xxxii domenica t.o. - anno b - Parrocchia Santuario del Sacro Cuore

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xxxii domenica t.o. - anno b - Parrocchia Santuario del Sacro Cuore
Parrocchia Sacro Cuore di Gesù – Mondovì Altipiano – 08/11/2009
XXXII domenica del Tempo Ordinario - ANNO B
Omelia
Nel cortile del tempio, nel quale erano ammesse anche le donne, doveva esserci grande confusione, gran
via vai. Si pensi che erano ben tredici le anfore adibite a raccogliere le offerte che la gente gettava. Eppure
malgrado questa confusione Gesù riesce a vedere la vedova e a cogliere il suo gesto. È il primo aspetto da
annotare oggi: lo sguardo di Gesù. Uno sguardo attento; uno sguardo che sa cogliere anche i particolari;
uno sguardo che sa vedere e apprezzare anche i piccoli gesti. Perché quello della vedova era stato un
piccolo, piccolissimo gesto. Probabilmente anche un gesto furtivo perché questa donna doveva pure essere
intimorita dalla presenza dei tanti ricchi che forse con ostentazione gettavano nelle anfore le loro corpose
offerte. Corpose ma non generose.
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Dunque il primo aspetto che oggi emerge dalla Parola di Dio è proprio questo: l’apologia del piccolo
gesto. Ne consegue che quella di oggi è una Parola che ci coinvolge e ci tocca tutti, proprio tutti: ad ogni età
e condizione. Perché i piccoli gesti sono a portata di tutti, nessuno escluso. I grandi gesti a volte no, ma i
piccoli gesti sì. Anche se non avranno mai una targa o una lapide a ricordarli. Almeno su questa terra.
Perché di certo in cielo la targa-ricordo è già pronta. Era già pronta anche per quella vedova.
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È evidente però che non conta il piccolo gesto in sé. Conta com’è fatto. Contano le sue caratteristiche. Conta
se è fatto con generosità. Senza costrizioni e forzature. Senza rimpianti per quello che si è compiuto. La
vedova compie un piccolo gesto, getta nel tesoro appena due monetine, ma è un gesto di generosità
assoluta. La traduzione liturgica del brano non rende bene l’idea di quello che ha combinato. Quell’“lei
invece … via ha gettato … tutto quanto aveva per vivere” andrebbe tradotto più esattamente con: “lei invece vi
ha gettato la sua vita”. La sua vita: cioè tutta se stessa.
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Ecco quindi le prime domande che possiamo farci di fronte a questa parola, a cui è collegata anche la prima
lettura. Anche lì c’è una vedova povera e generosa, che offre tutto quello che possiede per nutrire il
profeta. Chiediamoci con sincerità: “Noi siamo capaci di compiere gesti di generosità anche piccoli?”; “Sappiamo
dare qualcosa che vada anche oltre il superfluo?”; “Sappiamo mettere a disposizione il nostro tempo, le nostre energie,
le nostre capacità?”. Perché non è solo questione di generosità con il denaro. A volte con il denaro è persin
facile essere generosi. È più impegnativo su altri versanti ad esempio quello del tempo!
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Mi viene subito in mente quanto verrà lanciato a dicembre, durante il mese della carità. Un’iniziativa della
quale per il momento annuncio solo il titolo: “Banca del tempo”. Avremo modo di spiegarla meglio. Ne
parlerà diffusamente anche il prossimo numero de l’Amico. Per ora lasciate che entri nell’orecchio il tiolo e
memorizzatelo: “Banca del tempo”.
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Dunque questo è il primo livello dell’episodio: l’apologia del piccolo gesto, purché fatto con generosità.
Senza escludere ovviamente il grande gesto, pure qui compiuto però con generosità e umiltà. C’è però un
livello ulteriore nell’episodio narrato dal vangelo e anche in quello narrato dalla prima lettura. Si tratta
del livello che risponde a questa domanda: “In favore di chi viene compiuto il gesto semplice ma generoso?”. La
risposta è abbastanza semplice: in favore di Dio. Perché la vedova del vangelo getta le sue due monete nel
tesoro del tempio, dunque per sostenere le attività di un luogo di culto. La vedova di Sarepta offre da
mangiare non a un uomo qualunque, ma ad un profeta e il profeta non è nient’altro che l’uomo di Dio.
Donando qualcosa a lui lo si dona in realtà a Dio. E teniamo presente il fatto che anche quando si dona al
povero in realtà si dona a Dio. Ricordiamoci di Matteo 25: “Ero affamato e mi avete dato da mangiare, nudo e mi
avete vestito… perché ogni cosa che avete fatto a uno di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me”.
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Solo questo aspetto giustifica il fatto che la vedova del vangelo abbia gettato nel tesoro del tempio “tutta la
sua vita” e che la vedova di Sarepta quel giorno abbia cucinato tutto quel che aveva nella sua disadorna
dispensa. Solo questo giustifica perché solo a Dio noi possiamo donare tutto noi stessi. Dio è l’unico che
merita tale dono ed è anche l’unico che ci garantisce che il nostro dono, anche se piccolo, non andrà perso.
È quanto afferma Elia:
“Così dice il Signore, Dio d’Israele: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al
giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”».
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Allora qui le domande di prima si possono anche precisare meglio: “Come va con Dio?”; “Cosa gli offro?”; “Il
meglio di me o solo gli avanzi?”. Pensiamo ad esempio alla preghiera. La preghiera prima di tutto è un
tempo che noi regaliamo a Dio. Perché lo riconosciamo Signore della nostra vita. Colui per il quale vale la
pena perdere un po’ di tempo, un po’ di sonno, un po’ di divertimento. Anche se dalla preghiera non
ricaviamo frutti immediati. Non importa. Anche la Messa della domenica è tempo regalato a Dio. Se
ragioniamo così salta quell’affermazione imbecille: “Vado a Messa quando mi sento”.
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Pensiamo poi alla carità. Si avvicinano tempi in cui saremo rimessi in gioco su questo aspetto: lo ricordavo
prima, dicembre è il mese della carità ed è anche il mese della raccolta fondi per la Caritas. Di fronte alle
esigenza della Caritas, alle esigenze dei poveri non deve nemmeno valere la scusa che c’è la crisi. Notate
che la vedova di Sarepta offre tutto quello che ha nella dispensa mentre in giro c’è siccità, dunque c’è
carestia, dunque c’è crisi.
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Infine. Anche noi possiamo essere generosi verso la Chiesa, luogo della presenza di Dio oggi, come un
al tempo di Gesù lo era il Tempio. Chiediamoci allora: “Siamo generosi con le esigenze della Chiesa, della
Diocesi, della Parrocchia?”Alla Cittadella della carità, ad esempio, aspettano ancora una quindicina di
volontari per la presenza notturna. Dovranno mica partire da Ormea o da Calizzano per svolgere questo
sevizio! E della Parrocchia non parliamone neppure: per carità, c’è già tanta gente generosa che offre il suo
tempo, le sue capacità, le sue energie! Penso ad esempio alle catechiste, soprattutto a quelle che lavorano e
che sono anche mamme. Ma c’è anche tanta gente che potrebbe diventare più generosa. Anche solo per
pulire la chiesa.
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Magari oggi, davanti all’esempio delle due vedove, sole, prive di pensione e di assistenza sociale, ma così
fortemente generose, è il giorno buono per pensarci. E per decidersi!