DICEMBRE
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DICEMBRE DICEMBRE 2014 1 Lunedì 2 Martedì 3 Mercoledì 4 Giovedì 5 Venerdì 6 Sabato 7 Domenica 8 Lunedì 9 Martedì 10 Mercoledì 11 Giovedì 12 Venerdì 13 Sabato 14 Domenica 15 Lunedì 16 Martedì 17 Mercoledì 18 Giovedì 19 Venerdì 20 Sabato 21 Domenica 22 Lunedì 23 Martedì 24 Mercoledì 25 Giovedì 26 Venerdì 27 Sabato 28 Domenica 29 Lunedì 30 Martedì 31 Mercoledì 앪 첑 앬 첒 325 dicembre RICOVERO PER PASTORI CON RAMI DI GINEPRO IN SARDEGNA (PH MICHELA GRIMAL) MONTAGNE DELLA SARDEGNA ALBA DAL GENNARGENTU (PH L.C.) INTRODUZIONE U n luogo comune vuole la Sardegna, in quanto isola, fatta di mare, spiagge e acqua cristallina. La Sardegna come scrisse Francesco Cetti, naturalista del 1700, ha peculiarità per cui «Non vi è in Italia ciò che vi è in Sardegna, né in Sardegna v’è quel d’Italia». Terra antica al centro del Mediterraneo, la sua origine geologica ne caratterizza il sistema montuoso che, pur non raggiungendo quote che non superano i 1834 metri di Punta La Marmora nel Gennargentu, degrada verso il mare con peculiarità dei rilievi che hanno una lunga storia geologica. Per questo motivo l’altimetria non costituisce un criterio di definizione come per le montagne italiane e non si può relegare la montagna sarda al solo massiccio del Gennargentu e montagne sono da considerarsi le aree del Monte Limbara, Monte Lerno, Marghine Goceano, Montiferru, Monte Albo, Monte Gonare, calcari Mesozoici della Sardegna centro orientale, più noti come Supramonti, Monte Linas e Marganai, Santa Vittoria di Esterzili, Sette Fratelli, Monti del Sulcis Iglesiente, ma anche l’altipiano delle Giare e di San Basilio, il Monte Arci. Ognuna di queste “montagne” ha caratteri propri: geologici, litologici, naturalistici e culturali: isole nell’isola. La sua storia geologica inizia nelle prime fasi del Terziario, quando il massiccio sardo-corso, parte integrante di Tirrenide, si stacca dal continente europeo e va alla deriva nel Mediterraneo occidentale ruotando verso est di circa 30°. In Sardegna, lontana dai fenomeni che portarono all’orogenesi della Alpi, la presenza di profonde fratture che la dividevano in grossi blocchi, ha fatto si che le spinte orogenetiche portassero a sollevamenti quasi verticali, anche di 1500 m per i blocchi calcarei dei Tonneri e del Supramonte, e a sprofondamenti verticali anche di 1000 m, come per la fossa del Campidano, la più vasta pianura dell’isola. Questi complessi fenomeni geologici determinarono l’eruzione di magma interno con formazione di numerosi vulcani,e vaste colate basaltiche che hanno formato le Giare e gli altopiani basaltici dell’isola. Successive erosioni nell’Era quaternaria, ne ha modificato i profili, mentre lo scorrere dell’acqua dei fiumi e torrenti ha provocato la formazione di gole, gutturus codule, baccus, più o meno profondi. I due fiumi maggiori Flumendosa e del Tirso hanno inciso sul territorio della Sardegna, dal Gennargentu al mare del Sarrabus il primo, dall’altopiano di Buddusò al Sinis il secondo, mentre il Flumineddu ha inciso il Supramonte con la Gola di Gorroppu. Alla complessità geologica si deve aggiungere la complessità litica e mineralogica delle VEGETAZIONE DEL RILIEVO INSULARE Vegetazione rupestre Vegetazione dei detriti di falda e pascolo arido Lecceta Pascolo e sugherete DISEGNO DI MICHELE ZANETTI Formazioni arbustive a ginepri e macchia mediterranea MONTAGNE DELLA SARDEGNA 327 Fig. 5 - Distribuzione delle fasce di vegetazione in Italia secondo Pignatti. singole zone montane che ne caratterizza la complessità degli ambienti anche dal punto di vista naturalistico. Sul basamento poggiano coperture discontinue sedimentarie e vulcaniche, di ambiente marino o continentale e di età comprese fra il Permo-Carbonifero e il Quaternario. Laddove, nel basamento l’originaria composizione dei sedimenti paleozoici non ha subito processi metamorfici, i fossili si sono conservati e permettono, oggi, di attribuire agli scisti e ad altre rocce calcaree intercalate un’età comprese fra il Cambrico inferiore ed il Carbonifero medio. L’isola possiede dunque la presenza degli strati fossiliferi più antichi d’Italia, appartenenti al Cambrico, il primo periodo dell’era paleozoica. Dalla fine dell’era paleozoica a oggi, la Sardegna ha raggiunto il suo assetto attuale per il susseguirsi di erosioni e sedimentazioni, invasioni marine e attività vulcaniche, mentre tutt’intorno emergevano dal mare le Alpi, gli Appennini, l’Atlante e i Pirenei, per spinte contrapposte delle zolle continentali dell’ Europa e dell’Africa. I fenomeni erosivi sui graniti spesso hanno fatto assumere alle rocce affioranti delle forme fantastiche che hanno alimentato leggende e toponimi. Da sempre frequentata dall’uomo la montagna sarda è ricca di tracce degli antichi insediamenti documentata da domus de janas, menhir, circoli megalitici, tombe dei giganti, nuraghi. Il paesaggio vegetale e la flora variano in funzione dell’altitudine, della geologia, della frequentazione antropica. La Flora annovera bel oltre 2000 specie presenti in numero elevato talora comuni ai rilievi meno alti come il Linas- Marganai, che non supera i 1236 m di Punta Sa perda e sa mesa, i Sette Fratelli, il Monte Arcosu etc. Diverse sono le specie ritenute dei fossili viventi o permanenze dell’ultima glaciazione, come il Taxus baccata, l’aquilegia nuragica, Gentiana lutea. Alcune sono in comune con la Corsica, come la Santolina corsica, o il bacino del Mediterraneo, come la Genista aetninsis. In tutti i rilievi numerosi gli endemismi e le piante rare, arborei ed erbacei come l’Aquilegia barbaricina, Linaria arcusangeli, il Rhamnus persicifolia, il Ribes sandalioticum, solo per citarne alcuni. Il paesaggio forestale più frequente è dato dalla presenza della quercia da sughero (Quercus suber), che si arresta a 900 m, e del leccio (Quercus ilex), che può formare persino una fitta coltre boschiva anche oltre i 900 m come nelle foresta di Sas Baddes nel Supramonte di Orgosolo, nel Montiferru, nel Goceano, nel Gennargentu. In alcune zone il manto arboreo è costituito da roverella (Quercus pubescens) e Taxus baccata; quest’ultimo talora in esemplari DIDA MONTAGNE DELLA SARDEGNA 328 sporadici ma di grandi dimensioni e di età ultracentenaria come in Supramonte o nel Gennargentu, o in boschi come a Mulargia Noa e Sos Niberos. Talora il tasso convive con l’agrifoglio e l’ontano nero nei canaloni percorsi dall’acqua. In tutto il territorio montano è presente il ginepro ossicedro ed è possibile rinvenire il ginepro feniceo oltre i 1000 m come sui calcari del Supramonte e nel Monte Albo di Lula. In alcune zone montane sono presenti boschi di castagno e nocciolo. Non infrequenti sulle montagne sarde esemplari isolati di acero minore che può raggiungere dimensioni notevoli. Le tipologie arboree comunque variano in rapporto alle caratteristiche geologiche, il pascolo, gli incendi ripetuti nei secoli. Il rimboschimento ha introdotto in alcune zone montane il pino laricio (Pinus nigra), o il cedro dell’atlante (Cedrus atlantica) modificando le formazioni forestali originarie. In tutte le aree montagne della Sardegna, qualunque sia l clima e la natura litologica, abbondano le specie di grande interesse scientifico o fitogeografico, spesso endemiche come la Psolarea morisiana, Helichrisumsaxatile Moris, Centaurea filiformis, Rhamnus alpina, e tante altre. In alcune condizioni come il Gennargentu,o su formazioni rocciose o pietrose, sono presenti arbusti nani come la Genista corsica, Astragalus genargenteus, Prunus prostrata o la Rosa serafinii, Thimus herba barona, Ruta corsica, etc. IL GENNARGENTU Il Gennargentu per altitudine e caratteristiche climatiche e naturali è spesso ritenuto emblema della montagna sarda in cui si trovano caratteri comuni a tutti i complessi montuosi che comunque ne differiscono per endemismi vegetali, faunistici e caratteri geomorfologici. Il Gennargentu è un massiccio montuoso di grande estensione situato nella zona centro-orientale della Sardegna, esteso nei territori delle provincie di Nuoro e dell’Ogliastra. Esso ospita le vette più elevate dell’Isola: Punta La Marmora 1834 m, e Bruncu Spina 1828 m. dalle quali si gode di un panorama che spazia su tutta l’isola. Il nome Genna (‘e) argéntu, significa “porta d’argento”dove genna, porta o valico, deriva dal latino ianua e argentum, probabilmente per il brillare al sole delle neve o per il colore argenteo dei suoi schisti poiché non è mai stata documentata una qualche miniera d’argento. Il paesaggio si presenta come un mosaico di rilievi, pascoli, canyon, vallate, foreste e boscaglie Il massiccio è caratterizzato da una delle più basse densità di abitanti d’Europa e preserva una grande varietà di bellezze naturali e di risorse biologiche. L’area risulta di grande pregio per la presenza di habitat con specie endemiche e rare. La parte sommitale del Gennargentu è caratterizzato da un clima che ha forti escursioni termiche stagionali. Le precipitazioni sono concen- trate da novembre ad aprile e superano i 1300 mm. Sempre in questo periodo in corrispondenza dei crinali i giorni di gelo sono superiori a 100. Il periodo tra maggio e ottobre è caratterizzato da scarse precipitazioni e da temperature massime che nel mese di luglio superano in media i 22 °C. I versanti settentrionali e occidentali, esposti ai venti dominanti, sono i più soggetti alle precipitazioni e restano più a lungo innevati, mentre quelli a meridione e orientali sono meno innevati e TRONCO DI LECCIO (PH D.G.) complessivamente più aridi e soleggiati. Geomorfologia del Gennargentu Il Gennargentu appare come un dosso ondulato interrotto dalla depressione di Arcu Gennargentu (m 1659). Il massiccio è una vera e propria cresta montana accidentata, molto inclinata sui fianchi, con numerosi affioramenti rocciosi messi a nudo dall’erosione dei versanti Il complesso montuoso, di orogenesi ercinica, è formato da rocce cristalline metamorfiche paleozoiche, in particolare da scisti quarzososericitici o filladicoquarzitici associati ad affioramenti porfidici e dioritici. L’erosione delle aree scistose, più facilmente alterabili, ha messo in evidenza i più resistenti filoni quarzitici, porfidici e dioritici. ASPETTI VEGETAZIONALI: GENERALITÀ La parte alta del Gennargentu presenta molti caratteri in comune con le montagne silicicole della Corsica, confermando la tesi che la sua vegetazione è un’appendice meridionale, una sorta di relitto, dell’antica vegetazione montana sardo-corsa. Per l’altitudine e i caratteri del clima montano mediterraneo le cime del Gennargentu hanno ereditato i resti della flora montana di origine terziaria che la Sardegna doveva ancora ospitare in epoca glaciale, in netto contrasto con la flora xerofila e termofila del resto della Sardegna. Le quote più basse del massiccio sono coperte per un’ampia fascia dalla macchia mediterranea. Gli assetti della flora e della vegetazione originali sono stati modificati dal pascolo intensivo esercitato da secoli dalle popolazioni locali determinando zone di degradazione molto accentuate e ricoperte da gariga. Nelle zone circostanti il Bruncu Spina e nel vallone del Riu Aratu, degrado ed MONTAGNE DELLA SARDEGNA 329 erosione del suolo sono stati favoriti dalla costruzione di impianti sciistici e piste stradali, mentre la pratica dell’incendio, regolamentata sin dal 1392 dalla Charta de logu della giudicessa Eleonora D’Arborea, e del decespugliamento arbustivo per incrementare la superficie a pascolo hanno portato al denudamento del substrato roccioso. Numerose sono le specie erbacee presenti nel Gennargentu che si sono adattate al clima ventoso e rigido in inverno e arido e secco d’estate come l’Euphrasia genargentea (Feoli) Diana, la Festuca morisiana Parl., la Lamyropsis microcephala (Moris) Dittr. Et Greuter, Armeria saradoa Spr. ssp. Gennargentea Arrigoni. Il Gennargentu ospita arbusti striscianti o con andamento a bonsai. La fascia mediterranea copre una superficie molto ampia: alle quote inferiori è diffusa la macchia bassa di tipo xero-mediterraneo, presente in genere in ambiti costieri, caratterizzata per la presenza del ginepro fenicio, dell’olivastro, del lentisco e della Phillyrea angustifolia. Il contrasto climatico è molto marcato tra il versante sudorientale, più caldo e arido, e quello nordoccidentale, più fresco e umido. Di conseguenza, sul versante sudorientale la fascia mediterranea sale fino a 1500 m circa, mentre sul versante nordoccidentale il suo limite è appena sopra i 1000 m. La fascia supra- mediterranea è ben marcata solo sui versanti freschi. La vegetazione di questa fascia è caratterizzata da querceti caducifogli con predominanza di Quercus congesta affiancata da Quercus dalechampii, simile alla roverella. Le specie sempreverdi di leccio, agrifoglio, tasso e ontano nero, sono presenti in esemplari spesso solitari, con il tronco di dimensioni notevoli con ridota chioma fogliare ma di età talora plurisecolare. Alla composizione dello strato erbaceo contribuiscono numerose specie tipiche dei boschi di latifoglie decidue a cui però si aggiungono specie endemiche come la Glechoma sardoa, la Paeonia morisii, la Viola corsa. Sul versante occidentale sono presenti il castagno e il nocciolo, di origine secondaria, ma di notevole importanza economica, nello strato arbustivo e di specie erbacee mesofile quali l’Oenanthe pimpinelloides, la Luzula forsteri, la Poa sylvicola e il Rumex sanguineus. Lungo i numerosi ruscelli che scorrono nei canaloni verso valle per confluire verso corsi d’acqua maggiori, soprattutto il Flumendosa, sono gli ontani neri a caratterizzare il paesaggio sino a 1500-1600 m. Lo strato erbaceo delle ontanete comprende sia specie nemorali quali il Polystichum setiferum, il Pteridium aquilinum, e specie igrofile quali Carex micro carpa e Hypericum hircinum. Tra i 900 e i 1400 m la vegetazione non supera il metro e mezzo di altezza e in essa predomina la Genista pichisermolliana, il Thymus herba-barona, la Genista corsica, la