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DICEMBRE
DICEMBRE
DICEMBRE 2014
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dicembre
RICOVERO PER PASTORI
CON RAMI DI GINEPRO
IN SARDEGNA
(PH MICHELA GRIMAL)
MONTAGNE
DELLA
SARDEGNA
ALBA DAL GENNARGENTU (PH L.C.)
INTRODUZIONE
U
n luogo comune vuole la Sardegna, in quanto isola, fatta di mare, spiagge e acqua cristallina. La Sardegna come scrisse Francesco Cetti, naturalista del 1700, ha peculiarità per cui «Non vi è in Italia ciò che
vi è in Sardegna, né in Sardegna v’è quel d’Italia». Terra antica al centro del Mediterraneo, la sua origine geologica ne caratterizza il sistema montuoso che, pur non raggiungendo quote che non superano i 1834 metri
di Punta La Marmora nel Gennargentu, degrada verso il mare con peculiarità dei rilievi che hanno una lunga
storia geologica. Per questo motivo l’altimetria non costituisce un criterio di definizione come per le montagne italiane e non si può relegare la montagna sarda al solo massiccio del Gennargentu e montagne sono
da considerarsi le aree del Monte Limbara, Monte Lerno, Marghine Goceano, Montiferru, Monte Albo, Monte
Gonare, calcari Mesozoici della Sardegna centro orientale, più noti come Supramonti, Monte Linas e Marganai, Santa Vittoria di Esterzili, Sette Fratelli, Monti del Sulcis Iglesiente, ma anche l’altipiano delle Giare
e di San Basilio, il Monte Arci. Ognuna di queste “montagne” ha caratteri propri: geologici, litologici, naturalistici e culturali: isole nell’isola.
La sua storia geologica inizia nelle prime fasi del Terziario, quando il massiccio sardo-corso, parte integrante di Tirrenide, si stacca dal continente europeo e va alla deriva nel Mediterraneo occidentale ruotando
verso est di circa 30°. In Sardegna, lontana dai fenomeni che portarono all’orogenesi della Alpi, la presenza
di profonde fratture che la dividevano in grossi blocchi, ha fatto si che le spinte orogenetiche portassero a
sollevamenti quasi verticali, anche di 1500 m per i blocchi calcarei dei Tonneri e del Supramonte, e a sprofondamenti verticali anche di 1000 m, come per la fossa del Campidano, la più vasta pianura dell’isola. Questi complessi fenomeni geologici determinarono l’eruzione di magma interno con formazione di numerosi
vulcani,e vaste colate basaltiche che hanno formato le Giare e gli altopiani basaltici dell’isola. Successive erosioni nell’Era quaternaria, ne ha modificato i profili, mentre lo scorrere dell’acqua dei fiumi e torrenti ha provocato la formazione di gole, gutturus codule, baccus, più o meno profondi. I due fiumi maggiori
Flumendosa e del Tirso hanno inciso sul territorio della Sardegna, dal Gennargentu al mare del Sarrabus il
primo, dall’altopiano di Buddusò al Sinis il secondo, mentre il Flumineddu ha inciso il Supramonte con la
Gola di Gorroppu. Alla complessità geologica si deve aggiungere la complessità litica e mineralogica delle
VEGETAZIONE DEL RILIEVO INSULARE
Vegetazione
rupestre
Vegetazione dei
detriti di falda e
pascolo arido
Lecceta
Pascolo e
sugherete
DISEGNO DI MICHELE ZANETTI
Formazioni
arbustive a
ginepri e macchia
mediterranea
MONTAGNE DELLA SARDEGNA
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Fig. 5 - Distribuzione delle fasce di vegetazione in Italia secondo Pignatti.
singole zone montane che ne caratterizza la complessità degli ambienti anche dal punto di vista naturalistico.
Sul basamento poggiano coperture discontinue sedimentarie e vulcaniche, di ambiente marino o continentale e di età comprese fra il Permo-Carbonifero e il Quaternario.
Laddove, nel basamento l’originaria composizione dei sedimenti paleozoici non ha subito processi metamorfici, i fossili si sono conservati e permettono, oggi, di attribuire agli scisti e ad altre rocce calcaree intercalate un’età comprese fra il Cambrico inferiore ed il Carbonifero medio.
L’isola possiede dunque la presenza degli strati fossiliferi più antichi d’Italia, appartenenti al Cambrico, il
primo periodo dell’era paleozoica.
Dalla fine dell’era paleozoica a oggi, la Sardegna ha raggiunto il suo assetto attuale per il susseguirsi di erosioni e sedimentazioni, invasioni marine e attività vulcaniche, mentre tutt’intorno emergevano dal mare le
Alpi, gli Appennini, l’Atlante e i Pirenei, per spinte contrapposte delle zolle continentali dell’ Europa e dell’Africa. I fenomeni erosivi sui graniti spesso hanno fatto assumere alle rocce affioranti delle forme fantastiche che hanno alimentato leggende e toponimi. Da sempre frequentata dall’uomo la montagna sarda è
ricca di tracce degli antichi insediamenti documentata da domus de janas, menhir, circoli megalitici, tombe
dei giganti, nuraghi. Il paesaggio vegetale e la flora variano in funzione dell’altitudine, della geologia, della
frequentazione antropica. La Flora annovera bel oltre 2000 specie presenti in numero elevato talora comuni
ai rilievi meno alti come il Linas- Marganai, che non supera i 1236 m di Punta Sa perda e sa mesa, i Sette Fratelli, il Monte Arcosu etc. Diverse sono le specie ritenute dei fossili viventi o permanenze dell’ultima glaciazione, come il Taxus baccata, l’aquilegia nuragica, Gentiana lutea. Alcune sono in comune con la Corsica,
come la Santolina corsica, o il bacino del
Mediterraneo, come la Genista aetninsis. In tutti i rilievi numerosi gli endemismi e le piante rare, arborei ed erbacei
come l’Aquilegia barbaricina, Linaria arcusangeli, il Rhamnus persicifolia, il
Ribes sandalioticum, solo per citarne alcuni. Il paesaggio forestale più frequente è dato dalla presenza della
quercia da sughero (Quercus suber), che
si arresta a 900 m, e del leccio (Quercus
ilex), che può formare persino una fitta
coltre boschiva anche oltre i 900 m
come nelle foresta di Sas Baddes nel
Supramonte di Orgosolo, nel Montiferru,
nel Goceano, nel Gennargentu. In alcune
zone il manto arboreo è costituito da roverella (Quercus pubescens) e Taxus
baccata; quest’ultimo talora in esemplari
DIDA
MONTAGNE DELLA SARDEGNA
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sporadici ma di grandi dimensioni e di età ultracentenaria come in Supramonte o nel Gennargentu, o in boschi come a Mulargia Noa e Sos Niberos. Talora il tasso convive con l’agrifoglio e l’ontano nero nei canaloni
percorsi dall’acqua. In tutto il territorio montano è presente il ginepro ossicedro ed è possibile rinvenire il ginepro feniceo oltre i 1000 m come sui calcari del Supramonte e nel Monte Albo di Lula. In alcune zone montane sono presenti boschi di castagno e nocciolo. Non infrequenti sulle montagne sarde esemplari isolati
di acero minore che può raggiungere dimensioni notevoli. Le tipologie arboree comunque variano in rapporto alle caratteristiche geologiche, il pascolo, gli incendi ripetuti nei secoli. Il rimboschimento ha introdotto in alcune zone montane il pino laricio (Pinus nigra), o il cedro dell’atlante (Cedrus atlantica)
modificando le formazioni forestali originarie. In tutte le aree montagne della Sardegna, qualunque sia l
clima e la natura litologica, abbondano le specie di grande interesse scientifico o fitogeografico, spesso
endemiche come la Psolarea morisiana, Helichrisumsaxatile Moris, Centaurea filiformis, Rhamnus alpina,
e tante altre. In alcune condizioni come il Gennargentu,o su formazioni rocciose o pietrose, sono presenti
arbusti nani come la Genista corsica, Astragalus genargenteus, Prunus prostrata o la Rosa serafinii, Thimus
herba barona, Ruta corsica, etc.
