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150 anni di preistoria e protostoria in Italia
Jonas Danckers *
Protostoria italiana e marxismo nell’Italia del
secondo dopoguerra
Riassunto - Protostoria italiana e marxismo nell’Italia del secondo dopoguerra - Questa relazione mira a
dare un breve sunto dell’influenza del marxismo sull’impianto teorico degli studi italiani di protostoria della penisola
italiana. Prendendo in considerazione il contesto socio-politico del secondo dopoguerra, l’attenzione è rivolta in
particolare alle figure di Salvatore Maria Puglisi (1912-1985) e Renato Peroni (1930-2010), due studiosi che hanno
esercitato una forte influenza nell’ambito degli studi protostorici in Italia e che si sono avvalsi di idee riconducibili al
marxismo. Quando ne La Civiltà Appenninica traspare il legame di Puglisi con Gordon Childe, le categorie che Peroni
individuerà nella protostoria italiana sono piuttosto ispirate dalle opere di Friedrich Engels e dal ‘materialismo storico’
in genere. Viene argomentato che le loro posizioni sono più vicine ai concetti teorici della Seconda Internazionale che
al ‘marxismo occidentale’.
RÉsumÉ - Protohistoire italienne et marxisme en Italie après la Deuxième Guerre Mondiale - Cet article essaie
de faire un bref résumé de l’influence du marxisme sur le cadre théorique des études italiennes sur la protohistoire
de la péninsule italienne. Considérant le contexte socio-politique de la période après la Deuxième Guerre mondiale,
l’article se concentre sur les personnalités de Salvatore Maria Puglisi (1912-1985) et Renato Peroni (1930-2010), deux
savants qui ont eu une grande influence sur le milieu des études protohistoriques en Italie et qui ont utilisés des idées
rapportables au marxisme. Si dans le livre La Civiltà Appenninica transparaît le lien de Puglisi avec Gordon Childe,
les catégories que Peroni identifia dans la protohistoire italienne sont plutôt inspirés par l’œuvre de Friedrich Engels
et le ‘matérialisme historique’ en général. Il est soutenu que leurs idées sont plus proches des concepts théoriques de
la Deuxième Internationale que du ‘marxisme occidental’.
Summary - Italian Protohistory and Marxism in postwar Italy - This article tries to provide a brief overview
of the influence of Marxist thought on the theoretical background of Italian studies on the Protohistory of the Italian
peninsula. Considering the socio-political context of postwar Italy, the article focuses on the life and work of Salvatore
Maria Puglisi (1912-1985) and Renato Peroni (1930-2010), two researchers who had a strong influence on protohistoric
studies in Italy and who both employed Marxist concepts in their work. While the book La Civiltà Appenninica bears
witness to Puglisi’s close association with Gordon Childe, the categories that Peroni identified in protohistoric Italy
are indebted rather to the writings of Friedrich Engels and ‘historical materialism’ in general. It is argued that their
ideas are closer to the theoretical concepts of the Second International than to ‘Western Marxism’.
Gli studi italiani sulla protostoria sono stati raramente oggetto, negli ultimi anni, di una pubblica
‘riflessione teorica’. Ovviamente, ciò non vuol dire
che le nostre interpretazioni non siano, almeno inconsciamente, condizionate da un impianto teorico.
La scelta di questo o di quel manuale, l’impiego di
un approccio rispetto ad un altro, sono spia di un
preciso orientamento epistemologico, la cui esplicitazione è necessaria per avanzare nuove ipotesi
di lavoro. La ricerca storiografica può aiutarci a
*
Dottorando alla KU Leuven (Università Cattolica di Lovanio, Belgio)
e all’Alma Mater Studiorum Università di Bologna, Aspirant FWO
Vlaanderen (Research Foundation Flanders, Belgio); Facoltà di Lettere - OG archeologie KU Leuven, Blijde-Inkomststraat 21, B-3000
Leuven, Belgio; tel. 0039 3481286824; e-mail: jonas.danckers@arts.