Santolina insularis, la Jusione montana e helichrysum microphyllum. Tra le specie erbacee, quelle annuali quali la Briza maxima, la Tuberaria guttata e l’ Avena barbata sono le più diffuse. La porzione sommitale del Gennargentu è prevalentemente coperta da scarsa vegetazione arbustiva mista a prato e vegetazione igrofila. Si tratta di bassi arbusti e di erbe perenni xeromorfe. Gli arbusti, spesso prostrati, sono aderenti al suolo, altre volte hanno forma pulvinata o emisferica. In genere presentano una notevole riduzione dell’apparato fogliare a vantaggio di rami rigidi, spesso spinosi, a lento accrescimento come la Beberis aetnensis, il Prunus prostrato, Rosa serafinii, resistenti al gelo invernale e al vento. Negli ambienti temperati sono presenti la Genista corsica e l’endemica Santolina insularis. A quote superiori o in microam- RICOVERO NATURALE SUPRAMONTE DI BAUNEI (PH M.G.) MONTAGNE DELLA SARDEGNA bienti più freddi e innevati prevale l’arbusto spinoso Astragalus genargenteus. Infine tra i 1400 e i 1800 m tra gli arbusti prostrati si ritrova il ginepro nano. Nella vette aride e rocciose del Gennargentu, oltre alle specie rupicole sopra menzionate, sono presenti la Saxifraga cervicornins e la Potentilla crassinervia, endemismi sardo-corsi. ASPETTI FAUNISTICI Il modesto gradiente altitudinale, compensato dalla movimentata orografia, crea habitat favorevoli alla conservazione di numerose specie e biotipi sia nel Gennargentu che nei singoli sistemi montani. La condizione di isolamento tipica dell’insularità ha prodotto in fase evolutiva, come dimostrano 330 tutti i gradini della scala sistematica dai Proturi e Dipluri ai Ditteri e Imenotteri, spesso però non vengono notate perché nascoste o mimetizzate. Le specie più significative possono essere raggruppate secondo l’habitat frequentato. Così tra gli insetti dei pascoli e della macchia troviamo due endemismi come la Habrophlebia consiglioi e la Rhithrogena nuragica, quest’ultima a quote elevate sopra i 900 m ( Monte Aratu, Desulo). Sono comunque le farfalle a suscitare maggiore interesse. In Sardegna sono 54 le specie di farfalle diurne osservate, alcune endemiche e legate alla presenza di specificità botaniche circoscritte in territori molto limitati del Limbara e del Gennargentu. Tra le farfalle più preziose ed en- LIBELLULA (PH S.D.) le quattro specie di Geotritone in ben quattro aree montane, un elevato numero di specie e sottospecie endemiche, esclusive della Sardegna in quasi tutte le classi di animali, quasi sempre caratterizzate da una taglia inferiore a quella delle corrispondenti sottospecie continentali, da cui derivano. La straordinaria ricchezza ambientale e paesaggistica del Gennargentu determina una fauna molto variegata. Un accurato censimento della fauna presente nei confini della comunità montana ha permesso di stabilire che qui vive l’85% di tutta la fauna vertebrata terrestre della Sardegna. Insetti Nella montagna sarda e in Gennargentu, sono moltissime le specie di insetti che occupano demiche si segnalano la Esperide sardo-corsa (Spialia therapne), il Macaone sardo (Papilio hospiton), la Pieride sarda (Euchloe insularis), la Vanessa sarda (Aglais ichnusa), la Ninfalide della Sardegna (Argynnis elisa), la Licena sardo-corsa (Lycaeides corsica), il Satiro aristeo (Hipparchia aristaeus), la Maniola dei nuraghi (Maniola nuragica), la Corinna (Coenonympha corinna) e la Lasiommata sarda (Lasiommata paramegaera). Numerose sono le spècie di Coleotteri, taluni come il Coleottoro Meloide (Mylabris variabilis) introdotti solo il secolo scorso allo scopo di contenere popolazioni infestanti, altri endemici come l’Aside sardoa. Numerosi sono gli insetti di interesse fitopatologico e alcuni abitanti abituali degli anfratti dei calcari del Supramonte e del Monte Albo. Anfibi L’euprotto sardo (Euproctus platycephalus), è un raro endemismo sardo. Unico rappresentante della famiglia dei salamandridi, l’Euprotto sardo. Anfibio di piccole dimensioni, di solito raggiunge11-12 cm di lunghezza. Durante l’inverno va in letargo e nella stagione più calda va incontro a una sorta di latenza estiva. In primavera e in autunno si può trovare sotto i sassi e i detriti dei torrenti limpidi del Gennargentu. Il geotritone del Supramonte (Speleomantes supramontis), insieme allo Speleomantes flavus del Monte Albo, del Speleomantes genei dell’Iglesiente e dello Speleomantes imperiales costituisce il gruppo dei quattro geotritoni endemici della Sardegna che , insieme all’euprotto, formano le uniche specie di vertebrati appartenenti all’antica fauna continentale terziaria. I geotritoni sono anfibi urodeli di piccole dimensioni, raggiungono al massimo i 15 cm di lunghezza. E’ possibile trovarli fino ai 1700 m. di altitudine. Della famiglia dei Bufonidae è presente il rospo smeraldino (Bufo viridis) che in Sardegna si fa risalire al Miocene superiore. E’ un anfibio anuro di grandi dimensioni, può superare i 10 cm di lunghezza e ha corpo tozzo e pelle verrucosa. E’ una specie relativamente termofila dato che lo si può trovare in tutto il sistema montuoso dell’Isola fino ai 1200 m. di altitudine. Della famiglia delle Hylidae troviamo la raganella sarda (Hyla sarda). Endemismo tirrenico la cui colonizzazione della Sardegna viene fatta risalire alla prima fase del popolamento faunistico dell’isola. La colorazione è in genere verde brillante, ventre biancastro. Le dita presentano delle dilatazioni simili a ventose alle estremità che le permettono di arrampicarsi anche su superfici lisce. Le dimensioni si attestano attorno ai 38 – 40 mm. Vive su cespugli e arbusti in tutte MONTAGNE DELLA SARDEGNA 331 le aree montane e in vicinanza di stagni, acquitrini, pozze e o corsi d’acqua, da cui può allontanarsi compiendo una vita “arboricola”. Ha una spiccata resistenza alle condizioni di aridità prolungata. Rispetto alle altre specie di raganelle può tollerare tassi di salinità maggiori. Rettili Numerose sono le specie di rettili tra cui l’algiroide nano (Algyroides fitzingeri),endemismo sardo corso. È forse la più piccola lucertola vivente al mondo. Si distingue per la presenza di squame dorsali grandi, embricate e fortemente carenate e per la presenza di un collare. La coda è lunga circa il doppio della lunghezza testa-corpo. Il colore dorsale è omogeneo bruno scuro, bruno olivaceo, talvolta tendente al nerastro. Il colore del ventre è giallo-aranciato, la gola biancastra, talvolta con sfumature azzurre. Il suo habitat è costituito da ambienti rocciosi ma non troppo aridi e con abbondante vegetazione; si trova in tutti i sistemi montani della Sardegna. La lucertola del Bedriaga (Archaeolacerta bedriagae) ha origine mediterraneo - tirrenica del periodo Terziario. Specie rigidamente protetta ed endemismo sardo-corso, la lucertola ha una distribuzione piuttosto disomogenea e localizzata, con limite meridionale ai monti del Gennargentu, sino a 1800 m di quota. Ha un muso allungato, la testa piuttosto appiattita, colorazione del dorso e delle parti