IL GENNARGENTU
Il Gennargentu per altitudine e
caratteristiche climatiche e naturali è spesso ritenuto emblema
della montagna sarda in cui si
trovano caratteri comuni a tutti i
complessi montuosi che comunque ne differiscono per endemismi vegetali, faunistici e caratteri
geomorfologici.
Il Gennargentu è un massiccio
montuoso di grande estensione
situato nella zona centro-orientale
della Sardegna, esteso nei territori delle provincie di Nuoro e
dell’Ogliastra.
Esso ospita le vette più elevate
dell’Isola: Punta La Marmora
1834 m, e Bruncu Spina 1828 m.
dalle quali si gode di un panorama che spazia su tutta l’isola. Il
nome Genna (‘e) argéntu, significa “porta d’argento”dove
genna, porta o valico, deriva dal
latino ianua e argentum, probabilmente per il brillare al sole
delle neve o per il colore argenteo dei suoi schisti poiché non è
mai stata documentata una qualche miniera d’argento.
Il paesaggio si presenta come un
mosaico di rilievi, pascoli, canyon,
vallate, foreste e boscaglie
Il massiccio è caratterizzato da
una delle più basse densità di
abitanti d’Europa e preserva una
grande varietà di bellezze naturali e di risorse biologiche. L’area
risulta di grande pregio per la
presenza di habitat con specie
endemiche e rare. La parte sommitale del Gennargentu è caratterizzato da un clima che ha forti
escursioni termiche stagionali.
Le precipitazioni sono concen-
trate da novembre ad aprile e superano i 1300 mm. Sempre in
questo periodo in corrispondenza dei crinali i giorni di gelo
sono superiori a 100. Il periodo
tra maggio e ottobre è
caratterizzato da scarse precipitazioni e da temperature massime che nel mese di luglio
superano in media i 22 °C. I versanti settentrionali e occidentali,
esposti ai venti dominanti, sono i
più soggetti alle precipitazioni e
restano più a lungo innevati,
mentre quelli a meridione e
orientali sono meno innevati e
TRONCO DI LECCIO (PH D.G.)
complessivamente più aridi e soleggiati.
Geomorfologia del Gennargentu
Il Gennargentu appare come un
dosso ondulato interrotto dalla
depressione di Arcu Gennargentu
(m 1659). Il massiccio è una vera
e propria cresta montana accidentata, molto inclinata sui fianchi, con numerosi affioramenti
rocciosi messi a nudo dall’erosione dei versanti
Il complesso montuoso, di orogenesi ercinica, è formato da rocce
cristalline metamorfiche paleozoiche, in particolare da scisti
quarzososericitici o filladicoquarzitici associati ad affioramenti porfidici e dioritici.
L’erosione delle aree scistose, più
facilmente alterabili, ha messo in
evidenza
i più resistenti filoni quarzitici,
porfidici e dioritici.
ASPETTI VEGETAZIONALI:
GENERALITÀ
La parte alta del Gennargentu
presenta molti caratteri in comune con le montagne silicicole
della Corsica, confermando la tesi
che la sua vegetazione è un’appendice meridionale, una sorta di
relitto, dell’antica vegetazione
montana sardo-corsa.
Per l’altitudine e i caratteri del
clima montano mediterraneo le
cime del Gennargentu hanno
ereditato i resti della flora montana di origine terziaria che la
Sardegna doveva ancora ospitare
in epoca glaciale, in netto contrasto con la flora xerofila e termofila del resto della Sardegna.
Le quote più basse del massiccio
sono coperte per un’ampia fascia
dalla macchia mediterranea.
Gli assetti della flora e della vegetazione originali sono stati
modificati dal pascolo intensivo
esercitato da secoli dalle popolazioni locali determinando zone di
degradazione molto accentuate
e ricoperte da gariga. Nelle zone
circostanti il Bruncu Spina e nel
vallone del Riu Aratu, degrado ed
MONTAGNE DELLA SARDEGNA
329
erosione del suolo sono stati favoriti dalla costruzione di impianti sciistici e piste stradali,
mentre la pratica dell’incendio,
regolamentata sin dal 1392 dalla
Charta de logu della giudicessa
Eleonora D’Arborea, e del decespugliamento arbustivo per incrementare la superficie a
pascolo hanno portato al denudamento del substrato roccioso.
Numerose sono le specie erbacee presenti nel Gennargentu
che si sono adattate al clima ventoso e rigido in inverno e arido e
secco d’estate come l’Euphrasia
genargentea (Feoli) Diana, la Festuca morisiana Parl., la Lamyropsis microcephala (Moris) Dittr.
Et Greuter, Armeria saradoa Spr.
ssp. Gennargentea Arrigoni. Il
Gennargentu ospita arbusti striscianti o con andamento a bonsai.
La fascia mediterranea copre una
superficie molto ampia: alle
quote inferiori è diffusa la macchia bassa di tipo xero-mediterraneo, presente in genere in
ambiti costieri, caratterizzata per
la presenza
del ginepro fenicio, dell’olivastro,
del lentisco e della Phillyrea angustifolia.
Il contrasto climatico è molto
marcato tra il versante sudorientale, più caldo e arido, e quello
nordoccidentale, più fresco e
umido. Di conseguenza, sul versante sudorientale
la fascia mediterranea sale fino a
1500 m circa, mentre sul versante nordoccidentale il suo limite è appena sopra i 1000 m. La
fascia supra- mediterranea è ben
marcata solo sui versanti freschi.
La vegetazione di questa fascia è
caratterizzata da querceti caducifogli con predominanza di
Quercus congesta affiancata da
Quercus dalechampii, simile alla
roverella.
Le specie sempreverdi di leccio,
agrifoglio, tasso e ontano nero,
sono presenti in esemplari
spesso solitari, con il tronco di dimensioni notevoli con ridota
chioma fogliare ma di età talora
plurisecolare. Alla composizione
dello strato erbaceo contribuiscono numerose specie tipiche
dei boschi di latifoglie decidue a
cui però si aggiungono specie
endemiche come la Glechoma
sardoa, la Paeonia morisii, la
Viola corsa. Sul versante occidentale sono presenti il castagno
e il nocciolo, di origine secondaria, ma di notevole importanza
economica, nello strato arbustivo
e di specie erbacee mesofile
quali l’Oenanthe pimpinelloides,
la Luzula forsteri, la Poa sylvicola
e il Rumex sanguineus.
Lungo i numerosi ruscelli che
scorrono nei canaloni verso valle
per confluire verso corsi d’acqua
maggiori, soprattutto il Flumendosa, sono gli ontani neri a caratterizzare il paesaggio sino a
1500-1600 m. Lo strato erbaceo
delle ontanete comprende sia
specie nemorali quali il Polystichum setiferum, il Pteridium
aquilinum, e specie igrofile quali
Carex micro carpa e Hypericum
hircinum.
Tra i 900 e i 1400 m la vegetazione non supera il metro e
mezzo di altezza e in essa predomina
la Genista pichisermolliana, il
Thymus herba-barona, la Genista corsica, la Santolina insularis,
la Jusione montana e helichrysum microphyllum.
Tra le specie erbacee, quelle annuali quali la Briza maxima, la
Tuberaria guttata e l’ Avena barbata sono le più diffuse. La porzione sommitale del
Gennargentu è prevalentemente
coperta
da scarsa vegetazione arbustiva
mista a prato e vegetazione igrofila.