kuleuven.be
comprendere l’origine dell’impianto teorico sotteso agli studi italiani sulla protostoria e a indagare il
contesto sociale, politico e culturale in cui esso si è
andato costruendo. In questa relazione vorrei suggerire qualche spunto di riflessione sull’argomento,
concentrandomi sull’influenza del marxismo negli
studi del secondo dopoguerra. Mi soffermerò in
particolare sulle figure di Salvatore Maria Puglisi
e Renato Peroni, due studiosi che hanno esercitato
una forte influenza in questo ambito e che si sono
avvalsi di idee riconducibili al marxismo (bibliografia essenziale: Guidi 1996, Guidi 2002). 1
1
Una versione preliminare di questo studio è stato presentata al 32°
convegno TAG a Bristol in dicembre 2010 nella sessione Archaeology
under Communism: political dimensions of archaeology, organizzato
496
J. danckers
Karl Marx (1818 - 1883) ha scritto poco sulle società preistoriche. Ad eccezione di alcuni cenni
nelle sue prime opere, egli cominciò a studiare le
fonti etnografiche solo negli ultimi anni della sua
vita (Patterson 2003). Partendo dai suoi commenti manoscritti al volume Ancient Society del 1877,
nel quale Lewis Henri Morgan (1820 -1895) vedeva la storia dell’umanità come una successione
evoluzionistica dallo stato selvaggio alla civiltà,
passando per la barbarie, Friedrich Engels, amico,
co-autore e mecenate di Marx, pubblicò nel 1884,
il volume Origine della famiglia, della proprietà
privata e dello Stato (originariamente pubblicato
in tedesco (Engels 1884)). A parte casi etnografici statunitensi, forniti da Morgan, Engels prende in
considerazione nel suo studio anche esempi storici relativi alla Grecia antica, a Roma, ai Celti etc.
Egli enfatizzò l’importanza dell’organizzazione
del lavoro e il ruolo della famiglia per l’organizzazione sociale (Guidi 2004). 2 Al di là di questo
studio, Marx e Engels non ci hanno infatti lasciato un ‘chiaro metodo’ per l’analisi delle società
preistoriche. Tuttavia, se si fa genericamente riferimento all’approccio dialettico - marxista per lo
studio della storia e della società, è facile vedere
come esso abbia avuto diverse applicazioni in ambito archeologico. Nel mondo anglosassone sono
state dedicate recentemente intere monografie al
tema dell’influenza del ‘pensiero marxista’ sull’archeologia teorica (McGuire 2002; Patterson 2003).
È opportuno sottolineare come tanti archeologi si
siano inconsciamente serviti dell’approccio marxista. Ian Hodder ha mostrato infatti nel ’91 come
l’archeologia europea in genere sia stata fortemente influenzata dagli studi storici e da idee marxiste
(Hodder 1991, p. 22). Va notato però come l’uso
del ‘marxismo classico come sistema’ sia piuttosto
limitato a contesti politici o etici di sinistra, quali
per esempio l’Unione Sovietica, l’America Latina
o la Spagna postfranchista (Trigger 1993). L’idea
che nessun archeologo lavora in un ‘vuoto scientifico’ ma fa integralmente parte della società in cui
vive, rappresenterà il punto di partenza di questa
analisi (Moro Abadía 2010).
Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, in Italia
prevaleva un forte sentimento antifascista. I partiti
della Sinistra, risorti durante la Resistenza, avevano
da Ludomir Lozny. Una versione più lunga del testo sarà pubblicata in
inglese in un volume omonimo (Danckers cds).