superiori scura, quasi nerastra, picchiettata-reticolata di giallo. È lunga dai 22 ai 28 cm. Contrariamente a quanto si riteneva sino a pochi decenni fa, la lucertola di Bedriaga non è una specie esclusivamente montana, bensì una forma essenzialmente rupicola e largamente diffusa anche a bassa quota, in pratica sino al livello del mare. Buona nuotatrice, arrampicatrice e saltatrice, è sicuramente la lucertola italiana più agile e veloce. La distribuzione non omogenea e l’esigua popolazione giocano a sfavore di questa specie, che patisce i danni provocati dai frequenti incendi estivi. Anche la lucertola tirrenica (Podarcis Tiliguerta) è un endemismo sardo corso, presente anche nelle piccole isole, la cui presenza viene fatta risalire alla prima fase del popolamento faunistico dell’Isola, il Miocene superiore. La Tiliguerta può raggiungere i 24 cm di lunghezza, inclusa la coda; di solito i maschi hanno dimensioni superiori. Si tratta di una lucertola dal corpo piccolo. La coda è lunga quasi il doppio del tronco e le anellature sono di altezza pressoché uguale. La colorazione delle parti superiori varia dal verde al bruno; le parti ventrali possono essere biancastre, giallastre, rosate, arancio pallido, con spetto al corpo e presenta occhi grandi con la pupilla rotonda. Squame dorsali fortemente carenate in 21 file. La colorazione varia dal bruno-giallastro al grigio-verdastro. Presenta una banda dorsale a zig-zag con macchie scure sui fianchi, il ventre è biancastro, giallo o rossiccio, con macchie scure a scacchiera. Le abitudini diurne la rendono facilmente osservabile nelle zone vicino all’acqua o immersa nell’acqua stessa. Quando viene disturbata scappa velocemente in immersione, ma se messa alle strette può avere un comportamento simile alle vipere, fischia, appiattisce corpo e testa e inferisce ripetutamente dei colpi, di solito a bocca chiusa. Specie endemica è la Natrix na- GRIFONE (PH L.S. - WWW.BIRDS.IT) macchie sottogolari nere. Possono essere presenti sui fianchi da 2 a 7 macchie blu. La specie è molto diffusa e si ritrova sia al livello del mare che a quote alte, sul Gennargentu fino ai 1800 m. Le sue abitudini la portano a preferire le zone pietrose aride nella macchia, i coltivi, i muri a secco, i bordi delle strade e dei campi. Come gli altri Lacertidi è diurna e prevalentemente insettivora. Nella famiglia delle Colubridae la biscia viperina (Natrix maura) è abbastanza comune su tutto il territorio. Si tratta di una natrice di dimensioni che oscillano tra i 70 e i 100 cm di lunghezza. Le femmine sono più grandi dei maschi. La testa è ben definita ri- trix cetti o biscia dal collare, presente solo in alcune aree ristrette. Uccelli Per gli uccelli è possibile operare una distinzione tra le specie viventi in foreste montane e quelle che vivono sulle cime rocciose e tra quelle stanziali e le specie nidificanti e presenti solo in alcuni mesi. Tra gli uccelli che un tempo popolavano le vette delle montagne sarde vi erano il gipeto (Gypaetus barbatus) e l’avvoltoio monaco (Aegypius monachus), ora estinti, mentre il grifone(Gyps fulvus) è raro e a rischio di estinzione. Tra le specie simbolo del Gennargentu tro- MONTAGNE DELLA SARDEGNA viamo i rapaci, indiscussi padroni tanto delle aree sommitali quanto di quelle boschive. L’astore è presente nell’Isola con la sottospecie Accipiter gentilis arrigonii che rappresenta un endemismo sardo-corso, più piccola e con un piumaggio più scuro rispetto alla forma tipo. Schivo e difficile da osservar, l’astore è uno dei più eleganti rapaci europei, lungo 48-60cm, un’apertura alare di 86-120 cm e un peso di 500- 1100 g. La femmina è più grande del maschio. La colorazione è bruno scura superiormente. Il sottocoda è bianco, la coda bianco-grigiastra è barrata di scuro. Le parti inferiori sono biancastre barrate orizzontalmente di bruno. Gola bianca. Il volo è deciso e potente con battiti alari profondi e lenti, intercalati da brevi planate e volteggi. Frequenta gli ambienti forestali. Si nutre essenzialmente di uccelli e mammiferi di piccole o medie dimensioni, talvolta rettili, insetti e carogne. E’un abile cacciatore, inseguendo con estrema destrezza la preda fra gli alberi oppure rimanendo in agguato. È una specie rara a livello regionale, nazionale ed europeo. Lo sparviere è specie presente in Sardegna con la sottospecie Accipiter nisus wolterstorffi,endemismo sardo corso, che si differenzia dalla forma tipo per le dimensioni inferiori, il piumaggio più scuro, le barrature del petto e dei fianchi più fitte. Nidifica in quasi tutta l’Isola, sia nei boschi di pino lungo la fascia litorale che nei boschi di latifoglie delle zone interne. Possiede un’apertura alare di 55-70 cm. La specie è caratterizzata da coda lunga ed ali ampie e arro- ZIGOLO NERO (PH MAURIZIO LANCINI) 332 tondate; notevole il dimorfismo tra i due sessi. La femmina è circa 1/3 più grande del maschio. Il suo habitat sono le zone boschive. Rispetto all’Astore comune può occupare boschi meno estesi e meno maturi. Si nutre principalmente di passeriformi di piccole dimensioni e grossi insetti, specie coleotteri e cavallette. E’ un cacciatore solitario e a quote medio- basse. In Sardegna molto comune e facilmente osservabile è la poiana (Buteo buteo). Rapace lungo 50-55 cm e peso compreso tra 600-1400 gr senza differenze tra i due sessi. Rapace diurno è facilmente riconoscibile per la silhouette di volo, collo tozzo e robusto, ali larghe, con apertura alare di 113-128 cm, coda grande e rotonda. In Sardegna, come in Corsica, è presente la varietà arrigonii, che ha superiormente una colorazione bruna-omogenea, con zone a volte più pallide in corrispondenza delle copritrici del sopraccoda. Coda bruno-castana fittamente barrata di scuro, 8 a 12 bande, con banda terminale leggermente più larga e marcata. Inferiormente presenta una colorazione predominante fulva con striature scure; il petto generalmente più chiaro e il margine posteriore delle ali è caratterizzato dalla distintiva bordatura marrone. Il volo è maestoso e lento con ampi e lunghi volteggi planari. Frequenta praticamente tutti gli ambienti, preferendo comunque le zone di mezza collina con una rada copertura arborea. La sua alimentazione è per 2/3 costituita da piccoli mammiferi, in massima parte roditori. Preda anche uccelli, anfibi, coleotteri. L’aquila reale (Aquila chrysaetos) è presente praticamente su tutti i principali massicci montuosi dell’isola. Si tratta di una specie stanziale che nel periodo invernale si spinge spesso oltre il suo habitat preferito. Si riconosce per le grosse dimensioni che caratterizzano gli esemplari adulti. Volo elegante, abitualmente planato e volteggiato. Gli individui maschi possono raggiungere i 75 cm di lunghezza e il peso di 3 – 3,50 kg; le femmine sono leggermente più grandi e arrivano a 90 cm circa di lunghezza e un peso variabile tra i 4 ed i 6,50 kg. L’apertura alare può arrivare ai 2 m o poco oltre. Il piumaggio è marrone scuro con delle lievi sfumature rossicce, le