Si tratta di bassi arbusti e di erbe
perenni xeromorfe. Gli arbusti,
spesso prostrati, sono aderenti al
suolo, altre volte hanno forma
pulvinata o emisferica. In genere
presentano una notevole riduzione
dell’apparato fogliare a vantaggio
di rami rigidi, spesso spinosi, a
lento accrescimento come la Beberis aetnensis, il Prunus prostrato, Rosa serafinii, resistenti al
gelo invernale e al vento.
Negli ambienti temperati sono
presenti la Genista corsica e l’endemica Santolina insularis. A
quote superiori o in microam-
RICOVERO NATURALE SUPRAMONTE DI BAUNEI (PH M.G.)
MONTAGNE DELLA SARDEGNA
bienti più freddi e innevati prevale l’arbusto spinoso Astragalus
genargenteus. Infine tra i 1400 e
i 1800 m tra gli arbusti prostrati
si ritrova il ginepro nano.
Nella vette aride e rocciose del
Gennargentu, oltre alle specie
rupicole sopra menzionate, sono
presenti la Saxifraga cervicornins e la Potentilla crassinervia,
endemismi sardo-corsi.
ASPETTI FAUNISTICI
Il modesto gradiente altitudinale,
compensato dalla movimentata
orografia, crea habitat favorevoli
alla conservazione di numerose
specie e biotipi sia nel Gennargentu che nei singoli sistemi
montani.
La condizione di isolamento tipica dell’insularità ha prodotto in
fase evolutiva, come dimostrano
330
tutti i gradini della scala sistematica dai Proturi e Dipluri ai Ditteri
e Imenotteri, spesso però non
vengono notate perché nascoste
o mimetizzate. Le specie più significative possono essere raggruppate secondo l’habitat
frequentato. Così tra gli insetti
dei pascoli e della macchia troviamo due endemismi come la
Habrophlebia consiglioi e la Rhithrogena nuragica, quest’ultima
a quote elevate sopra i 900 m (
Monte Aratu, Desulo). Sono comunque le farfalle a suscitare
maggiore interesse. In Sardegna
sono 54 le specie di
farfalle diurne osservate, alcune
endemiche e legate alla presenza di specificità botaniche circoscritte in territori molto limitati
del Limbara e del Gennargentu.
Tra le farfalle più preziose ed en-
LIBELLULA (PH S.D.)
le quattro specie di Geotritone in
ben quattro aree montane, un
elevato numero di specie e sottospecie endemiche, esclusive
della Sardegna in quasi tutte le
classi di animali, quasi sempre
caratterizzate da una taglia inferiore a quella delle corrispondenti
sottospecie continentali, da cui
derivano. La
straordinaria ricchezza ambientale e paesaggistica del Gennargentu determina una fauna
molto variegata. Un accurato
censimento della fauna presente
nei confini della comunità montana ha permesso di stabilire che
qui vive l’85% di tutta la fauna
vertebrata terrestre della Sardegna.
Insetti
Nella montagna sarda e in Gennargentu, sono moltissime le
specie di insetti che occupano
demiche si segnalano la Esperide
sardo-corsa (Spialia therapne), il
Macaone sardo (Papilio hospiton), la Pieride sarda (Euchloe insularis), la Vanessa sarda (Aglais
ichnusa), la Ninfalide della Sardegna (Argynnis elisa), la Licena
sardo-corsa (Lycaeides corsica),
il Satiro aristeo (Hipparchia aristaeus), la Maniola dei nuraghi
(Maniola nuragica), la Corinna
(Coenonympha corinna) e la Lasiommata sarda (Lasiommata
paramegaera). Numerose sono
le spècie di Coleotteri, taluni
come il Coleottoro Meloide (Mylabris variabilis) introdotti solo il
secolo scorso allo scopo di contenere popolazioni infestanti, altri
endemici come l’Aside sardoa.
Numerosi sono gli insetti di interesse fitopatologico e alcuni abitanti abituali degli anfratti dei
calcari del Supramonte e del
Monte Albo.
Anfibi
L’euprotto sardo (Euproctus platycephalus), è un raro endemismo sardo. Unico rappresentante
della famiglia dei salamandridi,
l’Euprotto sardo. Anfibio di piccole dimensioni, di solito raggiunge11-12 cm di lunghezza.
Durante l’inverno va in letargo e
nella stagione più calda va incontro a una sorta di latenza estiva.
In primavera e in autunno si può
trovare sotto i sassi e i detriti dei
torrenti limpidi del Gennargentu.
Il geotritone del Supramonte
(Speleomantes supramontis), insieme allo Speleomantes flavus
del Monte Albo, del Speleomantes genei dell’Iglesiente e dello
Speleomantes imperiales costituisce il gruppo dei quattro geotritoni endemici della Sardegna
che , insieme
all’euprotto, formano le uniche
specie di vertebrati appartenenti
all’antica
fauna continentale terziaria.
I geotritoni sono anfibi urodeli di
piccole dimensioni, raggiungono
al massimo i 15 cm di lunghezza.
E’ possibile trovarli fino ai 1700
m. di altitudine. Della famiglia dei
Bufonidae è presente il rospo
smeraldino (Bufo viridis) che in
Sardegna si fa risalire al Miocene
superiore.
E’ un anfibio anuro di grandi dimensioni, può superare i 10 cm di
lunghezza e ha corpo tozzo e
pelle verrucosa. E’ una specie relativamente termofila dato che lo
si può trovare in tutto il sistema
montuoso dell’Isola fino ai 1200
m. di altitudine. Della famiglia
delle Hylidae troviamo la
raganella sarda (Hyla sarda). Endemismo tirrenico la cui colonizzazione della Sardegna
viene fatta risalire alla prima fase
del popolamento faunistico dell’isola. La colorazione è
in genere verde brillante, ventre
biancastro. Le dita presentano
delle dilatazioni simili a ventose
alle estremità che le permettono
di arrampicarsi anche su superfici lisce. Le dimensioni si attestano attorno ai 38 – 40 mm.
Vive su cespugli e arbusti in tutte
MONTAGNE DELLA SARDEGNA
331
le aree montane e in vicinanza di
stagni, acquitrini, pozze e o corsi
d’acqua, da cui può allontanarsi
compiendo una vita “arboricola”.
Ha una spiccata resistenza alle
condizioni di aridità prolungata.
Rispetto alle altre specie di raganelle può tollerare tassi di salinità maggiori.
Rettili
Numerose sono le specie di rettili
tra cui l’algiroide nano (Algyroides fitzingeri),endemismo sardo
corso. È forse la più piccola lucertola vivente al mondo. Si distingue per la presenza di squame
dorsali grandi, embricate e fortemente carenate e per la presenza di un collare. La coda è
lunga circa il doppio della lunghezza testa-corpo. Il colore dorsale è omogeneo bruno scuro,
bruno olivaceo, talvolta tendente
al nerastro. Il colore del ventre è
giallo-aranciato, la gola biancastra, talvolta con sfumature azzurre. Il suo habitat è costituito
da ambienti rocciosi ma non
troppo aridi e con abbondante
vegetazione; si trova in tutti i sistemi montani della Sardegna.
La lucertola del Bedriaga (Archaeolacerta bedriagae) ha origine
mediterraneo - tirrenica del periodo Terziario. Specie rigidamente protetta ed endemismo
sardo-corso, la lucertola
ha una distribuzione piuttosto
disomogenea e localizzata, con
limite meridionale ai monti
del Gennargentu, sino a 1800 m
di quota. Ha un muso allungato,
la testa piuttosto appiattita,
colorazione del dorso e delle
parti superiori scura, quasi nerastra, picchiettata-reticolata di
giallo. È lunga dai 22 ai 28 cm.