2
Allo ‘stato selvaggio’ (o da lui chiamato ‘comunismo primitivo’), Engels faceva seguire la prima divisione del lavoro tra cacciatori e pastori
nella ‘barbarie inferiore’. Dopo la nascita dell’agricoltura e l’inizio della
stratificazione sociale in quella ‘media’, sarà nella ‘barbarie superiore’
(definita come ‘democrazia militare’), che nasce la città e vengono assegnate delle terre a singole famiglie. Secondo Engels questa società, retta
da capi guerrieri, avrebbe portato in breve tempo alla nascita di vere
classi sociali e al sorgere dello Stato (Guidi 2004, p. 67).
ripreso vigore. Dal referendum del 2 giugno 1946
nacque la Prima Repubblica in cui, in una prima fase,
trovò posto anche il Partito Comunista Italiano, che
sarà poi però, durante tutto il periodo postbellico,
escluso da una reale partecipazione al governo, pur
essendo - soprattutto negli anni settanta - il più grande
partito comunista dell’Europa occidentale (McCarthy
2000; Dunnage 2002). Nonostante la tensione politica
tra ‘destra’ e ‘sinistra’, quest’ultima riuscì a dare una
forte impronta alla vita socioculturale del paese, tanto
che si è spesso parlato di una ‘egemonia culturale della Sinistra’ (Ward 2001-2002).
Benché l’intellighenzia italiana degli anni ’50 si
ispirasse - almeno ufficialmente - a un’ ‘ideologia
di sinistra’, tale tendenza non fu direttamente visibile nella letteratura protostorica. Negli istituti era
ancora percepibile una continuità con la situazione precedente. Archeologi con un atteggiamento
antiegemonico avevano difficoltà ad entrare nelle
università. Marcello Barbanera ha così illustrato le polemiche tra l’establishment accademico e
Ranuccio Bianchi Bandinelli, archeologo classico
e storico dell’arte, comunista, sensibile agli aspetti
sociali delle società antiche (Barbanera 1998). Un
altro esempio, nell’ambito degli studi di protostoria, è rappresentato da Salvatore Maria Puglisi (de
Nardis et alii 1985; Manfredini et alii 2007). Nato
a Catania nel 1912, allievo di Ugo Rellini alla “Sapienza”, durante la Resistenza, Puglisi si era unito alle truppe anglo-americane per la liberazione
della penisola. Divenne poi un militante comunista e trascorse un periodo di studi presso l’Istituto
di archeologia a Londra al fianco di Vere Gordon
Childe. Puglisi rimase legato alla “Sapienza” come
‘libero docente’ e scavò ad esempio al Foro, al Palatino, a Pian Sultano e a Coppa Nevigata. Alla fine
degli anni ’50 perse il concorso per la cattedra di
‘Paletnologia’, forse a causa della polemica ‘politica’, sorta dall’accusa rivoltagli da Carlo Alberto
Blanc di aver commesso un errore di scavo con i
tumuli dolmenici di Pian Sultano (Peroni 2007, pp.
25-26). Nel ‘59 Puglisi pubblicò La Civiltà Appenninica. Origine delle comunità pastorali in Italia. L’applicazione di un approccio antropologico
a queste società dell’età del bronzo della dorsale
appenninica introdusse un elemento di novità negli
studi. Puglisi considerò la base economica di queste comunità come determinante per la loro identità socio-culturale e mise l’accento sulla maniera
in cui “queste genti pastorali, nomadi e praticanti
della transumanza, sarebbero vissute in un rapporto di coesistenza antagonistica, anzi egemonica nei
confronti di genti sedentarie dedite all’agricoltura”
(Peroni 1989, p. 119). Questa idea dell’influenza
della struttura sulla sovrastruttura e delle tensioni
sociali conseguenza delle relazioni di produzione, è
Protostoria italiana e marxismo nell’Italia del secondo dopoguerra
da mettere in rapporto con il ‘materialismo storico
marxista’. È molto probabile che Puglisi si sia impadronito di questi concetti durante la sua “lunga
consuetudine con Childe” - a cui egli faceva riferimento all’inizio del suo libro (Puglisi 1959, p. 6).