remiganti bruno-grigiastre barrate di scuro ed una colorazione chiara e leggermente dorata sulla testa e sul collo. Le parti inferiori sono uniformemente castano scuro. Nelle femmine i colori sono sensibilmente più scuri. L’habitat preferito dall’Aquila reale è costituito dai pascoli d’alta quota e dagli ambienti rocciosi; si tratta di luoghi impervi, ancora relativamente selvaggi e lontani dalla presenza umana. Le sue prede sono piccoli animali d’allevamento, volpi, conigli, lepri e pernici, ma talora non disdegna le carogne. Il gheppio (Falco tinnunculus) è specie presente in Sardegna ma è da considerarsi sedentaria. Il Gheppio è un piccolo falco dalla sagoma snella e agile, con le ali appuntite, la coda stretta barrata di nero sul bordo e la testa rotondeggiante. La specie mostra dimorfismo sessuale. PASSERO SOLITARIO (PH M.L. - WWW.CLICKALPS.CO.) MONTAGNE DELLA SARDEGNA 333 La parte superiore del maschio è color castano rugginoso maculata mentre la parte inferiore è fulva con delle macchioline nere. Vertice, nuca e collo presentano una colorazione grigio ardesiabluastra finemente striata di nero. La femmina al posto delle macchioline è barrata di scuro sia superiormente che inferiormente. La testa è grigio nocciola striata di nero; fronte e sopracciglio chiari. Sopraccoda grigiobluastro con barrature scure. E’ lungo 34 cm. con un’apertura alare di 68-80 cm. e un peso di 230-270 g. Il maschio è leggermente più piccolo della femmina. L’habitat ideale della specie sono gli spazi aperti, talora nidifica a quote inferiori ai 1000m. Frequenta colline, coste, boschi, città, prati, paludi. Il Gheppio è un abile cacciatore, e si nutre principalmente di piccoli mammiferi, lucertole, insetti, uccelli. Certamente più importante è la presenza del falco pellegrino (Falco peregrinus), con la sottospecie brookei, presente soprattutto nelle falesie costiere del Supramonte. Rappresenta uno dei più belli e eleganti esponenti della famiglia dei Falconidi. Lungo 38-48 cm, la femmina è più grande del maschio, con un’apertura alare 85-105 cm e un peso di 400-1000 g, presenta una corporatura massiccia, ali relativamente corte, larghe alla base ed appuntite in corrispondenza dell’apice. La coda, più corta che negli altri Falconidi, appare squadrata. La parte superiore del corpo è grigio - scura, mentre le parti inferiori sono chiare con barrature nere più o meno fitte sul petto, sul sotto ala e sul sottocoda. La gola e le parti laterali del collo sono bianche. Evidentissimo è il mustacchio nero nettamente contrastante col bianco della gola e delle guance. Becco ardesia con punta nera e cera gialla. Il piumaggio della femmina è simile a quello del maschio ma leggermente più scuro. Ornitofago, più del 90% della sua alimentazione è rappresentata da uccelli le cui dimen- sioni vanno da quelle di un passero a quelle di un’anatra. La caccia è eseguita sia in volo esplorativo che in agguato. Si lancia sulla preda in volo, con velocità che possono toccare i 200 km/h. Domina dall’alto il paesaggio, pronto a individuare con la sua vista acuta la vittima. Altri uccelli, alcuni specie protette, altri in esemplari sempre minori a causa della caccia, sono la pernice sarda (Alectoris barbara), la quaglia (Coturnix coturnix), che in Gennargentu nidifica sino a 1400 m, il piccione selvatico (Columba livia), il colombaccio (Columba palumbus), il cuculo (Cuculus canorus), il barbagianni (Tyto alba), di cui la varietà Tyto alba ernesti è un endemismo sardo corso, l’assiolo (Otus scops), la civetta (Athene noctua), il succiacapre (Caprimulgus europaeus), il rondone(Apus apus), il rondone maggiore (Apus melba), il gruccione (Merops apiaster), l’upupa (Upupa epops). Il picchio rosso maggiore è specie protetta e la varietà Picoides major harterti è un endemismo sardo corso. Il picchio rosso minore (Picoides minor)è presente solo in Gennargentu e nella foresta di Badde Salighes. Tra i passeriformi sono comuni la tottavilla (Lullula arborea), l’allodola (Alauda arvensis), la rondine montana (Ptyonoprogne rupestris), il balestruccio (Delichon urbica), il calandro (Anthus campestris), lo spioncello (Anthus spinoletta e campestris), la ballerina gialla (Motacilla cinerea), il merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), lo scricciolo (Troglodytes troglodytes), il pettirosso (Erithacus rubecola), l’usignolo (Luscinia megarhynchos), il saltimpalo (Saxicola torquata), il culbianco (Oenanthe oenanthe), il codirossone (Monticola saxatilis), il passero solitario (Monticola solitarius), il merlo (Turdus merula), la tordela (Turdus viscivorus), la magnanina (Sylvia undata) e la magnanina sarda (Sylvia sarda), la sterpazzola di Sardegna (Sylvia conspicillata), la sterpazzolina (Sylvia cantillans), la capinera (Sylvia atricapilla), il fiorrancino (Regulus ignicapillus), il pigliamosche (Muscicapa striata), la cincia mora (Parus ater), la cinciarella (Parus caeruleus), la cinciallegra (Parus major) e l’averla piccola (Lanius collurio). Alcune di queste specie sono migratorie. Tra i corvidi vanno citati la ghiandaia (Garrulus glandarius), il gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax), la taccola (Corvus monedula), la cornacchia grigia (Corvus corone cornix) ed il corvo imperiale (Corvus corax). Altri passeriformi molto comuni sono lo storno nero (Sturnus unicolor), la passera sarda (Passer hispaniolensis), la passera mattugia (Passer montanus), la passera lagia (Petronia petronia), il fringuello (Fringilla coelebs), il venturone (Serinus citrinella), il verdone (Carduelis chloris), il cardellino (Carduelis carduelis), il fanello (Carduelis cannabina), il frosone (Coccothraustes coccothraustes), lo zigolo nero (Emberiza cirlus) e lo strillozzo (Emberiza calandra) Mammiferi Alcune specie di Mammiferi presenti nella fauna sarda si sono insediate nel Pleistocene superiore, quando, durante l’ultima fase interglaciale, si è instaurato INCENDI, UNA PIAGA NON SOLO SARDA (PH M.G.) MONTAGNE DELLA SARDEGNA il cosiddetto “ponte”sardo-corsotoscano che ha consentito l’immigrazione di diverse specie animali. Differenziatasi a seguito dell’isolamento geografico una volta interrottasi la comunicazione con la penisola diverse specie sono diventate endemiche e purtroppo alcune sono inserite ormai nella lista rossa delle specie di vertebrati minacciati di estinzione. La lepre sarda (Lepus capensis) è stata introdotta in Sardegna dall’uomo neolitico tra il 4° e il 3° millennio; da alcuni autori è considerata specie a sé stante. Le dimensioni della forma sarda sono di poco superiori a quelle del coniglio da cui si differenzia per le orecchie e le zampe posteriori più lunghe e per la colorazione del mantello. La testa è più allungata rispettoa quella del coniglio, gli occhi sono grandi e sporgenti, con la pupilla rotonda. Le estremità delle orecchie hanno inoltre una fascia di colore bruno scuro. Il mantello è di colore variabile a seconda delle zone, comunque tendente al marrone - giallastro, più o meno fulvo, con una