Contrariamente a quanto si riteneva sino a pochi decenni fa, la
lucertola di Bedriaga non è una
specie esclusivamente montana,
bensì una forma essenzialmente
rupicola e largamente diffusa
anche a bassa quota, in pratica
sino al livello del mare.
Buona nuotatrice, arrampicatrice
e saltatrice, è sicuramente la lucertola italiana più agile e veloce.
La distribuzione non omogenea
e l’esigua popolazione giocano a
sfavore di questa specie, che
patisce i danni provocati dai frequenti incendi estivi. Anche la lucertola tirrenica (Podarcis
Tiliguerta) è un endemismo
sardo corso, presente anche
nelle piccole isole, la cui presenza
viene fatta risalire alla prima fase
del popolamento faunistico dell’Isola, il Miocene superiore.
La Tiliguerta può raggiungere i
24 cm di lunghezza, inclusa la
coda; di solito i maschi hanno dimensioni superiori. Si tratta di
una lucertola dal corpo piccolo.
La coda è lunga quasi il doppio
del tronco e le anellature sono di
altezza pressoché uguale. La colorazione delle parti superiori
varia dal
verde al bruno; le parti ventrali
possono essere biancastre, giallastre, rosate, arancio pallido, con
spetto al
corpo e presenta occhi grandi
con la pupilla rotonda. Squame
dorsali fortemente carenate in 21
file. La colorazione varia dal
bruno-giallastro al grigio-verdastro. Presenta una banda dorsale
a zig-zag con macchie scure sui
fianchi, il ventre è biancastro,
giallo o rossiccio, con macchie
scure a scacchiera. Le abitudini
diurne la rendono facilmente osservabile nelle zone vicino all’acqua
o immersa nell’acqua stessa.
Quando viene disturbata scappa
velocemente in immersione, ma
se messa alle strette può avere
un comportamento simile alle vipere, fischia, appiattisce corpo e
testa e inferisce ripetutamente
dei colpi, di solito a bocca chiusa.
Specie endemica è la Natrix na-
GRIFONE (PH L.S. - WWW.BIRDS.IT)
macchie sottogolari nere. Possono essere presenti sui fianchi
da 2 a 7 macchie blu. La specie è
molto diffusa e si ritrova sia al livello del mare che a quote alte,
sul Gennargentu fino ai 1800 m.
Le sue abitudini la portano a preferire le zone pietrose aride nella
macchia, i coltivi, i muri a secco, i
bordi delle strade e dei campi.
Come gli altri Lacertidi è diurna e
prevalentemente insettivora.
Nella famiglia delle Colubridae la
biscia viperina (Natrix maura)
è abbastanza comune su tutto il
territorio. Si tratta di una natrice
di dimensioni che oscillano tra i
70 e i 100 cm di lunghezza. Le
femmine sono più grandi dei maschi. La testa è ben definita ri-
trix cetti o biscia dal collare, presente solo in alcune aree
ristrette.
Uccelli
Per gli uccelli è possibile operare
una distinzione tra le specie viventi in foreste montane e quelle
che vivono sulle cime rocciose e
tra quelle stanziali e le specie nidificanti e presenti solo in alcuni
mesi. Tra gli uccelli che un tempo
popolavano le vette delle montagne sarde vi erano il gipeto (Gypaetus barbatus) e l’avvoltoio
monaco (Aegypius monachus),
ora estinti, mentre il
grifone(Gyps fulvus) è raro e a rischio di estinzione. Tra le specie
simbolo del Gennargentu tro-
MONTAGNE DELLA SARDEGNA
viamo i rapaci, indiscussi padroni
tanto delle aree sommitali
quanto di quelle boschive.
L’astore è presente nell’Isola con
la sottospecie Accipiter gentilis
arrigonii che rappresenta un endemismo sardo-corso, più piccola
e con un piumaggio più scuro rispetto alla forma tipo. Schivo e
difficile da osservar, l’astore è
uno dei più eleganti rapaci europei, lungo 48-60cm, un’apertura
alare di 86-120 cm e un peso di
500- 1100 g. La femmina è più
grande del maschio. La colorazione è bruno scura superiormente. Il sottocoda è bianco, la
coda bianco-grigiastra è barrata
di scuro. Le parti inferiori sono
biancastre barrate orizzontalmente di bruno. Gola bianca. Il
volo è deciso e potente con battiti alari profondi e lenti, intercalati da brevi planate e volteggi.
Frequenta gli ambienti forestali.
Si nutre essenzialmente di uccelli
e mammiferi di piccole o medie
dimensioni, talvolta rettili, insetti
e carogne. E’un abile cacciatore,
inseguendo con estrema destrezza la preda fra gli alberi oppure rimanendo in agguato. È
una specie rara a livello regionale, nazionale ed europeo.
Lo sparviere è specie presente in
Sardegna con la sottospecie Accipiter nisus wolterstorffi,endemismo sardo corso, che si
differenzia dalla forma tipo per
le dimensioni inferiori, il piumaggio più scuro, le barrature del
petto e dei fianchi più fitte.
Nidifica in quasi tutta l’Isola, sia
nei boschi di pino lungo la fascia
litorale che nei boschi di latifoglie
delle zone interne. Possiede
un’apertura alare di 55-70 cm. La
specie è caratterizzata da
coda lunga ed ali ampie e arro-
ZIGOLO NERO (PH MAURIZIO LANCINI)
332
tondate; notevole il dimorfismo
tra i due sessi. La femmina è
circa 1/3 più grande del maschio.
Il suo habitat sono le zone boschive. Rispetto all’Astore comune può occupare boschi meno
estesi e meno maturi. Si nutre
principalmente di passeriformi di
piccole dimensioni e grossi insetti, specie coleotteri e cavallette. E’ un cacciatore solitario e a
quote medio- basse. In Sardegna
molto comune e facilmente osservabile è la poiana (Buteo
buteo).
Rapace lungo 50-55 cm e peso
compreso tra 600-1400 gr senza
differenze tra i due sessi. Rapace
diurno è facilmente riconoscibile
per la silhouette di volo, collo
tozzo e robusto,
ali larghe, con apertura alare di
113-128 cm, coda grande e rotonda.
In Sardegna, come in Corsica, è
presente la varietà arrigonii, che
ha superiormente
una colorazione bruna-omogenea, con zone a volte più pallide
in corrispondenza delle copritrici
del sopraccoda. Coda bruno-castana fittamente barrata di
scuro, 8 a 12 bande, con banda
terminale leggermente più larga
e marcata. Inferiormente presenta una colorazione predominante fulva con striature scure; il
petto generalmente più chiaro e
il margine posteriore delle ali è
caratterizzato dalla distintiva
bordatura marrone.
Il volo è maestoso e lento con
ampi e lunghi volteggi planari.
Frequenta praticamente tutti gli
ambienti, preferendo comunque
le zone di mezza collina con una
rada copertura arborea. La sua
alimentazione è per 2/3 costituita da piccoli mammiferi, in
massima parte roditori. Preda
anche uccelli, anfibi, coleotteri.