La formazione teorica di Vere Gordon Childe, talora
indicato come l’archeologo più influente del ventesimo secolo, si sostanziava di apporti derivanti dalla sociologia evolutiva di Herbert Spencer, dalla sociologia
funzionalista di Émile Durkheim, dall’evoluzionismo
sociale di Karl Kautsky e dalle opere di Marx e Engels
(Patterson 2003, pp. 37-42). Childe visitò nel 1935 per
la prima volta l’Unione Sovietica e si entusiasmò per
l’archeologia che vi si praticava: i grandi progetti di
scavo ma soprattutto l’interpretazione dei mutamenti
storici in termini di processi interni riletti alla luce dei
principi materialistici. Per Childe questo approccio
costituiva un’alternativa alle teorie migrazioniste e
diffusioniste che circolavano nell’Europa occidentale
(Trigger 2006, p. 345). Condannò però duramente la
cosiddetta ‘teoria degli stadi’ che, prendendo le mosse
dall’Origine della famiglia, della proprietà privata e
dello Stato di Engels, interpretava la storia come un
susseguirsi di fasi: da società pre-clan, clan matriarcale, clan patriarcale e clan terminale, ai tipi di società di classi (schiavistico, feudale, e capitalistica), per
giungere infine alle società senza classi: socialista e
comunista. Giustamente Childe notò come Marx fosse stato incline ad ammettere un evoluzionismo multilineare, in luogo di questa successione deterministica
unilineare (Guidi 1988, pp. 98-115; McGuire 2002,
pp. 69-71; Trigger 2006, pp. 344-353).
Alcune riflessioni personali di Salvatore Puglisi nel
suo romanzo Il sentiero degli scarabei (Puglisi 1987)
possono aiutare a contestualizzare meglio le motivazioni personali che lo condussero all’elaborazione del
suo approccio antropologico-funzionalista, che allora
in Italia rappresentava piuttosto un’eccezione (Bietti
Sestieri 2007, p. 29). Quando il professor Blanc morì
improvvisamente nel ‘60, Puglisi lo sostituì, ottenendo così la possibilità di far conoscere e applicare il suo
approccio (Peroni 2007, p. 26).
Un secondo episodio, nel quale è possibile evidenziare il contributo innovativo del marxismo negli studi
di protostoria italiana, ha le sue origini, nel 1964, nella fondazione della Società degli Archeologi Italiani
(SAI). A quell’epoca, un profondo disagio per la situazione dell’archeologia italiana mostrò l’urgenza di
creare un organo democratico per il coordinamento
della disciplina (Peroni 1992, p. 69). Poco dopo però,
la generazione più anziana lasciò la SAI e questa
divenne una sorta di “guscio vuoto”. Un gruppo di
giovani archeologi, prevalentemente classici, tra cui
Andrea Carandini, chiesero allora l’aiuto di Bianchi
Bandinelli per dare vita a un periodico nel quale si
potessero discutere problemi di ‘politica culturale’.
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Nacque così nel 1967 Dialoghi di Archeologia. Negli
anni successivi, quelli delle rivolte studentesche, questa rivista fu caratterizzata da riflessioni teoriche - non
di rado di stampo marxista - e da aperte prese di posizione nell’ambito della politica culturale (Barbanera
1998, pp. 162-168).
