[lecce - 21] puglia/regione/21 09/11/07
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C ORRIERE DEL M EZZOGIORNO U V ENERDÌ 9 N OVEMBRE SPETTACOLI 21 2007 LE [email protected] PRIME TEATRO Poli racconta il Novecento e «Sei brillanti» giornaliste Da sinistra, Gianni Lenoci, Carla Bley (della quale Lenoci eseguirà il Concerto per piano e orchestra), Minella e Roberto Ottaviano, solista nel Concerto del compositore barese Notte jazz per l’Orchestra di Bari Con un Concerto di Carla Bley e uno del barese Raffaele Minella Domani La serata jazz in programma domani sera a Bari, a Villa Romanazzi Carducci, per la stagione concertistica dell’Orchestra Sinfonica della Provincia, per l’occasione diretta da Massimiliano Caporale e affiancata dai solisti Gianni Lenoci (pianoforte), Roberto Ottaviano (sax) e Nando Di Modugno (chitarra), avrà inizio alle ore 21. I biglietti saranno in vendita esclusivamente domani al botteghino allestito nel luogo del concerto. Per ulteriori informazioni telefonare allo 080.541.23.02. (f. maz.) BARI — Serata speciale, domani a Villa Romanazzi Carducci, per l’Orchestra della Provincia di Bari. Che ospita tre musicisti pugliesi di riconosciuto talento per una maratona jazzistica molto particolare, nella quale spiccano due prime esecuzioni. Il programma prevede, infatti, il debutto europeo di ¾ per pianoforte e orchestra, un pezzo di Carla Bley scritto negli anni Settanta per Keith Jarrett e che per l’occasione avrà come solista Gianni Lenoci. Seguirà la prima assoluta di Icarus’ (S)Wings del compositore barese Raffaele Minella. Accanto all’Orchestra della Provincia ci saranno il sassofonista Roberto Ottaviano e il chitarrista Nando Di Modugno. Questo il doppio piatto forte del concerto diretto da Massimiliano Caporale, che sarà completato da una serie di standard jazzistici, da Dancing in the Dark di Arthur Schwartz a Lost in the Stars e Speak Low di Kurt Weill, passando per Nancy with the Laughing Face di Phil Silvers (brano reso celebre da John Coltrane) e The Way You Look Tonight di Jerome Kern. Dunque, una seconda parte di serata più classica rispetto agli accenti sperimentali delle prime due composizioni, nelle quali elementi più squisitamente europei s’intrecciano a momenti di libera improvvisazione. Per Carla Bley, personaggio di primo piano del jazz americano, ¾ per piano- Minella al lavoro sulla partitura forte e orchestra rappresentò l’inizio di una ricerca votata alla sperimentazione di differenti soluzioni compositive, attraverso una personale interpretazione del concerto classico che anche Minella sta inseguendo lungo il proprio percorso creativo. «Già da qualche anno ho sviluppato una tendenza a far dialogare i generi senza giustapporli, dunque con un processo di organizzazione coerente del materiale compositivo», spiega il musicista, tornato a scrivere per la Sinfonica barese dopo l’esperienza di Sparkle per orchestra e chitarra elettrica, strumento anche in quell’occasione suonato da Nando Di Modu- gno. «Tra le due composizioni - spiega Minella - c’è una linea di continuità nella ricerca di un sincretismo grammaticale. Solo che mentre in Sparkle il linguaggio colto si confrontava sul terreno del rock, in Icarus’ (S)Wings l’incontro si consuma con l’universo del jazz cui fanno riferimento i due solisti per il quale il pezzo è stato pensato». Meno presente, rispetto a Sparkle, la ripetitività insita nella musica minimale, abbastanza ricorrente nelle composizioni di Minella. Il quale spiega che l’iterazione in Icarus’ (S)Wings «è riscontrabile esclusivamente nell’uso dei loop della parte elettronica». La partitura alterna parti obbligate e improvvisate secondo una bipartizione inglobata all’interno di una forma tripartita. «Le tre sezioni - argomenta Minella - sono concepite senza soluzione di continuità e sono sorrette da una struttura architettonica nella quale si sviluppano diversi dualismi: strutturale, di generi, timbrico ed esecutivo». Insomma, un procedere per continue oscillazioni, come suggerisce il titolo del brano richiamandosi con il suo gioco di parole all’ondeggiamento delle ali (wings) e dello swing. Anche perché, come diceva Duke Ellington con una sua celebre composizione, It Don’t Mean a Thing if It Ain’t Got That Swing, non significa nulla se non ha lo swing. Soprattutto nel jazz. Anche in quello di confine. Francesco Mazzotta BARI — Uno dei rari, autentici maestri della scena italiana è, senza dubbio alcuno, Paolo Poli, un artista a cui il nostro teatro dovrebbe tributare maggiore attenzione. Non solo a settant’anni suonati - e arrotondiamo per molto difetto - continua ad essere grande e inimitabile, ma ha il coraggio di impersonare la figura del capocomico di una compagnia privata che dovrebbe essere di esempio a tutti quelli che vivono di sovvenzioni e di anticamere ministeriali. Una parzialissima ammenda l’ha fatta il premio «Olimpici del Teatro» che lo ha segnalato come miglior interprete dell’anno proprio per Sei brillanti, presentato con caloroso successo al Piccinni dove si replica sino a domenica per poi toccare il 12 il Politeama Greco di Lecce e dal 16 al 18 il Curci di Barletta. Accolto da una standing ovation all’Olimpico di Vicenza lo scorso settembre, Poli ha ritirato il suo premio con nervosa emozione, lui così elegantemente schivo e solitario che per statura artistica avrebbe dovuto già collezionare decine e decine di riconoscimenti. Sei brillanti è dedicato ad altrettante giornaliste che percorrono tutto il Novecento, dalla Nappieri alla Masino, da Irene Brin alla Cederna, dalla Aspesi alla Gianini BelotPaolo Poli in «Sei brillanti» ti. I testi delle «brillanti» penne ispirano a Poli una travolgente cavalcata per il secolo scorso, una irresistibile fotografia dei nostri difetti nazionali, un affresco stupendamente dipinto con incalzanti, smaglianti siparietti ballati e cantati, pieni di humour e graffiante cultura. Lo spettacolo è un autentico capolavoro che sembra riecheggiare le mitiche messe in scena, a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, che hanno fatto di Poli una leggenda. Tutto nella rappresentazione risulta equilibrato e perfidamente divertente. Stupisce il protagonista per la verve scatenata che lo porta ad impersonare tenutarie di bordello, vecchie rintronate, crocerossine in vena di massimo peccato nel cantare Tua, l’hit di Jula de Palma che non ha fatto dormire un’intera generazione di nonni. E poi l’affollarsi di preti, di vescovi e cardinali, di segretari fascinosi di papa, tutti «azzannati» al punto giusto. Strepitoso il cast con Luca Altavilla, Alfonso de Filippis, Alberto Gamberini e Giovanni Siniscalco, mentre incantevoli sono i costumi di Santuzza Calì e le scene dell’indimenticabile Lele Luzzati. Nicola Viesti