L’aquila reale (Aquila chrysaetos)
è presente praticamente su tutti
i principali massicci montuosi
dell’isola. Si tratta di una specie
stanziale che nel periodo invernale si spinge spesso oltre il suo
habitat preferito. Si riconosce per
le grosse dimensioni che caratterizzano gli esemplari adulti. Volo
elegante, abitualmente planato e
volteggiato. Gli individui maschi
possono raggiungere i 75 cm di
lunghezza e il peso di 3 – 3,50 kg;
le femmine sono leggermente
più grandi e arrivano a 90 cm
circa di lunghezza e un peso variabile tra i 4 ed i 6,50 kg. L’apertura alare può arrivare ai 2 m o
poco oltre. Il piumaggio è marrone scuro con delle lievi sfumature rossicce, le remiganti
bruno-grigiastre barrate di scuro
ed una colorazione chiara e leggermente dorata sulla testa e sul
collo. Le parti inferiori sono uniformemente castano scuro. Nelle
femmine i colori sono sensibilmente più scuri. L’habitat preferito dall’Aquila reale è costituito
dai pascoli d’alta quota e dagli
ambienti rocciosi; si tratta di luoghi impervi, ancora relativamente selvaggi e lontani dalla
presenza umana. Le sue prede
sono piccoli animali d’allevamento, volpi, conigli, lepri e pernici, ma talora non disdegna le
carogne. Il gheppio (Falco tinnunculus) è specie presente in
Sardegna ma è da considerarsi
sedentaria. Il Gheppio è un piccolo falco dalla sagoma snella e
agile, con le ali appuntite, la coda
stretta barrata di nero sul bordo
e la testa rotondeggiante. La
specie mostra dimorfismo sessuale.
PASSERO SOLITARIO (PH M.L. - WWW.CLICKALPS.CO.)
MONTAGNE DELLA SARDEGNA
333
La parte superiore del maschio è
color castano rugginoso maculata mentre la parte inferiore è
fulva con delle macchioline nere.
Vertice, nuca e collo presentano
una colorazione grigio ardesiabluastra finemente striata di
nero. La femmina al posto delle
macchioline è barrata di scuro sia
superiormente che inferiormente. La testa è grigio nocciola
striata di nero; fronte e sopracciglio chiari. Sopraccoda grigiobluastro con barrature scure. E’
lungo 34 cm. con un’apertura
alare di 68-80 cm. e un peso di
230-270 g. Il maschio è leggermente più piccolo della femmina.
L’habitat ideale della specie sono
gli spazi aperti, talora nidifica a
quote inferiori ai 1000m.
Frequenta colline, coste, boschi,
città, prati, paludi. Il Gheppio è un
abile cacciatore, e si nutre principalmente di piccoli mammiferi,
lucertole, insetti, uccelli.
Certamente più importante è la
presenza del falco pellegrino
(Falco peregrinus),
con la sottospecie brookei, presente soprattutto nelle falesie
costiere del Supramonte.
Rappresenta uno dei più belli e
eleganti esponenti della famiglia
dei Falconidi.
Lungo 38-48 cm, la femmina è
più grande del maschio, con
un’apertura alare 85-105 cm
e un peso di 400-1000 g, presenta una corporatura massiccia,
ali relativamente corte, larghe
alla base ed appuntite in corrispondenza dell’apice. La coda,
più corta che negli altri Falconidi,
appare squadrata. La parte superiore del corpo è grigio - scura,
mentre le parti inferiori sono
chiare con barrature nere più o
meno fitte sul petto, sul sotto ala
e sul sottocoda. La gola e le parti
laterali del collo sono bianche.
Evidentissimo è il mustacchio
nero nettamente contrastante
col bianco della gola e delle
guance. Becco ardesia con punta
nera e cera gialla. Il piumaggio
della femmina è simile a quello
del maschio ma leggermente più
scuro. Ornitofago, più del 90%
della sua alimentazione è rappresentata da uccelli le cui dimen-
sioni vanno da quelle di un passero a quelle di un’anatra. La caccia è eseguita sia in volo
esplorativo che in agguato. Si
lancia sulla preda in volo, con velocità che possono toccare i 200
km/h. Domina dall’alto il paesaggio, pronto a individuare con la
sua vista acuta la vittima.
Altri uccelli, alcuni specie protette, altri in esemplari sempre
minori a causa della caccia, sono
la pernice sarda (Alectoris barbara), la quaglia (Coturnix coturnix), che in Gennargentu nidifica
sino a 1400 m, il piccione selvatico (Columba livia), il colombaccio (Columba palumbus), il cuculo
(Cuculus canorus), il barbagianni
(Tyto alba), di cui la varietà Tyto
alba ernesti è un endemismo
sardo corso, l’assiolo (Otus
scops), la civetta (Athene
noctua), il succiacapre (Caprimulgus europaeus), il rondone(Apus
apus), il rondone maggiore (Apus
melba), il gruccione (Merops
apiaster), l’upupa (Upupa epops).
Il picchio rosso maggiore è specie
protetta e la varietà Picoides
major harterti è un endemismo
sardo corso. Il picchio rosso minore (Picoides minor)è presente
solo in Gennargentu e nella foresta di Badde Salighes. Tra i passeriformi sono comuni la
tottavilla (Lullula arborea), l’allodola (Alauda arvensis), la rondine
montana (Ptyonoprogne rupestris), il balestruccio (Delichon
urbica), il calandro (Anthus campestris), lo spioncello (Anthus
spinoletta e campestris), la ballerina gialla (Motacilla cinerea), il
merlo acquaiolo (Cinclus cinclus),
lo scricciolo (Troglodytes troglodytes), il pettirosso (Erithacus
rubecola), l’usignolo (Luscinia
megarhynchos), il saltimpalo
(Saxicola torquata), il culbianco
(Oenanthe oenanthe),
il codirossone (Monticola saxatilis), il passero solitario (Monticola
solitarius), il merlo (Turdus merula), la tordela (Turdus viscivorus), la magnanina (Sylvia
undata) e la magnanina sarda
(Sylvia sarda), la sterpazzola di
Sardegna (Sylvia conspicillata), la
sterpazzolina (Sylvia cantillans),
la capinera (Sylvia atricapilla), il
fiorrancino (Regulus ignicapillus),
il pigliamosche (Muscicapa
striata), la cincia mora (Parus
ater), la cinciarella (Parus caeruleus), la cinciallegra (Parus
major) e l’averla piccola (Lanius
collurio). Alcune di queste specie
sono migratorie.
Tra i corvidi vanno citati la ghiandaia (Garrulus glandarius), il
gracchio corallino (Pyrrhocorax
pyrrhocorax), la taccola (Corvus
monedula), la cornacchia grigia
(Corvus corone cornix) ed il corvo
imperiale (Corvus corax). Altri
passeriformi molto comuni sono
lo storno nero (Sturnus unicolor),
la passera sarda (Passer hispaniolensis), la passera mattugia
(Passer montanus), la passera
lagia (Petronia petronia), il fringuello (Fringilla coelebs), il venturone (Serinus citrinella), il
verdone (Carduelis chloris), il cardellino (Carduelis carduelis), il fanello (Carduelis cannabina), il
frosone (Coccothraustes coccothraustes), lo zigolo nero (Emberiza cirlus) e lo strillozzo
(Emberiza calandra)
Mammiferi
Alcune specie di Mammiferi presenti nella fauna sarda si sono
insediate nel Pleistocene superiore, quando, durante l’ultima
fase interglaciale, si è instaurato
INCENDI, UNA PIAGA NON SOLO SARDA (PH M.G.)
MONTAGNE DELLA SARDEGNA
il cosiddetto “ponte”sardo-corsotoscano che ha consentito l’immigrazione di diverse specie
animali. Differenziatasi a seguito
dell’isolamento geografico una
volta interrottasi la comunicazione con la penisola diverse
specie sono diventate endemiche e purtroppo alcune sono inserite ormai nella lista rossa delle
specie di vertebrati minacciati di
estinzione.
La lepre sarda (Lepus capensis) è
stata introdotta in Sardegna
dall’uomo neolitico tra il 4° e il 3°
millennio; da alcuni autori è considerata specie a sé stante. Le dimensioni della forma sarda sono
di poco superiori a quelle del coniglio da cui si differenzia per le
orecchie e le zampe posteriori
più lunghe e per la colorazione
del mantello. La testa è più allungata rispettoa quella del coniglio,
gli occhi sono grandi e sporgenti,
con la pupilla rotonda. Le estremità delle orecchie hanno inoltre
una fascia di colore bruno scuro.