Per gli studi di protostoria, è stato molto significativo il coinvolgimento di Renato Peroni nell’ambito di
questa rivista. Nato nel 1930 a Vienna, Peroni si era
laureato a Roma nel ’53 e aveva trascorso un periodo di formazione all’Università di Friburgo in Germania. Dal ’62 fu ‘libero docente’ alla “Sapienza” e
dal ’65 Ispettore archeologo presso la Soprintendenza Speciale alla Pre- e Protostoria del Museo Pigorini (Cardarelli e Vanzetti questo volume).3 Essendo
stato collaboratore di Hermann Müller-Karpe, aveva
grande familiarità con la tradizione tipologica mitteleuropea e si dedicò, in modo positivistico, allo studio
dei materiali e della cronologia, prevalentemente in
Italia, dove uno studio sistematico era mancato negli
ultimi decenni (D’Agostino 1991, p. 61; Guidi 1988,
p. 138).4 Importante per il nostro discorso è l’articolo che Peroni dedicò nel 1969 all’interpretazione
sociale della protostoria italiana. Nella rivista La
Parola del Passato, apparve il suo saggio Per uno
studio dell’economia di scambio in Italia nel quadro dell’ambiente culturale dei secoli intorno al
Mille a.C. (Peroni 1969). L’approccio sembra ancora piuttosto tradizionale, ma è interessante notare
che Peroni vi menziona il concetto di ‘clan patriarcale’, citando il volume di Jiri e Evžen Neustupný, La Cecoslovacchia prima degli slavi, tradotto
nel ’63 in italiano nella serie inglese Ancient Peoples and Places (Neustupný and Neustupný 1961;
Neustupný e Neustupný 1963). Il libro forniva una
sintesi della preistoria cecoslovacca, interpretata
però come una successione di stadi in linea con il
lavoro di Engels: ‘pre-clan, clan matriarcale, clan
patriarcale, e infine società di classe’ etc. Molto
interessante a questo riguardo è un’affermazione
che Peroni fece nel 1976 nella recensione al volume Archeologia e cultura materiale. Lavori senza
3
Una nota biografica fu pubblicato sul sito dell’IIPP in occasione della morte improvvisa del professore nel mese di maggio 2010. http://
www.iipp.it/wp-content/uploads/2010/05/Renato-Peroni.pdf
4
O usando le parole dell’introduzione del suo Festschrift: “In un panorama che vedeva negli anni cinquanta del Novecento una vivace ripresa
degli studi di preistoria in Italia, Peroni giovanissimo seppe recuperare
l’approccio scientifico e tassonomico della tradizione positivista della
paletnologia italiana delle origini, soffocata dalla reazione idealista degli anni compresi tra le due guerre mondiali” (AA.VV. 2006, p. 5). L’influenza ‘negativa’ dell’‘idealismo crociano’ potrebbe finora essere descritta come un topos nella letteratura storiografica italiana (ad.es. Guidi
2000, p. 5; Bietti Sestieri 2007, p. 32). Le relazioni tra l’idealismo (come
corrente filosofica), il pensiero di Benedetto Croce e gli sviluppi della disciplina protostorica in Italia, sembrano comunque molto complicate e saranno necessari ulteriori studi storiografici per una migliore comprensione
del problema (Peroni 1992, pp. 44-45; Tarantini 2000-2001, pp. 5-10).
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gloria nell’antichità classica di Andrea Carandini.
Egli puntualizzava che, invece di menzionare solo
i paesi dell’Europa del Nord come archeologicamente più sviluppati, sarebbe stato più opportuno
parlare di Europa tout court per un “doveroso riconoscimento nei confronti dell’archeologia dei più
evoluti e culturalmente solidi tra i paesi che tendono al socialismo, in primo luogo la Cecoslovacchia e la Germania orientale” (Peroni 1976-1977,
pp. 649-650). È difficile sapere se Renato Peroni
alludesse qui all’organizzazione pratica degli studi di archeologia nell’Europa orientale o piuttosto
alle loro riflessioni teoriche, che tendevano al ‘materialismo storico’ - com’è per esempio ben chiaro
nelle opere di Karl-Heinz Otto, esponente dell’archeologia preistorica della Germania orientale (Coblenz 2002). Sembra tuttavia che la partecipazione
di Peroni al settimo Convegno del UISPP a Praga
nel agosto 1966 sia stata importante per l’elaborazione di queste convinzioni (Filip 1970, p. 1401).
