ferrara.
La sua attività ha riguardato la fisica della
Gravitazione e la Relatività Generale ove ha
apportato notevoli contributi sia nel campo teorico
che in quello sperimentale (ricerca delle onde
gravitazionali).
De Sabbata ha svolto la parte teorica in
collaborazione con illustri studiosi della materia.
In particolare ricordo qui la collaborazione con
l’allievo di Einstein, il Professor Nathan Rosen,
con cui ha realizzato sviluppi tendenti a cercare
una generalizzazione della Relatività Generale
(teoria bimetrica della gravità). In questo contesto
di collaborazioni internazionali va inserita
l’organizzazione, con cadenza annuale, di corsi
relativi alla teoria della gravità e alla sua parte
sperimentale. I corsi avevano luogo presso il
Centro Ettore Majorana di Erice, nel quadro
della International School of Cosmology and
Gravitation “Peter G. Bergmann” di cui De Sabbata
divenne il direttore. In particolare va appunto
ricordato un interessante corso della Scuola sulla
generalizzazione della Relatività Generale al campo
complesso.
Con riferimento alla parte sperimentale, De
Sabbata va citato per il suo lavoro per rivelare le
onde gravitazionali. Infatti egli propugnò l’uso di
un interferometro che doveva essere confrontato
con l’uso di una antenna gravitazionale di tipo
Weber.
Egli ne era così persuaso da convincere della
sua idea il CNR per finanziargli uno studio sulla
possibilità di usare un tale interferometro, in un
momento in cui il parlare di onde gravitazionali era
considerato quasi fantascientifico.
Non va taciuto il grande impegno didattico che il
Professor De Sabbata profuse nell’educare i giovani
al concetto fondamentale che la Relatività Generale
era innanzi tutto una scienza sperimentale. I suoi
corsi partivano sempre da quanto era già stato
appurato sperimentalmente per giungere alla
proposta di ulteriori prove sperimentali.
Così in generale tutti i suoi lavori sono improntati
ad un formalismo molto raffinato, quale appunto
è la matematica della teoria einsteiniana, però
Beatrice Palma-Vittorelli
Maria Beatrice Palma-Vittorelli, Emeritus Professor
of Physics at the University of Palermo and
Emeritus Fellow of the Società Italiana di Fisica,
passed peacefully away on August 1st, 2008. She
was born in Roma (1930), did University studies in
Palermo and post-doc work at MIT (Strandberg)
and Harvard (van Vleck).
Back in Palermo, she joined forces with her
colleague and husband M. U. Palma and devoted
decades of strenuous efforts to research and to
basic and advanced teaching. This was aimed
(under Bruno Rossi’s and Edoardo Amaldi’s
encouragement) at spotting and educating
promising students, to be later trained elsewhere in
diverse fields and attracted back in Palermo, to help
diversifying research activities there. New research
fields so promoted, adding to established work
on condensed matter and magnetic resonances
include biophysics, quantum electrodynamics,
statistical simulations of molecular dynamics,
physics teaching, optoelectronics and (with Bruno
Rossi’s fundamental help), astrophysics and the
revival of the historical astronomical observatory.
All that generated the conditions for establishing
in Palermo two new institutes by the physical
sciences branch of CNR. In addition to science, she
took a relentless loving care of her two children
and of her family, and opened cheerfully her
home to visitors, colleagues, students and a wide,
sometimes memorable, spectrum of friends.
Her group and herself had solved some “standing
problems” in solid state physics. This had required
designing and building instrumentation of
unprecedented quality, and providing support
for establishing in Palermo a complete line of
cryogenic facilities. Results included:
1) Highlighting the key relation between phonon
and optical spectra in paramagnetic crystals.
2) Sorting out the cascade of photostimulated
electronic and ionic processes in Silver Halide
crystals, and the way to govern it.
3) Evidencing a novel type of phase transition,
concerning the dynamics of a subsystem of protons
within the frame of much heavier atoms.
Then, her interests shifted towards macromolecule
and protein physics. These studies (combining
molecular dynamics simulations, static and
dynamic light scattering, and CD experiments)
have greatly contributed to the time and
space multiscale view of the interplay among
protein conformation, dynamics, aggregation,
crystallization, and the solvent’s statistical
mechanics. They have also shown that very often
nucleation processes of protein aggregates and
crystals share unsuspected universality features,
stemming from the universal scaling properties
of critically divergent fluctuations. This allows
in-depth understanding of the underlying
fundamental physics, and related predictive power
and control of nucleation. Significantly, the last full
paper she has contributed and co-authored is just
in press, still to appear on Faraday Discussions, with
the record of a long, interesting discussion by many
participants.
The above list shows Beatrice’s extraordinary
commitment and achievements in research,
teaching, organization and family life. This is
all the more true if the point of departure and
the environmental conditions of her whole
enterprise are taken into account. But Beatrice was
extraordinary. In her drive to let things happen,
she reconciled her spirit of hard worker with that
of gran Signora; her razor-sharp logics with her
sudden flashes of imagination; her bent towards
personal understanding and forgiving with her
proverbial rigidity in ethical matters. We are
missing her dearly.
Lorenzo Cordone
University of Palermo
vol24 / no5-6 / anno2008 >
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