Il mantello è di colore variabile a
seconda delle zone, comunque
tendente al marrone - giallastro,
più o meno fulvo, con una forte
mescolanza di sfumature nere, la
coda inferiormente è bianca, superiormente nerastra. Il suo habitat preferenziale è la macchia
mediterranea non molto fitta e le
radure. Il suo spettro alimentare
è abbastanza ampio e può essere
considerato un erbivoro generalista e “frugale”; si nutre di germogli, radici, tuberi, cortecce, frutti,
etc. Predilige comunque vegetali
freschi e succosi. Di abitudini solitarie e molto elusiva, si sposta a
balzi e quando fugge è capace di
raggiungere velocità elevate.
Il quercino sardo (Eliomys quercinus sardus) è raro e rigidamente
protetto. La sua presenza in Sardegna data dal Pleistocene.
L’Eliomys quercinus sardus (Barrett- Hamilton, 1901) è la sottospecie endemica sardo-corso e la
sua distribuzione in Sardegna è
ancora poco conosciuta. Tipico
degli ecosistemi forestali, spesso
è presente anche nelle zone di
macchia del piano collinare e costiero. Si tratta di un animale di
piccole dimensioni, con occhi e
334
orecchie grandi, mascherina facciale nera che parte dai baffi e
arriva
dietro le orecchie, passando sugli
occhi. Le parti dorsali sono grigio
castane, o fulvo rossicce,
le parti inferiori biancastre; le
orecchie e la parte esterna delle
zampe sono scure, i piedi sono
bianchi, con quattro dita quelli
posteriori.
La lunga coda è caratteristica e
termina con un ciuffo di peli
bianchi e neri. La lunghezza
testa-tronco è di 9-16 cm mentre
la lunghezza della coda è di 8.513 cm. Il Quercino, a differenza
degli altri gliridi, non è una specie
strettamente arboricola e frequenta tutti gli ecosistemi forestali.
Esclusivamente notturno, durante il giorno rimane nella tana
che costruisce tra i cespugli,
nelle radici degli alberi o nelle
fessure delle rocce, usando muschio, foglie e rivestendolo con
materiale morbido. Nel periodo
del letargo, che varia notevolmente da zona a zona, utilizza invece un nido sotterraneo e ben
protetto. È praticamente onnivoro in quanto la sua alimentazione è composta per lo più da
vegetali, frutti, ghiande e noci,
talvolta anche da insetti e vermi.
Il Ghiro sardo (Glis glis), è presente in Sardegna, principalmente nei Supramontes, con la
sottospecie Myoxus glis melonii
probabilmente introdotta dai romani. La pelliccia è formata da
uno strato uniforme di colore grigio argenteo sul dorso mentre la
parte ventrale è bianco giallastra.
Le orecchie non sono molto
grandi, gli occhi sono grandi e
sporgenti, circondati da una
chiazza scura; la coda è folta e
lunga dagli 11 ai 16 cm, uguaglia
all’incirca la lunghezza testatronco (13-21 cm). La varietà
sarda risulta leggermente più
grande della varietà europea.
Vive in gruppi familiari in genere
molto numerosi; abita soprattutto i boschi misti di latifoglie,
fino ad un’altitudine di 1000 m.
Molto agile e di abitudini arboricole, è una specie notturna mentre durante il giorno si ritira nella
tana. Il ghiro si nutre durante le
ore notturne, privilegiando la
frutta, le ghiande, le noci, germogli, insetti, lumache; solo una
piccola parte della sua dieta è di
origine animale. E’ capace di saltare da un ramo all’altro grazie ai
piccoli e solidi artigli e alla coda
utilizzata come strumento
d’equilibrio e di sostegno.
La presenza della volpe (Vulpes
vulpes) in Sardegna viene fatta
risalire al Pleistocene superiore.
Rappresenta l’unico canide presente oggi nelle isole del Mediterraneo. Ha le dimensioni di un
cane di media taglia ed è più piccola della forma continentale,
lunghezza testa - corpo 59-64
cm. La coda è caratteristica, folta
e lunga circa metà del corpo, termina con un’evidente punta
bianca. La testa termina con un
muso aguzzo e le orecchie sono
piuttosto larghe ed erette; le
zampe sono relativamente corte.
Il mantello è fulvo con le parti
ventrali biancastre. Originariamente tipica di ambienti boschivi,
attualmente è ubiquitaria e si riscontra nella macchia mediterranea, nei pascoli e nelle zone
aperte di campagna. Il suo spettro alimentare è particolarmente
ampio comprendendo
frutti selvatici, invertebrati, uova,
piccoli roditori, uccelli,rettili, ma
anche rifiuti urbani e carogne. La
sua consistenza sul territorio è in
stretta relazione alle disponibilità
alimentari. E’ una specie prevalentemente solitaria, crepuscolare – notturna. Costruisce o
adatta tane di altri mammiferi,
scavando nel terreno, tra le ceppaie o sotto le rocce; le tane sono
articolate in varie camere e
hanno diverse vie di fuga. Parzialmente protetta al momento
non ha fattori di minaccia se non
la caccia.
La martora (Martes martes) è
stata verosimilmente introdotta
in Sardegna dall’uomo in epoca
preistorico- storica. E’ molto simile alla donnola ma di dimensioni superiori: lunghezza testa corpo 39-51cm, peso kg. 1-1,2.
Ha una caratteristica macchia
pettorale molto allungata di colore giallo - arancio; il colore della
MONTAGNE DELLA SARDEGNA
335
pelliccia è marrone con toni soffusi di giallo. La forma del corpo è
slanciata, la coda è lunga attorno
ai 25 cm, il muso è allungato, le
orecchie rotonde ed arti robusti
con delle forti unghie. La martora
è il tipico abitatore e predatore
degli ambienti boschivi e vive di
preferenza nelle foreste di latifoglie. Nell’Isola, in mancanza di
competitori, la sua nicchia ecologica è vasta e comprende anche
zone coltivate e le macchie. èun
predatore di vertebrati
di piccola e media taglia, generalmente roditori e lagomorfi. Si
nutre anche di insetti, Coleotteri
ed Ortotteri, e in estate di frutti e
bacche selvatiche: more, fichi,
carrube, pere, uva, etc. È un animale agilissimo, capace di compiere lunghi salti da un ramo ad
un altro. Le sue abitudini sono
per lo più notturne; nelle ore
diurne si rifugia spesso negli alberi. La tana è normalmente situata tra le radici o nelle cavità
degli alberi, in anfratti rocciosi,
nelle siepi ai margini dei boschi.
La struttura sociale si basa su
uno schema molto rigido di territorialità intrasessuale. Gli adulti
dello stesso sesso hanno territori
esclusivi che mantengono e difendono per assicurarsi le risorse
alimentari; il territorio di un ma-
schio adulto si sovrappone pertanto a quello di una o più femmine. I giovani sono tollerati nei
territori parentali fino all’età di
12-18 mesi. La specie è rara a livello regionale.
Presente soprattutto nel Mediterraneo occidentale, la donnola
(Mustela nivalis), è stata introdotta dall’uomo in tempi storici.
Grazie alla sua notevole plasticità
ecologica, in Sardegna la donnola
è distribuita in maniera uniforme
su tutto il territorio dalle zone
costiere a quelle montane. La
sottospecie differisce dalla specie tipo per le sue dimensioni
maggiori e per la colorazione dai
toni più chiari. La donnola, che in
Sardegna è nota con il simpatico
appellativo “Bucca e mele”, bocca
di miele, ha dorso e le zampe
bruni o bruno-giallastri mentre le
parti ventrali si presentano biancastre.