forte mescolanza di sfumature nere, la coda inferiormente è bianca, superiormente nerastra. Il suo habitat preferenziale è la macchia mediterranea non molto fitta e le radure. Il suo spettro alimentare è abbastanza ampio e può essere considerato un erbivoro generalista e “frugale”; si nutre di germogli, radici, tuberi, cortecce, frutti, etc. Predilige comunque vegetali freschi e succosi. Di abitudini solitarie e molto elusiva, si sposta a balzi e quando fugge è capace di raggiungere velocità elevate. Il quercino sardo (Eliomys quercinus sardus) è raro e rigidamente protetto. La sua presenza in Sardegna data dal Pleistocene. L’Eliomys quercinus sardus (Barrett- Hamilton, 1901) è la sottospecie endemica sardo-corso e la sua distribuzione in Sardegna è ancora poco conosciuta. Tipico degli ecosistemi forestali, spesso è presente anche nelle zone di macchia del piano collinare e costiero. Si tratta di un animale di piccole dimensioni, con occhi e 334 orecchie grandi, mascherina facciale nera che parte dai baffi e arriva dietro le orecchie, passando sugli occhi. Le parti dorsali sono grigio castane, o fulvo rossicce, le parti inferiori biancastre; le orecchie e la parte esterna delle zampe sono scure, i piedi sono bianchi, con quattro dita quelli posteriori. La lunga coda è caratteristica e termina con un ciuffo di peli bianchi e neri. La lunghezza testa-tronco è di 9-16 cm mentre la lunghezza della coda è di 8.513 cm. Il Quercino, a differenza degli altri gliridi, non è una specie strettamente arboricola e frequenta tutti gli ecosistemi forestali. Esclusivamente notturno, durante il giorno rimane nella tana che costruisce tra i cespugli, nelle radici degli alberi o nelle fessure delle rocce, usando muschio, foglie e rivestendolo con materiale morbido. Nel periodo del letargo, che varia notevolmente da zona a zona, utilizza invece un nido sotterraneo e ben protetto. È praticamente onnivoro in quanto la sua alimentazione è composta per lo più da vegetali, frutti, ghiande e noci, talvolta anche da insetti e vermi. Il Ghiro sardo (Glis glis), è presente in Sardegna, principalmente nei Supramontes, con la sottospecie Myoxus glis melonii probabilmente introdotta dai romani. La pelliccia è formata da uno strato uniforme di colore grigio argenteo sul dorso mentre la parte ventrale è bianco giallastra. Le orecchie non sono molto grandi, gli occhi sono grandi e sporgenti, circondati da una chiazza scura; la coda è folta e lunga dagli 11 ai 16 cm, uguaglia all’incirca la lunghezza testatronco (13-21 cm). La varietà sarda risulta leggermente più grande della varietà europea. Vive in gruppi familiari in genere molto numerosi; abita soprattutto i boschi misti di latifoglie, fino ad un’altitudine di 1000 m. Molto agile e di abitudini arboricole, è una specie notturna mentre durante il giorno si ritira nella tana. Il ghiro si nutre durante le ore notturne, privilegiando la frutta, le ghiande, le noci, germogli, insetti, lumache; solo una piccola parte della sua dieta è di origine animale. E’ capace di saltare da un ramo all’altro grazie ai piccoli e solidi artigli e alla coda utilizzata come strumento d’equilibrio e di sostegno. La presenza della volpe (Vulpes vulpes) in Sardegna viene fatta risalire al Pleistocene superiore. Rappresenta l’unico canide presente oggi nelle isole del Mediterraneo. Ha le dimensioni di un cane di media taglia ed è più piccola della forma continentale, lunghezza testa - corpo 59-64 cm. La coda è caratteristica, folta e lunga circa metà del corpo, termina con un’evidente punta bianca. La testa termina con un muso aguzzo e le orecchie sono piuttosto larghe ed erette; le zampe sono relativamente corte. Il mantello è fulvo con le parti ventrali biancastre. Originariamente tipica di ambienti boschivi, attualmente è ubiquitaria e si riscontra nella macchia mediterranea, nei pascoli e nelle zone aperte di campagna. Il suo spettro alimentare è particolarmente ampio comprendendo frutti selvatici, invertebrati, uova, piccoli roditori, uccelli,rettili, ma anche rifiuti urbani e carogne. La sua consistenza sul territorio è in stretta relazione alle disponibilità alimentari. E’ una specie prevalentemente solitaria, crepuscolare – notturna. Costruisce o adatta tane di altri mammiferi, scavando nel terreno, tra le ceppaie o sotto le rocce; le tane sono articolate in varie camere e hanno diverse vie di fuga. Parzialmente protetta al momento non ha fattori di minaccia se non la caccia. La martora (Martes martes) è stata verosimilmente introdotta in Sardegna dall’uomo in epoca preistorico- storica. E’ molto simile alla donnola ma di dimensioni superiori: lunghezza testa corpo 39-51cm, peso kg. 1-1,2. Ha una caratteristica macchia pettorale molto allungata di colore giallo - arancio; il colore della MONTAGNE DELLA SARDEGNA 335 pelliccia è marrone con toni soffusi di giallo. La forma del corpo è slanciata, la coda è lunga attorno ai 25 cm, il muso è allungato, le orecchie rotonde ed arti robusti con delle forti unghie. La martora è il tipico abitatore e predatore degli ambienti boschivi e vive di preferenza nelle foreste di latifoglie. Nell’Isola, in mancanza di competitori, la sua nicchia ecologica è vasta e comprende anche zone coltivate e le macchie. èun predatore di vertebrati di piccola e media taglia, generalmente roditori e lagomorfi. Si nutre anche di insetti, Coleotteri ed Ortotteri, e in estate di frutti e bacche selvatiche: more, fichi, carrube, pere, uva, etc. È un animale agilissimo, capace di compiere lunghi salti da un ramo ad un altro. Le sue abitudini sono per lo più notturne; nelle ore diurne si rifugia spesso negli alberi. La tana è normalmente situata tra le radici o nelle cavità degli alberi, in anfratti rocciosi, nelle siepi ai margini dei boschi. La struttura sociale si basa su uno schema molto rigido di territorialità intrasessuale. Gli adulti dello stesso sesso hanno territori esclusivi che mantengono e difendono per assicurarsi le risorse alimentari; il territorio di un ma- schio adulto si sovrappone pertanto a quello di una o più femmine. I giovani sono tollerati nei territori parentali fino all’età di 12-18 mesi. La specie è rara a livello regionale. Presente soprattutto nel Mediterraneo occidentale, la donnola (Mustela nivalis), è stata introdotta dall’uomo in tempi storici. Grazie alla sua notevole plasticità ecologica, in Sardegna la donnola è distribuita in maniera uniforme su tutto il territorio dalle zone costiere a quelle montane. La sottospecie differisce dalla specie tipo per le sue dimensioni maggiori e per la colorazione dai toni più chiari. La donnola, che in Sardegna è nota con il simpatico appellativo “Bucca e mele”, bocca di miele, ha dorso e le zampe bruni o bruno-giallastri mentre le parti ventrali si presentano biancastre. La linea di demarcazione tra il ventre e il dorso risulta irregolare e sinuosa. La lunghezza testatronco è di circa 170-230 mm e la coda 39-130 mm. Ha un corpo snello e allungato, flessuoso, con zampe molto corte