Rimane ancora da approfondire fino a che punto
l’interesse di Renato Peroni per la letteratura marxista, e più in particolare la lettura di Engels, siano
stati stimolati da questo incontro di studi. Infatti,
nel 1970 Peroni, in una discussione sull’articolo di
Carmine Ampolo nei Dialoghi di Archeologia, fece
ripetutamente riferimento a Engels e al suo volume (Ampolo et alii 1970-1971, pp. 75-79). 5 Pare
che, già a questo punto, i presupposti teorici che
saranno poi alla base delle sue grandi sintesi dell’
89, del ‘94 e del suo capolavoro L’Italia alle soglie
della storia del ‘96, fossero presenti (Peroni 1989,
1994, 1996). Prendendo le mosse da un approccio positivista, ma non rinunciando a un concetto
idealistico come ‘tipo’, Peroni sembra trovare nel
‘materialismo storico e dialettico’ e negli scritti di
Engels, spunti di riflessioni utili per le sue interpretazioni sociali. L’elaborazione di questo impianto
teorico risulterà cruciale per la formulazione delle sue
cosiddette ‘categorie’ per lo studio delle società protostoriche, ossia le comunità di “lignaggio” a stabile dif-
ferenziazione economica, le comunità organizzate ad
assetto territoriale o “tribale”, formazioni “gentilizioclientelari”, e finalmente le comunità “proto-urbane”
(Cardarelli e Vanzetti questo volume; Guidi 2004, p.
71; Peroni 1996, pp. 3-43).
Per concludere: le categorie che Peroni poi individuerà nella protostoria italiana e le innovazioni che
Puglisi aveva proposte in Civiltà Appenninica, sembrano avere le loro radici piuttosto in un ‘marxismo
classico’ - vicino alle idee della Seconda Internazionale - che nel ‘marxismo occidentale’, il quale, per
esempio con la Scuola di Francoforte, si orientava
più verso i poli dell’umanesimo, del mentalismo e
del relativismo (McGuire 2002, pp. 21-51). A questo
riguardo è interessante notare che archeologi come
Bruce Trigger, Mark Leone e Randall McGuire hanno suggerito come ‘il marxismo nella sua complessità’ possa aiutarci a superare la dicotomia tra approcci
idealisti e materialisti. Scoprire quale orientamento nella fattispecie quale marxismo - sia alla base degli
studi protostorici in Italia risulterà dunque utile al confronto con altri approcci teorici i cui presupposti sono
programmaticamente dichiarati.
Ringraziamenti
Vorrei ringraziare Maurizio Cattani, Alessandro Guidi, Maurizio Tosi ed Alessandro Vanzetti per le discussioni stimolanti che abbiamo avuto sull’argomento,
Alberto Cazzella, Margarita Díaz-Andreu e Andrea
Dolfini per i loro preziosi commenti su una bozza di
un articolo simile presentato al convegno TAG 2010 a
Bristol, Pamela Anastasio per i suoi sempre utili suggerimenti e l’aiuto con l’italiano, Ilse Schoep per il
suo supporto continuo. Questo studio è stato possibile
grazie alla FWO (Fondazione Ricerca Scientifica delle Fiandre, Belgio). Tutti gli errori rimangono evidentemente miei.
Riferimenti bibliografici
5
Interessanti sono i seguenti passaggi, nei quali Peroni chiarisce il
suo punto di vista: “Secondo me c’è una stretta coincidenza per quanto riguarda il concetto di accumulazione di ricchezza ed il concetto
dell’esistenza di valori di scambio per l’epoca che ci interessa; mi
pare che ci sia una perfetta concordanza tra le fonti archeologiche e la
teorizzazione marxiana tradizionale.” Peroni in (Ampolo et alii 19701971, pp. 77-78). Ed anche: “Per i problemi di cui ci occupiamo noi,
ritengo che appunto le posizioni di Engels siano più valide di certe posizioni, come può essere stata quella di Ampolo, influenzata non tanto
da Engels (o da Marx) quanto dagli etnologi moderni, proprio perché
secondo me le scoperte più importanti riguardanti i problemi economici e sociali della protostoria e della preistoria, per quel che riguarda l’Europa e non il mondo egeo, erano state già fatte quando Engels
scriveva. Quindi attingeva direttamente a fatti e scoperte significative;
poi c’è stata l’involuzione nazionalista, fascista, la polarizzazione sui
problemi di carattere etnico, ecc. Quindi non è affatto strano che oggi
che si ricomincia a lavorare su problemi economici e sociali, ci si
rifaccia a quel momento.” Peroni in (Ampolo et alii 1970-1971, p. 87).
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