La linea di demarcazione tra il
ventre e il dorso risulta irregolare
e sinuosa. La lunghezza testatronco è di circa 170-230 mm e la
coda 39-130 mm. Ha un corpo
snello e allungato, flessuoso, con
zampe molto corte con cinque
dita, la coda è piuttosto corta e
non molto folta; il muso è corto,
di forma triangolare e appuntito,
con occhi piccoli e orecchie pic-
TACCHI DELLA SARDEGNA, ALLA BASE VEGETAZIONE PREVALENTEMENTE DI QUERCE (PH S.D.)
cole e tondeggianti. Come tutti i
mustelidi mostra dimorfismo
sessuale nelle dimensioni per cui
i maschi sono più grandi delle
femmine di circa un terzo. Vive
nei boschi, nelle radure, nelle
zone cespugliate, nelle siepi intorno ai frutteti, nelle aree costiere, nelle sassaie. Ha abitudini
sia diurne che notturne; d’estate
e in primavera è più frequente incontrarla durante il giorno. È carnivora, particolarmente agile ed
aggressiva, colpisce la sua preda
senza difficoltà con movimenti
molto veloci, al collo e alla nuca
sostenendosi con le unghie degli
arti anteriori. Insieme al riccio e d
alla volpe, è tra i mammiferi più
comunemente investiti dalle
auto.
Il gatto selvatico sardo (Taxon lybica), raro, è caratteristico della
Sardegna e del Nord Africa. La
sua presenza in Sardegna è avvenuta in tempi storici attraverso
i Fenici, trasportato sulle navi a
protezione delle scorte alimentari dai ratti sia come animale da
compagnia. E’ molto più robusto
e forte rispetto ai gatti domestici.
La lunghezza testa - corpo è di
47-70 cm; ha una caratteristica
coda, lunga circa metà del corpo,
che termina di netto come se
fosse tagliata. La testa è roton-
MONTAGNE DELLA SARDEGNA
deggiante, il muso corto e poco
appuntito; occhi grandi e frontali;
orecchie dritte, appuntite, terminanti in un ciuffo auricolare caratteristico della forma sarda. Il
colore del mantello somiglia a
quello del soriano: grigio cenere
o grigio giallastro, ha un’ornamentazione nera, striata sul
corpo e ad anelli nella coda e
nelle zampe. Le strie longitudinali della testa confluiscono in
una lunga stria dorsale che termina nella coda; da questa si dipartono quindi le strie trasversali
sui fianchi che si confondono con
il resto del mantello nella parte
ventrale. Frequenta quasi esclusivamente gli ambienti forestali.
È molto agile e veloce nell’arrampicarsi sugli alberi; attivo soprattutto all’alba e nelle ore
crepuscolari, raramente di notte.
Trascorre il giorno nella tana o
nascosto tra la vegetazione; si
nutre esclusivamente di vertebrati di piccola e media taglia vivi,
preferibilmente roditori.
Il cinghiale (Sus scrofa) detto in
limba Sirboni. E’ presente su
quasi tutto il territorio isolano,
dalle zone costiere a quelle interne montane. Rispetto alla
specie nominale, il cinghiale
336
sardo è più piccolo, lunghezza totale di 100 - 120 cm e un peso
massimo di 70 -80 kg. nei maschi
adulti. Ha corporatura tozza e robusta, compressa lateralmente;
zampe piuttosto corte e snelle
con quattro dita per arto provviste di robusti zoccoli, di cui le due
dita centrali poggiano a terra
mentre quelle laterali restano
sollevate. La forma del corpo, affusolata sia anteriormente che
posteriormente con gli arti posteriori più corti degli anteriori, è
tale da offrire la massima resistenza agli ostacoli e un avanzamento veloce nel sottobosco. La
testa, molto grossa e di forma conica, termina in un grugno nudo
provvisto di un disco calloso, il
grifo, in cui si trovano le narici; gli
occhi sono piccoli; le orecchie
grandi e dritte; il collo è corto e
quasi non si distingue dalla testa.
E’ dotato di potenti zanne, i canini modificati; più sviluppate nei
maschi, quelle inferiori sono più
lunghe di quelle superiori. Entrambe sono rivolte verso l’alto a
formare una pericolosa arma di
difesa o di offesa che il cinghiale
utilizza portando la testa dal
basso verso l’alto grazie ai forti
muscoli del collo. Il mantello che
SUGHERA, L'ALBERO SIMBOLO DELLA SARDEGNA (PH S.D.)
ricopre il corpo è dotato di robuste setole bruno nerastre o
bruno grigiastre, spesso brizzolata di peli biancastri. La coda, a
differenza di quella del maiale
domestico, è dritta e termina con
un ciuffo di setole. Vive di preferenza nelle zone boscose e nella
macchia mediterranea. E’un ungulato monogastrico perfettamente onnivoro, ma predilige le
ghiande, i bulbi e i tuberi delle
piante erbacee.
Il muflone (Ovis musimon) presente esclusivamente in Sardegna e Corsica è un endemismo
sardo-corso. L’ipotesi più accreditata circa la sua presenza nelle
due isole è quella secondo cui il
muflone deriverebbe da un
ovino domestico introdotto dall’uomoin epoca neolitica. Il Muflone è sicuramente l’animale più
rappresentativo dell’Isola. Ha un
aspetto compatto e robusto,
con tronco e arti muscolosi, occhi
grandi e orecchie brevi, particolarmente adatte ad ambienti impervi e rocciosi. L’altezza al
garrese varia dai 65 ai 75 cm; la
lunghezza testa-tronco è di 90130 cm; il peso corporeo si attesta attorno ai 35– 50 kg nei
maschi mentre le femmine rag-
MONTAGNE DELLA SARDEGNA
337
giungono i 25 -40 kg. Il pelo,
corto e ruvido muta due volte
nell’arco di un anno, con una
muta primaverile e
una autunnale. In estate il mantello assume toni più chiari, mentre in inverno è più evidente il
contrasto fra le parti rossastre e
le parti bianche. La colorazione
delle femmine è generalmente
più chiara e uniforme. Le corna,
presenti generalmente solo nel
maschio, sono permanenti e possono raggiungere i 90 cm di lunghezza con una circonferenza
basale di 25 cm. e 4 – 6 kg di
peso. Sono larghe alla base, spiralate e rivolte all’indietro.
Quando presenti, le corna delle
femmine sono lunghe dai 6 ai 12
cm. Il muflone vive nelle zone più
impervie e accidentate del Gennargentu e Supramonte.
Si nutre prevalentemente di essenze arbustive ed arboree della
macchia mediterranea e delle
graminacee in genere. Animale
veloce è un abile saltatore e scalatore.
La popolazione sarda ha subito
un pericoloso declino durato fino
agli anni ’70, quando era stata
stimata in circa 300 esemplari.
Oggi grazie a interventi di tutela
si è avuto un progressivo aumento
dei diversi nuclei. Le maggiori minacce sono rappresentate dal
bracconaggio.
A cura di Matteo Cagnin (ONC)
e Valentina Da Lio (CAI MIRANO)
revisione a cura di
Luciana Carreras
(OTAM CAI CAGLIARI)
Cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus)
Se il muflone è l’animale simbolo del Gennargentu, il cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus), un tempo
minacciato di estinzione, è il simbolo dell’oasi del Monte Arcosu, dei Sette Fratelli, del Monte Linas e, nel
Gennargentu, nel Monte Arbu. La sottospecie è endemica della Sardegna e della Corsica. L’origine del
cervo sardo non è ancora stata del tutto chiarita. L’ipotesi più accreditata è quella che attribuisce la presenza della sottospecie ad un’introduzione di Cervus elaphus, originario delle regioni neartica e paleartica, da parte dell’uomo in epoca preistorica e una sua rapida speciazione in Cervus elaphus corsicanus.