con cinque dita, la coda è piuttosto corta e non molto folta; il muso è corto, di forma triangolare e appuntito, con occhi piccoli e orecchie pic- TACCHI DELLA SARDEGNA, ALLA BASE VEGETAZIONE PREVALENTEMENTE DI QUERCE (PH S.D.) cole e tondeggianti. Come tutti i mustelidi mostra dimorfismo sessuale nelle dimensioni per cui i maschi sono più grandi delle femmine di circa un terzo. Vive nei boschi, nelle radure, nelle zone cespugliate, nelle siepi intorno ai frutteti, nelle aree costiere, nelle sassaie. Ha abitudini sia diurne che notturne; d’estate e in primavera è più frequente incontrarla durante il giorno. È carnivora, particolarmente agile ed aggressiva, colpisce la sua preda senza difficoltà con movimenti molto veloci, al collo e alla nuca sostenendosi con le unghie degli arti anteriori. Insieme al riccio e d alla volpe, è tra i mammiferi più comunemente investiti dalle auto. Il gatto selvatico sardo (Taxon lybica), raro, è caratteristico della Sardegna e del Nord Africa. La sua presenza in Sardegna è avvenuta in tempi storici attraverso i Fenici, trasportato sulle navi a protezione delle scorte alimentari dai ratti sia come animale da compagnia. E’ molto più robusto e forte rispetto ai gatti domestici. La lunghezza testa - corpo è di 47-70 cm; ha una caratteristica coda, lunga circa metà del corpo, che termina di netto come se fosse tagliata. La testa è roton- MONTAGNE DELLA SARDEGNA deggiante, il muso corto e poco appuntito; occhi grandi e frontali; orecchie dritte, appuntite, terminanti in un ciuffo auricolare caratteristico della forma sarda. Il colore del mantello somiglia a quello del soriano: grigio cenere o grigio giallastro, ha un’ornamentazione nera, striata sul corpo e ad anelli nella coda e nelle zampe. Le strie longitudinali della testa confluiscono in una lunga stria dorsale che termina nella coda; da questa si dipartono quindi le strie trasversali sui fianchi che si confondono con il resto del mantello nella parte ventrale. Frequenta quasi esclusivamente gli ambienti forestali. È molto agile e veloce nell’arrampicarsi sugli alberi; attivo soprattutto all’alba e nelle ore crepuscolari, raramente di notte. Trascorre il giorno nella tana o nascosto tra la vegetazione; si nutre esclusivamente di vertebrati di piccola e media taglia vivi, preferibilmente roditori. Il cinghiale (Sus scrofa) detto in limba Sirboni. E’ presente su quasi tutto il territorio isolano, dalle zone costiere a quelle interne montane. Rispetto alla specie nominale, il cinghiale 336 sardo è più piccolo, lunghezza totale di 100 - 120 cm e un peso massimo di 70 -80 kg. nei maschi adulti. Ha corporatura tozza e robusta, compressa lateralmente; zampe piuttosto corte e snelle con quattro dita per arto provviste di robusti zoccoli, di cui le due dita centrali poggiano a terra mentre quelle laterali restano sollevate. La forma del corpo, affusolata sia anteriormente che posteriormente con gli arti posteriori più corti degli anteriori, è tale da offrire la massima resistenza agli ostacoli e un avanzamento veloce nel sottobosco. La testa, molto grossa e di forma conica, termina in un grugno nudo provvisto di un disco calloso, il grifo, in cui si trovano le narici; gli occhi sono piccoli; le orecchie grandi e dritte; il collo è corto e quasi non si distingue dalla testa. E’ dotato di potenti zanne, i canini modificati; più sviluppate nei maschi, quelle inferiori sono più lunghe di quelle superiori. Entrambe sono rivolte verso l’alto a formare una pericolosa arma di difesa o di offesa che il cinghiale utilizza portando la testa dal basso verso l’alto grazie ai forti muscoli del collo. Il mantello che SUGHERA, L'ALBERO SIMBOLO DELLA SARDEGNA (PH S.D.) ricopre il corpo è dotato di robuste setole bruno nerastre o bruno grigiastre, spesso brizzolata di peli biancastri. La coda, a differenza di quella del maiale domestico, è dritta e termina con un ciuffo di setole. Vive di preferenza nelle zone boscose e nella macchia mediterranea. E’un ungulato monogastrico perfettamente onnivoro, ma predilige le ghiande, i bulbi e i tuberi delle piante erbacee. Il muflone (Ovis musimon) presente esclusivamente in Sardegna e Corsica è un endemismo sardo-corso. L’ipotesi più accreditata circa la sua presenza nelle due isole è quella secondo cui il muflone deriverebbe da un ovino domestico introdotto dall’uomoin epoca neolitica. Il Muflone è sicuramente l’animale più rappresentativo dell’Isola. Ha un aspetto compatto e robusto, con tronco e arti muscolosi, occhi grandi e orecchie brevi, particolarmente adatte ad ambienti impervi e rocciosi. L’altezza al garrese varia dai 65 ai 75 cm; la lunghezza testa-tronco è di 90130 cm; il peso corporeo si attesta attorno ai 35– 50 kg nei maschi mentre le femmine rag- MONTAGNE DELLA SARDEGNA 337 giungono i 25 -40 kg. Il pelo, corto e ruvido muta due volte nell’arco di un anno, con una muta primaverile e una autunnale. In estate il mantello assume toni più chiari, mentre in inverno è più evidente il contrasto fra le parti rossastre e le parti bianche. La colorazione delle femmine è generalmente più chiara e uniforme. Le corna, presenti generalmente solo nel maschio, sono permanenti e possono raggiungere i 90 cm di lunghezza con una circonferenza basale di 25 cm. e 4 – 6 kg di peso. Sono larghe alla base, spiralate e rivolte all’indietro. Quando presenti, le corna delle femmine sono lunghe dai 6 ai 12 cm. Il muflone vive nelle zone più impervie e accidentate del Gennargentu e Supramonte. Si nutre prevalentemente di essenze arbustive ed arboree della macchia mediterranea e delle graminacee in genere. Animale veloce è un abile saltatore e scalatore. La popolazione sarda ha subito un pericoloso declino durato fino agli anni ’70, quando era stata stimata in circa 300 esemplari. Oggi grazie a interventi di tutela si è avuto un progressivo aumento dei diversi nuclei. Le maggiori minacce sono rappresentate dal bracconaggio. A cura di Matteo Cagnin (ONC) e Valentina Da Lio (CAI MIRANO) revisione a cura di Luciana Carreras (OTAM CAI CAGLIARI) Cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus) Se il muflone è l’animale simbolo del Gennargentu, il cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus), un tempo minacciato di estinzione, è il simbolo dell’oasi del Monte Arcosu, dei Sette Fratelli, del Monte Linas e, nel Gennargentu, nel Monte Arbu. La sottospecie è endemica della Sardegna e della Corsica. L’origine del cervo sardo non è ancora stata del tutto chiarita. L’ipotesi più accreditata è quella che attribuisce la presenza della sottospecie ad un’introduzione di Cervus elaphus, originario delle regioni neartica e paleartica, da parte dell’uomo in epoca preistorica e una sua rapida speciazione in Cervus elaphus corsicanus. Protomi di cervi ornano navicelle nuragiche dell’ VIII – VI sec. a.C. e spade votive della stessa epoca, con stilizzate figure di cervo, venivano offerte alle divinità. Il cervo sardo si distingue dalla specie nominale europea per alcuni caratteri morfologici