Protomi di cervi ornano navicelle nuragiche dell’ VIII – VI sec. a.C. e spade votive della stessa epoca, con
stilizzate figure di cervo, venivano offerte alle divinità. Il cervo sardo si distingue dalla specie nominale
europea per alcuni caratteri morfologici come adattamento alle condizioni di insularità. Le dimensioni
del corpo sono inferiori rispetto a quelle del cervo europeo. Il maschio raramente raggiunge un peso di
130 kg con un’altezza al garrese di 100 cm mentre la femmina non supera i 70-80 kg di peso e gli 80 cm
di altezza. Il corpo è snello ed elegante con tronco allungato, spalla arrotondata e muscolosa, petto largo
e groppa dritta. Il collo è lungo e sottile, la testa è di forma triangolare allungata e termina con un muso
nudo. Le orecchie sono molto grandi, gli occhi sono ovali, grandi ed espressivi. Da queste viene secreto
un liquido oleoso ed odoroso che serve per marcare il territorio. Gli arti, piuttosto corti, sono esili ma
molto forti. Il mantello è liscio, fitto e setoloso con una colorazione tendenzialmente più scura rispetto
al cervo rosso. In estate è bruno-rossiccio, in inverno è più scuro e tende al grigio bruno; presenta inoltre una stria nerastra, particolarmente evidente in estate, che va dalla testa alla radice della coda. Nel
maschio adulto la parte inferiore del collo è ricoperta da un fitto lungo e scuro pelame detto criniera. La
pomellatura è una caratteristica dei soli cerbiatti. La muta avviene due volte l’anno, in primavera (aprile)
e in autunno (settembre).
Le corna, palchi o trofeo o armatura, sono presenti solo nel maschio. Differiscono
da quelle del cervo europeo per le dimensioni raggiungendo una lunghezza massima di 70 cm ed un
peso di circa 1 kg per asta, rispetto agli oltre 8 kg della nominale. Le ramificazioni risultano più semplici,
si hanno generalmente 4 o 6 punte contro le 16 – 24 del cervo europeo. Sono prive della caratteristica
corona, mentre la parte terminale dell’asta presenta una formazione allargata e tendente ad appiattirsi, fino a dare una
forma finale a forcella. La muta avviene nel periodo compreso tra metà febbraio e metà marzo, quindi, dopo 1-2 settimane, ricrescono e la loro formazione è completa verso la
metà di luglio La specie abita le formazioni forestali con macchia mediterranea, suo alimento principale. Per la sua alimentazione non disdegna campi coltivati.
La struttura sociale del cervo è di tipo matriarcale. Il nucleo
familiare è costituito da una femmina adulta, il piccolo dell’anno e quello dell’anno precedente.
Spesso sono riunite in branco con i rispettivi piccoli e guidate dalla femmina madre più anziana.
Il cervo ha subito in Sardegna un fortissimo declino nel trentennio 1955 - 1985 a causa della caccia, del bracconaggio e
della perdita di habitat. Nonostante il successivo incremento
numerico, attualmente gli individui appartengono a popolaCERVO SARDO (PH SALVATORE SERRA)
zioni distanti tra loro.
DICEMBRE 2014
338
1
Lunedì
2
Martedì
3
Mercoledì
S. Mariano 49 . 335 - 30 7,19 - 16,40
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
S. Bibiana - S. Savino 49 . 336 - 29
7,20 - 16,39
S. Francesco Saverio 49 . 92 - 337 - 28
7,21 - 16,39
8
9
10
11
12
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15
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17
18
8
9
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15
16
17
18
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
L
M
M
G
V
S
D
L
M
M
G
V
S
D
L
DICEMBRE 2014
339
4
Giovedì
S. Barbara - S. Giovanni Dam. 49 . 338 - 27
7,22 - 16,39
5
Venerdì
S. Giulio m. 49 . 339 - 26
7,23 - 16,39
6
Sabato
S. Nicola vescovo 49 . 340 - 25
7,24 - 16,39
8
9
10
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DICEMBRE 2014
7
8
340
DOMENICA S. Ambrogio - II
a
d’Avvento 49 . 341 - 24
7,25 - 16,39
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18
OLINEA, MONTE CORRASI- OSTINAZIONE (PH MARIA GIOVANNA COGIA)
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DICEMBRE 2014
341
8
Lunedì
Immacolata Concezione 50 . 342 - 23 7,25 - 16,39
9
Martedì
S. Siro 50 . 343 - 22 7,26 - 16,39
8
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8
10
N.S. di Loreto 50 . 344 - 21 7,27 - 16,39
Mercoledì
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DICEMBRE 2014
342
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Giovedì
12
Venerdì
13
Sabato
S. Damaso Papa 50 . 345 - 20
8
7,28 - 16,39
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18
S. Giovanna F. 50 . 346 - 19 7,29 - 16,39
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8
S. Lucia v. 50 . 347 - 18 7,30 - 16,39
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DICEMBRE 2014
343
14
8
IIIa d’Avvento 50 . 348 - 17 7,30 - 16,39
DOMENICA
9
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CISTO (PH STEFANO D'ALTERIO)
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DICEMBRE 2014
344
15
Lunedì
16
Martedì
17
Mercoledì
S. Valeriano 51 . 349 - 16 7,31 - 16,39
8
9
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18
S. Albina 51 . 350 - 15 7,32 - 16,40
8
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8
S. Lazzaro 51 . 351 - 14
7,32 - 16,40
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DICEMBRE 2014
345
18
Giovedì
S. Graziano vescovo 51 . 352 - 13 7,33 - 16,40
19
Venerdì
S. Fausta - S. Dario 51 . 353 - 12 7,34 - 16,41
20
Sabato
S. Liberato martire 51 . 354 - 11 7,34 - 16,41
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DICEMBRE 2014
8
21
346
DOMENICA
IVa d’Avvento - S. Pietro C. 51 . 355-10
7,35-16,42
9
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12
13
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18
RILIEVI SARDI (PH MICHELA GRIMAL)
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DICEMBRE 2014
347
22
Lunedì
23
Martedì
24
Mercoledì
S. Francesca Cabrini 52 . 356 - 9
7,35 - 16,42
S. Giovanni da K. - S. Vittoria 52 . 357 - 8
7,36 - 16,43
S. Delfino 52 . 358 - 7
7,36 - 16,43
8
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DICEMBRE 2014
348
25
Giovedì
Natale del Signore 52. 359 - 6
7,36 - 16,44
26
Venerdì
S. Stefano protomartire 52 . 360 - 5
7,37 - 16,45
27
Sabato
8
9
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18
8
S. Giovanni apostolo 52 . 361 - 4 7,37 - 16,45
9
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DICEMBRE 2014
349
28
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SS. Innocenti martiri 52 . 362 - 3 7,37 - 16,46
DOMENICA
9
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CASCATA (PH MICHELA GRIMAL)
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DICEMBRE 2014
350
29
Lunedì
30
Martedì
31
Mercoledì
S. Tommaso Becket 53 . 363 - 2 7,37 - 16,47
8
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S. Eugenio v. - S. Ruggero 53 . 364 - 1 7,38 - 16,48
8
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14
15
16
17
18
8
S. Silvestro Papa 53 . 365 - 0 7,38 - 16,48
9
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17
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DICEMBRE 2014
351
Note:
RADICI
Stormi di vaghe nuvole
migrano nel cielo turchino
verso oasi di mistici silenzi
…e rocce nude…frantumate
alla terra madre aggrappate
custodiscono della VITA le preziose
radici.
GIOVANNA ZAWADSKI
CHIESA DI BONARIA SULL’OMONIMO COLLE - SARDEGNA (PH SAVARORE SERRA)
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