come adattamento alle condizioni di insularità. Le dimensioni del corpo sono inferiori rispetto a quelle del cervo europeo. Il maschio raramente raggiunge un peso di 130 kg con un’altezza al garrese di 100 cm mentre la femmina non supera i 70-80 kg di peso e gli 80 cm di altezza. Il corpo è snello ed elegante con tronco allungato, spalla arrotondata e muscolosa, petto largo e groppa dritta. Il collo è lungo e sottile, la testa è di forma triangolare allungata e termina con un muso nudo. Le orecchie sono molto grandi, gli occhi sono ovali, grandi ed espressivi. Da queste viene secreto un liquido oleoso ed odoroso che serve per marcare il territorio. Gli arti, piuttosto corti, sono esili ma molto forti. Il mantello è liscio, fitto e setoloso con una colorazione tendenzialmente più scura rispetto al cervo rosso. In estate è bruno-rossiccio, in inverno è più scuro e tende al grigio bruno; presenta inoltre una stria nerastra, particolarmente evidente in estate, che va dalla testa alla radice della coda. Nel maschio adulto la parte inferiore del collo è ricoperta da un fitto lungo e scuro pelame detto criniera. La pomellatura è una caratteristica dei soli cerbiatti. La muta avviene due volte l’anno, in primavera (aprile) e in autunno (settembre). Le corna, palchi o trofeo o armatura, sono presenti solo nel maschio. Differiscono da quelle del cervo europeo per le dimensioni raggiungendo una lunghezza massima di 70 cm ed un peso di circa 1 kg per asta, rispetto agli oltre 8 kg della nominale. Le ramificazioni risultano più semplici, si hanno generalmente 4 o 6 punte contro le 16 – 24 del cervo europeo. Sono prive della caratteristica corona, mentre la parte terminale dell’asta presenta una formazione allargata e tendente ad appiattirsi, fino a dare una forma finale a forcella. La muta avviene nel periodo compreso tra metà febbraio e metà marzo, quindi, dopo 1-2 settimane, ricrescono e la loro formazione è completa verso la metà di luglio La specie abita le formazioni forestali con macchia mediterranea, suo alimento principale. Per la sua alimentazione non disdegna campi coltivati. La struttura sociale del cervo è di tipo matriarcale. Il nucleo familiare è costituito da una femmina adulta, il piccolo dell’anno e quello dell’anno precedente. Spesso sono riunite in branco con i rispettivi piccoli e guidate dalla femmina madre più anziana. Il cervo ha subito in Sardegna un fortissimo declino nel trentennio 1955 - 1985 a causa della caccia, del bracconaggio e della perdita di habitat. Nonostante il successivo incremento numerico, attualmente gli individui appartengono a popolaCERVO SARDO (PH SALVATORE SERRA) zioni distanti tra loro. DICEMBRE 2014 338 1 Lunedì 2 Martedì 3 Mercoledì S. Mariano 49 . 335 - 30 7,19 - 16,40 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 S. Bibiana - S. Savino 49 . 336 - 29 7,20 - 16,39 S. Francesco Saverio 49 . 92 - 337 - 28 7,21 - 16,39 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 L M M G V S D L M M G V S D L DICEMBRE 2014 339 4 Giovedì S. Barbara - S. Giovanni Dam. 49 . 338 - 27 7,22 - 16,39 5 Venerdì S. Giulio m. 49 . 339 - 26 7,23 - 16,39 6 Sabato S. Nicola vescovo 49 . 340 - 25 7,24 - 16,39 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 M M G V S D L M M G V S D L M M DICEMBRE 2014 7 8 340 DOMENICA S. Ambrogio - II a d’Avvento 49 . 341 - 24 7,25 - 16,39 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 OLINEA, MONTE CORRASI- OSTINAZIONE (PH MARIA GIOVANNA COGIA) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 L M M G V S D L M M G V S D L DICEMBRE 2014 341 8 Lunedì Immacolata Concezione 50 . 342 - 23 7,25 - 16,39 9 Martedì S. Siro 50 . 343 - 22 7,26 - 16,39 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 10 N.S. di Loreto 50 . 344 - 21 7,27 - 16,39 Mercoledì 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 M M G V S D L M M G V S D L M M DICEMBRE 2014 342 11 Giovedì 12 Venerdì 13 Sabato S. Damaso Papa 50 . 345 - 20 8 7,28 - 16,39 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 S. Giovanna F. 50 . 346 - 19 7,29 - 16,39 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 S. Lucia v. 50 . 347 - 18 7,30 - 16,39 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 L M M G V S D L M M G V S D L DICEMBRE 2014 343 14 8 IIIa d’Avvento 50 . 348 - 17 7,30 - 16,39 DOMENICA 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 CISTO (PH STEFANO D'ALTERIO) 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 M M G V S D L M M G V S D L M M DICEMBRE 2014 344 15 Lunedì 16 Martedì 17 Mercoledì S. Valeriano 51 . 349 - 16 7,31 - 16,39 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 S. Albina 51 . 350 - 15 7,32 - 16,40 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 S. Lazzaro 51 . 351 - 14 7,32 - 16,40 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 L M M G V S D L M M G V S D L DICEMBRE 2014 345 18 Giovedì S. Graziano vescovo 51 . 352 - 13 7,33 - 16,40 19 Venerdì S. Fausta - S. Dario 51 . 353 - 12 7,34 - 16,41 20 Sabato S. Liberato martire 51 . 354 - 11 7,34 - 16,41 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 M M G V S D L M M G V S D L M M DICEMBRE 2014 8 21 346 DOMENICA IVa d’Avvento - S. Pietro C. 51 . 355-10 7,35-16,42 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 RILIEVI SARDI (PH MICHELA GRIMAL) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 L M M G V S D L M M G V S D L DICEMBRE 2014 347 22 Lunedì 23 Martedì 24 Mercoledì S. Francesca Cabrini 52 . 356 - 9 7,35 - 16,42 S. Giovanni da K. - S. Vittoria 52 . 357 - 8 7,36 - 16,43 S. Delfino 52 . 358 - 7 7,36 - 16,43 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 M M G V S D L M M G V S D L M M DICEMBRE 2014 348 25 Giovedì Natale del Signore 52. 359 - 6 7,36 - 16,44 26 Venerdì S. Stefano protomartire 52 . 360 - 5 7,37 - 16,45 27 Sabato 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 S. Giovanni apostolo 52 . 361 - 4 7,37 - 16,45 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 L M M G V S D L M M G V S D L DICEMBRE 2014 349 28 8 SS. Innocenti martiri 52 . 362 - 3 7,37 - 16,46 DOMENICA 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 CASCATA (PH MICHELA GRIMAL) 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 M M G V S D L M M G V S D L M M DICEMBRE 2014 350 29 Lunedì 30 Martedì 31 Mercoledì S. Tommaso Becket 53 . 363 - 2 7,37 - 16,47 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 S. Eugenio v. - S. Ruggero 53 . 364 - 1 7,38 - 16,48 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 8 S. Silvestro Papa 53 . 365 - 0 7,38 - 16,48 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 L M M G V S D L M M G V S D L DICEMBRE 2014 351 Note: RADICI Stormi di vaghe nuvole migrano nel cielo turchino verso oasi di mistici silenzi …e rocce nude…frantumate alla terra madre aggrappate custodiscono della VITA le preziose radici. GIOVANNA ZAWADSKI CHIESA DI BONARIA SULL’OMONIMO COLLE - SARDEGNA (PH SAVARORE SERRA) 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 M M G V S D L M M G V S D L M M